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Cronache dal Metaverso

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Un uomo affetto da una strana amnesia racconta in prima persona due giorni della sua vita, in cui cerca di ritrovare se stesso. Presto scopre di essere il più grande artista vivente e di avere un nemico mortale, un individuo diabolico nato nel 1582. Nel suo viaggio surreale, questo moderno Orfeo farà la conoscenza di strani individui, come un misterioso monaco proveniente dal regno dei sogni, una scimmia che crede di essere Napoleone e Nietzsche redivivo. Nel frattempo, la minaccia dell’avversario incombe e il protagonista arriverà a chiedersi se sia davvero affetto da amnesia o se invece sia il suo istinto a mettere in atto questo stratagemma per proteggere lui e la sua arte, nella quale si intrecciano rimandi filosofici, storici, artistici, musicali e religiosi.

I.

Questa è la storia della follia danzante.
La storia del grande spettacolo, il mirabilis excelsus del mondo vivente, delle coscienze che si lanciano contro le cose, delle volontà in lega e in lotta.
Vi sono alberi all’ingiù, le cui radici svettano nel cielo, le cui fronde affondano nel fango. Alberi genealogici.
Questa, dunque, è la storia del mio albero genealogico, di quella pianta selvaggia e degna di combustione, venuta a nascere vicino al sole, finita a banchetto con i vermi.

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Narrerò della mia vita: entità pressoché priva di realtà, consistenza, senso, esistenza. La sua unica verità è l’insistenza: una frode perpetrata ai danni della mia memoria, affinché ponga ogni attimo del passato in una prospettiva affatto particolare e penosa. Quella che io chiamo la mia prospettiva. Come se potessero essercene delle altre.
Questa storia inizia con un salto e una caduta.


L’uomo dal baffo buffo
All’età di trent’anni mi guardai alle spalle temendo che il mondo fosse scomparso. Che il genio maligno mi avesse tramutato in un cervello immerso in una vasca di liquido nutrizionale.
Passeggiavo verso qualcuno: una donna o una presenza inappagata, un’isola da raggiungere, una terra su cui trovare un vero albero, fronde in alto e radici sotterra.
Ebbi testé la sicurezza definitiva che tutto ciò che mi era invisibile – il mondo dietro la mia nuca – fosse veramente tale.
Perciò mi voltai, pur tuttavia conscio che non avrei potuto vedere nulla: in realtà qualcosa avrei visto, o vuoto o cecità, ma non nulla.
E infatti non vidi il nulla… come se poi potesse essere visto. Scorsi l’uomo dal baffo buffo fissarmi, levare verso il cielo – in segno di giuramento, profezia e anatema – il suo braccio furente e dire con voce tonica: «Che fai, perduri? Dove vai, corri? Urla pure, se ti pare. È d’uopo urlare, urlare e ascoltare».
Non sopportai simili parole, tanto che riavvolsi i miei moventi e ritornai donde stavo andandomene. Mi affrettai, dunque, verso la donna che mi attendeva – un mistero ancora.
Ebbene, un impeto mi contenne prima e mi rivolse poi. Rivoluzionai sulla mia orbita giungendo a opposta stagione.
L’uomo dal baffo buffo mi guardava: i suoi occhi roventi e remoti, ardenti e antichi; sulle labbra un sorriso scherzoso.
«Come ti chiami?» gridai.
«Guglielmo.»
«Di dove sei?»
«Röcken, Sassonia.»
«Dove?»
«Germania… Deutschland, Deutschland über alles!» rise.
Tutto sommato, un grido e una pazzia.


La femmina
In ultimo, in quel giorno del trentennio – momento di dubbio sulla realtà (il nulla dietro di me) e della realtà di un dubbio (l’uomo dietro di me) – pervenni al cospetto corrusco di una donna: chissà la donna.
Ella, corriva e brillante, subito mi carezzò il viso e poi, sorridente, mi diede un bacio. Un bacio di quelli che dà la gente che sorride: labbra tese, per un attimo chiuse le une sulle altre, e poi di nuovo ridistese in un ghigno soffice.
Io mi domandai chi fosse.
Ogni ricordo mi è sconosciuto fino all’istante prima in cui la luce della mia memoria non traduce informazione in informazione, dal noto all’ignoto o ancora da questo a quello?
In fondo, all’epoca ero un uomo fin troppo ingenuo e privo di pregiudizi – nei limiti di quanto è possibile a humana natura –, ma più d’ogni altra cosa ero un uomo dalle mani lavate e asciutte.
«Mademoiselle
«Buffo!» ridacchiò con voce serica.
«Hai visto quell’uomo? Ha gridato “Deutschland über alles”, chissà se sapeva che sono mezzo ebreo… Poteva essere uno scherzo… Crudele, dici? E poi quei baffi enormi, cascanti, ancor più: zampillanti. Un fiero cipiglio, di qualità ardita e occhi tormentati e ben strani… guardano nel profondo.»
«Nell’abisso, sciocchino.»
La sapeva lunga, la donna. E io che ancora cercavo il suo volto nelle mie membra, in quella porzione di spazio compresa fra le mie orecchie.
«Ride mai? E come devono sussultare i mustacchi… mustacchi, ben gli si addice un suono così… buffo. Mustacchio. Baffo buffo. Ecco.»
«Tu sei buffo!» guaiolò stringendosi forte a me.
Mi si premette contro e io credetti di soffocare o impazzire, lì, in mezzo al prato o alla città, fra la gente e il deserto.
Invece il ricordo rinacque, o lo creai ex nihilo. Ed ecco tacque.


L’angelo e la cagna
Se mi ricordo di te, donna dal sorriso aperto e travolgente? Il tuo nome potrebbe essere Maledizione delle Altezze, o forse Babilonia. Il tuo capello rosso fumante: riflessi rutilanti quando il lucor solare passa tra le fronde che ti ornano il capo! I tuoi occhi calmi, acquosi, castani come le querce antiche: occhi bovini, avrebbe detto Omero il cieco.
Queste due cose rimembrai in un solo immenso istante di estrema rivelazione. Tutto torna! Tutto si ripete in eterno, persino il caos primigenio! Infinite volte e una sola volta: non è forse lo stesso?
La mia mano plasticamente le si modellò sul collo, scivolò dietro la nuca e trasse, trasse portandola a me. Ecco il bacio passionale fra me e lei. Senza sorridere, questa volta.

2023-08-04

Aggiornamento

Copertina pronta! Le copie del libro verranno stampate e spedite tra fine agosto e inizio settembre.

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Antonio Caiazzo
nasce a Legnano nel 1977. Dopo il liceo scientifico, si laurea nel 2000 in Filosofia a Milano. Nel 2001 svolge un anno da volontario nell’esercito e una volta tornato alla vita civile inizia una carriera nella logistica. Nel 2006 si laurea in Scienze giuridiche e nel tempo assume diversi ruoli manageriali in multinazionali. Ha una figlia di dodici anni e fa parte di una compagnia teatrale amatoriale.
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