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Il ciclo del Keth. Libro primo: risveglio

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Pavel è un giovane chimico londinese che ama i videogiochi e quotidianamente si ritrova con il suo gruppo di amici per condividere questa passione. Una sera, un black-out improvviso avvolge la città e Pavel viene catapultato nel mondo fantastico di Eliothar. È lì che la sua avventura ha inizio: incontra Sheriuk, una tigre dotata di parola che sta cercando di riconquistare la sua terra, sottrattale dagli Avvelenati. Pavel, colto da una crudele amnesia, cambia nome in Vadrah e scopre di avere delle doti speciali. Intraprende quindi la via dell’Ene No Won, arte del combattimento tramandata solo agli eletti e che gli permette di manipolare il keth, l’energia vitale capace di determinare le sorti del mondo. Tra personaggi dai tratti ironici ma anche malvagi, Pavel diventerà la chiave di volta per la riconquista della rigogliosa Eliothar.

CAPITOLO UNO

Nel pieno di un blackout, Londra appariva come un braciere morente.

John Anderson, rinchiuso nella sua stanza buia, fagocitò la sua terza barretta di cioccolato. Con le dita ancora unte, iniziò a premere compulsivamente il tasto di accensione del computer. Aveva chiesto una giornata di riposo dal lavoro solo per quella sera, ma il monitor pareva quasi prenderlo in giro, tutto nero e con la spia d’accensione spenta. Quanto avrebbe voluto tendere l’orecchio e ascoltare il solito ronzio prodotto dalle ventole! Si consolò pensando che anche i suoi amici, con molta probabilità, si trovavano nella stessa situazione.

Andò al bagno, sentendo improvvisamente il bisogno di evacuare tutto quel male sotto forma di cibo che aveva ingurgitato poco prima. Barcollando tra le tenebre, percorse a fatica il corridoio e si tenne la pancia tra le mani, come per calmarla dalle atroci sofferenze che stava patendo. Fu proprio in quel momento che la casa s’illuminò, riportata alla vita dopo una morte solo apparente.

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John fu scosso da un’intensa scarica di gioia che contrastò con una serie di imprecazioni piuttosto vivaci: la paura che potesse fare tardi al raduno prese il sopravvento. «Proprio adesso, maledizione! Tra tutti i momenti, proprio adesso!» esclamò maledicendo quell’inaspettata diatriba tra le sue viscere.

Tuttavia, per un meccanismo fisiologico non ben preciso, il suo intestino sembrò ascoltare le colorate preghiere e cessò di contrarsi dandogli la possibilità di scegliere tra la tastiera e il gabinetto. La risposta di John non si fece attendere. Il suo dietrofront fu immediato e la corsa lungo il corridoio, per quanto goffa, rappresentò uno degli atti fisici più intensi delle sue ultime due settimane.

Tornato al computer vide prendere forma, sotto le sembianze di qualche migliaio di pixel, il frutto di mesi di lavoro. L’interfaccia del software, che era rimasta in uno snervante silenzio per tanto, troppo tempo, dominava lo schermo con un avviso di priorità S, quella più elevata:

Sequenzializzazione possibile – Avviare il processo?

Premere Sì per iniziare.

Quando Pavel udì il bip del quadro di comando generale dell’appartamento, tutto ciò che gli stava intorno assunse un colore ben definito. I suoi occhi, al contrario, gli supplicarono di tornare nell’oscurità. Sedette alla scrivania un po’ intontito e al contempo smanioso di giocare dopo lo scherzetto che gli aveva riservato il blackout.

«Accenditi!» esclamò e il computer si avviò insieme al monitor ventotto pollici e al mouse, sul cui dorso andavano formandosi contorti e luminescenti disegni tribali.

«Modalità gioco» scandì nuovamente Pavel quando tre voci comparvero a schermo. Non era proprio il momento per “Lavoro” e “Televisione”. Indossò le cuffie e cliccò sull’icona di War of Drones. Mentre il gioco si preparava all’avvio, effettuò il login a Speak and Play, un programma di chat vocale. Cercò nella lista dei gruppi preferiti quello dei suoi amici, notando con sorpresa che non era l’ultimo arrivato. All’appello mancava un po’ di gente e, cosa ancor più eclatante, John era assente.

«’Sera!»

«Pavel! Quand’è che s’inizia?» chiese Tom.

«Magari quando altra gente si farà viva» gli rispose ironico Adam.

«Ancora non riesco a crederci» disse Joshua.

«A cosa?» domandò Pavel.

«Al fatto che John non sia ancora online. Di solito ci tempesta di messaggi mezz’ora prima dell’inizio.»

«Persino lui non è immune a un black out…» ricordò Pavel.

Aspettarono un’altra decina di minuti, raccontandosi sfuggevolmente i fatti del giorno. Poco dopo fu praticamente una festa. Adrian, Brian, Bud e Mathew comparvero online quasi simultaneamente, irrompendo nella stanza virtuale come loro solito. Dissero così tante cose insieme che Pavel a stento riuscì a capire chi stesse parlando.

Era sempre così l’inizio di una partita: caos ed eccitazione pervadevano la chat, soprattutto per mano dei fratelli Harrison. Vivendo in quattro erano abituati a sovrastarsi a vicenda per guadagnarsi i loro spazi, in particolar modo quando si giocava.

«Adrian, hai preso il mio mouse!» esclamò Bud.

«Il tuo mouse? Sono io che l’ho comprato!» ribatté Adrian.

«Ma era il mio compleanno, l’hai comprato per farmi un regalo!»

Battute varie e accuse ingiustificate dominarono la scena per un po’, fin quando non sopraggiunsero Thomas ed Elizabeth. Solitamente erano particolarmente silenziosi, ma in quel caso i due ruppero quello strambo equilibrio con delle pacate e legittime proteste.

«Non per mettervi fretta, ma non dovremmo iniziare? Si è già fatto abbastanza tardi» disse placido Thomas, affiancato da un ancor più mite «Già» di Elizabeth. Fratello e sorella erano molto timidi, anche se probabilmente formavano la coppia più efficiente quando si trattava di andare in giro a sparare droni.

«John non è ancora qui, dite che dovrei andare a chiamarlo?» propose Pavel.

«Magari è al bagno, sapete che soffre sempre di quei disturbi intestinali…» disse Brian ridacchiando.

«Ma è anche vero che è sempre il primo a collegarsi… Al telefono non risponde, faccio un salto da lui. Dopotutto ci separa solo una rampa di scale» disse Pavel, che quindi salutò gli amici e si avviò da John.

2022-09-21

Aggiornamento

Sapete? Dicono che non esista un libro senza lettori... Averne già più di duecento prima della pubblicazione effettiva, pronti a esprimere un giudizio, positivo o negativo che sia (bisogna sempre prendere in considerazione anche le critiche), è quindi una grande gioia, oltre che una dimostrazione di affetto e di reale fiducia nei miei confronti. Mi avete supportato da subito, spesso senza che ve lo chiedessi: siete già in partenza una community speciale! Non mi resta che dirvi... grazie, grazie, grazie!

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Marco Palma
classe ’92, cresce in provincia di Napoli e si appassiona sin da bambino a film, fumetti e romanzi di ogni genere. Tecnico di radiologia di professione, sul web racconta videogiochi e pubblica strisce a fumetti.
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