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Around Asia con I Ragazzi di Casa Maylands

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Un gruppo di amici, dopo più di un anno trascorso in Australia, parte per il Sud-Est asiatico in cerca di avventura e per dare voce a un’esigenza di libertà. Luoghi incantati, incontri insoliti, culture diverse e allo stesso tempo affascinanti sono gli elementi di un percorso di crescita personale. Tutto è raccontato con perizia nel diario di un viaggio, durato circa due mesi, tra Singapore, Malesia, Thailandia e Laos.
Around Asia con i Ragazzi di Casa Maylands è un racconto emozionante e introspettivo che prende il lettore per mano e lo accompagna in un’intensa esperienza di vita. Un diario che coinvolge il lettore totalmente, anche grazie ai video associati a ciascuna avventura e presenti sulla pagina Facebook del libro.

Introduzione
Chi sono i Ragazzi di Casa Maylands?
Sono Antonio Petti e insieme ai miei amici Nicolò, Tia e Ilenia ho esplorato l’Australia e l’Asia in cerca d’avventura.
L’obiettivo era dare sfogo alla libertà che silente giaceva nei nostri cuori e alla voglia di vivere che assetava i nostri spiriti.
Siamo tutti di Milano e ci conosciamo da più di dieci anni.
Dopo il mio primo anno in Australia il destino ci ha fatti rincontrare e nei successivi otto mesi abbiamo vissuto nella stessa casa – casa Maylands –, in un sobborgo di Perth.
Nonostante sia stata un’esperienza stupenda, non è la storia che racconterò in questo libro.
L’avventura qui narrata (e che voglio condividere con tutti gli appassionati di viaggio o con chi ha semplicemente curiosità di sperimentare un’esperienza di vita differente, dall’altra parte del globo) riguarda la scoperta delle più affascinanti terre del Sud-Est asiatico.Continua a leggere
Continua a leggere

Dopo la prima fantastica esperienza di viaggio vissuta in Australia e narrata nel mio primo libro, Around Australia con i Ragazzi di Casa Maylands, racconto quindi la seconda parte del nostro grande viaggio.
Un viaggio che ci ha impegnati assieme a Natacha, la fidanzata di Tia che si è unita in seguito, e che è durato circa due mesi. Abbiamo scoperto diverse culture e la spiritualità profonda che ognuno, dentro di sé, cerca da sempre senza mai trovare.
Abbiamo vissuto emozioni che ho voluto fissare in queste pagine con orgoglio e passione. Spero un giorno possano raggiungere chi, non potendo muoversi fisicamente, conserva comunque un animo da viaggiatore libero.
Mi auguro che la rivoluzione culturale possa instaurarsi nei vostri spiriti.

Un abbraccio dai Ragazzi di Casa Maylands.
Take care. ✌

Foto e video nella pagina Facebook “Around Australia and Asia con i Ragazzi di Casa Maylands”.

Ultimo giorno di viaggio in Australia
Ottantaduesimo giorno
Ci svegliammo presto per sistemare al meglio e con accuratezza i nostri zaini. Erano ancora pesanti, nonostante avessimo donato in beneficenza molti dei vestiti a un ufficio della Croce Rossa.
Facemmo una colazione veloce nell’ostello e, con la pancia piena e pronti per la partenza, chiamammo un autista di Uber che ci avrebbe portato in aeroporto.

Eravamo tutti un po’ in ansia per l’imminente addio all’Australia. Era difficile lasciare un posto che ci aveva permesso di integrarci bene e costruire una vita che, nonostante la lontananza affettiva, ci piaceva molto.
Per me fu ancora più dura, poiché avevo trascorso lì il doppio del tempo rispetto agli altri ragazzi.
Nei loro sguardi percepii la mia stessa sensazione di amarezza, cosa che creò una specie di connessione. Un po’ come l’affetto che lega i figli alla madre e il dispiacere che li accomuna nel momento della separazione.
L’Australia era diventata per noi una seconda madre, la nostra seconda patria.
Nonostante ciò non eravamo sconvolti dall’idea di abbandonarla o, almeno, gli ultimi attimi di vita australiana furono migliori di come li avevamo immaginati.
In quei momenti non avevamo ancora realizzato del tutto che con molta probabilità non avremmo più rivisto l’Australia. Terminava la vita che insieme eravamo riusciti a costruire in quella terra.
Forse avremmo capito il tutto una volta tornati alla nostra vita italiana, alla normalità e alla consuetudine quotidiana. Quando tutti i giorni sarebbero stati simili tra loro e le grandi avventure relegate al mese di vacanza annuale. Avremmo ricominciato le nostre esistenze dal punto in cui le avevamo interrotte prima di emigrare.
Tuttavia non era ancora il tempo di tornare per i Ragazzi di Casa Maylands. L’esperienza in Australia si stava concludendo quel giorno, ma il nostro viaggio sarebbe continuato.
Sebbene nostalgici, eravamo pronti per una nuova e altrettanto grandiosa avventura, quella dei Ragazzi di Casa Maylands in Asia.
Eravamo in aeroporto, in attesa di salire sull’aereo e iniziare una nuova esperienza a contatto con culture diverse.
Stava per cominciare un viaggio senza limiti di tempo (se non quelli imposti dal nostro budget economico) tra le diverse nazioni del Sud-Est asiatico.
Prima tappa Singapore, a sette ore di volo da noi.
Un altro percorso formativo che con buona probabilità ci avrebbe tenuti occupati per tre mesi, in balia del nostro assetato desiderio di scoperta e avventura.

La necessità di vivere in un posto che non sia casa propria è una fiamma che accende i cuori e per alcuni versi li scotta. Si pensa di attenuare tale condizione grazie a un senso di compimento. Per questo a volte si parte nella speranza di soddisfare un forte bisogno di viaggio.
In realtà non è così.
Quello del viaggiatore è un fuoco che non si spegne mai, anzi, si alimenta ancora di più quando si scopre la felicità che il mondo può regalare. Detta in questo modo, sembra quasi una condanna a girovagare a vita, ma io spero che non sia così.
Mi piace pensare che, al termine di ogni avventura, sarò in grado di riadattarmi alla vita normale, con la consapevolezza però che esistono un mondo più vasto, una cultura più ampia, una visione della vita più profonda.

Avevamo superato tutte le difficoltà che il viaggio in Australia ci aveva posto durante il tragitto.
Eravamo sopravvissuti a coccodrilli, squali, serpenti, ragni e a tutti i pericoli che un qualsiasi viaggio comporta.
Stavamo per metterci in gioco ancora di più. Lo avremmo fatto in Asia, dove il valore della vita non combaciava con quello occidentale. Sicuramente ci aspettavano numerose peripezie.
L’irrequietudine giaceva sublime sul nostro coraggio, sembrava una coccinella che poggia il suo manto su una foglia.
In fondo, come sostiene una frase tatuata sul fianco di uno dei Ragazzi di Casa Maylands: “Per vivere bisogna morire un po’”.

Asia – Singapore
Primo giorno
Eravamo ancora sull’aereo che da Melbourne ci avrebbe condotto su suolo asiatico. Ero seduto al mio posto, speravo che le sette ore di volo prima del nostro atterraggio a Singapore passassero veloci.
La compagnia aerea scelta era Scoot, una low cost della famosa Singapore Airlines. Era quella che offriva il volo a prezzo più economico, per questo rimanemmo sorpresi nel vedere che in termini di comodità non aveva nulla da invidiare ai grossi aerei presi in precedenza, come per esempio quelli della Qatar. Ci aspettavamo qualcosa in stile Ryanair, ma non fu affatto così.
Mentre l’aereo decollava, il mio cuore si allontanava dall’amata Australia, che era stata la mia casa negli ultimi due anni. Molti dei ricordi legati a quella grossa isola riemersero. Mi sentii triste, ma per fortuna la malinconia fu subito sostituita dall’eccitazione per la nuova avventura in arrivo.
La nostra intenzione era quella di visitare quasi tutto il Sud-Est asiatico: Singapore, Malesia, Thailandia, Laos, Cambogia, Vietnam e infine Filippine. Un grosso progetto che speravamo davvero di realizzare.
Non avevamo vincoli di tempo. L’unico limite era il denaro, ridotto al minimo a causa del dispendioso viaggio in Australia. Tuttavia le nostre intenzioni erano buone: avremmo seguito il cuore. Era compito del fato venirci incontro in quella fantastica esperienza.

Lo staff della compagnia aerea era composto da persone molto amichevoli, provenienti tutte da Singapore. Non ci volle molto a catturare la mia simpatia, bastò la barretta di cioccolato in omaggio a fine pranzo.
Dopo qualche ora, per intrattenere i passeggeri nelle ore di viaggio, lo staff si inventò dei giochi di gruppo e, passando tra i corridoi a lato dei sedili, domandarono chi fosse interessato a partecipare. All’inizio nessuno di noi accettò dato che non avevamo un inglese perfetto, ma dopo pochi secondi cambiai idea e mi buttai a capofitto.
Sono il tipo di persona a cui piace sperimentare cose nuove, nel cibo e in qualsiasi ambito della vita. Se una cosa non nuoce e non ho nulla da perdere, perché non provare?
Il primo gioco prevedeva una specie di corsa tra i corridoi mentre si portavano dei rotoli di carta igienica, posti uno sopra l’altro su un vassoio, solo con la mano sinistra. Se cadevano, bisognava raccoglierli. Quindi era necessario fermarsi e ricominciare dal punto in cui erano caduti. L’obiettivo era consegnare il vassoio al compagno all’altro capo dell’aereo nel minor tempo possibile. Quella specie di staffetta fu vinta dal mio team.
Gli altri due giochi consistevano nel cantare al microfono della cabina una canzoncina natalizia trasmessa in precedenza solo in parte.
Il mio tentativo fu più una suoneria polifonica alla Sarabanda: conoscevo la famosa canzone inglese, ma non sapevo esattamente le parole del testo. Vinse un ragazzo che prima era stato nel mio team: gli consegnarono un voucher spendibile nei negozi Lacoste.
La mia attenzione però non era rivolta al gioco, bensì alle affascinanti hostess che continuavano a filmare e scattare foto con la GoPro, mettendosi in posa vicino a me.
Non credevo che il mio cuore potesse battere così tanto nel vedere una ragazza asiatica. In particolare mi aveva colpito una di quelle piccole e dolci ragazze. Sembrava un tenero cerbiatto con gli occhi a mandorla e la pelle, alla vista, delicata e morbida. Non trovavo in lei alcuna imperfezione e, se c’era, era celata dal trucco leggero ma visibile.
Sorrideva sempre e aveva uno sguardo gentile. Non compresi del tutto perché, di tanto in tanto, mi guardasse negli occhi.
Si avvicinò a me diverse volte per scattare dei selfie con il cellulare.
Non fu l’unica ragazza che mi colpì. Mi innamorai forse per tre volte, data la somiglianza delle hostess singaporiane che circolavano intorno a me, sorridenti e vivaci come topini.
Bene, avevo appena individuato un possibile posto in cui cercare moglie. Era buffo pensare che in passato non avessi mai considerato affascinanti le donne asiatiche.
Finiti i giochi, tornai al mio posto e cercai di addormentarmi con la musica nelle orecchie, la stessa che mi aveva accompagnato durante il viaggio in Australia.
Quando il comandante disse di allacciare le cinture di sicurezza perché ci stavamo preparando all’atterraggio, schiarii il finestrino cliccando più volte su un bottone e osservai il panorama all’esterno del mezzo metallico che ci stava trasportando da un mondo all’altro, da una cultura a un’altra totalmente diversa.

Il paradiso. Quello che vidi all’esterno era la raffigurazione più vicina al concetto di paradiso: in alto il sole luminoso e sotto di noi nuvole bianche e soffici, composte in modo quasi artistico, che attraversavamo di tanto in tanto.
Pensai all’eventualità che l’aereo fosse precipitato e sorvolassimo l’aldilà in quel momento come nel telefilm Lost. Be’, in tal caso eravamo stati tutti molto buoni per meritare un panorama così maestoso.
L’entusiasmo non durò molto perché dal paradiso nel giro di pochi secondi precipitammo all’inferno. Perdemmo quota e sotto il livello delle nuvole iniziò una vera e propria tempesta.
Quando atterrammo, lo scenario era composto da fulmini e pioggia così intensa da rendere necessario il cambio del gate di arrivo e aspettammo qualche minuto prima di scendere dal mezzo.
Di certo non fu il benvenuto che ci aspettavamo dall’Asia.

Scendemmo dall’aereo e salutammo il simpatico staff. Io feci un occhiolino alla dolce cerbiatta che in piedi ci mostrava l’uscita.
L’aeroporto di Singapore era il più silenzioso al mondo. Privo della solita confusione, caratteristica di ogni posto affollato.
Notai fin da subito che non tutti erano singaporiani, ma c’erano molte etnie differenti. Pensai fosse normale all’interno di un aeroporto internazionale.
Ci avviammo per ritirare i bagagli da stiva e ci accorgemmo con estremo piacere della presenza di un ragazzo con un carrellino che regalava cibo e bevande, scusandosi per l’attesa dei bagagli. In realtà arrivarono soltanto una decina di minuti dopo.
Eravamo ancora in modalità “senza vergogna”, utilizzata già in Australia: per essere parsimoniosi al massimo, avevamo messo in conto che avremmo approfittato di ogni opportunità che ci veniva offerta, soprattutto se gratuita e se si trattava di cibo. Prendemmo diverse bottigliette di acqua, confezioni di cracker, Oreo, M&M’s e altro ancora. In quel modo avevamo una piccola scorta per la sera. Il ragazzo non sembrò affatto irritato, anzi, quando gli chiedemmo il permesso di prendere più cose, ci disse che non era assolutamente un problema. Poco ci importava dell’immagine da “morti di fame” che avremmo mostrato. L’obiettivo era risparmiare a sufficienza.

Prima di uscire dall’aeroporto, chiedemmo a un banco informazioni come raggiungere l’ostello nel modo più conveniente. Il giovane commesso ci mostrò come richiedere dall’applicazione un Uber XL, un’auto più capiente che poteva ospitare fino a sei persone. Spendemmo circa trentacinque dollari singaporiani da dividere in cinque: non era affatto male, considerando che la durata del viaggio fu di mezz’ora abbondante.
Dall’auto scorgemmo una grossa città con strade larghe e infrastrutture imponenti, ma fu solo quando ci avvicinammo al centro che rimanemmo completamente di stucco.
Dinanzi a noi c’era lo skyline della city, immenso e moderno. Eravamo al cospetto di una metropoli, la più grande e lucente che avessi mai osservato. I miei occhi furono paralizzati dalla bellezza dei grattacieli e ammaliati da tutte le luci che si riflettevano persino sull’acqua sottostante. Quella visione mi fece emozionare e involontariamente esclamai parole di incredulità e sorpresa senza poterle controllare. Quando si dice “essere meravigliati da qualcosa”.
Dato lo stupore del momento, dimenticai di utilizzare la GoPro per immortalare l’attimo in un bel video. Quando me ne ricordai, eravamo già all’interno della città, sempre in mezzo ai grattacieli. Il panorama futuristico restava bello, ma non riusciva a trasmettere le stesse emozioni della prospettiva precedente.

Il nostro ostello era nella zona di Chinatown, non lontanissimo dal centro.
Quando scendemmo dall’auto, l’impressione fu di essere in Cina: le tipiche lanterne erano ovunque, alcune bancarelle vendevano oggetti particolari, ma la maggior parte vendeva il classico cibo asiatico.
Sotto il nostro ostello c’era un grosso mercato orientale aperto ogni giorno fino alle ventuno e trenta. Volevamo visitarlo quanto prima, ma solo dopo aver fatto il check-in per la camera.
Nella reception dell’ostello trovammo due simpatici ragazzi del posto che ci fecero pagare la camera e ci mostrarono tutte le comodità che avevamo a disposizione. Mai visto nulla del genere.
Negli ostelli in cui avevamo alloggiato in precedenza c’era solo il wi-fi gratuito. Inoltre avevamo a disposizione anche un telefono per chiamare tramite Skype in qualsiasi parte del mondo, comprese le telefonate ai fissi in Italia.
In più era possibile noleggiare anche uno smartphone con chiamate illimitate e Internet 4G incluso. Unico vincolo non distruggerlo, riportarlo in ostello intatto e riporlo nell’apposito spazio ogni volta che si rientrava. All’apparenza una sciocchezza, invece fu molto utile soprattutto per orientarsi senza un navigatore a portata di mano. Inoltre avevamo la colazione gratuita, aspetto non così scontato.
Prima di sistemarci nella camera, un ragazzo del personale dell’ostello ci chiese di estrarre dei bigliettini contenuti all’interno di una scatola. Avremmo potuto vincere premi importanti, come per esempio un viaggio o dei telefoni.
Ci ritenemmo fortunati già vincendo un soft drink a testa. Optammo per assaggiare una delle bevande locali dal gusto simile al chinotto, ma molto più dolce, quasi da sembrare un medicinale. Nessuno di noi riuscì a finirlo e così portammo velocemente gli zaini in camera. Aveva sei letti, era piccolina ma ben pulita, il che soddisfaceva il requisito principale da noi cercato. Lasciammo tutta la roba e uscimmo per la cena.
Visitammo il mercato orientale e gran parte dell’area di Chinatown. Cenammo con street-food asiatico in una bancarella che presentava dei piccoli tavolini al centro.
Provammo il cibo tipico. Io presi il laska singaporiano che gradii molto: i sapori erano forti e piccanti, ma i noodles e i pezzetti di carne all’interno erano deliziosi. Cenammo con un budget di tre dollari singaporiani a testa, circa tre euro e cinquanta.
Passeggiammo un altro po’ in quell’area asiatica ricca di attrattive per poi tornare in ostello verso le ventidue. Per noi, abituati al fuso orario di Melbourne, era all’incirca l’una di notte.
Ci lavammo e sistemammo le nostre cose in stanza.
Dormimmo serenamente, anche se il nostro coinquilino asiatico ci svegliò più volte entrando e uscendo dalla stanza, accendendo luci e sbattendo porte come se fosse da solo.
Lo svantaggio di alloggiare in un ostello è la necessità di adattarsi a tutti. E pensare che era disponibile persino la camerata da venti: chissà come si riposava bene lì.

31 marzo 2019

Aggiornamento

Primo traguardo raggiunto! Superate le 60 copie pre-ordinate! Questo assicura, a chiunque abbia già pre-ordinato il libro e a chiunque lo pre-ordinerà in questi mesi, la stampa e la ricezione di esso a fine campagna. Grazie mille per il supporto. Take care! Primo traguardo raggiunto around asia con i ragazzi

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Un libro semplice da leggere, proprio come un diario di bordo di un viaggio ma con molti pensieri intellettuali, profondi e sinceri dell’autore.
    La sensazione che si prova nel mentre si legge é così come lo spirito di un viaggiatore può essere: leggero. Leggero Nell’animo, pronto ad ogni avventura, affrontando paure, culture ed odori differenti.
    Descrittivo al punto giusto per chi ama viaggiare e vuole prendere spunto per un prossimo viaggio in Asia, con una narrazione vera e reale dell’avventura dei ragazzi di casa Maylands!
    Consiglio!

  2. (proprietario verificato)

    Mi ci sto immedesimando totalmente in quell’esperienza, quei luoghi, odori, sapori..descritti così in dettaglio..mi sento totalmente trasportata! Complimenti Antonio e grazie per condividere questa tua esperienza!

  3. (proprietario verificato)

    Del libro ho apprezzato molti aspetti. Innanzitutto le descrizioni dei luoghi che prendono forma nella mente come fotografie. I sensi si attivano durante la lettura: vengono descritti i particolari e i colori dell’ambiente circostante, i sapori del cibo e gli odori. Mi sentivo completamente immersa in quei posti.

    Affianco alle descrizioni, mi sono piaciuti i pezzi in cui qualche particolare osservato evocava nel protagonista pensieri e riflessioni. Nel libro si affrontano varie tematiche profonde ed interessanti come lo scorrere del tempo, le differenze culturali e la globalizzazione e la vita nella società contemporanea. Sono tematiche importanti su cui ognuno dovrebbe riflettere, non per trovare una risposta, ma anche solo per prenderne consapevolezza e acquisire più sensibilità.

    In questo libro, ho notato che le parti che in assoluto preferivo e che attiravano la mia attenzione erano le conversazioni con persone conosciute durante il viaggio: i compagni di stanza così come gli altri incontrati per strada. Il protagonista, e io insieme a lui, abbiamo imparato qualcosa da ciascun incontro.

    Ho capito che ogni persona che si incontra lascia qualcosa, anche solo con uno sguardo o con un sorriso. Le storie delle persone incontrate mi hanno fatto capire volere è potere ma anche che ogni scelta presa ne esclude altre. Nella vita tutto è relativo e anche la guerra e la morte possono diventare normalità in alcune circostanze.

    Consiglio la lettura se si ama viaggiare, riflettere e mettere in discussione le proprie credenze. È un libro che apre la mente!

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Antonio Petti
nato a Torino nel 1992 ma cresciuto a Bollate (Milano), dopo il liceo Psico-Pedagocico, nel 2014 si è laureato all’Università degli Studi di Milano in Igiene Dentale. Successivamente ha deciso di fare un’esperienza di vita in Australia, a Perth, dove ha trascorso due anni lavorando in uno studio dentistico. Prima di tornare in patria ha viaggiato per svariati mesi in Australia e Asia intraprendendo un percorso di crescita personale. Attualmente lavora come Clinical Specialist presso una multinazionale americana. Vincitore del concorso di poesia “Assenze...Lontananze”, nel 2017 ha pubblicato il suo primo libro, Around Australia con i Ragazzi di Casa Maylands.
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