Salì in piedi sulla sedia e diede due tiri alla corda; doveva essere sicuro che avrebbe retto il suo peso.
L’uomo scese dalla sedia e fece l’ultimo giro della casa. Come se dovesse controllare qualcosa o salutare qualcuno, in quell’appartamento vuoto.
Lì dove ormai non c’era più nessuno da un po’ di tempo.
Lì dove, da un po’ di tempo, non c’era più nemmeno lui stesso.
Da troppo tempo non c’era più nulla per vivere né per morire.
Da troppo tempo non sapeva decidere se l’inferno peggiore fosse là fuori o lì dentro.
Ma poco importava ormai.
Sistemò i cuscini del divano e, dirigendosi verso la camera da letto, spense le luci del salotto; come se contasse ancora qualcosa.
Ora che anche lui, l’ultimo rimasto nell’appartamento e forse nell’intero pianeta, stava per andarsene.
Camminava tra i campanelli appesi per tutto l’appartamento; come una delicata marcia funebre suonavano obbedienti al suo passaggio.
Salì sulla sedia collocata vicino al letto.
Aveva perso tutto, aveva perso tutti.
Bè non proprio tutti, coglione.
In effetti lui non lo aveva mai perso.
Suo fratello continuava a parlargli nella testa, lo aveva sempre fatto; l’uomo non aveva mai smesso di sentirgli dire ciò che il fratello gli avrebbe detto se fosse stato lì, con lui.
Ma aveva perso sue tracce, come quelle di chiunque altro. La fine del mondo si era portata via tutti e come tutti anche suo fratello.
E invece sono qui, e ti dico che non lo farai. Non qui, non oggi.
Non hai le palle, non le hai mai avute; e non le avrai certo adesso.
L’uomo allungò il braccio, prese la corda e tenendola con due mani la fece scivolare fino intorno al collo.
Mentre stringeva il nodo scorsoio dietro alla nuca, pensò che suo fratello aveva sempre ragione; un po’ l’aveva sempre odiato per questo.
Ma non questa volta. Questa volta si sbagliava.
Il silenzio che seguì nella testa fu la sua conferma.
Lasciò cadere le mani lungo i fianchi, e si preparò a spingere via la sedia con i piedi.
Aveva sempre ritenuto quello che stava per fare una cosa senza senso; ma ormai niente aveva senso.
Vivere non aveva più senso; aveva perso tutti, quei mostri glieli avevano portati via.
Poggiando il piede sinistro sullo schienale della sedia per sbilanciarla, realizzò che avevano vinto loro.
Ci aveva provato a combattere ma aveva perso; l’aveva sempre saputo, era questione di tempo.
Era l’apocalisse e non c’era spazio per un lieto fine.
Specialmente per quelli come lui, deboli e incapaci di sperare.
Spinse leggermente col piede sinistro, trovandosi in equilibrio soltanto su due delle quattro gambe della sedia.
Un soffio e sarebbe finito, questo buio; qualunque cosa ci fosse stata dall’altra parte, non poteva essere peggio.
Un’ultima immagine prima della fine; un ultimo volto. Una donna, forse sconosciuta.
In quel momento un suono; inaspettato e proveniente da un luogo lontano, come qualcosa che ti raggiunge nel sogno e ti sveglia.
La sorpresa di quel rumore gli fece quasi cadere la sedia, ma riuscì a tornare a poggiarla a terra, su tutte e quattro le gambe. Per un attimo dimenticò cosa stava facendo; per un attimo dimenticò che stava per morire appeso nella sua camera da letto, concentrandosi su quel suono inatteso.
Non era in un luogo lontano ma proveniva dall’appartamento.
In un momento come quello, con quello che stava capitando lì dentro e con tutto quello che non c’era più là fuori, di certo non si aspettava proprio quel suono; così ci mise un po’ a capire di cosa si trattasse.
E quando lo realizzò pensò di esserselo immaginato.
Aveva ricevuto un fax.
2.
Era talmente assurdo che, in quel mondo, poteva anche essere vero.
Con tutto quello che era successo, il primo pensiero dell’uomo fu che nemmeno più si ricordava di avere un fax nel suo appartamento.
Eppure, nonostante non lo sentisse da tanti anni, non aveva dubbi; il suono che era arrivato dal salotto era proprio quello.
Trascorse un paio di minuti in piedi su quella sedia, con la corda stretta intorno al collo, pensando se arrivato a quel punto avesse davvero senso cambiare idea per un fax.
Le domande però erano troppe: chi lo aveva inviato? E come aveva fatto? Dunque non era solo?
Oppure lo era comunque, ma forse in un modo diverso da come pensava fino a poco prima?
Magari si trattava solo di un errore, o di un messaggio di interruzione del servizio fax. Dopotutto in quel mondo avrebbe avuto senso, almeno quello.
Chi mai poteva scrivere un messaggio via fax, in un mondo che stava finendo?
Sfilandosi dal collo la corda scese quindi dalla sedia; qualcosa che non sentiva da molto tempo prese il sopravvento nell’uomo, una sensazione dimenticata che percepì come un piacevole prurito: curiosità.
Dopo pochi passi, spostando le campanelle, arrivò nel salotto del suo piccolo bilocale; e lo vide, come un monito di un mondo agonizzante che non vuole darsi per vinto.
Un foglio bianco, sputato fuori da quella macchina lì dove non ne vedeva da molto tempo.
Si avvicinò lentamente come se si trattasse di qualcosa di molto pericoloso.
Da lontano vide che il foglio non era completamente bianco, c’era qualche parola scritta. Poche in effetti, stampate in un nero sbiadito prodotto da una cartuccia vecchia di anni.
Lo prese in mano e lesse quelle parole, con timore.
Ogni parola letta sempre più timore.
Non era firmata, ma non ce n’era bisogno.
Sono io, coglione.
Sto bene.
Aspettami a casa, ti raggiungo presto.
Non poteva essere lui. Troppo silenzio, da troppo tempo. No, non era suo fratello.
E invece sì, idiota. Sono io.
3.
Perché adesso?
Tra tutte le domande era questa quella che vinceva su tutte.
Il mondo era andato avanti, talmente avanti da essere prossimo alla fine. E soltanto ora suo fratello era tornato in vita, per dirgli che sarebbe arrivato.
Come poteva trattarsi davvero di lui? Perché mai non gli avrebbe scritto prima?
Era finita la carta, genio. Oppure il toner. Che differenza fa, certo che sono io.
La voce che sentiva nella testa incarnava in parole i suoi stessi pensieri; piuttosto ovvio in effetti, trovandosi proprio là dentro.
La sentiva chiara, la sentiva sempre molto chiara, come se il fratello fosse lì con lui; ma non c’era, e di certo non sarebbe arrivato annunciandosi con un fax.
Per Dio, è la fine del mondo. Non è il momento per questo genere di cose.
Sai di che cosa hai paura.
Per questo continui a farti domande a cui è impossibile rispondere.
Se fosse lui, avrebbe già ricevuto suoi messaggi.
Se fosse vivo, sarebbe già arrivato.
Là fuori è un casino, non puoi pensare che sia così semplice.
Ma non si tratta di questo; sai come stanno le cose, ma hai troppa paura per ammetterlo.
Non è possibile, non adesso. Non quando le cose erano diventate chiare e si era deciso a salire su quella dannata sedia.
Ecco, ora ci sei.
Non quando sapeva, per la prima volta dopo tanto tempo, esattamente cosa fare.
Quel messaggio poteva arrivare in qualsiasi momento, ed era arrivato proprio in quel momento lì; in piedi sulla sedia, in camera da letto.
Questo è il tuo problema: volevi arrenderti come sempre.
Ma ti ho tolto dalla sicurezza regalandoti l’imbarazzo della scelta.
Era così calcolato, così preciso.
Vivere o morire. Restare o andare.
Suo fratello era tornato ad avere ragione, ancora una volta.
Era quella la condanna peggiore, portata da quel messaggio via fax.
C’erano dubbi, paure e insicurezze; ma una era la cosa più pesante, in tempi come quelli, uscita da quella macchina insieme a quelle parole.
E sì, era quella che lo riempiva di paura.
Speranza.
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