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Due pard

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Il Toro e il Lisca hanno all’incirca diciotto anni, una casa, un lavoro e la vita ai Blocchi, quel quartiere di periferia che negli anni li ha visti crescere, diventare più forti, imparare a menare e a ricucirsi dopo essere stati menati. I Blocchi non sono un luogo, ma sono le tante persone che li abitano, per sfortuna o per impossibilità di lasciarli. C’è Armido, il barista, uomo di poche parole ma che ancora sa riconoscere la differenza tra bene e male. C’è Rosa del secondo piano, la prima donna, quella che non si dimentica. E c’è Betty, la prostituta dolce, quella capace di amare con tutta se stessa, corpo compreso.
Il Toro e il Lisca sono cani sciolti, abbandonati a loro stessi, senza nessun modello di riferimento, se non la malavita, che ai Blocchi prima o poi prende tutti. Due compagni di sventura cresciuti con la violenza nel sangue e poche regole in testa, che ai Blocchi sono nati e ai Blocchi credono di dover morire, incapaci di immaginarsi una vita diversa, migliore.
Il Toro e il Lisca sono due pard, amici da così tanto tempo che forse non lo sono più così tanto, amici così vicini da ritrovarsi all’improvviso troppo lontani per capirsi ancora.

 

Azione, finalmente l’azione! Il cervellino veloce del Lisca
aveva iniziato a girare, a far congetture, e la sua frenesia

finalmente poteva trovare sfogo in pensiero e movimento.
La minima possibilità di compiere una bravata lo eccitava
e allo stesso tempo lo tranquillizzava. Ogni occasione che gli
capitava tra le mani era per lui l’inizio di un gioco, e quando

quest’occasione arrivava, il primo pensiero era quello di
comunicare subito la novità esaltante al suo pard: così, dopo
neanche due ore, da uno snervante e pacifico far niente dello
stare seduto sopra una panchina, quel giorno il Lisca tornò al
parchetto che sembrava essere stato morso da una tarantola,
agitato e sbiellato com’era.Continua a leggere
Continua a leggere

Era stato a trovare il Brividi all’officina e subito dopo si era
fiondato a cercare il Toro. Smanettava col suo vecchio cinquantino

scassato, rumoroso per via della marmitta forata ad arte.
Girava per il quartiere in cerca della grossa sagoma del suo
pard per raccontargli tutto: la novità era che il Brividi aveva

bisogno di una Jaguar. Doveva aver ricevuto da poco una

richiesta, così, quando il Lisca gli era apparso, appoggiato sbilenco
all’entrata dell’officina, aveva affidato a lui la commessa, senza
pensarci troppo. Un colpo di quelli forti, sani e fissi, continuava
a ripetersi il Lisca gongolante, un colpo sano e fisso…
Erano pochi mesi che si rivolgevano ai due ragazzi per furti
d’auto così costose, di quelle che davano nell’occhio e che

dovevano sparire in fretta: un compito gratificante per il Lisca e,
tutto sommato, anche per il Toro, a dispetto di quella sua aria
di sufficienza.
Avevano seguito la Jaguar in movimento, entrambi appollaiati

sul vecchio motorino in evidente affanno, fortunati per la
lenta andatura della macchina. Dal centro città alla periferia,
recuperando terreno grazie agli slalom nel traffico prima e
alle indecisioni del guidatore poi, che evidentemente poco si
orientava sulle stradine esterne.
Finalmente l’auto si fermò per iniziare una complicata

operazione di parcheggio. Il Lisca lasciò il Toro sul marciapiede
e si allontanò per nascondere il motorino, tornando subito
dopo di corsa, appena in tempo per vedere uscire dall’auto,
dopo una lunga manovra, un ometto pingue vestito in giacca
e cravatta. Il Lisca e il Toro lo osservarono non visti chiedendosi

cosa ci facesse mai uno così tirato a lucido, e sicuramente con

bei soldi nel portafoglio, in un quartiere come quello.
Nella stradina semibuia e deserta, l’uomo si assicurò bene
della chiusura delle portiere, prima di allontanarsi in fretta
con passettini nervosi. Ancora qualche attimo di esitazione e
poi sparì all’interno di un palazzone.
Il Lisca decise di agire in fretta e fece segno di sbrigarsi al
Toro che, sbuffando, si mise all’opera. Non appena uscì dal
cono d’ombra, la luce al neon del lampione inquadrò i suoi
movimenti, agili nonostante la stazza poderosa. Un’asticella
metallica lunga e sottile tra il vetro e la portiera della macchina,

uno scatto secco e il Toro s’impadronì dell’auto, occupandone il

posto di guida. Allungando il braccio destro poi, aprì la
porta del lato opposto per far entrare il Lisca, mentre con una
linguetta di ferro nella mano sinistra metteva in moto: un abile

gioco di prestigio. In pochi secondi, il Toro uscì dallo spazio

angusto dove l’ometto aveva parcheggiato; all’inizio guidò
lentamente e con cura, ma una volta sulla strada accelerò con
moderazione.
«Vai, vai, Toro! Fai sgommare questa bellezza!» urlò il Lisca,
appena chiusa la portiera dell’auto, e al primo rombo del motore

lanciò un liberatorio grido da cow-boy, un po’ stridente
nella nebbiosa e sporca periferia. Il Toro gli lanciò un’occhiata
di sufficienza, restando in silenzio mentre ingranava le marce.
Lisca, scoppiato che non è altro, pensò. Tutte le porcherie che
ingoia lo stanno facendo diventare inaffidabile, pericoloso e
matto come un cavallo. Chi me lo fa fare di corrergli dietro, con
il rischio di farmi beccare per colpa sua?
Nonostante la stizza, il Toro guidò tranquillo e attento,
come se la sua unica preoccupazione fosse quella di non

ammaccare la carrozzeria. Scorse da lontano un’Alfa della

polizia. Girava lenta, non era lì per loro e gli agenti fortunatamente

erano troppo distanti per notare la stranezza: un’auto così
di lusso non si trovava facilmente da quelle parti.
Il Toro cercò d’immaginare cosa sarebbe successo se al
suo posto avesse guidato il Lisca, cosa avrebbero rischiato
e come magari sarebbe finita, con i suoi azzardi alla Steve
McQueen, le sgommate, le bestemmie, le risatine isteriche,
la corsa a rotta di collo, la sirena dietro le spalle e magari un
gran finale con colpi di pistola. Percorse un giro dell’isolato,
tra le stradine che ormai conosceva bene quasi come quelle

del suo quartiere, con un Lisca agitato ma tutto sommato

attento a controllare che nessuno fosse loro alle costole.
Non si scorgevano fari di altre auto però, nella notte scura
e opaca, illuminata solo da pochi lampioni funzionanti. Il
Toro guidava lento, controllando ogni incrocio e ogni auto
parcheggiata.
Quando finalmente si convinse di non essere stato seguito e
di non avere sbirri alle calcagna, decise di entrare lentamente
all’interno di una corte buia, passando attraverso un grande
cancello aperto. Non lo disse ad alta voce per scaramanzia,
ma sentì la notte profumare di soldi.
Il Lisca scese caracollante dall’auto, fece l’occhiolino al
Toro e cadenzò quattro colpi su una saracinesca chiusa, che
si aprì cigolando, lasciando intravedere un ambiente scuro
e una persona tarchiata vestita con una lercia tuta da meccanico.

La figura emerse dallo sfondo di quella che sembrava una

caverna buia, il cui apparente disordine nascondeva
un’officina ottimamente attrezzata. L’uomo che seguiva

attento l’entrata della macchina era il Brividi, così chiamato

perché faceva rabbrividire chiunque. Sempre mal vestito,
mal rasato e sempre dentro fino al collo in affari turpi e luridi.

Il Lisca lo salutò con un cenno del capo e l’altro rispose
con un mugugno, mentre continuava a pulirsi il palmo della
mano destra sul tessuto della tuta.
L’uomo fece segno al Toro di venire avanti con l’auto, fin
sopra alla botola. Voleva controllarla subito per vedere il da
farsi. Brividi, con l’aiuto di due dei suoi, era capace di ridipingerla,

sostituire cerchioni, pneumatici, targa e accessori
interni ed esterni in una sola notte, facendola uscire fuori la
mattina dopo alle sei, tanto diversa che neppure lo sfortunato
ex-proprietario sarebbe stato in grado di riconoscerla.
Nel suo sguardo, posato carezzevole sulla macchina, brillava

un qualcosa di sentimentale, poco in tono con l’espressione

dura e i lineamenti marcati. Il Lisca lo notò trovandolo
comico, ma non gli venne neanche la tentazione di proferir
battuta, conoscendo la suscettibilità dell’uomo e sapendo
bene quanto non gli convenisse contrariare quella, sì saltuaria,

ma remunerativa fonte di guadagno.
Si morse il labbro inferiore, il Lisca, come per frenare gli
sfottò che sentiva come friggergli la punta della lingua, ma
un sorrisetto beffardo riuscì comunque a sfuggirgli sull’angolo della bocca.
Il Toro spense il motore, scese dall’auto e lanciò le chiavi al
Brividi, che le prese al volo fischiando, marcando così tutta
l’ammirazione per la macchina, mentre ne annusava l’interno
profumato di pelle e radica.
Il Toro si convinse che tutto era stato compiuto a dovere
solo quando, dopo un silenzioso tragitto sul motorino recuperato,

aveva ormai lasciato un Lisca gongolante all’angolo della
stradina che divideva il quartiere in due, proprio tra casa sua
e quella del suo compare. Quella era la strada che li aveva visti
sempre insieme, uno accanto all’altro, piccoli attaccabrighe
mai stati veramente bambini.
Quella sera il Toro camminò verso casa con la sua solita andatura

decisa, propria di chi è conscio della propria forza fisica, di chi

non ha paura, di niente e di nessuno. La storia della
Jaguar era ormai cosa passata, solo denaro contante, non così
tanto da cambiargli la vita, ma già in tasca, volato da quella
del Brividi alla sua in un battibaleno.
Entrato in casa, il minuscolo appartamento che fino a
pochi mesi prima aveva condiviso con la madre e una delle
sorelle, si buttò sul letto vestito, capendo subito che non

sarebbe riuscito comunque ad addormentarsi.
Era già successo altre volte che, dopo un colpo o una bravata,

gli rimanesse tanta adrenalina in corpo da non poter
chiudere occhio e quella notte si annunciava come una di
quelle insonni, quando non aveva senso rimanere nel letto
a rigirarsi, cercando di farsi prendere da un sonno che non
sarebbe mai arrivato. Del resto, gli risultava più snervante
mantenere la calma a lungo, com’era successo quella sera,
che sfiancarsi in un’azione violenta, come una rissa o uno
scontro. Lo sfogo fisico, nonostante i picchi d’adrenalina, le
frequenti ferite e i lividi, faceva in modo che l’agitazione non
gli durasse, anzi gli donava quella calma, a volte quella

soddisfazione, che conciliava il sonno.
Si alzò dal letto e s’infilò di nuovo il giubbotto, uscì dal suo
appartamento e scese giù nelle cantine del palazzo. Lì aveva
a disposizione un buco di pochi metri quadri, buio, con solo
un finestrino per l’areazione che dava su un corridoio e le
tubature dello stabile che passavano a pochi centimetri dal
soffitto. Odorava di umido e muffa ed era così angusto che a
malapena c’era spazio per una sbarra di ferro, tra le due pareti

più vicine, un vecchio zaino militare riempito di sabbia
per servire come sacco da pugilato e due taniche in plastica,
un tempo utilizzate per il gasolio e ora riempite di ghiaia,
come pesi.
Si tolse giubbotto, maglione, la canottiera e, a torso nudo,
cominciò. Prese le due taniche come fossero manubri ed

eseguì veloci serie da trenta, una dietro l’altra, ripetendole fino
a quando la vista non cominciò ad annebbiarsi e le mani e le
braccia a dolergli. Poi si attaccò alla sbarra.
A un certo punto si accorse che era passata più di mezz’ora;
aveva del sangue nel palmo della mano destra ed era completamente

coperto di sudore, nonostante il gelo di quel posto.
Uscì senza tirare al sacco, anche se ne ebbe la tentazione,
perché il rumore dei colpi avrebbe svegliato perlomeno tutto
il piano terra del palazzo, a quell’ora di notte.
Nel corridoio delle cantine c’era un lavandino nero d’incrostazioni,

dove si lavò a lungo con l’acqua gelida e un minuscolo
pezzo di sapone scuro; fermò il sangue e il sudore, si asciugò con
uno straccio e si rivestì. Si trovò fuori dal palazzo senza quasi
averlo deciso. Si sentiva più leggero e pulito. Avvertiva le braccia

gonfie, i polmoni dilatati e un benessere diffuso gli circolava
nelle vene; era sveglio e per niente stanco. La buona sensazione
che gli scorreva in corpo lo persuadeva che poteva essere piacevole

anche il bruciore del taglio che si era fatto sul palmo della
mano, avvertito come una conseguenza del sentirsi forte e vivo.
Non salì a casa, perché ancora troppo su di giri; uscì invece
dal portone e prese a camminare veloce, senza una meta precisa.

Dopo un centinaio di metri, sotto un lampione, appollaiata
sulla cima dello schienale in legno di una panchina, dalla nebbia

vide spuntare una figura sghemba, immobile come una statua.

L’ombra poco distinta, con uno scatto di reni, balzò in piedi
e sputò per terra: da come si era mossa, quella figura dinoccolata

così lunga e nervosa non poteva essere che quella del Lisca.
Una volta a poca distanza l’uno dall’altro, i due si guardarono

in faccia con finta aria di sfida e scoppiarono a ridere.
Come quand’erano piccoli. L’adrenalina di quella notte e le
banconote arrotolate in tasca li avevano fatti rimanere entrambi

svegli ed euforici, con un’esuberanza di energie ancora da bruciare.
Se prima, durante la serata, come ormai avveniva da diverso
tempo, avevano avvertito del pesante astio, l’uno nei confronti

dell’altro, in quel momento non lo sentivano più. In quel
momento sentivano forte la complicità costruita negli anni,
facendo il pieno di emozioni ed esperienze spalla a spalla, fin
da quando erano bambini.

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Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Un libro scritto molto bene con una trama davvero avvincente. L’ho finito in pochi giorni da quanto è coinvolgente. Ciò che all’inizio sembra un semplice racconto di due giovani delinquenti di periferia si trasforma in una profonda analisi dell’ego dei personaggi, trattando di temi con cui ognuno di noi può identificarsi. Leggendo questo romanzo mi è parso pressoché impossibile non immergermi nella vita dei due ragazzi e pensare di essere proprio lì accanto a loro a vivere questa avventura!

  2. chiara.mostini

    Caro Aldo, il libro verrà inviato ai sostenitori entro sei mesi dalla fine della campagna.
    Un saluto, il team di bookabook

  3. (proprietario verificato)

    quando arriva il libro?
    grazie

  4. (proprietario verificato)

    Bel libro noir, con uno stile narrativo che coinvolge il lettore nelle vicende dei due protagonisti attraverso una acuta e sottile analisi psicologica delle loro personalità. Il libro, con il suo crescente ritmo narrativo, induce una lettura tutta di un fiato e, allo stesso tempo, pone interrogativi e spunti di riflessione: quanto può essere profondo l’abisso che è proprio della natura umana? Quanto conosciamo davvero le persone che ci stanno vicino? Consigliatissima lettura!

  5. (proprietario verificato)

    Due Pard è un romanzo che racconta una storia in cui probabilmente ogni lettore riesce a riconoscersi. E lo fa in maniera diretta, semplice ed al tempo stesso avvincente. Arrivati al termine fella lettura si rimane quasi con il rammarico di non poter scoprire nuovi capitoli e nuove sfaccettature della vita dei due protagonisti, i due pard.
    Bello, bellissimo.
    E bravo all’autore. Speriamo di poter presto leggere nuovi racconti di questo livello.

  6. nidserra

    (proprietario verificato)

    E’ un libro sorprendente, ti conquista sempre di più con lo scorrere delle pagine.
    Ammetto, nelle pause di lettura tra un capitolo e un altro, di essermi ritrovato a chiedere tra me e me cosa succederà nel seguito del racconto. Il rapporto tra i due protagonisti arricchisce e approfondisce la narrazione, restituendo inoltre un ritratto tanto verosimile quanto vivido. La tensione verso l’evoluzione della storia, lo stile curato e il finale tutt’altro che scontato non possono che lasciare complessivamente soddisfatto il lettore.

  7. (proprietario verificato)

    Racconto avvincente, stile narrativo piacevole e coinvolgente. Gli intrecci del racconto sono ben strutturati.
    Ottima lettura che conduce il lettore nelle avventure dei due protagonisti ben descritti e sapientemente caratterizzati. Si legge tutto d’un fiato.

  8. (proprietario verificato)

    Il libro è scorrevole e si legge volentieri.
    Incuriosisce il lettore coinvolgendolo nelle avventure dei due protagonisti, rendendolo una lettura molto veloce. Trattando di criminalità giovanile e della difficile amicizia fra due ragazzi che muta mentre entrambi i caratteri vengono forgiati dall’esperienza e dal passaggio da ragazzini a giovani uomini, porta a galla molte tematiche interessenati scavando nell’animo burrascoso di un adolescente. i primi amori e i sogni di bambini che vanno a fare a cazzotti con la realtà. Affronta questo e altro senza diventare scontato ne troppo impegnativo, lo consiglio dunque a tutti vivamente. Buon divertimento!

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Paolo Murino
PAOLO MURINO, nato a Pisa nel 1958, terminati gli studi si trasferisce a Milano, dove per venticinque anni lavora nel mondo della pubblicità. Oggi lavora in un’agenzia immobiliare, ha una moglie, tre figli grandi e allena una squadra di minirugby. Due pard è il suo romanzo d’esordio.
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