Ilir, Sotiris, Ana e Med sono quattro ragazzi che vivono a Colonia, le cui storie partono da molto lontano. Anche loro, come tanti altri, sono entrati in contatto con i graffiti di Riva e ne sono rimasti sedotti.
L’artista, di cui nessuno conosce la vera identità, riesce infatti a rappresentare quei segreti e quelle perplessità in cui alcuni erano fino a quel momento rimasti incastrati, altri dolcemente addormentati. Riva riesce e tirar fuori queste immagini e a disegnarle sui muri e sulla rivista Kronos, con la quale collabora riuscendo a mantenere il suo prezioso anonimato.
Come in una pièce teatrale, i quattro personaggi prendono la parola e raccontano il dramma di vedersi rappresentati proprio come avrebbero preferito non immaginarsi e provano, uno dopo l’altro, a cercare di capire chi si nasconda dietro quella firma, fino ad arrivare all’inaspettato finale, quando cala il sipario e ogni personaggio scompare, come vuole la tradizione.
Ed è noto che il sogno, spesso, modifica l’identità delle persone che diventano personaggi, ovvero immagini create dalla fantasia.
Massimo Fagioli, Left 2010, L’asino d’oro edizioni, Roma, 2013
Una volta una lacrima andò dal suo sorriso e gli disse: sorriso, promettimi che non ti dimenticherai mai di me.
Il sorriso allora, improvvisamente triste, tornò a chiudersi.
Poi guardò la lacrima e disse: oh lacrima, ti conviene non dimenticarti di me, altrimenti ti farai soffiare via dal primo alito di freddo.
La lacrima allora si sentì morire e senza pensarci due volte andò a scivolare sulle sue labbra arrossate.
E così il sorriso, solleticato dal suo sapore salato, finalmente tornò ad aprirsi.
Riva
PRELUDIO
C’è chi dice che la vita della gente scorra come un treno pieno di fantasmi e giocattoli vecchi. E mentre noi cerchiamo di vivere e basta, quelli non fanno altro che lamentarsi. Ci danno fastidio, così proviamo a fingere di non sentirli. Ma a furia di fingere, rischiamo di diventare sordi sul serio.
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Tanta gente invece ai fantasmi non ci crede. E quando si guarda indietro e pensa alla vita, ama immaginarsi come un passeggero su un treno che dimentica di fermarsi nei posti giusti. Fino a quando qualcosa succede, un filo si spezza, una scheggia scivola e si apre quella bolla di latice dove eravamo precipitati per una semplice questione di opportunismo.
Ma prova a immaginare cosa potrebbe succedere se riuscissi a tornare dentro le immagini dei tuoi sogni interrotti, verso i suoni rimandati indietro, fra le scene non viste, luce che si infila fra gli spazi dove il treno di solito non passa. Immagina di scontrarti con la vita finalmente, con tutta quella vita che hai lasciato a piedi, sotto la pioggia, a rubare calore da quel triste pezzettino di luna che ancora rimane. Prova a pensare, anche solo per un momento, cosa potrebbe succedere se fosse possibile poterlo fare, tornare indietro senza finire col perdersi, e farli risalire su quel treno uno dopo l’altro, quei nostri inossidabili pezzi di memoria che ci siamo persi da qualche parte. Prova a immaginare di poterti osservare senza sconti, e di affrontare finalmente quelle che vengono comunemente chiamate le nostre questioni irrisolte, bolle d’aria che si gonfiano dentro il cuore a infangarci la vita, a soffiare sul fuoco, a intiepidire il sangue, a inaridire gli orizzonti, a costringerci a quella vita che non avremmo voluto, la stessa che rimproveravamo ai nostri genitori, quella stessa contro la quale abbiamo lottato così tanto. Prova a immaginare come sarebbe bello far tornare indietro tutti insieme gli attimi persi, le sospensioni involontarie, quando la vita per sbaglio o per caso rimane appesa come a un fil di ferro. Immagina di poter scivolare indietro, verso le stazioni lontane, quelle dove forse ancora ci aspettano le parti di noi che ci risultavano pesanti, a loro modo impossibili, speranze che volavano troppo in alto, o troppo dentro.
Immagina infine come sarebbe la vita se, finalmente, la riuscissimo a vivere, se riuscissimo a deporre le armi che ci siamo dovuti procacciare per sopravvivere, per non sentirci degli sfigati. Prova a immaginare come sarebbe bello poterci rinunciare e così, nudi e spontanei, disarmati e leali, tornare a recuperare finalmente quel bambino, quello che, seduto a ogni stazione, non ha mai smesso di osservarci. E di sperarci.
Prova a immaginarlo proprio adesso. Prova a immaginare come sarà bello quel giorno.
Prova a immaginarlo almeno per un giorno.
E poi, alla fine, prova a immaginare come sarà quel giorno in cui tutto questo succederà sul serio.
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