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Empath – Miche e il potere dell’arcangelo

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È ormai passato un anno dalla scoperta di Miche, ora quindicenne, dell’esistenza dei suoi poteri e del mondo magico, quando la quotidianità ritrovata viene sconvolta dai piani dell’Incappucciato, rimasto a lungo in silenzio. Negli ultimi mesi, Ogam ha tramato alle spalle dei Reggenti e ora ha a sua disposizione una fitta rete 
di Traditori, pronti a sacrificarsi in suo nome. Miche, Stella e Leo, guidati dal potere dell’Arcangelo Michele, affrontano una ricerca che li porta a incontrare nuovi amici, a ritrovare oggetti storici della famiglia reale e a scoprire luoghi sabaudi inaspettatamente magici. In un’appassionata caccia al tesoro, i tre conosceranno lati di sé ancora nascosti, lasciandosi guidare dalla magia e dalle proprie emozioni, affrontando quella che sarà, forse, la sfida più grande di tutte.

PROLOGO

Sonori pop rimbalzarono, uno dopo l’altro, nell’aria mossa da una leggera brezza, che accarezzava le foglie degli alberi immersi nell’oscurità della notte che riempiva quella radura boschiva.

Fino a quell’istante, il silenzio aveva dominato su ogni angolo del bosco, radicato ai piedi della montagna, che serviva da barriera verde, naturale, per arginare il grande lago sottostante. Era un ampio specchio d’acqua, che aveva assorbito tutta la luce di quell’afoso giorno estivo, intrappolandola, senza aver avuto ancora l’occasione di restituirla completamente. Quella notte, il lago offriva un mondo diverso, però, scuro e più misterioso del solito.

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Sembrava che anche quella distesa di acqua avesse percepito l’avvicinarsi di un imminente pericolo e che, la quiete che l’avvolgeva, doveva essere solo un’effimera pausa prima dell’inevitabile tempesta.

Non un rumore aveva ancora osato interrompere quella sera d’estate che, per fortuna, stava concedendo, agli animali del bosco e agli abitanti delle città vicine, una tregua dopo l’intensa e afosa calura che li aveva accompagnati durante tutto il giorno.

«Wow» esclamò Stella, con alle sue spalle il resto del gruppo, che si era appena materializzata in una piccola radura fra gli alberi. Era rimasta a bocca aperta dopo aver visto quello spettacolo che li stava attendendo, sopra la loro testa.

«Sssh, non dobbiamo fare rumore» la rimproverò Leo sottovoce.

«Sono belle, vero?» le sussurrò sfiorandole la mano, quasi non osando toccarla. Non sapeva dire se quello fosse o meno il momento opportuno per farlo, se gli fosse concesso di cercare un suo contatto, vista l’imminenza della loro missione.

«Sai, nella mia testa, ho pensato e ripensato mille volte a questo momento. A quando ti avrei portata sotto questo cielo stellato, ma, devo dire, che non me lo ero per niente immaginato così…» La voce di Leonardo si incrinò.

Stella gli si avvicinò lenta, in punta di piedi per non far alcun rumore, non potevano rischiare di essere scoperti. Afferrò la sua mano, la strinse con forza e lo baciò teneramente sulle labbra.

«Ci saranno altre occasioni, ne sono sicura» sussurrò al suo orecchio.

Leo non poté non notare quanto l’ottimismo della ragazza fosse davvero quello di cui lui e il gruppo avessero bisogno in quel momento.

«Forza, ragazzi, dobbiamo continuare a muoverci.» Miche non avrebbe voluto interrompere l’intimità dei suoi due amici, anzi anche lui avrebbe voluto approfittare di quell’atmosfera unica, magica, e avere modo di viverla a pieno, ma non gli era permesso. Non era ancora il momento giusto.

Avevano una missione da portare a termine e non c’era spazio per dare libero sfogo alla sua voglia di vivere e al loro bisogno di sentirsi giovani, vivi, spensierati, avventati.

Vivi. Appunto, vivi, pensò.

Non era certo che l’essere vivi sarebbe stata una condizione che sarebbe durata ancora a lungo, se non si fossero dati una mossa il prima possibile.

Miche percepì la paura di non farcela nei suoi compagni, la loro agitazione, il desiderio di sopravvivere a quella notte, il dolore al solo pensiero di poter perdere le persone a loro più care.

Riconosceva e condivideva, tuttavia, ognuna di quelle emozioni. E non solo perché era un empatico, ma perché era esattamente quello che stava provando anche lui. Avrebbe voluto rincuorarli con parole cariche di energie e motivazioni, facendo uno di quei discorsi che solo gli eroi sapevano fare, giusto un attimo prima di salvare il mondo, ma nulla affiorò sulle sue labbra. Sapeva di non essere uno di quegli eroi, e si limitò a guardarli a uno a uno e a sorridergli con gli occhi.

A un suo cenno, il gruppo lo seguì in silenzio, cercando di fare meno rumore possibile. Sapevano di essere protetti dall’illusione lanciata prima della loro smaterializzazione, ma le precauzioni non erano mai troppe.

Erano consapevoli che quella notte sarebbe stata decisiva, che l’esito di quella battaglia avrebbe determinato le sorti del loro futuro, e nulla poteva essere lasciato al caso.

Quella era la sera in cui gli umani di solito stavano sdraiati su una coperta, a testa in su, a guardare le stelle cadenti.

Una delle notti più romantiche dell’anno, pensò Miche.

Avrebbe preferito stare anche lui sdraiato su di una coperta, in silenzio, immobile. Avrebbe rinunciato a tutto pur di poter vivere un momento romantico come quello. Gli sarebbe piaciuto essere lì, sdraiato sotto quel cielo così pieno di stelle da sembrar disegnato, senza pensieri, proprio come sarebbe dovuto essere per un ragazzo della sua età.

Ma sono mai stato un ragazzo della mia età? Si domandò.

Quello, per tutti gli altri, era tempo di desideri però, e non di domande.

Andare a caccia di stelle che cadono, che scendono dal cielo per regalare agli esseri viventi una speranza offrendo un cielo magnifico, quasi epico.

Lo spettacolo era in quel momento sopra di loro, e d’istinto, Michelangelo, alzò lo sguardo al cielo per cercare un po’ di speranza anche lui. Ne aveva bisogno.

Vedrai che andrà bene, io credo in te, la sua voce gli risuonò nella testa.

Ah, la tua voce, al pensiero di non poterla più risentire, il suo cuore saltò un battito.

Decise di non pensarci e di concentrarsi solamente sull’esito dello scontro. Ogam doveva essere sconfitto e solamente pochi minuti lo separavano dalla sua fine.

Hai i minuti contati. Quel pensiero lo faceva sentire sicuro.

Come le stelle cadenti, che in realtà non cadono, ma sono meteore che, a una elevata velocità, discendono sulla terra incendiandosi come tizzoni ardenti dissolvendosi in cenere, così anche del suo alter ego sarebbero rimasti solo i suoi resti. Niente di più.

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Alessandro Ventrice
nato a Torino nel 1984, dopo la laurea in Educazione Professionale e la specialistica in Programmazione 
e Gestione dei Servizi educativi e formativi, studia gli adolescenti e la loro autostima. In seguito ottiene un master in Management per il No Profit e consegue una seconda laurea in Lingue e Letterature moderne e Traduzione interculturale. Appassionato di teatro 
e di canto, si è diplomato in Musical Theatre a Londra, da anni scrive copioni di musical e spettacoli teatrali per adulti e bambini. Si definisce un binge watcher di serie TV, un intrattenitore compulsivo e un appassionato di camminate nella natura.
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