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Deer Falls – In acque profonde

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Consegna prevista Settembre 2025
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Deer Falls, Stato di Washington, parrebbe la tipica cittadina americana. Ma quando il giovane scrittore Liam Grant, viene invitato a lasciare New York per recarsi tra quei boschi e “centocinquantamila dollari” come nuova proposta editoriale per scrivere un romanzo sul passato di Deer Falls, ma capisce presto che qualcosa non va. Alloggiando tra le pareti in legno del Northern Hotel, Liam viene sommerso da dossier e documenti riguardanti le strane sparizioni di giovani ragazzi e ragazze avvenute decenni prima. Un culto antico viene portato alla luce da una setta di eletti, l’oscurità si sfama di terrore e paura, dando inizio a una serie di efferati e macabri omicidi, costruendo così una nuova realtà. La verità si cela dietro ad un grande silenzio, ogni passo verso di essa conduce Liam più lontano dal mondo che conosce, sino a quando dovrà affrontare l’orrenda possibilità di non poter mai più lasciare Deer Falls. Vivo.

Perché ho scritto questo libro?

Durante il periodo più buio della mia vita, la scrittura è stata un’ancora di salvezza inaspettata. Deer Falls – In acque profonde mi ha dato la possibilità di ricominciare, trasformando il mio passato in un bagaglio di esperienza. Probabilmente, la storia e tutti gli eventi che susseguono durante la narrazione, sono sempre stati presenti anche se nascosti nel mio subconscio. Ho scritto la storia che avrei voluto leggere, abbandonando per qualche istante la routine quotidiana.

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

2.

Benvenuti a Deer Falls

Gli incubi esistono al di fuori della ragione

e le spiegazioni divertono ben poco,

sono antitetiche alla poesia del terrore.

Stephen King

1.

New York – Aeroporto JFK

Liam aveva dormito poco, anzi, non aveva proprio chiuso occhio quella notte. Troppi punti interrogativi danzavano nella sua testa. Erano le 6:30 del mattino, quando le porte scorrevoli dell’aeroporto si aprirono difronte a lui, si sorprese da quante persone vi potessero essere già a quell’ora del mattino. Liam controllò sul cellulare il numero del gate. Sospirò pensando a Sophie, le aveva lasciato un messaggio sul tavolo della cucina. – Perché non l’aveva svegliata? – Forse per paura di una reazione opposta dalla sua decisione, forse perché non aveva affatto voglia di discutere.

Le rotelle del trolley avanzavano sul pavimento grigio, non si era mai sentito tanto insicuro, d’altronde non conosceva affatto la vera natura di quella telefonata, nemmeno chi si nascondeva realmente dall’altra parte. Si sedette in prossimità del gate, un’immensa vetrata permetteva di osservare gli aerei in partenza, mentre al suo fianco, un uomo in giacca e cravatta era intento a leggere un libro di Dan Brown.

Continua a leggere

Continua a leggere

«Quel tizio è da un po’ di anni che non scrive nemmeno mezza riga.» Commentò Liam tra sé e sé.  – Che fine avrà fatto? – Ce lo stavamo chiedendo tutti, ma per Liam il vero terrore abitava nell’idea di finire esattamente come lui: senza più nulla da dire.

Ormai la sua vita si era spostata dai riflettori e i veri problemi iniziavano a salire in superficie, aveva qualche debito che non riusciva a saldare, qualche questione irrisolta e a causa di questi due elementi si aggiungeva la paura di doversi presentare in tribunale da un momento all’altro, affiancato da un avvocato. Non voleva pensarci, doveva pensare positivo, probabilmente quel viaggio gli avrebbe cambiato la vita.

«I passeggeri del volo F78112 diretto a Seattle, sono pregati di presentarsi al gate nove.»

La voce femminile dell’addetta all’imbarco gracchiò dagli altoparlanti.

«Finalmente.» Penso Liam, afferrando il suo bagaglio, avvicinandosi all’hostess. Si guardò intorno, poco prima l’aeroporto era pieno di gente, eppure al gate numero nove vi erano solo undici persone, lui compreso. Dopo aver imbarcato il bagaglio e passato il metal detector, restò in attesa della navetta che l’avrebbe portato all’aereo. La pista era deserta e l’aria fredda gli scompigliava i capelli, la temperatura si era abbassata drasticamente durante la notte. Iniziò a spazientirsi fin quando riuscì a sedersi al proprio posto: il 23C. Attese quasi ansiosamente che qualcuno prima o dopo potesse sedersi al posto adiacente, ma quando l’hostess iniziò ad illustrare il piano di emergenza, Liam prese consapevolezza di essere da solo, senza alcun compagno di volo.

«Beh, meglio così, non avevo affatto voglia di ascoltare qualcuno durante tutto il tragitto.» Pensò e dopo una decina di minuti, l’aereo sorvolò la città di New York. Annoiato, si infilò due auricolari nelle orecchie, premendo successivamente sul tasto “Play” del suo cellulare. Aveva dei generi musicali inusuali per la maggior parte delle persone, ascoltava musica classica ma allo stesso tempo amava spaziare tra i tamburi sciamanici e la tradizionale giapponese. Ma questa volta si presentò tutt’altro brano: “Follow you into the dark”.

“I can’t find my way back home
Since I fell down this rabbit hole
I love you so, but I had to go”.

La musica lo inebriava, non aveva mai sentito quella canzone prima di quel momento, ma qualcosa nel testo pizzicava le corde della sua anima. C’era un “non so ché” di tremendamente profondo e buio. Tirò fuori dallo zaino un blocco per gli appunti, scarabocchiandone la prima pagina bianca, la sua mano ondeggiava come mossa da qualche forza fisica e non sotto il controllo della sua mente. Cerchi, triangoli, linee, linee e ancora linee poi un nome: Samuel Knight. Continuò a non darsi pace, elaborando ogni sorta di teoria per poter dare una minima risposta ai suoi quesiti. Senza accorgersene si addormentò.

“I see their patterns in my mind
Anxious
designsof the darkest kind
And piece together the cruelest clue
To paint a portrait to capture you”.

Un frastuono assordante gli piombò all’interno del sonno, svegliandolo di soprassalto con il cuore a mille. Fuori dal finestrino il buio totale, – quante ore erano passate? – All’interno dell’aereo le luci di emergenza erano accese, un mix di blu e rosso rifletteva negli occhi dello scrittore. Liam iniziò ad agitarsi, osservandosi intorno, cercò di slacciarsi la cintura di sicurezza, riuscendo nell’intento solamente dopo qualche tentativo andato a vuoto. Si alzò in piedi e proseguì nel corridoio centrale. Il suono di una sirena lo tramortiva, le luci ad intermittenza illuminavano parzialmente i sedili degli altri passeggeri. C’era un solo problema: non vi era alcun altro passeggero.

“I must guide my love through the night
I see what’s coming, it’s coming into light
Mother’s a seer with second sight
The meaning behind this violent rite”.

Quella maledetta canzone rimbombava nella sua testa, oppure la stava sentendo davvero? Nulla aveva più senso, tornò sui suoi passi per cercare lo zaino: niente. Sul sedile in cui era seduto vi erano appoggiati una decina di fogli, non li aveva mai visti prima.

“Provai in qualche modo a seguire il fascio di luce. Senza forze mi aggrappai al sedile, volevo solamente che quell’incubo avesse fine. Il terrore si espandeva nelle vene, come un fiume in piena. Presi la torcia appoggiata sul sedile, l’accesi iniziando a camminare verso la cabina di comando. Dovevo capire cosa stesse accadendo. Avanzai di qualche passo, quando una turbolenza mi fece sobbalzare e sbattere la testa verso la cappelliera. Mi rialzai frastornato, sentii qualcosa di caldo colarmi dalla fronte: sangue.

Non potevo rimanere fermo, aspettando il mio destino. Cercai di alzarmi trattenendo il respiro, fu allora che il corridoio iniziò a macchiarsi di sangue. Cercai di bloccarne il flusso premendomi la mano sulla tempia. Mi avvicinai alla porta. Protesi il braccio verso il pomello. C’ero quasi, la verità era vicina. Ancora un passo. L’afferrai.”

«Che cazzo è questa roba?» Si chiese Liam, finendo di leggere il primo foglio, aveva tutta l’aria di provenire da una di quelle vecchie macchine da scrivere e l’inchiostro sbavato confermava la sua teoria. Osservò il sedile a fianco e rimase di stucco quando la vide. La torcia era lì, ferma, immobile ad aspettarlo, gli tremarono le mani per la paura e l’incredulità. Allungò il braccio afferrandola ed in quel momento l’aereo virò bruscamente verso destra. La torcia cadde nel corridoio e si accese. Liam cercò di tenersi ai braccioli dei sedili, si abbassò senza perdere l’equilibrio e l’afferrò nuovamente. Doveva oltrepassare quella porta, aveva il bisogno di scoprire cosa si nascondesse al di là, non sapeva perché, ma quello doveva essere il suo unico scopo. L’adrenalina lo sovrastava, gli occhi spalancati cercavano di carpire ogni dettaglio che potesse aiutarlo ad orientarsi. Fece qualche passo verso la porta bianca con un oblò al centro e nuovamente l’aereo sobbalzò scendendo di quota, virata a sinistra. Pensò che quella potesse in qualche modo avvicinarsi alla sensazione percepita all’interno di un uragano. Continuò ad avvicinarsi, quando tutte le cappelliere si aprirono improvvisamente. Liam si voltò di scatto con gli occhi iniettati di sangue. Ciò che vide fu raccapricciante: al loro interno vi erano posizionate nove bare scure.      

«Basta! Cazzo!!» Urlò, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono. Qualcosa al fondo dell’aereo si mosse e lo scrittore si allertò, puntò la torcia verso la coda. L’oscurità avanzava, ingoiando ogni cosa: i sedili, le luci di emergenza, le bare. L’ondata scura si avvicinava a vista d’occhio, Liam arretrò cercando di pensare ad una soluzione. Ma non esisteva nessun’altra via d’uscita. Corse verso la porta, il corridoio gli parve lungo miglia e miglia. La nebbia nera inglobò quasi tutto l’abitacolo, giungendo velocemente ai piedi di Liam.

«Scrivi! Grant. Scrivi!» Irruppe una voce, quale risulterebbe folle tentare di descrivere. Ci sono un paio di aggettivi che potrebbero in qualche modo approssimatamene descriverla; ad esempio, potrei dire che il suono apparve grave, spezzato, cavo. Il ragazzo saltò in avanti con tutta la sua forza, aggrappandosi alla maniglia. La porta si spalancò e una luce abbagliante lo avvolse.

«I signori passeggeri sono pregati di allacciare la cintura di sicurezza, per prepararsi all’atterraggio. Ripeto, i signori passeggeri sono pregati di allacciare la cintura di sicurezza, per prepararsi all’atterraggio.»

Liam aprì gli occhi, aveva la fronte sudata e il respiro corto «Un incubo.» Pensò, cercando di mettere a fuoco l’ambiente attorno a sé. Gli altri passeggeri erano alle prese con la propria cintura di sicurezza, altri intenti a leggere o guardare un film disponibile nella libreria multimediale gentilmente messa a disposizione dalla compagina aerea. Un paio di ragazzini continuavano a schiamazzare dal retro dell’aereo. Liam si passò una mano sul viso e respirò a fondo, quell’incubo l’aveva destabilizzato, non era di certo la prima volta ma da quando conobbe Sophie, gli incubi avevano lasciato di gran lunga il tiro.

2.

Aeroporto Internazionale di Seattle.

Liam Grant rimase fermo a fissare il nastro trasportatore per una decina di minuti prima di ritirare la propria valigia. Si diresse verso il noleggio auto, ma presto scoprì che Samuel Knight gli aveva inviato un messaggio riassuntivo abbastanza chiaro e coinciso, doveva dirigersi verso S.K. Cars, dove avrebbe dovuto ritritare un’auto. Liam si appoggiò al bancone e un uomo sulla quarantina gli si avvicinò.

«Buongiorno! Desidera prenotare un’auto o ha già una prenotazione?» Chiese gentilmente il proprietario del noleggio.

«Salve, dovrebbe esserci una prenotazione a mio nome, Liam Grant.» Rispose, mostrando qualche accenno di nervosismo, dato dalla nuova situazione in cui era capitato.

«Grant, Grant…» Ripeté sottovoce l’uomo, digitando il cognome sulla tastiera di un computer decisamente datato.

«Eccola qui! Si, ha una prenotazione senza data di restituzione. Vado a prenderle le chiavi, intanto mi potrebbe lasciare i suoi documenti?» Così dicendo, prese il passaporto e sparì nel retro.

«Senza data di restituzione.» Quelle parole echeggiarono nella testa di Liam e senza nasconderlo, un po’ lo turbarono.

Una manciata di minuti più tardi, l’uomo paffuto tornò consegnandogli le chiavi.

«Prego, l’auto la troverà nel parcheggio 172 del settore H.» Sorrise restituendogli i documenti. I due si strinsero la mano e Liam si incamminò verso l’uscita. Lo attendevano altre ore di viaggio, percorrendo strade che non aveva mai visto in vita sua. Arrivò all’auto e aprì il baule della sua nuova berlina nera un po’ vintage, forse il signor Knight aveva gusti retrò oppure era rimasto fermo agli anni Ottanta. Liam girò la chiave e l’auto partì imboccando immediatamente la super strada che l’avrebbe condotto verso l’ignoto.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Gabriele Bortolato
Gabriele Bortolato nato il 19 gennaio 1996 a Vercelli. Regista, sceneggiatore e fotografo con la passione per la composizione musicale. Tra il 2018 e il 2022 partecipa a numerosi film festival tra cui: Philadelphia independent film festival, Rome international film awards, Festival del cinema di Cefalù, Venice independent film festival, New York movie awards. Il suo orientamento artistico subisce forti cambiamenti e contaminazioni durante tutto il liceo artistico, per poi definirsi maggiormente frequentando l’Accademia di Belle Arti a Torino. Solamente più tardi, una forte delusione lo spinge ad accantonare pittura, musica e cinema per un lungo periodo di tempo; riportandole in superficie successivamente, incoraggiate dalla stesura del primo romanzo, intitolato: Deer Falls – In acque profonde.
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