A seconda del target avrebbe dovuto chiedere riguardo l’acquisto di una macchina, o di elettrodomestici, o ancora di viaggi o di interessi nel tempo libero.
La pecca era proprio questa. Michael non era un granché in fatto di relazioni. Non riusciva a condividere le sue emozioni e trovava grosse difficoltà nel comprendere quelle degli altri. Odiava andare in giro per case a chiedere informazioni e se anche le interviste erano programmate e fissate dal call center dell’azienda, trovava sempre persone infastidite e svogliate con cui doveva interloquire forzatamente. Il dover poi consegnare un set di asciugamani o una scopa elettrica come compenso, lo sfiancava definitivamente.
La parte più bella era catalogare e analizzare tutti i dati raccolti, quella gli sarebbe mancata.
A lui i dati piaceva manipolarli, toccarli, sentirli, ordinarli. Se doveva raccoglierli, era perché li sentiva come tesori unici da preservare, lucidare, far brillare come pietre rare.
Così due giorni prima aveva lasciato il suo misero impiego da intervistatore porta a porta e ora che si sentiva libero non avrebbe dovuto fare altro che cercarne uno nuovo.
Appena uscito dall’università era sicuro che nessuno avrebbe voluto fare un lavoro del genere, quindi si era illuso fosse facile trovare un posto a buon mercato. Sfortunatamente le offerte sulla piazza non si erano rivelate all’altezza dei suoi sogni. O forse era la sua attitudine verso il genere umano a essere lievemente scostante per qualsiasi datore di lavoro.
…
San Francisco è nota per la sua brezza proveniente dalla baia, persino nelle sere d’agosto ti sferza il viso e una passeggiata sarebbe stata la cosa migliore per svegliarsi del tutto. Lasciò l’auto in strada e si incamminò verso il molo. Chinatown era già satura di odori ma a lui piaceva, aveva persino fatto amicizia con alcuni cinesi proprietari di una tintoria. Che fosse stato per la convenienza di avere le camice pulite e stirate o per pura empatia, non era importante. Ultimamente li trovava persino divertenti e poi non erano affatto invadenti.
Non aveva una meta precisa, bastava che il vento entrasse sotto i suoi capelli quasi a raggiungergli il cervello e cercasse di rinfrescargli le idee e i pensieri che in quella mattinata proprio non riusciva a catalogare.
Forse quegli insulti se li meritava, pensava tra una salita e una discesa senza perdere il ritmo della respirazione. Probabilmente non era stato gentile a snocciolare il suo odio verso l’agente di Cheryl, Ted Norman, proprio nel bel mezzo della sua festa. Dopo l’ennesima bottiglia di vino spiegato da uno zelante sommelier, rovesciare quel calice di rosso dal gusto rotondo e fruttato sulla sua camicia firmata non era stato né fine né educato. Avrebbe potuto presentargli i fratelli Zhang, con cinque dollari e un’ora di tempo l’avrebbe avuta indietro come nuova. Ma forse di un altro colore.
Ridere gli fece perdere il ritmo e affannò per qualche secondo prima di rimettersi in carreggiata. All’orizzonte il Golden Gate era quasi scomparso nella nebbia. I giganteschi piloni alla base sorreggevano il suo scheletro fantasma, inconfondibili in uno skyline mozzato da forbici di brina.
Il molo numero trentanove era ancora poco affollato. All’ora di pranzo si sarebbe riempito di turisti chiassosi in cerca di una zuppa di gamberi o di una foto con i leoni marini. A quell’ora di mattina però, la calma era quasi irreale.
Michael si sedette a una panchina, senza accorgersi della presenza di uno di quei barboni che troppo spesso affollavano le vie della città. In realtà era sicuro fosse vuota, ma appena poggiate le natiche sulle doghe verdi di ferro, sentì un fetore che lo fece girare di scatto.
L’uomo stava lì, con i capelli arruffati e gli occhi verdi che spuntavano da sotto la peluria che si fondeva in una barba incolta. Non sembrava arrabbiato, anzi, era come contento che qualcuno avesse finalmente deciso di sedersi vicino a lui.
“Scusa amico, tolgo il disturbo” iniziò Michael accennando ad alzarsi.
“Nessun disturbo, fratello” rispose l’uomo dalla pelle scura. Per loro siamo tutti fratelli, pensò Michael, anche dopo tutto quello che gli abbiamo fatto “Come ti va, eh?” continuò il senzatetto.
“Non c’è male” rispose Michael, che non avrebbe trovato quella compagnia di che essere sgradevole, non fosse stato per il puzzo
“Giornata buona per il jogging” sentenziò il barbone
“Non faccio jogging, cammino veloce” replicò Michael dopo qualche secondo, pensando a quanto tempo sarebbe passato prima che il suo nuovo amico gli chiedesse dei soldi
“Serve qualcosa, eh?” chiese invece quello, spiazzandolo
“Eh?” Michael pensò di avere davvero un brutto aspetto, per ricevere una domanda del genere
“Sei stanco, fratello. E non perché hai camminato veloce” mentre lo diceva, l’uomo agitava il dito indice con lentezza, quasi a sottolineare le sue parole una ad una, mentre guardava Michael da dietro la barba folta
“Buona questa amico, lo sai che hai proprio ragione? Dovrei farmi una bella vacanza” rispose il ragazzo accennando di nuovo a riprendere la sua strada, ma il barbone lo stupì di nuovo dicendo “O forse, al contrario, trovare un nuovo lavoro”.
Il vento aveva smesso di frustare i visi e i corpi dei passanti, mitigato dalla vicinanza del mare. Qualche gabbiano si posava qua e la in cerca di briciole e pian piano la strada che fiancheggiava i moli si riempiva di voci e vestiti colorati provenienti da tutte le direzioni. La musica della giostra dei cavalli e l’odore dei waffel caldi con cioccolata fusa e granella di cereali, popolavano l’aria attirando sempre più passanti. Su una panchina, spettatori di un quadro cangiante, un uomo sulla trentacinquina e un barbone nero dall’età indefinita.
“E tu che ne sai del mio lavoro?” chiese Michael dopo un minuto di smarrimento.
“Fratello, io vedo gente, la scruto tutti i giorni. Vedo le facce, leggo i loro occhi. Io lo so e basta, fratello. Ti serve un lavoro e ti dirò anche come lo puoi trovare”. Il barbone parlava come un santone ma del resto sicuramente aveva più occasioni lui di studiare la gente che chiunque altro, pensò il ragazzo.
“Interessante” disse in tono ironico “quanto vuoi per sganciarmi questa preziosissima informazione che mi cambierà la vita?” Pensò che gli avrebbe dato anche 5 dollari, gli stava simpatico. Ma avrebbe dovuto fare una doccia.
“Fratello, i soldi nella vita non sono niente” iniziò serio il senzatetto, con lo stesso tono tra il filosofico e lo spirituale “lo vedi quell’uomo laggiù?” disse indicando un uomo di circa sessant’anni poggiato sulla balaustra di fronte al mare. Aveva i capelli brizzolati, la faccia triste e malinconica, in mano una bottiglia. Michael annuì sempre più sorpreso “quell’uomo viene qui tutti i giorni da quando la moglie è morta. Una volta a settimana butta in mare una bottiglia con un messaggio dentro, una poesia, una parola per lei. Prova a offrirgli un milione di dollari e lo rifiuterà, riportagli sua moglie e ti coprirà d’oro.”
Michael vide l’uomo gettare la bottiglia in mare. Restò immobile a vederlo soffocare una lacrima, poi lo guardò allontanarsi lentamente finché la nebbia non lo inghiottì del tutto.
“Triste eh?” incalzò il barbone “Ma hey fratello, tu mica sei vedovo, no?” disse sbottando in una risata di quelle che sanno fare solo i neri.
“No, non sono nemmeno sposato se è per questo” balbettò Michael, sempre più invischiato in quella che sembrava una conversazione così surreale da poter essere inghiottita dalla nebbia di San Francisco da un momento all’altro.
“Tieni, prendi questo e leggi la pagina degli annunci di lavoro” il barbone gli allungò una specie di giornale stropicciato, le pagine puzzavano quasi quanto lui e sembrava essere stato stampato anni prima. Michael lo afferrò incerto.
“Questo lo scriviamo noi, fratello. Un tizio, Don Rey, ce lo stampa sulla carta che gli avanza e un po’ di altra gente ci spiffera le dritte sulle offerte di lavoro più interessanti del momento. O di quando lo stampiamo.” Era fiero di presentare il suo lavoro e Michael lo ascoltò paziente, chiedendosi di nuovo quanto gli sarebbe costato.
“C’è un posto dove cercano gente, fratello, dove pagano bene” disse il barbone puntando il suo indice sulla carta stampata
“Amico, non sai neanche di cosa mi occupo” rispose Michael “potrei fare le pizze a Little Italy come lavare camicie a Chinatown” ma il barbone sembrava sicuro del fatto suo.
“Uno come te sta bene in quel posto” sentenziò laconico e si alzò di scatto lasciando il ragazzo seduto con in mano il suo giornale.
“Noi non pubblichiamo mai cazzate come quei giornali potenti, fratello.” disse agitando di nuovo il suo indice verso Michael. Poi iniziò a camminare barcollando verso l’altra estremità del molo. Pochi passi e anche lui sarebbe diventato cibo per la nebbia.
Michael si alzò, cercando di fermarlo “Aspetta amico, ti offro una zuppa di gamberi!”
“Un’altra volta” disse il barbone agitando la mano in segno di saluto, poi sparì come quell’uomo pochi minuti prima di lui.
Michael ricadde col sedere sulle doghe dure della panchina, non tanto per stanchezza, bensì per lo stupore e il senso di smarrimento rimastogli addosso dopo quell’incontro. Stringeva ancora in mano il suo giornale, tollerando quasi il suo fetore. Lo aprì titubante cercando di non sporcarsi troppo mentre girava le pagine sgualcite. Sfogliò le prime pagine saltando gli articoli di denuncia e i componimenti scritti da un barbone sul molo quarantadue, poi si fermò alla rubrica degli annunci.
Qualche folata di vento tentava di voltare pagina indispettendo il ragazzo, che fu costretto a utilizzare tutto il palmo della mano per tenere ferma la carta sulle gambe. Quando lesse le prime parole, le toccò col dito indice quasi ad accertarsi che fossero vere e non scritte con inchiostro simpatico pochi minuti prima. Non si trattava di una ricerca per un cuoco a Little Italy o per un operaio a Chinatown. Che gli prendesse un colpo, si cercavano analisti di dati per importante azienda internazionale. No porta a porta, no call center, solo esperti, no perditempo. Lavoro full-time, solo analisi e catalogazione, richiesta velocità, passione e disponibilità immediata.
Cos’altro voleva? Si guardò intorno come se si aspettasse di veder spuntare una troupe televisiva da un momento all’altro. Poi pensò che nemmeno Phil, il suo migliore amico, avrebbe potuto fargli uno scherzo de genere.
“Hey amico…fratello!” chiamò a gran voce, rivolgendosi alla nebbia che stava ormai rivelando nuovi tratti della città. Ma il barbone non riapparve, così come l’uomo disperato che aveva appena gettato la bottiglia in mare. Al loro posto una coppia di innamorati, seguita da una famiglia con un paio di bambini che facevano a gara a chi arrivasse primo alla giostra.
Per cinque secondi si chiese se davvero quel senzatetto fosse stato in grado di guardarlo dentro. Poi mandò al diavolo i suoi pensieri e segnò il numero scritto sotto l’annuncio sul suo cellulare. Ripiegò il giornale in quattro, lo infilò nella tasca anteriore della sua giacca antivento e decise che poteva anche concedersi una zuppa di gamberi. Destino, fato e stupidaggini del genere non lo avevano mai interessato. Gli bastava pensare che quella giornata stava volgendo per il verso giusto e che subito dopo pranzo avrebbe contattato i suoi potenziali, nuovi datori di lavoro.
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