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Filantronico

Filantronico
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Consegna prevista Gennaio 2024

Può un algoritmo intelligenza artificiale, programmato per intercettare il sentimento popolare e dare risposte ponderate e coerenti a problemi reali, venire applicata nell’amministrazione di uno Stato? A quale etica si sottometterà? E in che modo la sua autonomia e integrità possono dirsi al sicuro dagli interessi dei propri creatori? Queste sono solo alcune delle domande a cui A.P., il protagonista del libro, dovrà rispondere nella sua deposizione difensiva davanti a un tribunale internazionale. Filantronico è la ricostruzione della vertiginosa ascesa di un prototipo di A.I., esploso in pochi anni da banale strumento di marketing fino a diventare una rete di elaborazione dati capace di governare un’intera nazione. Una storia apparentemente protesa al futuro, ma in realtà una riflessione per il presente, quando è ancora possibile indirizzare il cambiamento mettendo al centro l’essere umano, contro il rischio di doverci adeguarsi a un mondo plasmato sugli algoritmi e non sulle persone.

Perché ho scritto questo libro?

La maturazione di questo libro è stata lunga e l’idea iniziale ha cambiato forma più volte prima di trasformarsi in quello che è ora, pur mantenendo intatto l’impulso iniziale. Filantronico non vuole essere un monito per il futuro, ma il tentativo di fondere le mie competenze, nell’intento di dare vita a uno strumento utile al lettore per comprendere alcuni meccanismi di una tecnologia, quella informatica, profondamente pervasiva del nostro presente e per questo decisiva per il prossimo futuro.

ANTEPRIMA NON EDITATA

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Mi chiamate dinanzi a questa Corte Continentale accusandomi di un crimine del quale non solo non mi ritengo colpevole, ma, addirittura, credo di dover imputare a voi la sua consumazione. Il nostro Algoritmo viene qui dipinto dall’accusa come un obbrobrio legislativo, una torsione innaturale dell’ordine democratico costituito, uno strumento per “l’instaurazione di una dittatura digitale sulla sfera biologica”, prendendo a prestito le parole del signor Pubblico Ministero. Sono da voi considerato l’artefice di un meccanismo teso alla deriva autoritaria e antipopolare, eppure mi sembra evidente come, questa rappresentazione della realtà storica, sia quanto mai lontana dalla verità all’evidenza dei fatti.

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A occhi non impestati di faziosità, appaiono certamente chiare le differenze tra chi cercò, come noi, di attuare il bene comune del Paese grazie a un processo graduale, condiviso e partecipato e chi agì, come voi, con la forza, schierando un impressionante stuolo d’armi contro una Nazione indipendente e tutto il suo Popolo. Furono i vostri servizi a creare ad arte subbuglio in un Paese finalmente pacificato e nuovamente concorde sulla strada da seguire, come da decenni non era più accaduto. I vostri reparti speciali, violando ogni norma internazionale e legittimati soltanto da oscuri accordi sottobanco, dapprima attentarono terroristicamente contro l’infrastruttura informatica della Nazione e, successivamente, diedero avvio a una vera e propria azione di guerra. Per la prima volta il vostro esercito si ritrovò a operare unito, platealmente e senza un motivo plausibile, infrangendo i nostri confini sovrani dopo oltre un secolo di difficile pacificazione continentale compiendo un attacco talmente ignobile da poter essere paragonato alle peggiori nefandezze della tormentatissima epopea umana.

L’accusa oggi mossa nei miei confronti, mi appare dunque come la sublimazione psicologica delle vostre stesse colpe, spinti, come siete stati, dall’interesse materiale di mantenere stabile un potere malato e putrido, tutt’all’opposto della Libertà tanto decantata in quest’aula e alla quale fate continuamente riferimento, seppur a sproposito, per dare una parvenza di legittimità all’aggressione militaresca di cui vi siete macchiati.

L’Intelligenza Artificiale, da voi additata come il male supremo da estirpare dal corpo moribondo della nostra Democrazia, è in realtà la più alta vetta di filantropia mai raggiunta dal nostro genere. Un’entità astratta e intangibile, il cui unico intento fu sempre e soltanto il raggiungimento del benessere umano, davanti alla quale la parità degli individui è divenuta, per la prima volta nella Storia dell’umanità, realmente assoluta e compiuta, realizzando definitivamente la pratica ellenica per la quale l’opinione di ogni cittadino ha lo stesso valore di un’altra senza la benché minima distinzione. Una rivoluzione democratica concretizzata tramite onde radio, fibre ottiche e filamenti di rame, per la quale il Popolo del nostro Paese ha discusso, deciso e si è attivamente impegnato per implementare.

Secondo il mio misero parere, dunque, fu il vostro attacco a essere stato di stampo repressivo delle nostre nuove libertà guadagnate e non viceversa. L’aggressione subita dalla nostra Nazione, lo sapete benissimo da voi, non ha nulla a che vedere con lo spirito umanitario e altruistico con il quale avete infarcito i vostri proclami e unto i vostri cannoni. L’imposizione di un ordine oscuro contro una proposta differente e funzionale di Democrazia sociale fu la reale spinta propulsiva del vostro accanimento, manovrato da invisibili mani, celate perché altrimenti impresentabili agli occhi dell’opinione pubblica.

Ci accusate di essere stati artefici di un sistema di sorveglianza di stampo assolutistico, mentre fu il vostro agire a salvaguardare gli interessi privati degli oligarchi dell’economia digitale dei quali tuttora siete solamente mendichi valvassini. Il nostro sistema aveva in comune con il modello economico dei dati gli strumenti e i modi, lo ammetto senza timore e non mi vergogno di questo, anzi, lo rivendico orgogliosamente, perché differiva diametralmente nei fini. Il profitto economico di pochi soggetti facoltosi è alla base della vostra bellicosa reazione, mentre la nostra rivoluzione fu ispirata dal desiderio di raggiungere il meglio per tutti i nostri concittadini.

Il nostro esempio avrebbe potuto fare proseliti anche da voi, sottraendovi le redini del morso stretto alle fauci dei vostri cittadini e questo timore, confermato dalle prime proteste entro i vostri confini, vi liberò da ogni remora per attuare il vile attacco ai nostri danni. La Democrazia tanto decantata e sbandierata in questa sede, è quindi un simulacro buono soltanto a legittimare il modello di autoritarismo economico-sociale a voi tanto caro. La nostra esperienza, all’opposto, è stata, e continuerà a essere, la dimostrazione della possibilità di una simbiosi tra tecnologia e umanità affinché si realizzi un definitivo affrancamento dei popoli dallo sfruttamento al quale lo avete lungamente assoggettato.

È vero, le applicazioni dell’Algoritmo hanno generato sostanziosi utili alla mia Società, quindi a me medesimo; negare questa evidenza mi farebbe passare per bugiardo e vi autorizzerebbe ad ascoltare prevenuti la deposizione di cui mi accingo al più presto a entrare nel vivo. Ma lo stesso software utilizzato per scopi commerciali, vorrei ricordarlo a chi pecca – per biologia o malafede – di scarsa memoria, fu distribuito pubblicamente per uso statale, senza nessuna interferenza da parte nostra né tanto meno dando vita a illeciti arricchimenti.

Con tutta la lucidità rimastami, cercherò di ricostruire oggettivamente ogni passo di questa vicenda, ma certamente non potrò fare a meno di filtrare gli accadimenti con la mia soggettività, soffermandomi magari più a lungo sui fatti a mio avviso più importanti, oppure addirittura sconosciuti, e prendendomi la libertà di condensare in poche battute situazioni più note, di minor interesse per questa Corte perché effettivamente marginali. La mia difesa, però, non sarà mai scevra di autocritica e soprattutto verrà esposta affinché la mia posizione e il mio ruolo risultino chiari e limpidi, al di là delle responsabilità, oggettive o percepite, delle quali mi tacciate.

Davanti a questo Tribunale internazionale, il mio destino mi appare già segnato, ma anche se, peraltro senza troppa fatica, riuscirete ad annientare il residuato fisico rimasto di me, non otterrete, vostro malgrado, di fermare il processo già innescato. Questo, inesorabile seppur rallentato dal vostro disperato sforzo, acquisterà maggior forza e vigore dopo la mia condanna, aizzando gli spiriti e la voglia popolare di affrancamento, così da rendere il mio sacrificio un esempio per nuovi discepoli. Con questa condanna preconfezionata, sappiatelo, la prossima generazione inneggerà al mio nome invocando la giustezza dell’Algoritmo come forma suprema di governo e, a quel punto, nemmeno tutta la forza di cui sarete capaci basterà a fermare l’onda d’urto della democratizzazione assolutista, ma fomenterà ancora di più gli animi oppressi, finché il vostro impero apparentemente egualitario non verrà finalmente deposto e annientato in nome della dittatura libertaria.

L’Algoritmo non sarà mai il dominatore del Mondo, lo ha indiscutibilmente dimostrato, ma svolgerà meglio di quanto sia mai accaduto nella Storia il ruolo di mediatore super partes tra i singoli e questo sta alla base del vostro furore, in quanto mina la stabilità del vostro potere sui popoli.

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Comincerei questa narrazione dal principio, ovvero da quando, sul finire del primo decennio del millennio, conciliai tra loro le mie due passioni: politica e Internet. In quel periodo mi imbattei su alcuni forum e gruppi di discussione nei quali aggregazioni spontanee di cittadini, nate qua e là lungo tutto il Paese, si stavano coagulando attorno ad alcune idee lanciate in rete da un famoso comico.

Da almeno due decenni il bizzarro personaggio, improbabile nel ruolo del leader di masse ma dall’indiscutibile carisma, portava in tournée spettacoli satirici sul costume popolare della Nazione con irriguardosa attenzione verso la classe politica nostrana. A ogni data in cartellone, nonostante gli spropositati prezzi al botteghino, quella sua tipica specialità gli faceva ottenere strabilianti risultati di pubblico a suon di tutto esaurito in teatri, palazzetti dello sport e, in un paio di occasioni, perfino riempiendo interi stadi. Ospiti paganti, il più delle volte in primissima fila, sedevano proprio le vittime della sua caustica satira, dimostrando poca perspicacia ma forte propensione ad appassionarsi allo spettacolo, sbellicandosi dalle risate a ogni parolaccia a loro rivolta, seppur sempre intesa come insulto a qualcun altro, denotando già all’epoca, per chi fosse stato fine di comprendonio, la caratura del pubblico di riferimento.

Il suo successo era dovuto soprattutto alla caratterizzazione del personaggio con cui si manifestava. Sul palco e fuori interpretava gli irruenti panni del fustigatore con modi sfrontati da moralizzatore medioevale. Un apostata della cultura dominante, pretto chierico dell'improperio, detentore, a suo dire, della verità assoluta, dispensata tramite parole trasudanti biasimo misto a dileggio per chi, al termine dei suoi funambolici sofismi, non condividesse le sue stesse conclusioni.

O la pensi come me, o sei parte del problema. Un ultimatum di affascinante conformismo rivoluzionario, perfetto nel duplice intento di creare un senso di elevata scaltrezza negli spettatori, rivelandosi, al contempo, un’efficacissima nassa per la pesca a strascico nel bacino del mare nostrum elettorale. Quella sorta di ricatto morale funzionò alla perfezione nella grande maggioranza dei casi anni dopo, quando il comico riuscì a convertire il consenso della massa critica sua seguace in preferenze elettorali per l’agglomerato informe cresciuto sotto la sua ala protettrice, facendolo diventare prima forza politica della Nazione.

L’entusiasmo trascinante per quella nuova ondata di rinnovamento fu superato soltanto dal successivo sdegno popolare manifestato nel momento di voltare le spalle a quella compagine politica tanto esaltata all’inizio, quanto poi deplorata inesorabilmente dopo le prime fallimentari esperienze di Governo. Senza entrare troppo nei particolari di un’analisi politica di un periodo a dir poco complicato del Paese, accenno a questo argomento esclusivamente per le correlazioni esistenti con la mia storia personale e le vicende di interesse per questa Corte.

A smuovere l’originario sparuto seguito all’attivismo pragmatico fu il sito Internet gestito dall’attore in collaborazione con un sedicente filosofo della comunicazione. Nei seguitissimi interventi dei due divulgati in rete, venivano additati i problemi da estirpare e confezionate le possibili soluzioni alle questioni più banali della vita di tutti i giorni. Personalmente, io mi feci ammaliare dalla proposta di utilizzare l’acqua piovana per gli scarichi del WC al posto di quella potabile depurata. Giusto per dare un’idea dei temi trattati. Sempre lontani dal vertice piramidale della rappresentazione del potere, ma non per questo meno importanti e radicali.

Iniziai così a prendere parte attiva a quel subbuglio civico, sfruttando soprattutto la nuova tendenza della comunicazione di massa, sempre più incentrata verso quella che all’epoca era l’innovativa frontiera dell’informatica, ovvero le piattaforme sociali e il nuovo paradigma per creare un’inedita connettività interpersonale per lo scambio di idee.

In quegli anni Internet sembrava avere il potenziale libertario ipotizzato e teorizzato nei decenni precedenti da fior fiore di intellettuali, La massificazione dell’informatica, secondo i pensieri più illuminati, avrebbe portato benefici concreti a tutti, non solo agli utilizzatori di quelle nuove tecnologie.

La mia esperienza in quel movimento ebbe però vita breve a causa dell’esasperato verticismo assunto pian piano dall’organizzazione, un problema intrinseco e inevitabile in un collettivo di cui l’unico collante era la figura carismatica del suo leader e fondatore. Non posso certo rinnegare quell’esperienza, in quanto all’interno di quei gruppi riuscii ad affinare una discreta competenza informatica applicata ai miei freschi studi sociologici e alle dinamiche del confronto pubblico sociale. Quindi fu un’ottima palestra per il mio futuro professionale.

All’inizio del secondo decennio del secolo mollai il mio attivismo e con Stefania, una mia amicizia di lungo corso, fondammo un’Agenzia di consulenza per la comunicazione aziendale. Pur non essendo un periodo felice per l’economia, la prospettiva di poter facilmente aumentare i fatturati grazie ai media sociali, ci permise di lavorare discretamente in termine quantitativo, riuscendo nell’arduo compito di non svilire nemmeno la qualità dell’offerta. La crisi iniziata pochi anni prima sembrava dare i primi segni di cedimento e noi approfittammo della ripresa economica per lavorare il giusto per sopravvivere, ma non così affannatamente da dover essere approssimativi. Ci vollero anni per decollare, ma dopo decine di loghi disegnati per resistere alle mode del momento e slogan escogitati per suonare bene sia sulle emittenti radio televisive locali sia sul web, arrivò l’incarico decisivo per la nostra attività e per tutta questa vicenda.

Il Sindaco della città in cui abitavo e dove svolgevo la mia attività professionale, conosciuto di fama ma anche per via di frequentazioni contigue risalenti agli anni del liceo, ci chiamò per avere da noi un preventivo per una consulenza. Il nostro potenziale nuovo cliente ci contattò per la realizzazione di alcune grafiche da usare sui propri canali social in vista della sua candidatura al secondo mandato. Il lavoro, con il quale speravamo di poterci imporre localmente nel settore, fu talmente ben fatto da convincerlo a sperimentare con noi altri percorsi comunicativi per valorizzare il suo operato e per aprire una finestra nella sua sfera privata. In breve tempo divenne uno dei nostri migliori clienti.

Per l’Agenzia, all’epoca da intendersi esclusivamente come il connubio tra le differenti competenze professionali di Stefania e del sottoscritto, fu l’occasione per entrare nel settore emergente della politica social, ambientandoci, per altro, egregiamente. Mi ritrovai ben presto a seguirlo costantemente nel suo girovagare cittadino fatto di impegni istituzionali e personali per immortalarlo durante questa inaugurazione o quella commemorazione, affinché tutto finisse documentato sui suoi profili pubblici.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Alan Palombi
Vivo a Pesaro dove sono nato nella primavera del 1977. Inizio sin da piccolo ad appassionarmi alla lettura e nei secondi anni ‘90 faccio parte della redazione del mensile scolastico, ma la mia predisposizione alla scrittura si manifesta prevalentemente sotto forma di testi rap. Dal 2003 lavoro in una ditta di informatica dove tuttora sono impiegato come consulente. Parallelamente ho collaborato alla realizzazione di contenuti per diversi siti e free press di carattere locale, nonché come copywriter commerciale in ambito web. Nel 2019 sono scelto per la pubblicazione di una raccolta di racconti dal titolo Brutte Storie nell'ambito del premio letterario Milano International. Nel 2022 vengo premiato nel concorso letterario Fai Viaggiare la Tua Storia con la pubblicazione del libro L'incoscienza delle Farfalle. Nel 2015 sono tra i fondatori della ODV Le Strade di Luca per ricordare un amico
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