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Brevi racconti non pallosi

Brevi racconti non pallosi
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Consegna prevista Novembre 2023
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Fondamentalmente il libro nasce lungo il fiume Tang, cioè lungo la fila di automobili che si crea sulla nostra tangenziale est il mattino. L’ho percorsa per anni per andare al lavoro, e quando sei in fila o ti arrabbi oppure pensi e poi vai a casa e scrivi. Da qui la mia breve raccolta di racconti non pallosi.

Perché ho scritto questo libro?

Ho scritto un libro senza perché. Le parole sono importanti, completano quello che vedono gli occhi e sono gli ingredienti migliori.

ANTEPRIMA NON EDITATA

IL FIUME TANG

E’ proprio in giorni come questi che senti di doverti raccogliere un po’. Passare momenti in totale silenzio lontano dal “gioco balordo degli incontri e degli inviti” e magari fare anche il punto della situazione. Da dove veniamo , cosa siamo venuti a fare e come al solito dove stiamo andando, anche se Brignano avrebbe aggiunto soprattutto dove parcheggiamo.

Bene, io sono abbastanza certo di venire dagli Appennini, o quantomeno l’idea di essere concepito è sicuramente partita da li, un posto dal sapore vero, non come quello dell’amaro Montenegro, li tutto profuma di sempre e i boschi e le montagne non hanno tradito una sola volta la mia vista e il mio olfatto, e nei mesi estivi, quando non c’era la scuola andavo li a passare le mie estati e non in colonia al mare con tutta la classe.

Amo quei luoghi, anche se con tutta sincerità non ho mai amato cosi tanto gli abitanti di quei luoghi, forse e soltanto per il semplice fatto che i marchigiani erano i primi esattori delle tasse e non ho mai sopportato chi chiede soldi e in cambio non ti da nulla, se non che una fottuta ricevuta che certifica l’avvenuto pagamento di qualcosa che non hai mai comprato e quindi nessuno ti ha mai venduto.

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Da dove vengo è stato in parte chiarito, cosa sono venuto a fare è una domanda alla quale non sento il dovere di rispondere, sarei troppo irriverente nei confronti di mamma natura, del resto si può ben dire che siamo tutti figli di una scopata che non ci siamo fatti noi, ma due tipi, che in seguito riconosceremo amorevolmente come nostri genitori e per questo sento di poter dire che io qui non sono venuto a fare niente, sono semplicemente nato e chiamato a fare qualcosa che io non ho chiesto di fare, questa storia di essere concepiti senza averci chiesto prima il permesso in effetti è una storia che non mi è mai andata giù. Pensate addirittura se ai “due tipi” non gli andava neanche tanto di scopare quel giorno e l’hanno fatto soltanto perché era sabato sera, e sappiamo benissimo che gli spermatozoi il sabato sera sono come le vecchie canzoni di Morandi…

… UNO SU MILLE CE LA FA!

Un dramma! La nostra gracile esistenza non saprà mai come stavano quei due quella sera.

E adesso passo con tutta tranquillità a dove stiamo andando.

Io come al solito sto percorrendo, con la solitudine della mia struttura biologica e la mia Fiat seicento la via Salaria, sto andando alle Poste Italiane.

E’ l’una di giorno, ho appena fatto colazione e dopo il caffelatte la vita migliora sempre.

“E’ proprio in momenti come questi che dovrei raccogliermi un po, mi diverte schivare da anni con la macchina la solita buca sul cavalcavia alle 13 e 10 ”

Sulla via Salaria accade un po di tutto e lo schermo del mio computer si abbuia se non gli confido che sono piacevoli le passeggiate su strade vissute dagli emigrati e dagli emarginati, dalle prostitute che accendono la fantasia di noi passanti indigeni, dagli uomini neri che rifanno l’asfalto in estate…in sintesi dagli eletti.

Prendo la tangenziale est e vado (sempre come al solito) verso S.Lorenzo.

La tangenziale est è come un lungo serpente che nei racconti diventa un fiume che divide in due la città, già divisa mille altre volte da mille altre storie accadute e raccontate in tempi passati e come in tutti i fiumi del pianeta terra è li che vanno a vivere gli esseri umani, si accampano con le loro tende lungo le rive e ci passano lunghi anni.

Dicevamo quindi che la tangenziale est è come un serpente che nei racconti diventa un fiume dove ci vivono gli uomini e per questo sento di chiamarla sdrammaticamente IL FIUME TANG.

Il primo sito poetico che si incontra percorrendo il fiume dal Foro Italico direzione S. Giovanni, è abitato da uno strano tipo alto magro e con le guance rosse, vive e aspetta tutto il suo tempo all’altezza dell’uscita di viale Libia, poco prima, ha la faccia di uno che sta sempre in piedi.

Jimmy (forse si chiama cosi) è li, anestetizzato alla vista delle auto che passano, spesso mangia crackers e beve vino bianco in busta, il tutto con lo sguardo rigorosamente diretto verso il monte Soratte, mi domando perchè guarda sempre dalla stessa parte, forse perché il sole sul fiume Tang nasce proprio dietro il monte Soratte o forse perché sul monte Soratte ha lasciato il suo amore che adesso vuole guardare da lontano, comunque vada è chiaro il fatto che Jimmy è fuori di testa; praticamente ci ha lasciati e se n’è andato pur restando fra noi a vigilare sul passaggio delle auto della tangenziale est, senza degnare di un solo sguardo i passeggeri all’interno.

Credo sia anche lui dell’est come la nostra tangenziale.

Piove… e Jimmy aspetta che si fa notte per andare a dormire, prima non ci riesce.

E’ come se avessi parlato più volte con lui prima di andare a dormire, come se mi avesse raccontato più volte quello che pensano i suoi occhi, ho anche sentito il freddo che sente lui e il calore del colore delle sue guance arrossate , vorrei vivere ancora qualche secolo, ma solo per sapere se qualcuno inventerà mai una cacchio di macchina per violare legalmente la privacy delle persone e navigare gratis qualche minuto nella mente di un nostro prescelto. Io sceglierei sicuramente Jimmy.

E magari anche una macchina personale (…il caschetto Squid del film Strange Days) progettata ergonomicamente proprio per il nostro capoccione, che ci faccia navigare, sempre gratis, nei boschi, nei mari e nei prati della nostra infanzia, captando le immagini e i ricordi che ci lasciavano i sogni. Una macchina che se progettata sarà in grado di sostituire ogni tipo di stupefacente in circolazione, crollerà il prezzo della cocaina e di qualsiasi droga transgenica o sintetica che sia, e gli umani cercheranno solo e soltanto lei per sballare.

Non ho dubbi, sicuramente un giorno potremo vedere le immagini, anche se un po sfocate, di quando giocavamo con il triciclo rotto nel patio, sicuramente da quel giorno l’intero genere umano smetterà di pensare e il caschetto resterà l’ultima invenzione dell’uomo.

Passeggeranno tutti (gli uomini un giorno) sotto un sole pallido e ubriaco di eclissi, senza sapere dove andare, senza sapere cosa fare, passeggeranno guardando il passato con la macchina.

Immagino una grande valle con un po di nebbia, dove gli uomini che hanno smesso di pensare passano tutto il loro tempo indossando la maschera.

La droga del 2300 si prenderà possesso delle loro giornate.

Niente più lavoro, niente mogli, mariti e figli, niente cibo, niente di niente sopravvivrà eccetto la nostra malconcia presenza fisica, chiuderanno i mobilifici e i venditori di salotti perché non esisterà più il sonno, chiuderanno le banche e gli istituti di credito perché non serviranno più i soldi e i finanziamenti, chiuderanno i verbi al futuro, i sexy shop e le librerie.

Le case discografiche, i benzinai, gli ospedali, la politica, le fermate di autobus, le fabbriche di coriandoli e perfino quella emozione tanto forte che viveva sempre ben protetta dentro la parola amore, abbasseranno tutti la serranda, lasciando dentro i clienti ancora in fila; chiaramente forniti della nuova macchina.

Di tutto il bel creato che c’era non resteranno altro che un pò di nebbia, alcune panchine e un sole pallido che ha alzato un po’ il gomito la sera prima, ma tutto questo non recherà danno a nessuno, nessuno soffrirà di tale cambiamento, mancano 300 anni e abbiamo molto tempo per prepararci.

Io, una volta ebbi la fortuna di indossare a mo di cappello quella macchina, che terminava in avanti come una maschera da sub con lo schermo quadrato e oscurato, per noi sagittari e in più della seconda decade, vi assicuro che è veramente facile essere dominati dall’immaginazione.

Infilai la maschera e dopo alcune manovre con i tasti, mi trovai sintonizzato con una splendida domenica di festa nel paese di mia madre e di mio padre, in seguito capii che quello era un ricordo molto forte e positivo della mia infanzia e per questo forse il primo ad essere pescato dalla macchina.

La macchina infatti “funzionerà” cosi, capterà prima e in breve tempo le immagini più forti e significative……………… .……….. poi quelle rimosse…………..

Avevo la sensazione di essere in casa con amici e parenti a guardare un vecchio super otto proiettato sul muro della stanza, invece ero completamente solo e stavo guardando il “filmino” del matrimonio di mia cugina Giuliana, arrivava zio Mario con la fiat 1500 celestina e zio Antonio con la sua Austin 1400, io correvo come un pazzo fra gli zii più alti di me, ero eccitato, parlavo, correvo e rompevo le palle a tutti, stampando a volte il mio naso e la mia lingua sul vetro dell’obbiettivo della telecamera di zio Ginesio che ci riprendeva, e se il mio olfatto non ricorda male, cerano anche delle gonne un po corte, le famose minigonne, che contribuivano a rendermi irrequieto.

E’ scientificamente provato che nell’immaginario di un adolescente e degli adolescenti della mia età le “cosce” delle belle donne sono capaci di farci fare pensieri incredibili, dolci e delicati pensieri che danneggiano vistosamente il nostro ipotalamo ma favoriscono quei magnifici momenti di amplesso vegetativo e immaginario, che abbiamo il piacere di vivere soltanto noi adolescenti.

“Il regno intermedio della fantasia è accessibile a tutti per generale consenso”

diceva Mr Freud…….

…e Flaiano, senza essere cosi pessimista, sosteneva che nella vita di un uomo ci sono soltanto quattro o cinque giorni veramente importanti. Il resto dei giorni serve solo per fare volume.

Pensando cosi intensamente a l’unica macchina che vorrei avere io in questo momento (il caschetto) mi sa tanto che mi sono allontanato un pò troppo dal fiume Tang, al punto tale che si abbuia lo schermo del computer e appare la scritta gentilmente lasciata da Andrea prima di partire per Sidney “ Nu me sputtanà er Pc”… era qualche minuto che non toccavo un tasto.

Percorro il fiume Tang almeno due volte al giorno da circa seimila giorni con Stefano stiamo parlando di alcune cose carine che ci sono successe in passato, ma presto ci accorgiamo che non era quello che effettivamente e affettivamente volevamo comunicarci.

Se questo non era un breve racconto ma un documentario modello Piero Angela, potevamo ben dire che ci troviamo nelle vicinanze dei siti archeologici di viale Eritrea e viale Libia, è il quartiere Africano, misto di umani di destra che hanno fatto di tutto nella loro vita, e umani di sinistra che non sanno che cazzo fare del loro futuro.

Stefano era li, seduto comodamente sulla mia destra.

Gli domando come stai.

Gli domando come va la coppia.

Gli domando se mi vuole bene al punto tale che potrò sempre domandargli qualcosa.

Mi risponde: “Praticamente Massimo mi ha lasciato venerdì e ho vissuto le quindici ore più brutte della mia vita, ho passeggiato in giardino senza sapere cosa fare, non ricordo se c’era la luna e se c’era poteva anche essere la luna di un momento diverso da quello che stavo vivendo e guardando; visto che in quel momento non stavo vivendo e non ricordo se stavo guardando.”

“Lungo l’acqua corrente si incontra la gente” è cosi che mi disse un giorno un vecchio cacciatore amico di mio padre una domenica di battuta di caccia al cinghiale in Toscana, e andando avanti lungo il nostro fiume Tang si incontra lo schermo luminoso che da informazioni sulla viabilità in tempo reale, ma spesso con “frasi” che fanno pensare a film degni di Cronemberg tipo: “Morta una intera famiglia, non avevano le cinture, il bollo era scaduto e comunque non andavano d’accordo fra di loro.”

Oppure qualcosa di più ludico e fisicamente meno impegnativo come che ci sono code fra Passamonti e Castrense, che guidare contromano si perdono quattro punti patente e parlare al cellulare cinque. Che strano! Quando inizia l’ingorgo altezza via Lanciani, sulla vostra destra potrete ammirare il gigantesco centro a cinque serrande della Chicco, dove però gli abitanti del fiume Tang non possono fare shopping , ma possono guardare le vetrine dopo che si è fatta sera per poi fare sogni FoppaPetretti la notte.

Questo è un breve racconto inevitabilmente agro per l’argomento trattato, ma amorevolmente dolce grazie al sole che bacia gli abitanti del fiume Tang.

Adesso viene il bello, inizia “la cola” altezza St. Tiburtina, certo che Tiburzio non saprà mai a quale caos è stato dato il suo nome, una marea di auto con i rispettivi proprietari alla guida intende andare al lavoro oppure a casa, i motorini scorrono tranquilli e quelli con lo scooter hanno spesso una guida fallica e arrogante, siamo bloccati ma non io quando scrivo dal mio computer, c’è uno splendido prato di pini sulla destra dopo la St. Tiburtina, probabilmente è il sito poetico più importante del fiume Tang.

Posso proprio dire che questa vita mi piace cosi tanto che mi ubriaca ogni volta che la incontro; gruppi umani di diverse etnie hanno lottizzato il prato dei pini “e io non posso parlare con loro perché mio padre era un re” e non posso parlare con loro anche se parlo la loro lingua, dall’abitacolo dell’auto la vista indica l’accampamento, i cani e i bambini giocano indifferenti mentre gli adulti cuociono carne in un grande pentolone che bolle come un alchimia.

Nel prato dei pini lascio sempre il mio ultimo sguardo.

La fila (la cola) è finita, mi sento “fuori dal tunnel” la tangenziale est prosegue il suo cammino senza voltarsi indietro.

Siamo arrivati nell’area abitata dalle etnie più evolute benestanti e malpensanti del fiume Tang, sono quasi tutti bianchi e vengono comunemente chiamati Italici, abitano in queste zone prima ancora della nascita del fiume che adesso attraversa i loro appartamenti passando per la cucina e la camera da pranzo.

Il balcone che non c’è, se ci fosse stato, si sarebbe sicuramente affacciato verso il monte Soratte.

Sanniti, Latini ed Ernici cominciarono a costruire case, che Milanesi, Pugliesi e Calabresi hanno poi comprato alcuni anni fa.

Sono arrivato a S. Lorenzo, la mia auto prende l’uscita da sola e si infila nel quartiere edificato con “ Las cuadras” il vecchio sistema spagnolo di costruire paesi e città in America Latina.

Le parole che tirano fuori i serpenti dai buchi, è questo che sto cercando, come tarantole da convincere ad uscire dalla tana con l’inganno del bastoncino e la saliva e io adesso resto qui al computer finchè non riesco a prenderne una.

Il bambino adulto che canta e suona nel gruppo dei Rom, dopo alcuni brani sulla malinconia non sente più il rumore delle acque del fiume Tang , si ferma un istante e guarda i volti illuminati dal fuoco dei compari in cerchio intorno a lui.

Sono in casa, ha appena suonato alla porta una ragazza della Tecnocasa e quando è andata via ha detto “ grazie e mi scusi se l’ho disturbata” i venditori di immobili e di religioni che fanno il porta a porta sono cosi educati e pieni di sensi di colpa, che lasciano sempre molta tenerezza quando vanno via.

Giuro che non so più se sto leggendo o scrivendo, dieci righe fa il bambino adulto non sentiva più il rumore del fiume e adesso ha cominciato a ballare come un attore pazzo sul set di Kusturica, se parlassimo di cinema non piovono ne pietre ne rane e la colonna sonora che ascolto è sicuramente dell’est come la nostra tangenziale,| se invece parliamo di arte il set in questo momento è una tela di Monet dove la tavolozza dei colori dell’artista ha messo su una festicciola nel prato bagnato dalle foglie dei platani color giallo e dintorni.

Giuro che non so più se sto scrivendo o leggendo, negli uffici del mio immaginario le emozioni lottizzano sempre ogni cosa; passionali e violente, suggeriscono parole, lusingano il mio cuore, attraversano i miei campi, anestetizzano l’aria che respiro ma uccidono i batteri della noia, e in questo momento ho un forte desiderio di restare per sempre vittima e preda delle emozioni e delle storie dove la realtà ha un debole passionale con la fantasia.

No, non voglio nulla di più dalla vita, sarei veramente disonesto nei confronti di chi non ha nulla e vorrebbe qualcosa.

A me bastano queste passeggiate romane lungo il fiume Tang.

A me bastano queste giornate di inverno che fa l’amore con la primavera.

Alzo gli occhi e vedo due grandi gabbiani bianchi…

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Claudio Meschini
Meschini Claudio è nato a Roma lungo il fiume Aniene il 9.10.11 dicembre 1961 da una famiglia di artigiani e con l’aiuto di un’anziana ostetrica con una 127 rossa. La signora Marcon.
Diplomato in ragioneria e cresciuto con pizza bianca e mortadella, dieta sostanzialmente uguale per l’aspetto nutritivo a quella di Ligabue con piadina romagnola e prosciutto di Parma.
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