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Consegna prevista Novembre 2023
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Lily Blair si trasferisce in una piccola cittadina scozzese immersa nel verde. La natura e la pace che la circonda sono un balsamo per lei. Almeno fin quando non si trova ad aiutare ad un uomo ferito lungo il percorso boschivo che stava percorrendo.

Il debito di vita che da quel momento la lega a Fenris, Alfa di un branco di uomini lupo, segnerà la sua vita in modo indelebile.

Lily dovrà fare i conti con il destino di un uomo forgiato da un mondo crudele e dalla bestia sovrannaturale che ospita in lui. E mentre il legame fra i due si intensifica ogni giorno, un’altra battaglia si fa più vicina.

Entrambi dovranno lottare contro il nemico e contro sé stessi per riuscire a proteggere il legame con cui il Fato ha scelto di unirli.

Perché ho scritto questo libro?

Ho iniziato a scrivere nel momento in cui mi sono accorta che nelle librerie del vicinato non trovavo più titoli romance fantasy che mi soddisfacessero, che mi facessero sentire coinvolta, che fossero in gradi di trasmettermi le emozioni che vivevano i personaggi.

Da lettrice accanita mi sentivo quasi persa, non sapevo se adattarmi alle letture in lingua inglese, che sembravano offrire nuovi titoli, oppure se adeguarmi a qualche altro genere. In entrambi i casi sembrava che mancasse qualcosa.

Quindi un giorno ho pensato: perché non provare?

ANTEPRIMA NON EDITATA

Prefazione

Duemila e cinquecento anni fa,

al culmine della gloria di Óðinn,

Quando fra gli Æsir e i Vanir scoppiò la guerra, Óðinn, il Padre degli Dèi, usò i propri poteri per creare nuovi eserciti. Dal giovane globo chiamato Miðgarðr chiamò a sé i quattro guerrieri più valorosi e ordinò ai suoi due lupi fidati, Geri e Freki, di morderli affinché dessero loro la forza e l’istinto animale che li contraddistingueva.

Così nacquero i guerrieri lupo originari, e ognuno di loro aveva caratteristiche differenti. Seumas era possente e giusto quanto Rengar era astuto e caparbio, mentre gli altri due erano fratelli di sangue, Murchadh e Ruairidh, nessun nemico era mai riuscito a vincere una battaglia contro le loro spade. Tutti ebbero in dono la capacità di comunicare fra loro anche nella loro forma animale e ognuno sviluppò una singola peculiarità. Seumas scelse il controllo del fuoco, Rengar la preveggenza sulla propria persona, Murchadh e Ruairidh l’abilità magica di modificare la propria arma a piacimento.

Il Padre degli Dèi impartì loro quattro ordini:

Onora sempre i tuoi debiti.

Possiederai gli averi dei tuoi nemici caduti.

Proteggerai le nuove vite della tua razza.

Quando il Fato verrà compiuto la stirpe degli uomini lupo si unirà sotto un unico Re.

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Poi li aggiunse al proprio esercito e la battaglia contro i Vanir venne combattuta. La vittoria avvenne sotto forma di scambio, un Æse e un Vanir di pari importanza vennero dati in ostaggio alla stirpe opposta. Gli Dèi allora raggiunsero la pace e da quel momento avrebbero cominciato a vivere insieme. Come Óðinn aveva voluto accadesse.

Per ringraziare i quattro guerrieri, che si erano dimostrati degni di affiancarlo in battaglia, diede loro in sorte una compagna con cui condividere la lunga vita che gli restava, e disse che i loro figli sarebbero stati forti e potenti quanto loro e che avrebbero portato avanti la stirpe degli uomini lupo fino alla fine dei tempi cosicché potessero proteggere la loro giovane terra dalle creature che contrastavano il volere del Padre degli Dèi.

Trascorsero cinquecento anni da quando tornarono vincitori dalla guerra divina. I guerrieri lupo avevano preso moglie, e come predetto da Óðinn la compagna di ognuno era incomparabile alle altre donne, l’amore per loro era forte e viscerale quanto la loro natura, quanto il loro temperamento. Erano la loro vita, ciò di cui la loro indole passionale aveva bisogno e le avrebbero protette più di ogni altra cosa al mondo. Tre di loro ebbero dei figli che crebbero sani e forti come i loro padri, ed ebbero figli a loro volta. I guerrieri lupo popolarono i luoghi più impervi dell’isola in cui erano nati, in modo che gli esseri umani non venissero a conoscenza della loro natura. Il popolo si divise in quattro clan ognuno dei quali giurò fedeltà ad uno dei quattro guerrieri originati dai segugi di Óðinn. Era la formazione dei quattro branchi.

Il secondo guerriero ad essere creato dal morso di Geri e Freki, Rengar, prese sotto il suo comando coloro che erano più simili a lui per carattere e dal temperamento riottoso. Sin dall’inizio fu il più propenso ad intraprendere azioni guerrafondaie, a sfidare la sorte che il Padre degli Dèi gli aveva garantito, e ben presto volle diventare Re della sua stirpe nonostante il Fato non lo volesse in quelle vesti. Infatti, aveva visto, grazie al suo dono di preveggenza, che sarebbe morto per mano di un semplice umano, e che non avrebbe mai più servito Óðinn per il resto della sua vita.

Accadde quindi che la sua compagna, Rhona, capisse le sue intenzioni e lo mettesse in guardia dall’andare contro i dettami del Dio che lo aveva forgiato, perché queste lo avrebbero portato verso le ombre e il suo clan con lui. Lo pregò di tornare sui propri passi e preservare la pace su Miðgarðr, la loro Terra ma, mosso dal desiderio del potere e della vendetta verso l’Æse che li aveva abbandonati, non le diede ascolto. Quando anche gli altri guerrieri originari preferirono preservare la pace e occuparsi dei propri clan, Rengar si infuriò e giurò loro che sarebbe divenuto il Re.

Dichiarò guerra ai suoi fratelli di battaglia e fu irremovibile anche quando Rhona lo rifiutò come compagno. Rhona morì meno di un anno più tardi per il dolore derivato dall’assenza del suo compagno. Quella notte, a causa del flebile legame che rimaneva fra loro, Rengar avvertì la vita lasciarle il corpo e ciò che restava dell’uomo che era stato, morì con lei.

Cominciò quindi dai due fratelli di sangue, entrò nelle loro dimore e uccise le loro compagne in modo che i due uomini soffrissero prima di porre fine alle loro vite. Poi fu la volta del guerriero che era stato anche il suo migliore amico, e contro di lui scagliò il suo intero esercito.

Nella guerra decimò il suo clan e fece in modo di allontanare Seumas dal luogo in cui si trovavano i suoi due figli e la sua compagna, i suoi uomini lo lasciarono solo dopo che ebbe calato la spada sui loro corpi. Ma Seumas perdurò e tenne con sé il ragazzino umano in cui gli Dèi imprigionarono Vánargandr, la bestia della Foresta di Ferro a cui diedero il compito di uccidere Jormungandr qual ora fosse si fosse liberato dalle sue prigioni dando inizio alla fine dei tempi.

Rengar iniziò la sua lotta contro il Fato: avrebbe ucciso Seumas e il ragazzo, e avrebbe evitato la morte a cui era destinato per mano della ragazza umana. Poi avrebbe condotto il Padre degli Dèi al suo cospetto liberando il Serpente Jormungandr, e avrebbe guardato il Dio perire sotto il Ragnarok in Terra.

Capitolo I

Oggi,

Non aveva idea di dove si trovasse. Né verso dove stesse correndo. Gli alberi e il paesaggio scorrevano intorno a lei in modo sconnesso e sfocato mentre si inoltrava sempre più in profondità in un bosco che non riconosceva.

L’ansia per ciò che stava per accadere le attanagliò lo stomaco come una morsa e in un fuggevole attimo di lucidità si rese conto che prima o poi avrebbe fatto un passo falso. Udiva gli sbuffi della bestia che la inseguiva ad ampie falcate, troppo veloce perché potesse sfuggirgli, ma abbastanza lenta da permettergli di giocare con la sua preda.

In quel momento avvertì i tasselli della sua memoria ricomporsi con uno schiocco e il pensiero più nitido che ricordava di aver avuto risuonò come un allarme nella sua testa: Non è la prima volta che scappo da quella cosa.

Ma c’era qualcosa di diverso, la volta precedente si era voltata per vedere dove fosse il mostro invece ora sapeva che se l’avesse fatto sarebbe inciampata sul ramo poco più avanti e lui l’avrebbe stretta tra le sue fauci, uccidendola. Ma qualcosa di ignoto la spingeva a proseguire, forzando quelle che erano le regole prestabilite di quell’incubo ricorrente ed era certa che non se ne sarebbe liberata finché non l’avesse concluso.

Poco più avanti, sul terreno irregolare, intravide l’ostacolo oltre il quale non era mai riuscita ad arrivare, mantenne la presa sulla propria coscienza e superò il ramo con uno slancio. Per quanto si sforzasse, però, si muoveva ancora troppo lentamente, più cercava di andare avanti, più l’incubo la invischiava nella sua tela. Al contrario, il mostro alle sue spalle si muoveva veloce, del tutto indifferente alla lentezza intrinseca nei sogni.

All’improvviso un forte colpo alla schiena la fece cadere a terra e con l’impatto l’aria fuoriuscì di colpo dai suoi polmoni privandola del respiro. Stringendo i denti riuscì a malapena a voltarsi e vedere due occhi rossi e brillati come lava, incastonati nella figura oscura e terrificante di un immenso lupo nero.

Tremò, terrorizzata, quando prese a girarle intorno come una iena prima di lanciarsi sulla preda ferita, poi una delle sue grosse zampe la schiacciò a terra.

Gli artigli affilati le penetrarono la carne.

Un latrato simile ad una cupa risata tuonò sopra di lei.

E un urlo agonizzante risalì la sua gola quando le zanne la trafissero fino all’osso.

Lily si svegliò di soprassalto, ansimante, e la paura le scuoteva tutto il corpo. Prese un ampio respiro e nascose il volto nel cuscino. Quella era la terza notte in cui aveva avuto lo stesso incubo, ma era la prima in cui era riuscita a prenderne il controllo, per quanto poco fosse durato. Due giorni prima le era sembrato un incubo come un altro, ma questa volta il dolore era stato così reale che pensava di sentire ancora il peso del lupo sulla sua schiena.

«Non è reale, Lily.» Si rimproverò mentre andava verso il bagno, una doccia era quello che le serviva per riprendersi. L’acqua calda l’avrebbe aiutata a calmarsi e ad affrontare la giornata impegnativa che sarebbe iniziata da lì a qualche ora.

Suo fratello Conlan sarebbe arrivato alle nove per aiutarla con il trasloco e, nonostante avesse poche cose da portare nella nuova casa, era riuscita a restare indietro con i preparativi. Almeno avrebbe avuto qualcosa con cui distrarsi dall’inquietudine che il sogno le aveva lasciato, come un cattivo presagio. Perciò accolse di buon grado l’idea di tutte le attività che avrebbe dovuto terminare in fretta e furia prima di lasciare l’appartamento.

Fatta la doccia raccolse gli ultimi vestiti gettandoli nella valigia alla rinfusa e la chiuse sedendocisi sopra, quando un tonfo dall’altra parte della parete le fece scappare un’imprecazione. I Wilson, i suoi vicini, erano una coppia di neo sposini che all’inizio aveva trovato adorabili ma che dopo qualche mese avevano cominciato a litigare… tutti i giorni. Lo schianto dei piatti contro il muro era normale routine ormai e le minacce di divorzio un regolare sottofondo che i sottili muri che confinavano con il suo appartamento non riuscivano a contenere.

Quel giorno, però, la sua tortura stava per finire, pensò gongolante. Finalmente era riuscita a trovare una casa lontana dalla caotica vita di città e dai suoi quasi ex-vicini. Una piccola e comoda baita in montagna, che ovviamente non aveva l’approvazione dei suoi tre fratelli ficcanaso, ma che lei aveva adorato dalla prima volta che l’aveva vista. Alla fine era riuscita a convincerli anche se aveva dovuto promettere di tornare a trovarli ogni volta che ne avesse avuto tempo e di chiamarli se fosse successa qualsiasi cosa.

«Sul serio Lily, come hai fatto a sopportare quei due per un anno?» Le chiese Conlan passandosi una mano tra i folti capelli castani, gli occhi sgranati in un’espressione esasperata. «Io non avrei retto per più di un mese.» «Lascia perdere C.» Rispose lei sorridendo mentre riempiva un’altra scatola da portare fuori.

Conlan, il maggiore dei suoi tre fratelli, era un ragazzo sul metro e novanta, ben piazzato, che dava un senso di calore e protezione anche quando non indossava la divisa da agente di polizia. Come lei, aveva una vena ottimistica che lo portava a prestare più attenzione agli aspetti positivi, che a quelli negativi, di ciò che lo circondava. Ma quando si trattava dei suoi vicini di casa lui era convinto che quei due fossero una causa persa.

Lily si voltò a guardarlo sapendo che era esattamente ciò a cui stava pensando in quel momento: «Prima o poi faranno pace, altrimenti non starebbero ancora insieme.»

«Ah, ma smettila. È solo una questione di soldi per me.» Le rispose dandole una spinta giocosa con la spalla che le fece quasi perdere l’equilibrio, poi la oltrepassò ignorando il suo grugnito di protesta.

Quando uscirono il vento fresco del mattino le accarezzò le braccia e le guance, scompigliandole i capelli color miele che splendettero ai primi raggi del sole. Con un sospiro pieno di trepidazione per l’inizio di quel viaggio tanto atteso, lasciò le chiavi sotto lo zerbino e salì nel furgone. Prima di partire sarebbe passata a salutare Amber, la sua migliore amica, che altrimenti l’avrebbe rincorsa per tutto lo Stato solo per rimproverarla. Come pensava, la trovò sul vialetto a camminare avanti e indietro senza sosta. «Lily!» esclamò saltandole addosso per un abbraccio non appena lei scese dall’auto. «Ehi-» non poté finire il saluto che subito Amber le mise in mano un sottile pacchetto con sopra un fiocco rosso. «Che cos’è?» chiese vinta dalla curiosità, e l’amica alzò gli occhi al cielo, con un gesto impaziente della mano le fece segno di aprirlo. «Un regalo per la partenza, ovvio.»

Era una cornice che conteneva la fotografia del giorno in cui erano andate al Luna Park, con le giostre affollate sullo sfondo alle loro spalle e loro due che tenevano in mano dei gelati gocciolanti a causa della giornata calda. «Così quando la vedrai ti ricorderai di telefonarmi.» Le disse incrociando le braccia sfidandola a dire il contrario. «Sai che lo farò. E ti inviterò a passare le vacanze da me appena possibile.» Le assicurò strappando un gridolino di gioia all’amica. Poi Conlan la chiamò battendo il palmo sulla porta dell’auto.

«È meglio che vada ora, sarebbe capace di partire senza di me.» Disse indicando con il pollice il fratello che la aspettava. Amber annuì cercando di ricacciare indietro le lacrime, e prima di lasciarla andare la abbracciò di nuovo, stritolandola finché le braccia non le fecero male. «Non fare niente che io non farei.» Si raccomandò tentando di restare seria ma poi scoppiarono a ridere pensando all’indole libertina di Amber. «Forza Lily, o arriveremo troppo tardi!» «La smetti di fare l’antipatico?» Gridò Amber a Conlan, e Lily le tirò una gomitata nel fianco, «Se ti ci metti anche tu non la smetterà mai. Ci sentiamo domani, okay?» «Andata.» Le rispose lei dandole il cinque prima di tornare in macchina.

Per quanto si sforzasse di concentrarsi sul panorama che le scorreva davanti, Lily non riusciva a scacciare la tristezza che le mettevano gli addii. Anche se sapeva che in realtà avrebbe potuto telefonare e tornare in città per qualche giorno, avrebbe preferito partire senza dover salutare nessuno. Era come se tutto ciò a cui teneva e da cui si stava allontanando la stesse richiamando indietro con soffocante insistenza. Ma il bisogno di cambiare vita era forte in lei e finalmente poteva assecondarlo.

A un certo punto, la voce di suo fratello la distrasse dai suoi pensieri e si raddrizzò sul sedile. «Siamo arrivati. Devo ammettere che non è niente male.»

Non si era resa conto di essere rimasta assorta per tutte quelle ore ma non la sorprese che suo fratello non le avesse detto niente, dei tre, Conlan era quello a cui era più legata e molte volte non avevano bisogno di parlare per capirsi l’un l’altro.

Non appena focalizzò lo sguardo sul panorama al di là del finestrino rimase completamente rapita dalla piccola baita di legno che si trovava a pochi metri da lì. Era ancora più bella di come la ricordava dalle foto, proprio come aveva immaginato che potesse essere.

Quando si riprese abbastanza da poter parlare riuscì a rispondere al fratello con un banalissimo «Ah ah» chiudendo la bocca solo quando lui le spinse il mento con un dito, scoppiando a ridere davanti alla sua faccia imbambolata.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Eleonora Tavella
Sono nata a Treviso l’1 Ottobre 1995. Ho conseguito il diploma di Ragioneria in Relazioni Internazionali e subito dopo ho iniziato a lavorare per un’azienda ubicata nel centro storico di Venezia.

La passione per la lettura è ciò che mi ha sempre spinta a frequentare assiduamente ogni libreria a cui passavo di fronte, e si è sviluppata poi in un esplosione di immaginazione creativa, che nel 2020, ha dato vita alla bozza di un romance fantasy.

Adoro passare il mio tempo libero all’aria aperta della campagna, specialmente se posso dilungarmi in passeggiate a cavallo, e a leggere qualsiasi cosa possa stimolare l’immaginazione.
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