Un tempo non conoscevo i loro volti e neppure le
loro storie. Allora, con la stessa ostinazione di un se-
gugio, ho percorso a ritroso le pagine del tempo per
ritrovare tutti quanti i miei fantasmi: Greta e Mujo,
Annetta, Alessandro, Graziano e Franco, Serafino e
Benedetta, Fabrizio e Maddalena, Esteban, mio padre,
e Bianca, mia madre.
Essi, come pure coloro che qui non ho voluto menzionare
a causa della loro grettezza o della loro ipocrisia,
costituiscono la mia storia, i miei limiti e le mie
opportunità. Perché siamo luce e ombra, siamo gioia
e dolore, siamo odio e amore. E il punto di congiunzione
o disgiunzione, l’intensità o l’inconsistenza che
li separa o li accomuna, determinano il nostro destino
o ci inducono a modificarlo.
È che a certe conquiste bisogna arrivarci senza
fretta altrimenti, come sostiene la saggezza popolare,
si bruciano le tappe. Così ho creduto che gli accadimenti
della mia infanzia, le mancanze e i ritrovamenti, mi avessero
sospinto in avanti, ben oltre il livello di
maturità dei miei coetanei, ma non è stato così; perché
l’accelerazione forzata danneggia i corpi, mentre
il tempo, nel suo incedere lento, risana le ferite, edulcora
i ricordi e smorza i dolori. Guai a noi se non avessimo dalla nostra parte il tempo.
Da piccola confondevo le partenze con i ritorni e
le persone con i personaggi, non sapendo distinguere
le storie vere da quelle fantastiche. Ecco il motivo
per cui non fu mai facile lasciare quel paese, così
vicino al cielo, in cui vivevano mia madre e mia nonna
con pochi altri abitanti, per tornare con mio padre a
Venezia.
Quelle stradine strette, silenziose e solitarie,
dove, tra una pietra lastricata e l’altra, in primavera
spuntavano erbe e fiori colorati, turbinavano foglie
secche in autunno e si stratificava la neve in inverno,
mi restavano impresse negli occhi e nel cuore. Questo
il motivo per cui, con l’ostinazione che è caratteristica
dei bambini, cercavo di rintracciarne perlomeno
i colori nelle acque verdi della laguna, nel grigio dei
suoi palazzi, nell’azzurro del cielo. Ma non era la stessa
cosa. A vanificare quel disperato confronto, la folla
quotidiana nelle piazze, tra le calle e sui vaporetti,
assente nel paese a pochi passi dal cielo. Ogni volta il
mio pensiero tornava là e, puntualmente, partiva un
conto dei giorni alla rovescia.
Avevo quattro anni quando salii a Oggiogno per la
prima volta. «Allora, vuoi conoscere la tua mamma?»
mi aveva chiesto qualche settimana prima mio padre,
con il quale vivevo fin dalla nascita.
Sapevo di avere una mamma, tutti ce l’hanno. Ma
da principio, il rimpianto e l’amore che mio padre non
riusciva a dissimulare quando si soffermava a parlare di
lei mi indussero a pensare che fosse volata in
cielo. Finché una sera, costretto all’angolo dalle mie
domande sempre più pressanti, trattenendo a stento
le lacrime, mi disse che no, non era morta: era malata e
io dovevo solo attendere che guarisse per poterla
conoscere. Da quel giorno non gli diedi un solo attimo
di tregua.
«È bella, papà?»
«Bellissima!» mi rispondeva. E io intuivo che, in quel
preciso istante, nella sua mente lei era lì accanto a noi.
«E dai, papà, dimmi com’è…»
Allora lui smetteva di suonare, di camminare o di
fare qualsiasi altra cosa stesse facendo in quell’istante
e, accovacciandosi di fronte a me, in modo tale che
i nostri sguardi si trovassero allo stesso livello, l’uno
di fronte all’altra, mi diceva: «È la mamma più bella
del mondo. Non è molto alta, ma è ben proporzionata,
ha i capelli biondi, raccolti in una morbida treccia e
gli occhi di un colore indefinito, tra il verde e l’azzurro,
come quella linea che vedi laggiù, dove la laguna
si confonde con il mare aperto. Talvolta, quando è
distratta o sovrappensiero, le sue labbra carnose, lievemente
piegate all’ingiù, danno quasi l’impressione
che sia altrove, ma non si tratta che di attimi, perché
lei non sa stare a lungo senza sorridere. E il suo sorriso,
credimi, dissolve le ombre e rischiara gli angoli più
bui della mente».
Io continuavo a fare le stesse domande e lui, compiaciuto,
continuava a dare le stesse risposte. Finché
una sera estrasse, tra i tanti libri del suo studio,
un album con la copertina di cuoio e mi mostrò le foto del
loro matrimonio.
La foto più bella era quella in cui comparivano
soltanto loro due: lei, giovanissima e sorridente, nel
suo lungo abito di pizzo bianco, coi fiori tra i capelli
e un enorme mazzo di peonie come bouquet, lui,
emozionatissimo, giovane ed elegante nel suo abito
da cerimonia scuro. Sorrideva e la stringeva a sé, con
la stessa passione, la stessa delicatezza e lo stesso
rispetto con cui ogni giorno, ancora oggi, si accinge a
suonare il suo violoncello.
asiapaglino
Tutti noi siamo composti in parte di noi stessi e in parte di ciò che sono stati e hanno vissuto i nostri parenti o antenati, motivo per cui tutti dovremmo interessarci molto di più al nostro passato, andando a scoprire personaggi di cui probabilmente ignoriamo l’esistenza. Una ricerca del genere potrebbe capovolgere ciò che conosciamo, come potrebbe andare a consolidare le nostre convinzioni: questo è quello che succede esattamente in questo romanzo.
La protagonista si trova inaspettatamente davanti ad una scoperta riguardante la madre, e perciò, decisa a ritrovarla, inizia un viaggio tra storie e ricerche, in cui scoprirà il passato delle donne e degli uomini della sua famiglia.
La cosa che ho apprezzato di più dello stile del romanzo è stata la scelta di creare dei piccoli capitoli conclusivi in cui si racconta la storia di un personaggio per volta, con ovviamente gli eventuali agganci, perché questa suddivisione dà aria al romanzo e non fa perdere il filo logico al lettore (grazie anche all’aiuto della mappa presente nelle pagine iniziali).
Anonimo (proprietario verificato)
Sentieri tracciati dagli uomini sulle montagne per salvarsi la pelle, o portare a casa la pagnotta, grandi sassi stondati, posti in riva ad un fiume dove strofinare i panni e farli asciugare al sole. E ancora, dispacci portati tra i capelli da staffette partigiane e fucili abbandonati sull’erba da soldati fascisti innamorati. Madri allontanate dai loro figli e figli abbandonati dalle loro madri. Queste le tematiche di Echi d’Inverna e di Tramontana, tra le note di Liszt e Bach, i colori delle stagioni e i profumi di una terra di frontiera. Storie di altri che si fanno storie di tutti.
Francesca Zammaretti (proprietario verificato)
Roberta Plebani, con una scrittura veloce e densa, intreccia una trama superavvolta come l’elica del DNA, il DNA di tutti noi che viviamo in questa landa di lago. Disegna così un paesaggio mondo e una geografia dei sentimenti. Lo fa con semplicità sapiente e con virtuosa leggerezza.
Roberta Plebani (proprietario verificato)
Riporto “Ho passato gli anni da 1971 al 1974 a Cannobio. Alcuni luoghi e sensazioni che la natura trasmette di quelle parti sono ancora vivi in me. Attraverso il tuo libro li ho ritrovati. Grazie”! – P. V.
Roberta Plebani (proprietario verificato)
Riporto “Echi d’Inverna e di Tramontana”non è solo un romanzo… ti fa conoscere il circondario… vivere emozioni e fantasticare in luoghi da te conosciuti ma che prima probabilmente non avevano significato…. ora li vivrò in modo diverso e sicuramente andrò a visitarli con occhi diversi!Grazie – C. Salerno
Marco Tempestini (proprietario verificato)
Il rumore della pioggia che batte sui tetti e le musiche di Bach, accompagnano il racconto che corre dalle radici ancestrali fino ai giorni nostri a dirci quanto è vera la vita di chi possiede umanità, passione e il coraggio d’essere debole. Roberta possiede il dono di scrivere in modo antico, trascinandoti con garbo nelle sue vere affabulazioni, come se tutto stesse accadendo o stesse per accadere. Tanti racconti si mischiano per diventare un unico messaggio d’amore.
roberta.mari108 (proprietario verificato)
Il profumo di acacia, il sole tra le foglie e la sensazione del miele nella gola.
Ma anche la guerra, la solitudine, il senso di colpa e la rabbia.
“Echi d’Inverna e di Tramontana” tocca delicatamente tutte le sfumature della vulnerabilità umana, accompagnandoci per i sentieri di vite intrecciate che si confondono con le nostre paure, i nostri sogni, gli amori grandi e anche i rimpianti.
Un libro da leggere tutto d’un fiato, ma che continuerà ad echeggiare in chiunque lo legga.