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Il Crepuscolo delle Stelle – L’artiglio del Sacrificio

Il Crepuscolo delle Stelle - L'artiglio del Sacrificio

La campagna di crowdfunding è terminata, ma puoi continuare a pre-ordinare il libro per riceverlo prima che arrivi in libreria

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Consegna prevista Luglio 2023
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La storia si svolge nella Terra di Ponente, un mondo antico, avvolto dalla magia che, in alcuni frangenti, richiama miti e leggende della cultura occidentale.
Si narrano le gesta di due gruppi di personaggi, che si intrecciano tra di loro come i capelli di una giovane vichinga: da una parte gli eroi, cresciuti in contesti diversi e costretti a combattere per contrastare il male, dall’altra un gruppo di “antieroi” spinti dalla sete di potere, pronti a tutto pur di invadere la Terra di Ponente. Algor brandisce l’Artiglio del Sacrificio, gioca a fare il dio e decide della vita e della morte di chiunque si frapponga sulla sua strada. Mistrael, il portatore del Segno con il dono della chiaroveggenza cercherà di fermare la rinascita delle tenebre. Gli abitanti del mondo, frammentati da pregiudizi e dall’odio verso coloro che sono diversi, sapranno mettere da parte le divergenze e coalizzarsi sotto un’unica bandiera?

Perché ho scritto questo libro?

Mi hanno spinto nell’attraente vortice della scrittura la passione per il Fantasy e una storia, che da anni mi ronzava nella testa ogniqualvolta la posavo sul cuscino. In una notte di dicembre, in pieno lockdown, ho deciso di dare vita al mio manoscritto senza filtri e senza paura, come un bimbo incosciente attirato solo dalla volontà di esplorare un nuovo mondo, incantato e pericoloso, nel quale far spiegare le ali della fantasia.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Capitolo 18

Il Guardiano

Il fragore della battaglia era udibile anche all’interno della piramide, l’aria rarefatta non permetteva agli invasori di respirare a pieni polmoni. Il corridoio centrale, stretto e basso, era pieno di geroglifici demoniaci, forme attorcigliate in rilievo riempivano le pareti e il pavimento. Tutto sembrava ricondurre al mondo del Caos, ignoto e disordinato come il manto di stelle, sconosciuto alle menti umane e pieno di mistero, composto da luci grandi e piccole, vicine e lontane, ferme e pulsanti.  Nulla lasciava pensare che si trattasse di un posto sicuro. 

Algor, Cloe, Magron e le cinque guardie raggiunsero una grande sala, circondata da enormi statue mostruose che minacciose accoglievano i visitatori. Cloe appoggiò la fiaccola in un grande calderone che subito prese vita, l’olio cominciò a bruciare dando sfogo ad una grande fiamma. La Principessa si accorse che ai lati del grande contenitore partiva un binario che si collegava ad altri calderoni; dopo pochi istanti la sala prese a splendere, il fuoco rese tutto più chiaro. 

Cloe, eccitata dalla vista dei geroglifici del Caos, invitò il principe a guardare in alto:

“Guarda marito mio la grande cupola, non credevo fosse possibile costruirne una cosi maestosa… Guarda al centro, è raffigurato il triangolo con gli angoli smussati, gli innumerevoli raggi che partendo dal cuore del triangolo invadono gli spazi circostanti; la stessa immagine che ho trovato nel Libro della Notte”.

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“Si, e stando alla tua deduzione il triangolo rappresenta le tre parti del corpo del sommo Vucodlak, i raggi la sua natura caotica… la perfezione in un mondo imperfetto” aggiunse Algor con la testa rivolta verso l’alto

“Mia Signora, ai piedi di quella statua ci sono dei sarcofagi che circondano l’altare, forse in uno di quelli potrebbe esserci quello che cerchiamo”, disse Magron con lo stupore negli occhi.

Si avvicinarono senza fretta, evitando che gli stivali borchiati picchiassero sul pavimento di pietra; i due amanti si guardavano ed annuivano ad ogni passo, tutti i tasselli stavano andando al posto giusto. L’intuizione di Cloe e la determinazione del Principe degli Elfi della Notte confluivano nella stessa direzione verso lo stesso obiettivo: recuperare i resti del lord del male e impossessarsi del potente Artiglio del Sacrificio. Prima di raggiungere l’altare, Cloe fece notare che, ai loro piedi, c’erano delle raffigurazioni affrescate, molto dettagliate:

“Guardate, vi è rappresentata la grande battaglia nella quale i vivi sconfissero i morti… Quello là è Aldebaran il Minotauro, l’eroe prescelto dai Metamorfi che alla fine sconfisse Vucodlak”.

“Quello, invece, è l’esercito demoniaco al cospetto del Sommo” aggiunse Algor, divertito dalla scena cruenta.

“Cos’è questa creatura gigantesca?” chiese Magron, avvicinando la torcia al pavimento. 

“E’ il guardiano, la creatura più potente al servizio del Negromante, nata dall’estremo sacrificio compiuto da Vucodlak, un demone potente, primogenito dell’Artiglio del Sacrificio” raccontò Cloe con maestria e misticismo.

“Cosa mai può aver sacrificato per creare una tale bestia?” chiese il Principe, incuriosito.

La ragazza sorrise e, guardandolo dritto negli occhi, disse:

“Ha sacrificato la cosa più cara… La sua vita”.

In quel preciso momento un boato scosse gli intrepidi elfi oscuri; una grande porta di mattoni, fino ad allora nascosta, cominciò a sollevarsi. L’intera parete alle spalle dell’altare si stava sollevando. Non attesero che il meccanismo si fermasse, estrassero le armi e si posizionarono. 

Magron fece due passi avanti e si appostò innanzi alla strega; delle cinque guardie, tre rimasero nelle retrovie ed estrassero i polverizzatori e due raggiunsero l’enorme elfo. Algor si spostò sulla destra, vicino ad una delle grandi statue di roccia e attese di intravedere cosa stesse uscendo dalla porta ormai spalancata. 

Prima di entrare nella luce emessa dalle fiamme dei calderoni, un verso mostruoso, più profondo del ruggito di un leone e più stridulo del barrito di un elefante, anticipò l’entrata in scena del demone: alto cinque metri, con un corpo simile a quello di un gorilla mastodontico, gambe piccole e piegate, con delle spalle ampie e ricurve; al posto del braccio destro, un mazzo di tentacoli vorticavano nell’aria, la testa era incastonata nel petto. Centinaia di occhi sottili ricoprivano il corpo, bulbi oculari indipendenti schizzavano da una parte all’altra e permettevano al demone di avere una visuale a trecentosessanta gradi. Nel braccio sinistro una clava dentata era appoggiata sulla schiena. 

Avanzava senza esitazione, pronto a colpire qualunque cosa si fosse avvicinata, come un cane da guardia a difesa del padrone: senza riserve e senza timore si posizionò davanti all’altare. 

Algor si accorse che non sarebbe stato possibile aggirarlo, gli strani occhi seguivano ogni suo movimento, il demone doveva essere abbattuto.

“Attacchiamolo tutti insieme” urlò il Principe.

I primi a colpire furono gli elfi con i polverizzatori: tre scariche devastanti sul corpo del demone, il puzzo di bruciato cominciò ad invadere l’aria dell’altare. Magron caricò e conficcò la spada nella gamba destra, Algor fece lo stesso infilzando con Cenere l’altra: nello stesso istante, due guardie nere caricarono e scagliarono le loro lance nel petto della belva. 

Fu una manovra rapida ed incisiva, figlia dell’esperienza maturata sui campi di battaglia.

Gli elfi però non avevano fatto i conti con il potere del demone: la bocca si spalancò ed emanò un ruggito spaventoso che terrificò i due elfi con le lance; rimasero impalati ed inermi, come se la loro coscienza fosse stata rapita e nascosta chissà dove. Anche il Principe sentì tremare le gambe, la paura lo pervase ma riuscì ad indietreggiare, evitando la grande clava del mostro. Magron non fu così fortunato: fu preso in pieno e scaraventato lontano; i tentacoli, invece, si accanirono sui due elfi pietrificati dal terrore, sbranandoli come un branco di lupi nella foresta su di un cervo abbattuto. 

I polverizzatori colpirono ancora ma non abbatterono il demone che, come se nulla fosse, azzannò gli altri tre elfi. 

La battaglia stava virando pericolosamente verso l’annientamento dei coraggiosi profanatori che, dopo aver riesumato la tomba e sconfitto il grande esercito di demoni all’esterno della piramide, stavano per essere sconfitti dal Guardiano del tempio, un mostro malvagio, figlio del potere ultraterreno dell’Artiglio. 

Algor sapeva che, da lì a breve, non avrebbe più evitato i colpi micidiali dell’essere deforme, e si accorse che neanche Cenere, la spada forgiata dal Primordiale del fuoco, riusciva a ferire a morte il gigante con la clava. La pelle del demone rigenerava e i sui colpi si rafforzavano con il passare del tempo.

Il Principe continuava la sua lotta furibonda cercando di evitare la pesante clava e dopo esser stato scaraventato a terra da uno dei tentacoli, si soffermò sugli affreschi del pavimento raffiguranti la grande battaglia e gli tornarono in mente le parole della moglie:

“Ha sacrificato la cosa più cara, la sua vita.”

Si voltò indietro e cercò Cloe, si nascondeva ai piedi di una statua e osservava lo scontro.

“Cloe, fai in modo che non mi veda” urlò il Principe con tutta la forza che aveva in corpo. Cloe annuì e fece due passi avanti; le mani cominciarono a vorticare, il timbro della voce cambiò, come se qualcun altro si fosse impossessato del suo corpo, gli occhi mutarono di colore diventando tutti bianchi, dalle mani una nuvola nera avvolse lei e il grande demone. 

Il Mostro, disorientato, cominciò a muovere la clava da una parte all’altra, senza badare a chi stesse colpendo, poi, attirato dalla voce della donna, fece alcuni passi avanti e afferrò l’elfa con i tentacoli. L’incantesimo cessò appena Cloe fu stretta, il fumo nero si disperse in pochi attimi. Sollevò la ragazza al cielo come trofeo, pronto a stritolarla e a ridurla in brandelli, come aveva fatto in precedenza con le guardie del Principe. Attorcigliò l’ultimo tentacolo al collo: Cloe urlò forte per il dolore, poi svenne. Il mostro attese qualche attimo prima di soffocarla, per assaporare di più la sofferenza della strega: il piacere di uccidere era radicato nell’animo del demone che, da lì a poco, avrebbe inflitto il colpo di grazia… 

Magron, ripresosi dall’urto, osservò la scena: il dolore al costato non fermò il suo impeto, saltò e con la spada a due mani colpì il braccio tentacolato del mostro facendolo ritrarre: la ragazza priva di sensi cadde al suolo, come una mela matura dall’albero. 

La spada dell’elfo, “l’Ammazza Elfi”, aveva assolto il suo compito, liberare la donna dalle grinfie del mostro. La lama era divenuta famosa durante l’ultima battaglia contro gli Elfi della Luce. Bastava che il filo della spada sfiorasse la pelle di un elfo per farlo stramazzare a terra. La runa della morte però questa volta non era riuscita ad uccidere il demone, fu solo in grado di concedere qualche attimo di vita in più ai due malcapitati.

Il grande demone era più vulnerabile alle armi incantate, ma l’arto amputato ricrebbe a vista d’occhio soffocando la luce della speranza.

Era una battaglia persa e Magron lo aveva capito: cercò di avvicinarsi alla Principessa svenuta, l’ultimo suo grande atto eroico prima di cedere il passo ad un essere indistruttibile e immortale. 

Il demone avanzò e sovrastò la ragazza prona e la guardia: sollevò la clava e, pronto a colpire, fece per schiacciare i suoi avversari, quando uno strano suono, un tonfo, li raggiunse dalle spalle del demone. Gli occhi dell’immondo essere ruotarono e si focalizzarono sull’altare: una figura aveva scoperchiato uno dei sarcofagi e rovistava dentro come un gatto alla ricerca di cibo nei rifiuti. 

Il demone indietreggiò frettolosamente, senza più badare alle sue due prede ormai inermi. Quando giunse a ridosso del profanatore non fece in tempo a colpire: il mostro scomparve come polvere al vento. 

Una risata riecheggiò nella grande sala illuminata dal fuoco dei calderoni, Algor aveva recuperato uno degli arti del potente Negromante e l’aveva separato dall’Artiglio incantato, facendo decadere il sortilegio che legava il non-morto, Vucodlak il Signore del male, all’Artefatto demoniaco. 

Ci fu un silenzio tombale, come se il Fato avesse fatto risuonare i rintocchi e fatto una scelta. Come se, durante una tempesta, il primo raggio di sole preannunciasse il cambiamento. 

“Giusto in tempo” esortò il Principe sventolando ai due superstiti il bottino di guerra.

Nella mano destra stringeva l’Artiglio del Sacrificio, un guanto di piastre di metallo nero, con cinque lunghi artigli che fuoriuscivano minacciosi dalle dita, nell’altra un braccio mozzato, nudo e decomposto. 

Si avvicinò alla strega, ancora stordita e confusa, e le mostrò la refurtiva. La donna rinvigorì, gli occhi le brillavano. Non fu la vista dell’Artefatto demoniaco a compiacerla bensì il corpo del Negromante. Con un impeto si avvicinò e prese il braccio dalle mani del Principe, lo strinse a sé e lo cullò come fosse un bambino appena nato. 

“Se non fosse stato per il Bracciale Segugio non avrei mai fatto in tempo: trovare l’Artefatto è stato un gioco da ragazzi”, disse il Principe con soddisfazione.

“Marito mio, mi pento di averti sempre consigliato male, se fosse stato per me saremmo venuti qua senza aspettare che il nano forgiasse quell’oggetto”.

“Non temere! Piuttosto, se i demoni che difendevano il corpo di Vucodlak si sono estinti solo quando ho estratto l’Artiglio dalla mano, significa che il negromante è ancora vivo?”

“Si, nonostante sia stato sconfitto e mozzato dei sui arti, la sua energia vitale è ancora intatta, i demoni a protezione ne sono la prova. Nessun oggetto magico o artefatto continua ad agire se il suo portatore perisce o se ne disfa, la tua deduzione è giusta…come sempre” disse l’elfa, guardando il marito negli occhi con riverenza e rispetto.

“Bene, adesso è giunto il momento di dare un nuovo padrone all’Artiglio!” concluse il principe.

La strega non fece in tempo a sussurrargli di non farlo che Algor lasciò che il guanto gli avvolgesse la mano.

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Fabio Trimarco
Fabio Trimarco nasce ad Avellino il 25/05/1982. Cresce in provincia di Salerno, consegue la maturità scientifica e si laurea in musica al Conservatorio G. Martucci di Salerno. Giovanissimo si reca a Milano e, dopo esser risultato idoneo alle audizioni per l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala, si trasferisce in pianta stabile nel capoluogo lombardo.
Nel 2020, spinto dalla passione per la letteratura Fantasy, inizia la stesura del suo primo romanzo “Il Crepuscolo delle Stelle”.
Attualmente vive in provincia di Varese ed insegna tromba presso una scuola pubblica. Da dieci anni è il direttore artistico dell’Associazione musicale Around Music (www.aroundmusic.org).
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