Il saggio sarà un appassionante viaggio alla scoperta del capolavoro che ha rivoluzionato le inamovibili leggi del mercato editoriale giapponese, dalla sapiente scommessa del suo autore alle regole che condizionano il potere commerciale di un brand. Culminando con analisi tecniche sullo stile grafico e sulle tecniche di scrittura dell’opera e dedicando il giusto spazio alle intuizioni che uniscono il classicismo all’evoluzionismo. Attack on Titan prende un filone esistente dai tempi di Lovecraft, il Dark Fantasy e devia il suo filo conduttore lontano dagli stilemi canonici degli eventi. Dragon Ball, Berserk, Project ARMS, La Notte dei Morti Viventi e Distretto 13, tutto unito e condito con un po’ di steampunk. Mitologia norrena? Ebraismo? Bushido? Il mix di filosofie e messaggi con cui Isayama ha arricchito la propria storia non lascia alcun dubbio… Attack on Titan è il lavoro di un poeta maledetto dei nostri tempi!
Perché ho scritto questo libro?
Ciò che mi prefiggo in questo saggio è il riuscire a stupire in egual modo chi segue o ha già seguito l’opera trasmettendogli informazioni inedite, il riuscire a invogliare chi eventualmente non la conosce, se non magari soltanto di nome, a recuperarla in seguito alla lettura di questo saggio, e perché no, il riuscire a rivalorizzare la percezione negativa che buona fetta di fruitori attualmente vive. Per molti questa potrebbe essere vista come una sfida, ma per me è un viaggio da fare insieme.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Stiamo parlando di una opera che si assesta in quella tipologia di fantasy dall'atmosfera cupa e tetra, che va proprio a unire gli elementi fantasy a quelli dell'horror.
Un filone che fin dai tempi di Lovecraft prende il nome di Dark Fantasy, ma che solitamente, quando si parla di manga per ragazzi, assume il nome di Dark Shōnen. Eppure è opinione di chi scrive che questa sia solo UNA delle varie identità di questo prodotto, perché il filo conduttore degli eventi non è questo. So che ciò che sto per dire è estremamente impopolare, e che anzi, probabilmente farà incaponire il fandom duro e puro di Attack on Titan, ma questa serie è un Battle Shōnen.
Questo genere ormai si sta avvicinando alla soglia dei 40 anni di età, ed è inevitabile che nel corso di 4 decenni muti più volte. Anzi, a parer mio questo è il suo pregio più grande. Purtroppo però nel corso del tempo si è consolidato il pensiero che tutti i Battle Shōnen si basino su amicizia, combattimenti e viaggio dell'eroe, ma questi sono i precetti di Dragon Ball, e non del genere tutto. Nel mentre sono infatti cambiati i gusti dei lettori, e questo ha portato il genere Battle a lasciare sì inalterati alcuni elementi cardine, ma a mutarne radicalmente altri. Dalla metà degli anni 2000 gli autori dei battle mettono in scena scontri molto più oscuri in quanto a tematiche, e in cui spesso i protagonisti perdono.
Se negli anni '80 avevamo la lotta come espressione di crescita personale, 30 anni dopo questa diventa una necessità per sopravvivere. E siccome stiamo parlando di opere shōnen, naturalmente abbiamo i protagonisti che si scontrano con le difficoltà della vita e che maturano, passando dalla adolescenza alla vita adulta. E Attack on Titan è proprio questo. Un prodotto che oscilla tra distopia e horror e che precisamente per queste ragioni, è difficile da inquadrare bene. Per certi versi potremmo dire che è una sorte di riproposizione di l'idea di rifare un La Notte dei Morti Viventi e Distretto 13 in salsa fantasy.
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Perché per molti l'approccio dell'autore pone questa serie tra il seinen e lo shōnen, ma non è così. L'attacco dei Giganti è la normale evoluzione del filone narrativo battle, che fisiologicamente non poteva e non doveva restare ancorato agli stilemi degli anni '80. L’appeal di Attack on Titan deriva quindi superficialmente dall’azione e dallo sfruttare gli archetipi tipici del battle, ma colpisce nel segno svincolandosi man mano dalla loro rigidità e intavolando componenti sia fantapolitiche che della narrativa thriller. E questo mix ha conquistato fin dalla sua uscita cartacea, per esplodere in seguito con il suo adattamento animato che ha colmato le stesse lacune dell'opera originale.
E so che questa digressione farà incavolare i più, ma bisogna anche dire che Isayama stesso non ha nascosto le sue fonti di ispirazione. L'autore ha indicato Project ARMS come il manga che più l'ha influenzato, e si vede. Il plot narrativo di quest'opera permea tutta la storia di Attack on Titan. L'amore di Isayama per Berserk poi si rende palese nella ambientazione stessa dell'opera, che si pone come un fantasy europeo eroico, ma a differenza di quest'ultimo viene pesantemente infarcito di filosofia orientale. “Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere.” Questo principio del bushido permea tutta la storyline dei personaggi di punta della serie, ma in generale quest'opera trae ispirazione dalla mitologia norrena, rielabora il mito dei giganti e lo modella per dargli una identità peculiare e accattivante. Il gigante rappresenta la forza della natura, e la voglia di esplorare il mondo diventa il simbolo della scelta di non sottomettersi a essa. Ma l'elemento probabilmente più caratteristico e peculiare, è la componente steampunk di cui viene infarcito. L’unico modo per affrontare i giganti è infatti l'utilizzo di un dispositivo che funziona a vapore e che funge da propulsione per permettere ai soldati di raggiungere le altezze necessarie per poter affrontare i giganti. Ma siccome Isayama è un autore sadico, decide che questa arma sia più efficace negli spazi stretti cittadini, rispetto ai campi aperti. E l'idea sarebbe quella di tenere i giganti fuori dalle città, non di farli entrare. Isayama top poeta maledetto. Questo escamotage narrativo ha dato vita a una serie di scontri estremamente dinamici e cinematografici, perché fanno della assenza di gravità il loro perno centrale. E questo fomenta un sacco il pubblico tutto, non ci credo che uno possa restare impassibile a queste scene d'azione. È il tipo di tamarrata che piace sempre a tutti.
Il trio di protagonisti incarna, soprattutto a inizio opera, i 3 archetipi tipici del fantasy eroico. Ossia l'odio puro, l'amore incondizionato e l'eroe che rischia tutto per una causa immateriale. L'autore ha insomma fatto suoi i canoni classici, li ha decostruiti e rinnovati portando qualcosa di nuovo, ma che era totalmente in linea con i suoi tempi. È diventata una opera di quelle che definisco fulcro, perché apre una nuova epoca influenzando tutto ciò che ne segue. Basta considerare come Shōnen Jump, rivista competitor, abbia cercato di intercettare il successo dell'Attacco dei Giganti portando serializzazioni come The Promised Neverland, tanto per citarne uno. Hajime Isayama all'età di 23 anni ha dato forma a una opera che è un panico da incasellare e che ha radicalmente scosso tutto il mercato editoriale giapponese. Il suo fenomeno invece, grazie al sapiente utilizzo delle componenti mitologiche che riescono a elevarlo culturalmente, è accostabile a successi di critica come lo è stato al tempo Evangelion. Ma di questo avremo modo di parlarne più approfonditamente in seguito.
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