Parigi, 1680. Ursula è la figlia adottiva di una ricca vedova che la disprezza a causa delle sue origini. Henrik lavora come apprendista nella bottega di un imbalsamatore. Ragazzina intelligente e introversa, Ursula ha una spiccata inclinazione per i libri e l’occulto, motivo per cui è temuta e odiata dalle sorellastre, Louise e Athénaïs. Come molti bambini della zona, i fratelli di Henrik sono stati rapiti: si sospetta di una persona, o di un’entità, nota come “Il Pifferaio”. Unico indizio: una melodia di flauto che risuona per le strade ogni volta che un fanciullo scompare. I due ragazzini si ritrovano, loro malgrado, a fronteggiare questa minaccia senza volto nel corso di un’indagine che coinvolgerà la città serrata nella morsa dell’inverno più spietato a memoria d’uomo e i fasti della corte del Re. Tra oscure soffitte e splendidi palazzi, stanze segrete e giardini ghiacciati, sogni premonitori e piccoli incantesimi quotidiani, la verità si fa strada in modo labirintico, imprevedibile come l’amicizia tra Ursula ed Henrik, autentici outsider in un’epoca di maschere crudeli e profonde lealtà.
Perché ho scritto questo libro?
Il nucleo primario di Il bosco dei sentieri di carta viene da una storia di famiglia. Quando aveva circa 12 anni, mio nonno Emilio rischiò di morire dopo essere stato preso a bastonate da un agiato possidente per aver rubato delle ciliegie. I miei bisnonni persero la causa. Come scrisse Kafka, “Tutte le fiabe provengono dalla profondità del sangue e dell’angoscia”. Questo libro, ambientato nel 1600, è una fiaba nera che vuole ricordare simbolicamente la giustizia che non gli è stata concessa.
CA2PROGETTI1
Un libro non sempre politically correct che omaggia il Conte Attilio, il Gatto Nero, Pollicino, Cenerentola, il Pifferaio Magico, I Miserabili, il Profumo, Mystic River, Eyes Wide Shut, i grandi classici, senza farne il verso. Un libro che diverte, mai prevedibile, dove il re, quello immenso, è uno sfigato, lo scimunito è il martire e lo zio è il Principe Azzurro.
Un libro consigliatissimo per quanto è avvincente e ben scritto. Forse troppo ben scritto per essere letto tutto d’un fiato. Perché certi passaggi devono essere riletti più volte, e vien voglia di farsi aiutare da wikipedia per capire meglio certe circostanze. Ma certe frasi da sole valgono il prezzo del biglietto. Me ne sono appuntata qualcuna, in cui è sintetizzato un modo di scrivere diretto, pungente e ironico. Non è la descrizione migliore, ma a me piace molto come è stata morfologicamente costruita la descrizione di un pasto, che in poche righe ricrea l’atmosfera del momento condensando in modo divertente l’intesa tra due ragazzi, la caricatura di una matrigna e la carestia che attanaglia Parigi: “Avevano pasteggiato a patate e uova, che Henrik riusciva a reperire a dispetto della sorveglianza rapace di Madame Leroux e della carestia che chiudeva il culo delle galline superstiti”.
Buona lettura!