Cercavo di convincermi che mio padre si trovasse in un posto migliore e che Dio, o chi per lui, l’avesse chiamato a sé e che adesso fosse una specie di angelo che vegliava su di me. Che mi proteggeva, mi sapeva consigliare in tutto, mi parlava e mi teneva la mano sulla spalla, rassicurandomi e asciugandomi le lacrime. Ma purtroppo non sentivo niente: nessuna voce, nessuna mano sulla spalla, nessun dolore.
Passai i mesi che seguirono a cercare l’immagine del suo volto, ma lo sognavo ancora in cucina seduto ad aspettarmi al ritorno da scuola, con quel sorriso di scherno e i suoi baffi grandi e neri.
Quando ero piccolina volevo sempre andare fra le sue braccia e giocavo con le sue enormi mani, ricordo ancora il suo profumo di tabacco muschiato.
Mio padre era innamoratissimo di mia madre, l’adorava, e in tanti anni non li avevo mai visti discutere. Avevano una complicità straordinaria.
La cosa che porterò sempre dentro al mio cuore è il suo ottimismo, anche nelle cose più negative trovava qualcosa di positivo e questo suo modo di essere mi trasmetteva forza e serenità.
Lui, solo e soltanto lui, mi faceva sentire una persona migliore. Quell’ottimismo adesso è oramai un ricordo lontano, assieme alla fiducia verso il prossimo.
Dopo la sua morte tutte le persone che conoscevo hanno continuato a ripetermi che sono disgrazie che nella vita accadono per insegnarti qualcosa, perché noi siamo parte di un chissà quale Disegno Divino, la vita ci mette alla prova e bisogna sempre rialzarsi.
Ma cosa può insegnare a una ragazzina di diciassette anni una tragedia simile? Quale Disegno Divino può aiutarti a rialzarti quando due agenti di polizia, nel cuore della notte, suonano al campanello di casa tua, dicendo: «Mi dispiace, signora Norx, l’auto di suo marito è stata travolta da un tir. Il conducente è fuggito, non possiamo dire altro al momento. Non c’è stato niente da fare, suo marito non ce l’ha fatta»?
Come si fa a rialzarsi quando ti senti schiacciata da un dolore pesante come un macigno che ti permette a malapena di abbandonare il letto al mattino?
L’autista del tir era ubriaco, si scoprì qualche settimana dopo l’incidente. Perse il controllo del mezzo che invase la carreggiata proprio mentre arrivava la Ford di mio padre dalla parte opposta. L’auto fu travolta e finì in un burrone.
Quella sera stava tornando a casa dopo un processo molto importante in cui si era schierato contro una grossa multinazionale chimica che aveva avvelenato i propri operai e la città di Sox Valley.
Sono trascorsi due anni, il dolore è sempre vivo. Non smetto mai di chiedermi perché questo incubo sia capitato proprio a me.
Nell’ultimo periodo mi sono documentata sull’Ematex Corporation, la multinazionale sulla quale indagava mio padre prima dell’incidente. Ho studiato in modo particolare le sue attività, le sue collaborazioni e soprattutto i suoi investimenti. A capo della società c’è il signor Smith, l’industriale più ricco di Sox Valley.
La sera in cui papà ebbe l’incidente, la polizia ci consegnò una busta contenente tutti i suoi effetti personali quando andammo al riconoscimento del corpo.
Mia madre era distrutta, ricordo le mani che le tremavano, le lacrime che continuavano a sgorgarle dal viso pallido e angosciato, l’inutile pietà delle persone che le facevano le condoglianze.
Aprii la busta quando tornammo a casa. Ero sul mio letto con le gambe incrociate e le lacrime che piano piano si riversavano sul mio viso stanco e spossato.
Il contenuto della busta racchiudeva pochi oggetti: l’orologio d’oro che gli aveva regalato mia madre per il loro fidanzamento, la fede, le sue sigarette preferite, un fazzoletto di stoffa con le sue iniziali, che annusai per un istante per sentire ancora il suo odore, e il suo taccuino di cuoio.
Lo avevo visto spesso nelle mani di mio padre perché annotava tutte le sue cose di lavoro.
Lo aprii perché ero troppo curiosa: lessi tutto d’un fiato le prime venti pagine, annotazioni sull’Ematex Corporation e sul signor Smith. Poi, verso la trentesima pagina, trovai una serie di descrizioni di vari appostamenti che mio padre aveva effettuato nei suoi confronti.
Mi ricordo che nelle ultime settimane prima del processo rincasava sempre molto tardi ma non gli avevo mai chiesto niente.
Lessi tutti i dettagli, ma mi incuriosirono in modo particolare quelli relativi al quindici settembre.
Aveva seguito il signor Smith quella stessa sera e dal taccuino risultava che si doveva incontrare con uno strano soggetto nella zona industriale di Sox Valley, che si estendeva per un’area molto grande e vasta ed era delimitata dai binari della vecchia ferrovia che cingevano la città per una buona parte.
Commenti
Ancora non ci sono recensioni.