La femmina
In ultimo, in quel giorno del trentennio – momento di dubbio sulla realtà (il nulla dietro di me) e della realtà di un dubbio (l’uomo dietro di me) – pervenni al cospetto corrusco di una donna: chissà la donna.
Ella, corriva e brillante, subito mi carezzò il viso e poi, sorridente, mi diede un bacio. Un bacio di quelli che dà la gente che sorride: labbra tese, per un attimo chiuse le une sulle altre, e poi di nuovo ridistese in un ghigno soffice.
Io mi domandai chi fosse.
Ogni ricordo mi è sconosciuto fino all’istante prima in cui la luce della mia memoria non traduce informazione in informazione, dal noto all’ignoto o ancora da questo a quello?
In fondo, all’epoca ero un uomo fin troppo ingenuo e privo di pregiudizi – nei limiti di quanto è possibile a humana natura –, ma più d’ogni altra cosa ero un uomo dalle mani lavate e asciutte.
«Mademoiselle.»
«Buffo!» ridacchiò con voce serica.
«Hai visto quell’uomo? Ha gridato “Deutschland über alles”, chissà se sapeva che sono mezzo ebreo… Poteva essere uno scherzo… Crudele, dici? E poi quei baffi enormi, cascanti, ancor più: zampillanti. Un fiero cipiglio, di qualità ardita e occhi tormentati e ben strani… guardano nel profondo.»
«Nell’abisso, sciocchino.»
La sapeva lunga, la donna. E io che ancora cercavo il suo volto nelle mie membra, in quella porzione di spazio compresa fra le mie orecchie.
«Ride mai? E come devono sussultare i mustacchi… mustacchi, ben gli si addice un suono così… buffo. Mustacchio. Baffo buffo. Ecco.»
«Tu sei buffo!» guaiolò stringendosi forte a me.
Mi si premette contro e io credetti di soffocare o impazzire, lì, in mezzo al prato o alla città, fra la gente e il deserto.
Invece il ricordo rinacque, o lo creai ex nihilo. Ed ecco tacque.
L’angelo e la cagna
Se mi ricordo di te, donna dal sorriso aperto e travolgente? Il tuo nome potrebbe essere Maledizione delle Altezze, o forse Babilonia. Il tuo capello rosso fumante: riflessi rutilanti quando il lucor solare passa tra le fronde che ti ornano il capo! I tuoi occhi calmi, acquosi, castani come le querce antiche: occhi bovini, avrebbe detto Omero il cieco.
Queste due cose rimembrai in un solo immenso istante di estrema rivelazione. Tutto torna! Tutto si ripete in eterno, persino il caos primigenio! Infinite volte e una sola volta: non è forse lo stesso?
La mia mano plasticamente le si modellò sul collo, scivolò dietro la nuca e trasse, trasse portandola a me. Ecco il bacio passionale fra me e lei. Senza sorridere, questa volta.
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