Non so cosa sembri questo che avete appena letto, forse un racconto, un pezzo di romanzo e non so neanche come sia venuto fuori. È vero, io scrivo, ma sono un giornalista e non scrivo queste cose romanzate. Non ne sono mai stato capace. Io racconto i fatti nudi, così come appaiono, senza aggettivi. Soggetto, verbo, complemento oggetto.
Da quando mi occupo di reportage, scrivo aggiungendo il mio tono emotivo, mettendoci dentro, con moderazione, ciò che penso, ma niente fronzoli. Sono un appassionato di musica, scrivo di musica ed era da tanto che mi girava in testa l’idea di raccontare chi la crea. Su più livelli. In particolare, volevo raccontare storie di esordi. Storie di persone che provano a realizzare un loro sogno, a mostrare ciò che sanno fare rischiando di non essere capite. Storie di persone che decidono di mettersi in gioco, anche se ormai sono adulti che si muovono in una vita di riserva perché quella vera non sono ancora riusciti a prendersela. Storie di ansie, di prove, di piccoli successi, grandi fallimenti, di nottate alla ricerca di un’ispirazione. Di scoraggiamenti e di folli convinzioni.
Era questo che avrei voluto scandagliare e raccontare. La mia idea era quella di andare in giro a intervistare gli artisti in occasione di qualche provino. Era quello il momento che volevo raccontare perché dentro quello, dentro quell’occasione, c’è tutto. Poi ho visto la pubblicità di un grosso talent e ho deciso di andare ad annusare l’aria che si respira in questo grande contenitore. Il giorno dei provini sono arrivato senza sapere esattamente cosa avrei dovuto fare, un po’ come tutti quelli che erano lì. Io di solito, per deformazione professionale, non ho inibizioni nel fare domande alla gente chiunque essa sia o rappresenti. Ma quel giorno, davanti a tanta speranza, ero bloccato. Non volevo invadere un momento così decisivo e delicato, in fondo quasi intimo, di queste persone. Così mi sono seduto ad aspettare e a guardare. Frotte di gente colorata e chiassosa. C’era rumore: chiacchiere, urla, risate, musica di ogni tipo che si sovrapponeva e rimbalzava. Non era fastidioso, mi faceva pensare a quel momento subito prima dell’inizio di un’opera lirica o di un concerto della filarmonica, in cui i musicisti accordano gli strumenti producendo quel suono indecifrabile, confuso ma bellissimo.
Mi guardavo attorno divertito perché mi sentivo bene lì, in mezzo a tanti sogni. C’erano persone colorate per i vestiti, per i capelli o per entrambi, c’erano dark, punk e tante persone apparentemente comuni, vestite come me e con la mia faccia. C’erano gruppi che armonizzavano, ragazzi stesi a terra a dormire con la testa appoggiata a uno zaino che immaginavo pieno di speranze e desideri. Tutto mi incuriosiva, mi procurava interesse e piacere. Guardavo questo flusso eterogeneo di vita come se fossi davanti a uno spettacolo di acrobati: ansioso, attento, silenzioso, rispettoso. Poi, visto che sono uno che non si rilassa mai del tutto, mi sono detto che avrei dovuto iniziare a lavorare, ero lì per questo. In quel momento ho fatto un “sorriso beffardo”, di quelli che ho letto in Wallace, immaginato innumerevoli volte e che ho sempre sognato di fare e mi sono detto “Cazzo, che lavoro fico che faccio!”. Però dovevo capire da chi volevo iniziare, cercare un gancio a cui appigliarmi.
Ho visto una ragazza che andava su e giù con le cuffie e muoveva le labbra su quella che, presumibilmente, sarebbe stata la canzone della vita, nel bene o nel male. Vicino a lei un gruppo di ragazzi dai capelli arruffati cantava e suonava con chitarre esauste. Avevano l’aria serena e disconnessa. Ho pensato che se fossi andato da loro non li avrei turbati. Così ho iniziato le mie interviste. Loro mi hanno messo a mio agio, loro! Non sono molto bravo nella fase del rompere il ghiaccio. Fosse per me andrei dritto al punto senza orpelli perditempo. Ho cominciato da lì e ho raccolto la loro vita, il loro viaggio verso l’affermazione. Poi ho intercettato una cantante lirica coi capelli arancioni che in realtà il provino lo avrebbe fatto su un pezzo rap. Un cantautore polistrumentista con una cultura musicale inesauribile arrabbiato con se stesso per aver ceduto e imboccato la scorciatoia della TV, artisti di strada, ragazzine in pantaloncini troppo corti e magliette troppo scollate per le quali il vero sogno era solo quello di apparire sullo schermo. In due giorni avevo ascoltato tante persone diversissime tra loro. Di fatto, ero sempre in giro a parlare con gli artisti, ero ghiotto delle loro storie che trovavo appassionanti. Tutte. Quando non parlavo, scrivevo rapidissimo per non dimenticare nulla di quello che avevo ascoltato e affinché il modo in cui mi avevano raccontato quelle cose non si perdesse dentro i miei di modi.
Ero entusiasta, avevo pagine su pagine di materiale buono e dovevo capire come utilizzarlo. E ne avrei ancora prodotto, visto che volevo seguire qualcuno anche nei giorni successivi, perché i provini si sarebbero protratti per una settimana e chi passava il primo turno doveva aspettare per il secondo, quello decisivo. Volevo capire cosa succedesse in quel limbo e volevo raccontarlo.
Ho proceduto con questo folle entusiasmo per qualche giorno. Poi il caldo di un settembre anomalo, la quantità eccessiva di informazioni che stavo raccogliendo, il fatto che forse avevo un po’ perso il mio obiettivo iniziale per seguire qualcosa che non sapevo capire e che era in divenire, le preoccupazioni per il fatto che forse stavo perdendo il mio tempo, mi avevano spossato. Sono un professionista e il fatto di sentire che la mia idea mi sfuggiva di mano era un piccolo fallimento e in quanto tale mi levava energia. Ricordo di aver pensato a questo vortice negativo in un giorno di sole nel cortile del palazzetto in cui si tenevano i provini. Quel sole non c’entrava nulla con i miei turbamenti e con la mia incazzatura. Era sprecato e questo mi faceva infuriare ancora di più.
Era un giorno dopo quello in cui avevo litigato, al telefono per giunta, con una cara amica. Dire “amica” è ipocrita ma il termine “compagna” mi fa orrore. Ed “ex compagna” ancora di più. Era il giorno in cui mi odiavo per averle fatto del male, ma il discorso era semplice: non l’amavo. Era il giorno in cui ho alzato gli occhi disperato e ho visto lei.
Era una presenza assoluta. C’era solo lei. Elegante, stonata, delicata, nera, bianca, borchie, posata. Era una conchiglia sull’asfalto.
All’epoca non ne capivo il motivo, ma era chiaro che volesse restare da sola in quel metro di mondo che si stava ritagliando vestita di nero. C’era poi il bianco della pelle e della maglietta che faceva totale opposizione e ti lasciava interdetto. Volevo parlare con lei che era vestita elegantissima e semplice allo stesso tempo, per chiederle chi fosse. Perché era lì? Era una della produzione, un’aiutoregista?
Poi ha spento la cicca e si è avvicinata a un mucchietto di roba di fronte a lei su una panchina sotto a un albero rosa. Ha sollevato il mucchietto e raggiunto una chitarra. Ha accavallato le gambe scoprendo una caviglia delicata, ha abbracciato la chitarra e ha iniziato a suonare. Non riuscivo a staccare gli occhi da lei, così dissonante.
Poi ha iniziato a cantare.
E mi è successo che sono andato in tilt.
Come quando stai scrivendo sul notebook e lo schermo ti appare nitido e chiaro come deve essere e poi, all’improvviso, senti un lievissimo clic e buio. Si spegne. Tuffo al cuore. Ti chiedi cosa sia successo. Forse c’erano troppe cose da elaborare e non ce l’ha fatta. Forse ha bisogno di una pausa per rimettere insieme le informazioni e dargli forma. Ecco, mi è capitato questo. Guardandola pensavo a lei come a un elemento avulso dal contesto, qualcosa di altro. Invece ha preso una chitarra e ho barcollato. Quel gesto aveva intaccato il mio equilibrio notoriamente saldo. Cosa stava succedendo? Era questa la prima cosa da elaborare.
Poi ha iniziato a suonare. Ha iniziato a cantare usando una modulazione di frequenza ipnotica. Ecco la seconda cosa da elaborare per il mio cervello non elettronico. Con una voce un po’ rotta, roca, probabilmente per via delle sigarette, ma allo stesso tempo delicata, quasi fragile. Mi teneva inchiodato ad ascoltare ma anche a guardare perché la interpretava chiudendo gli occhi, facendo ora uno sberleffo, ora una moina accennata, ora un sorriso aperto a seconda del ritmo e del testo della canzone. Ho avuto l’impressione che se anche non avessi sentito la sua voce, senza dubbio un peccato, sarei comunque stato capace di capire il ritmo e il testo della canzone. Era un’armonia. Terza, quarta, quinta cosa da elaborare. Tilt.
Gianluca Garofalo (proprietario verificato)
Ho letto la versione non editata, e il libro mi piace molto, perché ci ho trovato vari stili letterari, direi almeno quattro direttrici: una intimista e romantica, che scruta l animo dei personaggi; una descrittiva: in cui delinea nei minimi dettagli oggetti, ambienti, look, atteggiamenti, un po’alla De Carlo per capirci; una di memoria: in cui racconta storie ascoltate, i ricordi della sua Calabria; una comica e leggera, in cui si muore dalle risate. Leggero ma anche profondo. Bellissimo, lo consiglio! Gianluca
orischa
ho iniziato a leggere la versione non editata. ecco le cose che mi hanno colpito: discorso fluido e scorrevole; c’e’ originalita’ , fantasia e nello stesso tempo concretezza e attualita’; i contenuti sono intriganti , nuovi e diversi rispetto a quelli dei libri che ho letto finora. Brava e complimenti. Attendo la versione editata e i tuoi prossimi libri.
benedettabrandi
Molto incuriosita dall’ anteprima, dalle contaminazioni di linguaggi diversi (blog, racconto breve, musica) e da personaggi che hanno passato i 40 evidentemente non del tutto indenni. Pre-ordine e book effettuato!
Paola Petrelli
Dalla lettura dell’anteprima la simpatia per i personaggi che incontreremo è immediata e riporta a caratterizzazioni di sapore pirandelliano in chiave moderna!
Ci vedo un’opportunità da non perdere per addentrarmi in questo mondo in bilico tra il fantastico e il reale, tra la fanciullezza e una giovinezza lunga ,perché no, anche una vita intera…
Gianluca Garofalo (proprietario verificato)
Stuzzicante il titolo, intrigante l’anteprima, affascinante l’immagine, avvicente la sinossi. Come resistere?
Giuseppe Costabile (proprietario verificato)
Non vedo l’ora di leggerlo, sto già pensando alla colonna sonora
Carolin Vorderstemann (proprietario verificato)
Finito di leggere l’anteprima si può solo prenotare il libro!