Violenza e morte, un rosso filo conduttore che unisce le storie di personaggi molto diversi. Da un vecchio reso pazzo dal dolore a un generale pronto a sacrificare migliaia di vite per raggiungere i suoi scopi, da un ispettore disilluso a un guerriero barbaro guidato dal destino, tutti percorrono un cammino di sangue. La tragica realtà della vita umana si fa strada in un mondo di fantasia, costringendo i protagonisti a vagare in un dedalo di angosce e incertezze, portandoli talvolta a compiere atti estremi in nome di obiettivi e ideali destinati a perdersi in una landa di cenere.
Perché ho scritto questo libro?
Scrivere mi rende felice. Centinaia di idee si affollano nella mia mente e non riesco a resistere al metterle su carta. Non so se diventerò mai uno scrittore di successo, ma sono certo che questa passione non mi abbandonerà. Il Medioevo, periodo su cui ho focalizzato i miei studi, è un’epoca di uomini valorosi, leggende, magia e unito ai mondi che ho conosciuto nelle mie letture e sessioni di gioco abituali diviene una fonte di ispirazione che mi riporta sempre di fronte a quel foglio bianco.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Da “DEATHLOOP”
Apri gli occhi. Una lancia ti trafigge il petto. Chiudi gli occhi. Apri gli occhi. Cadi sotto le mura di un forte nemico, bruciato da una bomba d’acido. Chiudi gli occhi. Apri gli occhi. Di nuovo nello spazio, ma la tua tuta ha un guasto ed esplode, facendoti in mille pezzi. Chiudi gli occhi. Apri gli occhi. Chiudi gli occhi. Apri gli occhi. Chiudi gli occhi. Apri gli occhi. Chiudi gli occhi. Apri gli occhi.
«Hai scontato la tua pena, Marcus» ti dice un uomo, con indosso l’uniforme grigia del Commissariato Generale di Giustizia «Ben tornato a casa.»
Sei su una navetta in fase di atterraggio. Non indossi nessun tipo di corazza, solo dei normali vestiti da contadino, e non ci sono armi vicino a te. Hai il respiro affannoso, sei pronto a sentire dolore, a morire, ad essere trafitto, fucilato, fatto a pezzi da qualcosa. Niente, solo il rumore dei motori. Il portellone si abbassa, rivelando i campi sterminati del tuo mondo natio.
Scendi dalla navetta, momentaneamente accecato dalla luce del sole. Non sembra cambiato nulla. Macchinari agricoli e contadini percorrono le distese coltivate, sotto lo sguardo vigile delle guardie e in lontananza si distinguono i profili dei blocchi abitativi.
Corri in quella direzione, tutti gli orrori degli ultimi dieci anni per un attimo dimenticati. Vuoi riabbracciare la tua famiglia, trovare conforto nell’affetto dei tuoi cari e lasciarti alle spalle tutte le atroci esperienze che hai vissuto. Arrivi al tuo blocco, numero centosettanta, e bussi freneticamente alla porta. Dopo pochi secondi, si apre e una donna oltrepassa la soglia, lanciandoti uno sguardo interrogativo. Non è tua moglie.
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Da “GUAI A CAGLIAZARA”
La città di Cagliazara era famosa in tutto il mondo. Costruita nell’omonima laguna, in poco più di due secoli aveva esteso il proprio dominio sui territori circostanti e, forte della sua flotta di navi da guerra, era riuscita ad imporsi come prima potenza del Mar Miralico. Mercanti e soldati da ogni parte del mondo conosciuto giungevano nella Serenissima Repubblica, e i suoi calli erano invasi da decine di lingue e profumi diversi. Solo molte ore dopo il calar del sole era possibile trovare un po’ di pace e gustarsi il meritato riposo, avvolti in soffici coperte e con il lieve rumore delle placide acque della laguna in sottofondo. O almeno, così aveva sperato l’ispettore Galeazzo Giustiniani, prima di essere svegliato nel cuore della notte dal suo sottoposto, Cola Querini. Il giovane agente aveva bussato freneticamente alla porta per quasi mezz’ora, prima che l’ispettore trovasse la forza di alzarsi senza prendere la pistola e piantargli un proiettile in mezzo agli occhi.
«Hai un minuto» disse Giustiniani, trascinando Querini nel suo studio, una stanza confortevole, con il pavimento coperto da un morbido tappeto e due poltrone imbottite poste di fronte ad un focolare spento.
«Un minuto» ripeté Galeazzo «Per dirmi, in nome di Sant’Atanasius, cosa ci fai qui a quest’ora della notte.»
L’agente Querini deglutì rumorosamente e, prima di aprir bocca, attese pazientemente che il suo superiore accendesse alcune candele.
«Mi dispiace di averla disturbata, ispettore» disse, chinando leggermente la testa «Ma c’è stato un omicidio, nel Calle dell’Arena.»
Giustiniani rimase in silenzio e, presa la sua pipa da uno scaffale, la caricò lentamente. L’accese e fece un lungo tiro, gustando il sapore del pregiato tabacco.
«Non rientra nella nostra giurisdizione, Cola. Lo sai bene. Noi siamo i Servizi Speciali di Sua
Eccellenza il Doge, non la polizia» disse infine, sbuffando una nuvoletta di fumo grigiastro.
«Signore, è stato ucciso un orco, e…»
«Uno schiavo?» chiese l’ispettore, interrompendolo. Si lasciò cadere su una delle poltrone, fumando nervosamente.
«Cola…sparisci.»
«Ma signore, non è un semplice schiavo. Porta sulla sua pelle i colori del clan dei Figli Primigeni.» «Continua» ordinò l’ispettore, dopo un attimo di silenzio.
Giacomo Rossi (proprietario verificato)
Trama e bozza promettono tantissima roba!
L’ho preordinato e non vedo l’ora di leggerlo tutto!