Tutti hanno qualcosa di cui sbarazzarsi, un po’ come Marco. A Marco però le cose scappano di mano, solitamente quelle migliori, come Michele, il suo migliore amico in partenza per Londra. Questo distacco lo fa sentire una persona sola e non c’è nulla che lo possa rallegrare, tantomeno il suo ripetitivo lavoro in radio, i genitori alle prese con la noia della pensione o una sorella in preda a una crisi personale. Poi un giorno, davanti ai cassonetti della spazzatura, conosce Alice e da quel momento qualcosa in lui si muove.
Sebbene la sua indole lo spinga a starsene da solo, Marco si trova ad affrontare eventi imprevisti e una serie di personaggi al limite della fantasia che lo ostacolano dal conoscere quella ragazza che non riesce a dimenticare. Lungo questo percorso, il ragazzo si trova costretto a buttare via quel lato di sé che lo rende schivo, diffidente, chiuso nella sua boccia proprio come un pesce rosso.
Perché ho scritto questo libro?
Ho scritto questo libro nell’anno della mia laurea, l’anno in cui sono andato a vivere da solo e ho cominciato a capire cosa sto abbandonando e cosa sto trovando lungo il mio percorso. “I drammi personali di un pesce rosso” è un romanzo che parla di quanto sia complicato ed emozionante mantenere i rapporti quando si cresce, come accettare i cambiamenti e apprezzare le novità in un’età che non garantisce sicurezze, ma solo continui dubbi sul futuro.
ANTEPRIMA NON EDITATA
CAP 1 – Family Man
Questa storia è iniziata con una partenza.
Le partenze sono belle per chi parte. Per chi rimane, talvolta, sono uno schifo. Le partenze sono momenti in cui qualcosa comincia.
Ma nel mio caso è stato un momento in cui qualcosa è finito.
La mattina in cui abbracciai Michele prima che partisse per l’Inghilterra, sentii che da quell’istante in poi la nostra amicizia e lo spaccato di vita che avevamo vissuto fino a quel giorno, tra le strade di Milano, per i corridoi del liceo o nei pub in centro, se ne stavano andando via, un po’ stivati a bordo con la sua enorme valigia, un po’ dimenticati sul nastro di trasporto degli altri bagagli. Michele, il mio migliore amico, stava partendo per Londra dove lo aspettava una nuova fase della sua giovane carriera artistica, in veste di art director per una serie di mostre che un collettivo di giovani artisti gli aveva chiesto di curare.
Mentre si accorciava la fila di gente con in mano il biglietto per il suo stesso aereo, Michele mi guardò e non capì se fossi più triste io o lui. Nel dubbio cercò di ritardare l’ultimo saluto, allungando frasi che avrebbero potuto durare due minuti di meno, sperando che l’annuncio di chiusura del suo gate non arrivasse mai. Forse questo lo pensai io, o così mi sembrava.
A dire la verità, la sua verità, Michele non vedeva l’ora di partire. Lo si leggeva in faccia e in un certo senso lo invidiavo. Un nuovo inizio.
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Tutti e due lo avevamo cercato, e forse senza troppa speranza. Alla fine, la sua creatività aveva conquistato un certo gruppo di persone in ogni parte del pianeta, mentre la mia voce si era fermata nella solita e rassicurante quotidianità, che mi rincuorava solo per il fatto che mi garantiva di arrivare a fine giornata con la soddisfazione e la sicurezza di pagare le bollette ogni mese.
Lui e le sue psichedeliche visioni fotografiche erano evidentemente più forti della trasmissione che conducevo ogni giorno dalla modesta stazione radiofonica di RadioUlna, in un cortile di centro città. “Lo sai che nemmeno mia mamma ci ha messo così tanto a salutarmi?”.
“Immagino”, gli dissi accartocciando un sorriso sotto la barba mentre lui controllava ancora la fila.
“Allora poi corri in radio?”. Che domanda del cazzo.
Sotto sotto anche a lui dispiaceva lasciarmi lì da solo, a continuare a le solite cose che tutti e due sapevamo a memoria e che, pur di parlare ancora un attimo, ci chiedevamo come se fossero state novità pazzesche. Questa cosa non l’ha mai ammessa, perché a volte tra amici certe cose non serve dirsele.
“Si, certo. Come sempre, poi mi metterò lì a scrivere qualcosa per domani, così finiamo la stagione
in modo decente”.
“Sarà difficile ascoltarti però ci proverò. Sai, ci sono sempre i podcast e magari tra una cosa e l’altra
riesco a recuperare che cazzate dirai in diretta”.
Ecco un’altra frase allungata. Cosa si risponde a una promessa che non si riesce a mantenere? Nulla. Infatti passammo un altro minuto, fermi, come se aspettassimo un ritorno, e non una partenza.
“Michè – lo risvegliai dal sogno ad occhi aperti che stava facendo fissando un punto del vuoto – Michè, l’annuncio”.
La voce fredda dell’altoparlante gracchiò che il gate per Londra stava per chiudere e che i clienti, o meglio Michele, doveva muoversi prima di rimanere intrappolato in aeroporto in una lunga e ventosa mattina di fine settembre.
Lo salutai come se poi l’avessi dovuto vedere dopo qualche ora, come facevamo al liceo quando l’ultima campanella ci liberava dai banchi e ci allontanava giusto il tempo di mangiare per poi ritrovarsi a studiare.
“Ciao pirla”.
E si girò, facendo pattinare il suo bagaglio a mano sui binari ortogonali scavati nel pavimento. Dopo due angoli sparì, e come una mamma che ha visto il suo bimbo entrare al suo primo giorno di scuola, mi girai verso la porta d’uscita con il cuore sgonfio.
Vedendo Michele sparire, sentii come se un pezzo del mio corpo (un braccio, un occhio, un pezzo di gamba) si fosse staccato e ora che era per terra, inutile e rigido, non si poteva riattaccare. Nemmeno in un punto sbagliato.
Michele era l’unico appiglio che mi teneva attaccato a una vita sociale pressoché inesistente, e dove esisteva era tanto insoddisfacente quanto falsa. Ora che era andato a vivere un’ora prima rispetto ai miei ritmi, sentivo che il tempo sarebbe scorso in modo diverso, fino a che qualcosa non fosse cambiato.
Laura Galli (proprietario verificato)
“I drammi personali di un pesce rosso” racconta, dal mio punto di vista, l’importanza di avere dei punti di riferimento nei periodi di cambiamento, soprattutto tipici dei ragazzi tra i 20 e i 30 anni, e la consapevolezza che questi punti di riferimento si possano trovare anche in chi, o cosa, meno ci aspettiamo. Ci si può facilmente immedesimare nel protagonista: chi non è mai stato insicuro sulla prima mossa da fare con la persona che ti piace, o sull’opportunità di lavoro migliore da scegliere?
La storia di Marco è semplice in fondo, ma con dei twist imprevedibili che la rendono interessante…come la vita di ognuno di noi.
Agnese Arrigo (proprietario verificato)
“I drammi personali di un pesce rosso” è un bellissimo libro che consiglio a tutti. C’è una storia di crescita che si interseca una storia d’amore ma é presente anche una bella impronta fantasy… È un libro che si adatta a tutti i gusti, tiene compagnia e fa passare dei bei momenti, specialmente il questo periodo…
Mi raccomando leggetelo tutti, io l’ho mangiato in pochi giorni!