Enrico, educatore napoletano di trent’anni, viene assunto per un lavoro in un istituto per disabili psichici a Monterotondo, in provincia di Roma. Il suo compito è di seguire un ragazzo autistico aggressivo, caso molto difficile ma che lui sente di poter affrontare, grazie all’esperienza pregressa nel ruolo.
L’impatto è piuttosto complicato, culminando nell’episodio in cui viene colpito alla testa e sviene. Quando si risveglia scopre che è stato ucciso il responsabile dell’istituto e che il principale indiziato è proprio Paolo, il ragazzo autistico che segue.
Lui però non ne è affatto convinto.
In incognito inizia ad indagare per verificare se la sua ipotesi sia fondata e discolpare Paolo dall’accusa di omicidio, per la quale è stato trasferito in un centro specializzato per soggetti pericolosi con disturbi psichici, dove il trattamento riservato agli ospiti non è propriamente dei più auspicabili.
Un giallo che ha lo scopo di portare il lettore nel mondo della disabilità psicomotoria in maniera diversa. Di far conoscere le enormi potenzialità e risorse di persone spesso sottovalutate e considerate diversamente da quello che sono realmente, in modo schietto e privo di ipocrisie e luoghi comuni, alleggerendo il tema, di per sé impegnativo, con una storia fatta di intrighi, suspense e qualche sorriso, che non guasta mai.
Perché hai scritto questo libro?
L’idea di scrivere questo libro nasce da un’esperienza lavorativa andata male, con la quale ho avvertito il bisogno di riconciliarmi, stravolgendone l’esito. Scopo principale è far conoscere le enormi potenzialità di persone spesso sottovalutate, possedendo sorprendenti capacità che andrebbero, quando possibile, valorizzate, ai fini sia personali che sociali. Il problema principale in molti casi più che la disabilità stessa è rappresentato infatti dal modo in cui queste persone sono considerate.
Antonio Sobrio (proprietario verificato)
TRATTO DAL TESTO: “Nella sua vita si era trovato spesso di fronte a quel bivio. Alla condizione di dover scegliere, decidere cosa fare, come del resto accade a chiunque si trovi a dover affrontare delle difficoltà, delle situazioni complicate, optando quasi sempre per provare almeno a superarle, anche se talvolta desistere non è necessariamente una resa. In alcuni casi può rappresentare, al contrario, un’apprezzabile e lodevole presa di coscienza dei propri limiti. La constatazione che non si può fare sempre tutto e che la vita non è un percorso lineare in cui, quando è necessario, bisogna anche essere pronti a fare un passo indietro e ricominciare percorrendo altre strade.”
Antonio Sobrio (proprietario verificato)
TRATTO DAL TESTO: “Di fronte ad essi, nella penombra, si intravedeva una bella villa a due piani, con quello inferiore sotto il livello della strada. Proprio come l’istituto. Doveva trattarsi di una caratteristica della zona. Enrico si aspettava di dover entrare dalla porta principale ma Luigi lo invitò a seguirlo lateralmente, scendendo lungo una sorta di viale che portava verso la parte inferiore della casa, buio e scosceso.”
Antonio Sobrio (proprietario verificato)
TRATTO DAL TESTO: “Probabilmente era stato il suo percorso di vita a portarlo a sviluppare quella tendenza, quel bisogno di aiutare gli altri, nei quali, sforzandosi di essere onesto e coerente, vedeva soprattutto se stesso. L’eventualità che anche lui, o una persona molto vicina a lui, avesse potuto nascere in quel modo. Caso in cui avrebbe egli stesso necessitato di quell’aiuto che adesso sentiva di dare ad altri, proprio in virtù del fatto di essere stato più fortunato.”
Antonio Sobrio (proprietario verificato)
TRATTO DAL TESTO: “Un caso di apparente facile risoluzione, come dire due più due uguale quattro, ma che in realtà nascondeva dietro di sé una trama estremamente più intricata e articolata rispetto a quanto potesse sembrare all’apparenza. Un rompicapo che si delineò solo molto gradualmente, pezzo dopo pezzo, come il quadro di un pittore che svela solo poco per volta quale sarà l’intento finale del dipinto.”