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Antica Barberia del Borgo

Antica Barberia del Borgo
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Consegna prevista Agosto 2024
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Vincent Malaspina non ha mai avuto molta fortuna nella vita, ha perso i genitori e ha rischiato un’accusa di omicidio. In più è un attore senza fissa dimora che gira per l’Italia in cerca di ingaggio e che per sopravvivere forza le case e ci dorme dentro.
Un giorno però girando nella zona universitaria di Bologna vede un volantino per il casting di uno spettacolo.
Decide di recarsi all’appuntamento, lì gli esaminatori lo sottopongono ad un interrogatorio sul suo passato che lo spinge a fuggire lontano da loro convinto di aver fallito ancora.
Il giorno seguente riceve però un sms con solo l’indirizzo di un luogo.
Decide di recarsi lì e trova una Barberia, all’interno incontra uno degli esaminatori che gli rivela un segreto: non è stato scelto per uno spettacolo, ma per entrare a far parte di un’agenzia segreta denominata Antica Barberia del Borgo.
Grazie alle sue doti di attore dovrà introdursi in una compagnia teatrale e scoprire la verità sul traffico di preziose opere d’arte.

Perché ho scritto questo libro?

Sono sempre stato appassionato del genere Spy ma mi sono sempre chiesto perché tutte le spie di cui leggevo fossero Inglesi o Americane. A noi Italiani non era concesso di essere affascinati o arguti quanto le nostre controparti ed eravamo relegati in figure di secondo piano. In più la figura della spia era sempre associata a figure militari, mai a uomini dalle doti creative o artistiche.
Ecco quindi un eroe riluttante figlio dell’arte e della recitazione che fa del suo essere la sua vera forza

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

Prologo 

 

Era l’una di notte, l’orologio tondo appeso alla parete segnava però l’una e un quarto, una svista che il suo proprietario non doveva aver notato. 

Appoggiata alla parete, molto più in basso rispetto all’orologio c’era una poltrona di pelle scura, consunta fin quasi alla noia, con profonde pieghe che andavano a sovrapporsi proprio in concomitanza dei grossi bottoni lucidi che dividevano in piccoli comparti bombati il cuscino inferiore. 

Sotto la poltrona un consunto pavimento di linoleum color mogano era segnato da dallo spostamento frequente della sedia. 
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L’intera stanza era in penombra, la luce entrava flebile dalla finestra dietro la scrivania a pochi passi dalla poltrona alla sua destra. 

Alla sinistra invece era posta una piccola libreria di legno chiaro, poco costosa, probabilmente di quelle vendute nei grandi magazzini di qualche città. 

La porta era di fronte alla scrivania e alla destra della poltrona, anch’essa dello stesso colore della libreria, fuori, in lontananza ma non troppo un lieve rumore di passi echeggiava in quello che molto probabilmente era il corridoio. 

«Sono riuscito a trovare qualcosa Rose!» disse il proprietario di quei passi poco distanti dalla porta, «Devi venire subito a casa mia! Si, si, sono appena rientrato, nessuno mi ha seguito tranquilla, nascondo la chiavetta nel solito posto, ascoltami! Qualunque cosa accada devi promettermi che li fermerai, questa cosa va oltre ogni controllo dell’agenzia, dobbiamo essere cauti». 

La voce oramai era chiara e limpida, risuonava quasi come un invito ad aprire quella porta, «Ci vediamo tra poco, occhi aperti». 

La maniglia iniziò a ruotare lentamente, poi improvvisamente si fermò, «Accidenti, ho dimenticato di nuovo l’orologio in bagno, se non avessi la testa attaccata al collo…» lasciò la frase in sospeso e il rumore parve allontanarsi dalla placida stanza. Dopo alcuni minuti ritornò di nuovo, l’ombra davanti alla porta era nitida e solida. Quattro colpi distinti bucarono il legno morbido della porta ad altezza uomo, dopo alcuni brevi istanti la figura oltre la porta si fiondò dentro la stanza sfondandola. 

«Perdoni l’irrequietezza, sa, non aspettavo ospiti» disse l’uomo guardandosi intorno, «Non c’è alcun problema signor Gandolfi, è comprensibile il suo stato d’animo» disse una figura accanto alla porta puntandogli una Beretta 98FS munita di silenziatore. 

«A cosa devo tanto interesse?» chiese l’uomo sotto tiro, «Lei sa perfettamente perché sono qui, ha qualcosa di mio che rivorrei se non le dispiace» disse il tiratore. «Aah, sono certo che qui avremmo qualche problema allora» disse l’altro. I due si squadrarono per qualche istante poi l’ultimo che aveva parlato agì: con riflessi fulminei colpì la pistola alle sue spalle, l’altro lo colpì a sua volta alle costole facendogli perdere il fiato, l’assalitore colse l’occasione per aggiustare di nuovo la mira e fece fuoco. 

L’uomo reticente cadde a terra in un lago di sangue, «Dov’è quello che mi hai rubato!» urlò l’assalitore, «Dimmelo o ti faccio un altro buco nella pancia!». 

«Aah, anche qui credo che avremo un piccolo problema» disse tossendo l’altro, «Vedi, non ho alcuna intenzione di dirtelo» disse con un filo di voce. 

«Quand’è così, temo che dovrò portarti con me per torturarti» disse l’assassino, «Ñon credo» disse l’uomo facendo ruotare il quadrante dell’orologio, qualcosa contenuto in esso sembrò iniettarsi nella pelle sottostante il quadrante, «Cosa…» lasciò in sospeso l’assassino, «Pesce palla» disse l’altro chiudendo gli occhi. 

L’assassino urlò di rabbia scuotendo il suo bersaglio che sotto i suoi occhi stava morendo senza che potesse fare niente per evitarlo. 

 

«La casa è stata messa in sicurezza?» chiese entrando nello studio, «Si, signore» disse un’agente dall’aspetto afflitto, «Qualcuno ha avvertito le forze dell’ordine?», «No, signore, ci siamo mossi nel più totale silenzio, per quanto ne sanno i vicini Gandolfi è partito per una lunga vacanza ai Caraibi» l’uomo tirò un lungo sospiro, «Molto bene, ottimo lavoro Rose», «Grazie Giancarlo, lui avrebbe sempre voluto andare in vacanza in un luogo caldo» disse lei sognante, «E c’era stato l’anno scorso mi pare» disse lui, Rose s’irrigidì, «Per lavoro, non per vacanza», «Nel nostro lavoro diventa sempre più difficile fare una distinzione» rispose lui cinico. 

«Sai dove possa aver nascosto le informazioni di cui ti aveva parlato?» chiese Giancarlo cambiando argomento e accendendosi una sigaretta, Rose sorrise, «Certo, mi segua capo». 

Rose condusse Giancarlo nel bagno, i residui di acqua nel lavandino non erano ancora evaporati e questo diceva all’uomo che il suo agente doveva essere stato nel bagno subito prima dell’aggressione nel suo studio. 

Rose si avvicinò al mobiletto accanto al lavandino e lo aprì, rovistò con noncuranza tra gli oggetti personali del suo collega alla ricerca di qualcosa, quando lo trovò, i suoi occhi si illuminarono di eccitazione. «Ecco qui» disse, porgendo a Giancarlo un sapone da barba, l’uomo lo soppesò per alcuni istanti poi svitò il coperchio, quello che si trovò davanti non lo stupì particolarmente, un sapone da barba consumato e pieno di setole sintetiche di un pennello da barba. Inserì le dita nel sapone profumato, strinse con forza il solido ovale e lo staccò dalla sua confezione, sotto, incastrato nella parte inferiore del sapone giaceva incastrata una microscopica chiavetta, «Bingo!» disse Rose. 

«Dopo che avremo visionato le informazioni sapremo finalmente chi si nasconde dietro i traffici illeciti di opere d’arte!» esclamò la ragazza, «Mi dispiace che Gandolfi sia dovuto morire per questo» disse Giancarlo, «Almeno la sua morte non sarà stata vana se riusciremo a prendere quei bastardi!» disse Rose. 

«Ora resta solo una cosa da fare» disse l’uomo, Rose s’incupì, «Non vorrà…», «Devo Rose, conosci la procedura, quando muore un agente della ABB…», «Deve essere sostituito con un altro…» disse lei guardando fuori dalla piccola finestra del bagno, «Ma chi sarà così folle da voler entrare in questo mondo?». 

 

 

Il Clochard di Piazza Maggiore 

 

Osservò i piccioni muoversi in fretta, come spaventati da qualcosa, spostò lo sguardo poco più in là, e vide alcuni bambini avvicinarsi minacciosi verso di essi, «Istinto primordiale» si disse mentre i piccioni si alzavano in volo e spaventavano un gruppetto di studentesse liceali che in quel momento attraversavano piazza Maggiore. 

Era un Giugno caldo, infastidito solamente da qualche breve sprazzo di pioggia al mattino presto. Una giornata fantastica insomma per farsi un giro nella splendida città di Bologna. 

Vincent si accorse di essere osservato, alcuni anziani lo guardavano con aria di disapprovazione dai tavolini di un bar poco distante. Decise di levare le tende, non aveva alcuna intenzione di creare problemi, gli bastava girovagare senza una meta in attesa di ingaggio. 

Era li perché aveva sentito a Cesenatico che alcune compagnie avevano aperto dei casting per alcuni spettacoli e, stanco del suo lavoro provvisorio da bagnino, si era tuffato all’inseguimento del suo sogno, diventare un attore di teatro in una compagnia stabile. 

Era arrivato da poco in città e forse per questo non aveva avuto ancora molta fortuna con gli annunci, «Prova nella zona universitaria» gli avevano detto quando era entrato in un bar ricolmo di giovani, «Di solito in Via Zamboni affliggono ogni sorta di annuncio, abusivamente s’intende» aveva sorriso il barista. Vincent si era fatto dare le indicazioni per arrivarci e passando per la piazza più famosa della città si era voluto fermare ad ammirare la fontana del Nettuno frutto del lavoro di tre grandi artisti, Portigiani, Laureti e Giambologna. 

Ora si stava dirigendo verso il suo appuntamento più importante, quello che avrebbe decretato se Bologna sarebbe diventata la sua casa oppure no: i muri affissi di volantini di Via Zamboni e Piazza Verdi. 

Vincent non si era fatto spaventare dalla descrizione di alcuni anziani dentro al bar dove si era fermato, «Quel posto è pieno di tossici e di spacciatori, è meglio non andarci di sera, o meglio, è meglio non passarci mai», «Farò attenzione» aveva detto con un sorriso di cortesia, quegli ambienti non lo avevano mai preoccupato più di tanto, nei suoi viaggi in tutta Italia aveva incontrato più volte gente di ogni tipo, dai santi ai diavoli e credeva che in fondo anche lì non sarebbe stato diverso, il trucco era molto semplice, cercare di farsi i fatti propri, non mettere il naso in faccende in cui non si centrava, meglio restare vivi insomma. 

Arrivò con facilità alle due torri, le aveva viste da lontano non appena lasciata la piazza ma ora che c’era sotto gli faceva un effetto strano vederle da così vicino, la più piccola infatti sembrava sul punto di cadere da un lato, eppure aveva letto su un libro anni prima, è così da secoli ed è perfettamente sicura. 

Il traffico di gente ai suoi piedi era piuttosto caotico, una frenetica massa di cittadini che andavano avanti e indietro dall’importante snodo stradale, cechi alla sua presenza, cosa di cui lui era molto grato. 

Voltò lo sguardo verso la libreria di fronte alle torri, il suo riflesso gli rispose. 

Il suo aspetto non era certamente dei più rassicuranti: scarpe da tennis rosse, consumate quasi all’inverosimile, tanto che il rosso era sbiadito in un più mite arancione pallido, jeans bucati all’altezza del ginocchio destro, frutto di una caduta in moto alcuni mesi prima, maglietta a maniche corte nera, con sopra inciso il disegno di un disco in vinile, una felpa verde era legata in vita e le sue maniche erano mezze bucate, come da un intenso utilizzo degli avambracci agli angoli dei gomiti e delle mani. 

Poi c’era il suo viso, dio, il suo viso da barbone in licenza, capelli lunghi e di un castano quasi nero con riflessi rossi, legati all’indietro da un elastico. La barba scura era lunga e non curata, spettinata fino quasi al limite della decenza, il classico uomo da strada pensò, dopo il licenziamento da bagnino qualche settimana prima aveva smesso quasi completamente di badare alle apparenze. 

Spostò l’attenzione verso la strada che aveva da percorrere e si incamminò, notò con piacere che più si avvicinava alla zona universitaria meno la gente faceva caso al suo aspetto, una qualità della zona che apprezzò profondamente. 

Il suo stomaco rombò, erano quasi le tre e lui non aveva ancora pranzato, dei soldi che gli erano rimasti dal lavoro precedente era rimasto ben poco e presto sarebbero finiti del tutto, doveva fare qualcosa. 

Si fermò ad un caffè poco distante da Piazza Verdi ed ordinò una pasta, pagò il sospettoso avventore e si sedette ad un tavolino. Due persone sedute ad un tavolino poco distante dal suo stavano discutendo animatamente attirando l’attenzione di tutto il caffè. 

All’improvviso i due si alzarono e uscirono continuando la loro conversazione, Vincent notò che l’uomo nella foga del momento si era dimenticato il portafoglio sul tavolo, lesto, si alzò e con grande abilità lo prese senza farsi notare, nascondendolo sotto la felpa che aveva legata in vita e uscendo velocemente dal locale. 

Un uomo, che aveva assistito con molto interesse alla scena si alzò in modo fluido ma veloce dalla sedia e uscì in strada, deciso a seguire quel ragazzo. 

Il giovane era stato molto abile a prendere il portafoglio senza farsi notare, e non doveva essere stato certo facile con gli sguardi carichi di sospetto e apprensione del gestore del bar. 

In un lampo gli fu alle costole deciso a vedere le sue successive azioni. Svoltato l’angolo fu sorpreso e ammirato: il ragazzo aveva rincorso la coppietta e in modo garbato gli stava restituendo il portafoglio. Il proprietario del portafoglio lo aprì istintivamente per controllare che ci fosse tutto e non appena notato che niente era stato toccato ringraziò calorosamente il giovane offrendogli una banconota da 10 euro. Il ragazzo rifiutò garbatamente e augurò una buona giornata alla coppia che stupita osservò il ragazzo allontanarsi da loro verso la sua direzione. 

«Sono stato uno stupido» si disse Vincent, «Avrei potuto fare una fortuna con quel portafoglio! E invece stasera mi toccherà dormire un’altra volta in strada». 

Si voltò un’istante verso la coppia a cui aveva appena restituito il portafoglio, gli aveva voltato le spalle e stava camminando diretta verso le due torri. 

Mentre si girava verso la direzione opposta un uomo si scontrò con lui, un intenso profumo di whisky mischiato a rum lo colpì, «Chiedo scusa infinitamente» disse l’uomo in una perfetta dizione italiana, Vincent cercò di vederlo in viso ma in una frazione di secondo l’uomo si eclissò da lui, tanto che sospettò potesse trattarsi di un ladro. Mise da parte questa idea stupida, cosa mai avrebbero potuto rubargli? Mentre era ancora perso tra i suoi pensieri notò tra i suoi piedi un volantino tutto spiegazzato. 

La data era quella di oggi e a grandi caratteri c’era scritto: questa sera provini per lo spettacolo di Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street, tratto dall’opera di George Dibdin Pitt e prodotto dalla ABB l’associazione di barberia italiana. 

Vincent pensò fosse strano e anche vagamente ironico che un’associazione di barbieri sponsorizzasse uno spettacolo in cui un barbiere impazzito fa a pezzi le sue vittime proprio con l’ausilio di un rasoio da barba. Non poteva permettersi questi dubbi e lo stomaco vuoto scacciò velocemente tutti i lati poco chiari di quel volantino pubblicitario. 

In fondo alla descrizione sommaria delle parti e degli attori di cui erano alla ricerca trovò l’indirizzo in cui si tenevano i casting, sorrise tra sé pensando che forse quella poteva essere finalmente la volta buona. 

 

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Matteo Marchi
Sono nato a Bologna negli anni 90' e sono sempre stato appassionato fin da adolescente di scrittura.
Mi sono laureato al Dams il cinema e teatro e di recente ho concluso un Master in Imprenditoria dello Spettacolo.
Ho avuto anche la fortuna di avere mentre mi diplomavo all’Accademia Nazionale di Cinema di Bologna maestri illustri che mi hanno insegnato l’importanza dell’uso della parola nella narrazione.
Il mio primo romanzo, l'ho scritto all'età di quindici anni, all'epoca era più che altro un metodo per rifugiarmi nei miei sogni e nelle mie fantasie, ma con l'andare degli anni è diventato qualcosa di più.
La scrittura è sempre stata un metodo di evasione e di riflessione su tutto ciò che mi circondava e mi ha spinto a mettermi in gioco anche in altri campi, infatti ho anche sceneggiato testi teatrali e alcuni cortometraggi.
Scrivo settimanalmente su un blog di scrittura.
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