Sofia, maestra alchemica, è finalmente riuscita nell’impresa che nessuno prima di lei ha portato a termine: creare il cristallo dell’Io. Attraverso esso, ora l’Ebdomade può compiere la Grande Opera e far discendere lo spirito nella materia, per liberare il mondo dalla sofferenza e dalla morte. Ma una voce sconosciuta svela a Sofia le vere intenzioni dell’Ebdomade, smascherando la realtà in cui la ragazza ha sempre creduto. Insieme al giovane Teleo, Sofia verrà guidata lungo un viaggio pericoloso e incredibile, alla ricerca della verità e della salvezza, fra incredibili scoperte e poteri sconfinati.
ANTEPRIMA
PARTE PRIMA
NIGREDO – OPERA AL NERO
1. SATURNO
♄
“Niente di meno del genio.”
Era il motto di Sofia; l’aveva fatto incidere sulla copertina del suo diario di appunti, accanto ai due serpenti intrecciati, uno chiaro e l’altro scuro, che formavano una lemniscata. Poco sopra brillava il gioiello a cui Sofia teneva più d’ogni altra cosa. Un cristallo, frutto di una sintesi alchemica, una volta appartenuto alla madre; l’aveva ereditato dopo la sua morte e adesso era il sigillo che testimoniava il suo grado di Maestra di Alchimia.
Nel diario, Sofia annotava tutto ciò che le veniva in mente, senza fare distinzioni. Era talmente immersa in quel flusso ininterrotto di idee che scriveva di continuo, anche quand’era in mezzo agli altri, studenti o amici che fossero. «Ogni idea è preziosa. Non si sa mai cosa potrei ricavarne un giorno» ripeteva.
Proprio in quel momento stava trascrivendo alcuni suoi pensieri quando un grido riecheggiò tra le volte del corridoio. «Maestraaa! È stato incredibile!»
La voce di Elpidia.
Continua a leggereSofia si coprì il viso con le mani, esasperata. «Elpidia, quante volte ti ho chiesto di non urlare nei corridoi?»
«Maestra, mi scusi ma è stata troppo brava! Le lezioni del nuovo anno sono appena cominciate e lei è già nel cuore degli studenti!»
«Sei sicura che non fossero addormentati?»
«Maestra, ma che dice!»
«Comunque, oltre a non urlare, non chiamarmi maestra, almeno quando siamo tra noi.»
Elpidia mise su un broncio fasullo.
«Chiamami per nome. Ormai sono tre anni che viviamo in simbiosi.»
Elpidia rise in modo sguaiato, i grandi occhi azzurri che brillavano dietro le lenti. «Sei sempre seria, Sofia! E poi lo sai che non farei nulla per sminuire la tua autorità in pubblico. Altrimenti gli studenti se ne approfitterebbero.»
«Diciamo che ti diverti parecchio…»
«Sì! Un mondo.» Elpidia rise soddisfatta.
Sofia e l’allieva s’incamminarono per i corridoi dell’accademia.
«Le lezioni sono una buona occasione per scoprire nuovi talenti. Ma tu non dovresti rispondere continuamente alle domande!»
«Come vuoi, come vuoi… Però adesso voglio sapere. Ci siamo, vero?»
Sofia guardò Elpidia di sottecchi, poi accennò un sorriso, nervosa. «Ho controllato stamattina, poco prima delle lezioni e…»
Un insegnante dallo sguardo severo, seguito da un’ordinata fila indiana di studenti, passò facendo cenno con la mano alle due ragazze. Sofia rispose piegando appena il capo. Elpidia si limitò a sorridere.
«… E quindi?!»
«E sì, sì. Credo che… Sì, insomma… Ci siamo.»
Elpidia emise un urlo così forte che gli studenti a lezione nel giardino, fuori dal porticato, si voltarono istintivamente verso di lei. Il professore di spagiria ebbe una reazione violenta: scaraventò a terra le erbe medicinali che stava mostrando loro, fulminando con gli occhi Sofia ed Elpidia.
Elpidia s’aggrappò alla tunica di Sofia, con gli occhi spalancati, i riccioli che rimbalzavano a ognuno dei suoi saltelli. «È una svolta epocale! Questa è la scoperta che cambierà l’alchimia per sempre, ma che dico… cambierà l’intero mondo, tutto Kronion!»
«Zitta! Sta’ zitta!» la sgridò Sofia, che un istante dopo si lasciò scappare un sorriso radioso.
«Tutta l’alchimia dei cristalli verrà rivoluzionata!» canticchiò felice Elpidia.
I cristalli, artefatti alchemici, prodotti dall’infusione di diverse essenze alchemiche. Destinati a un solo uso, attivato attraverso una specifica formula, dopodiché si consumavano.
Venivano usati per tutto. L’alchimia sosteneva Kronion, sintetizzando cristalli per ogni tipo di utilizzo, dalle necessità di ogni giorno alla tecnologia, passando per l’arte. Quella della guerra non faceva eccezione, così che ne esistevano di adatti tanto all’attacco quanto alla difesa. La maggioranza dei cristalli si consumava con l’uso, talvolta istantaneamente. A seconda della loro essenza, liberavano esteriormente le forze degli elementi, fuoco, aria, acqua e terra, i quali corrispondevano interiormente al volere, pensare, sentire e agire dell’alchimista che per mezzo del controllo di queste facoltà dell’anima ne poteva attivare e modulare l’espressione.
I cristalli fisici avevano potenzialità minerali, contenevano l’essenza del corpo fisico e dunque dei quattro elementi, in grado di produrre effetti di moltiplicazione, ingrandimento, diminuzione. Quelli eterici avevano invece potenzialità vegetali, contenevano l’essenza del corpo eterico e dunque della vita, assumendo funzioni di cura, rigenerazione, germinazione. Vi erano poi i cristalli astrali che contenevano l’essenza del corpo astrale, degli animali e dunque dell’anima, capaci di modificare il comportamento, suscitando amore, odio, piacere, dolore.
Erano arrivate davanti alla porta del laboratorio; Sofia estrasse una grande chiave nera, di un cristallo color bluastro.
«Apri, apri, forza… Voglio vedere! Voglio vedere!»
«Un secondo, Elpidia. E non spingere!» Sofia scosse la testa rassegnata.
La serratura era fatta dello stesso cristallo della chiave. Intorno erano ben visibili diverse ramificazioni che trattenevano ben salda la porta.
«Kleis~Kaithron» recitò Sofia, dopo aver infilato la chiave. A quel punto le ramificazioni del cristallo si sciolsero e la massiccia porta di legno si spalancò.
L’aria era satura di profumi. Le due ragazze passarono tra i tavolacci: il legno intarsiato era pieno di ammaccature e consunto agli angoli e ai bordi. Sopra c’erano alambicchi e travasi di ogni tipo, essenze alchemiche che passavano da un vetro all’altro, venendo prima riscaldate e poi raffreddate, sublimate, filtrate da strati assorbenti e infine raccolte. L’odore dei fumi variava dall’acre al dolciastro, il colore cambiava a ogni trasmutazione.
Sofia ed Elpidia si fermarono davanti a quattro vetri cilindrici ancorati al soffitto da supporti d’oro e sorretti da massicci piedi leonini. Erano disposti dentro il Temenos, un cerchio alchemico tracciato sul pavimento, zeppo di simboli. Al centro del Temenos era stato posto il forno alchemico, l’Athanor, lo strumento che rendeva possibile la sintesi dei cristalli. Solo tre cilindri, tuttavia, erano stati riempiti con le essenze.
Elpidia s’avvicinò ai cilindri con i palmi rivolti all’insù.
«Non appiccicare le mani sul vetro!» urlò Sofia.
Elpidia si fermò a poco meno d’un centimetro. «Uhm…» sospirò; poi, con lo sguardo perplesso dietro gli occhiali appannati, disse: «E la quarta essenza… dove sarebbe?».
Sofia le mise una mano sulla spalla. «Aspetta e vedrai.» Alzò un cristallo color onice e recitò: «Oscura~Conclave».
Le vetrate delle grandi finestre si oscurarono progressivamente, fino a divenire nere.
Poi prese due paia di occhiali dalle lenti scure e spesse: uno lo indossò, l’altro lo porse a Elpidia. Lei ricambiò con uno sguardo dubbioso.
«Mettili se non vuoi perdere la vista…» disse Sofia, facendosi strada tra la polvere, al di là dei cilindri, verso il muro di pietra, dove un groviglio di cavi andava a sbrogliarsi e poi riunirsi presso una console in ghisa rifinita di riccioluti motivi dorati.
«Pronta?»
Elpidia annuì.
Sofia mise la mano su un pomo di cristallo; c’era una grossa manopola decorata che abbassò. «Athanor~Praxis» disse.
Ci fu un rumore metallico a cui seguì un calo di tensione della corrente astrale. Le lampade a illuminiti, al cui interno vorticava etere della luce, si spensero contemporaneamente.
«Ma che cosa…» La voce di Elpidia fu bruscamente interrotta da un grido soffocato.
La stanza fu inondata da una luce bianchissima.
«Elpidia… È questa, è questa la quarta essenza. È questa la scintilla divina!» disse emozionata Sofia.
Infine ecco i cristalli dell’Io capaci di contenere l’essenza dell’Io e dunque della scintilla divina degli umani, che portano in sé identità, linguaggio, creazione, distruzione. Una classe di cristalli a lungo profetizzata e ormai ritenuta pressoché leggendaria anche per via delle sue caratteristiche: unici tra tutti i cristalli, i cristalli dell’Io sarebbero stati capaci di infinite trasmutazioni.
Elpidia farfugliò qualcosa d’incomprensibile, mentre lacrime di felicità le scivolavano da sotto le lenti.
«Niente di meno del genio.»
«Sì, Elpidia. Niente di meno del genio» le fece eco la sua maestra.
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