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Frammenti d’isola

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Consegna prevista Novembre 2025

È la ricostruzione di frammenti dentro e fuori la protagonista, Isabella, come in un doppio viaggio: uno è interiore perché attraverso i ricordi, le solitudini, gli amori, le amicizie, trova la sua cura e stabilisce il suo equilibrio e perché ciò accada andranno in suo ausilio la filosofia, la poesia, la natura, ecc… e l’altro è nella sua Sicilia: attraverso i luoghi, il cibo, il vino le affiorano le emozioni, i sentimenti, il suo senso di appartenenza, il suo posto nel mondo, la sua identità. Questo viaggio è tra il passato, il presente e il futuro in cui Isabella dovrà trovare delle risposte alle tante domande e dare una spiegazione alle tante situazioni verificatesi. Tanti sono i personaggi che entreranno in contatto con Isabella e ognuno assumerà un ruolo determinante. In particolare ci sono due figure, zio Volà e Socrate, che avranno un ruolo fondamentale nella vita di Isabella. È una storia nostalgica e per molti tratti comica, caratterizzata da vicende leggere ma con un dolce retrogusto. Isabella dovrà fare i conti con i suoi tanti vuoti nella vita, di figure mancanti e di altre che l’hanno forgiata in maniera unica. Il filo conduttore è l’amore in tutte le sue sfumature: per la vita, per la sua isola, per le sue radici. È una storia di solitudine e di rivelazione: Isabella non sarà mai sola.

Perché ho scritto questo libro?

L’amore per lo studio, la comprensione di dinamiche e comportamenti mi hanno sempre portato a scavare per trovare l’origine delle cose, di trovare le risposte alle mie tante domande, ai miei perché. Da qui nasce il bisogno spasmodico di leggere e di scrivere, da sempre. Sono fiera della mia libreria, ma i miei diari in prosa e in poesia mi hanno dato la giusta consolazione, consapevolezza e il ritrovamento di me stessa e il riconoscimento di una mia identità. Sono al mio secondo romanzo. Frammenti d’isola viene dopo La mia Terra è il mare, edito con Officina trinacria. Frammenti d’isola è stato scritto in seguito a un bisogno profondo di volere mettere nero su bianco emozioni, sentimenti, ma soprattutto avevo voglia di ridere, di divertirmi mentre scrivevo, ma anche di commuovermi, di amare e di amarmi; è un omaggio alla mia terra che amo profondamente, ma anche un ringraziamento per i doni meravigliosi che la vita ogni giorno ci concede, nonostante il dolore, le sofferenze, le solitudini.

ANTEPRIMA NON EDITATA

“Ricordo bene quell’episodio. Soprattutto del fatto che non avevamo un biglietto aereo. Lo facemmo in aeroporto. Arrivammo sudati, con il fiato corto. Ci segnalarono subito. Temettero di imbattersi in qualche terrorista. Ci perquisirono dalla testa ai piedi. Rimanemmo in mutande per diverso tempo. Compilarono carte su carte, però videro che non avevano di cui preoccuparsi. Non tenevamo neanche bagagli a mano. Non avevamo avuto il tempo di prepararli. Per tutto il viaggio siamo stati guardati a vista.” Zio Volà nel ricordare quel momento dovette allentare la cravatta, cominciò a sudare, si sentì investito da una forte caldana.

“Ricordo benissimo! Alzai la mano per un succo di frutta e lo Stewart mi disse: ‘stia calmo! Non si muova! Cosa vuole fare?’ Io risposi, ritirando timidamente la mano: ‘non voglio fare proprio niente! Volevo godermi soltanto il viaggio con un succo di arancia!’ Tutti i passeggeri si voltarono allarmati. Avrei preso volentieri il salvagente e mi sarei lanciato nel vuoto. Non mi è mai piaciuto stare al centro dell’attenzione. Da ipotetico terrorista, poi; si immagini …”. Socrate era molto imbarazzato mentre parlava con suo compare e nel frattempo fece due calcoli e si ricordò che è da allora che ha evitato qualunque forma di succo: al bar, a casa, al supermercato.

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“Da sempre quando Isabella trascorreva le vacanze estive, nella sua casa al mare, le siamo stati vicini. Ormai da più di trent’anni eravamo affittuari, di un appartamento vicino al suo, con terrazza sul mare. Da lì riuscivamo a seguirla senza che lei notasse stranezze. Così anche in quell’occasione, ricordo che riuscimmo a raggiungerla, anche noi con una macchina a noleggio; entrammo presso la nostra abitazione, senza che Isabella si accorgesse che anche noi fossimo lì. In quel periodo dell’anno era insolito che fosse frequentato. Sicuramente le avremmo destato parecchi sospetti. A quel tempo ancora non aveva chiaro il perché le comparivamo sempre attorno, e perciò avremmo potuto sollevarle delle inquietudini.” Zio Volà era solito nascondersi dietro agli alberi o a dei pilastri; indossava sempre degli occhiali da sole rotondi; convinto così che nessuno lo avrebbe visto.

Anche noi cercavamo di essere prudenti perché non avremmo potuto giustificare il perché eravamo sempre nei paraggi, dove fosse lei. Non era ancora il momento che la nostra amicizia si infittisse. Dal nostro balcone la vedemmo entrare in casa. Spalancò le finestre. Un leggero soffio di vento le spettinò i lunghi capelli. La fresca brezza del mare entrando dalle aperture la salutò. Fece il giro della casa. Si soffermò per alcuni istanti in ciascuna stanza. Non aveva fretta. Prese le lenzuola nel cassetto e fece il letto. Odoravano di pulito. Attendevano il suo ritorno. Di fronte ad alcuni soprammobili sorrise. In passato li avrebbe buttati volentieri, ma adesso era contenta di vederli lì. Le rinnovavano i ricordi di tutta una vita trascorsa. Capì l’importanza di quegli oggetti. Senza di essi tutto attorno le sarebbe apparso nella memoria più sbiadito. Posò sul pavimento la tracolla che aveva ancora sulla spalla di traverso. Difficilmente se ne separava. Ci teneva sempre le cose a cui teneva di più:  moleskine, montblanc, pc e reflex. Si abbandonò sul divano della sala da pranzo. Si addormentò. Al risveglio si accorse che era quasi sera. Non aveva nulla per cena. Non era ancora pronta ad andare al suo paese. Si recò a quello vicino. Attraversò l’intero litorale con l’auto. I finestrini abbassati permisero al vento di coccolarla. E durante il tragitto si godette il silenzio che c’era attorno. La località non era ancora abitata. Dovevano passare ancora un paio di mesi prima che il luogo divenisse invivibile. Fino ad allora le case, qua e là, pigramente iniziavano ad aprirsi alla stagione calda. Prima di allora sarebbe tornata a Milano. Ad agosto. Non aveva voglia di raccontarsi troppo ai vicini. Rispondere a tutte le loro domande. Ogni volta le stesse per tre lunghi mesi. Quello che cercava era di fare pace con quei luoghi e soprattutto di darsi pace. Arrivò al supermercato. Entrò. Prese un carrello. E tra gli scaffali iniziò a scegliere: un vino bianco, un D.O.C. della sua terra, Alcamo Müller Thurgau. Un vino dal colore giallo paglierino, dal profumo  intenso, caratteristico, con sentori erbacei, e dal sapore secco, sapido, equilibrato. Prese del basilico fresco, pomodorini e le ciliegie. Erano anni che non mangiava le ciliegie della Sicilia. Carnose e dal sapore terroso, un po’ dolci con un retrogusto amaro. Ogni singolo chicco conteneva tutto ciò che quella terra rappresentava. Dopo averne addentato uno, sentì il succo scivolarle lungo l’esofago, e il nocciolo rimastole nella bocca le restituì un brivido che attraversò le papille gustative, e si sentì venire meno. Aveva dimenticato come delle cose così piccole potessero restituirle delle emozioni così grandi.

Di fronte al banco del pane mentre rifletteva su quale scegliere, se quello con le olive o quello nero, si sentì chiamare alle spalle:

‘Isabella? Sei tu?’

Isabella si girò lentamente. Temeva in un incontro che in quel preciso istante potesse essere poco gradito. Appena arrivata non voleva sottoporsi ad un interrogatorio. Voleva smaltire le emozioni un po’ per volta. Magari anche dopo averci bevuto un po’ sopra. Ogni eventuale conversazione si sarebbe alleggerita di ogni tensione.

‘Sei proprio tu! Ciao Isa.’ Roberta con foga si precipitò addosso a lei. L’abbracciò e la baciò in entrambe le guance. La staccò dal suo corpo, la guardò e aspettò che Isabella dicesse qualcosa.

‘Ciao Roberta. Ne è passato del tempo, dall’ultima volta che ci siamo viste …’ disse Isabella con fare cortese.

‘Isabella, amica mia. Ma quando sei arrivata? E perché non mi hai telefonato? Sei venuta per sempre? Quando riparti? Quanto mi sei mancata! Io ti penso sempre.’ Roberta come un fiume in piena non riusciva a trattenere la felicità che provava nell’averla rivista. Avevano condiviso i giochi estivi d’infanzia e i pomeriggi di afa, quelli che tolgono ogni energia vitale.

‘Vedo che non sei cambiata. Sono appena arrivata. Non ho nulla nella dispensa di casa e vorrei mangiare qualcosa. Alloggio nella casa al mare. Mi troverai là quando non sarò in giro per lo stage.’ Isabella mentre parlava si concentrò su quello che stava facendo. Tornò al pane. Scelse quello con le olive. Dopo quella mitragliatrice vivente, sentì il bisogno di assumere parecchie calorie, per potersi riprendere.

Con la stessa velocità di prima Roberta la riabbracciò e la ribaciò. Prima a destra e poi a sinistra, sulle guance. E le disse:

‘verrò a trovarti. Ceniamo insieme. Il vino lo porto io, un Alcamo Cabernet Sauvignon: robusto e armonico. Come la nostra amicizia. Verrò con Gianni, il mio ragazzo. Anzi no, come prima volta verrò da sola, per ricordare i vecchi tempi. Ciao Isa.’

E chi li voleva ricordare i vecchi tempi? Pensò Isabella. Non amava farlo. Tendeva a buttarsi tutto alle spalle come se nulla fosse. Pensava che così soffrisse meno. Era riuscita a cucirsi a dosso una corazza su misura. Ma sapeva che qualunque cosa avesse aggiunto, Roberta non l’avrebbe ascoltata. E così le fece un cenno in segno di saluto. Prese il pane, lo mise nel carrello e proseguì lentamente. Volle evitare di rincontrarla alla cassa.

Tornò a casa. Mise il vino al freddo. Uscì il tavolo e le sedie di vimini fuori in terrazza. Apparecchiò con le vecchie stoviglie che erano nella credenza. Aggiunse le cose che aveva appena comprato. Si sedette e aspettò il calare della sera. Appena fece buio accese delle candele alla citronella sul davanzale, per tenere lontane le fastidiose zanzare; creò una vecchia atmosfera con la sua amica luna. Cenò e andò a letto. Aveva esagerato un po’ col vino. Le girava la testa. Forse troppi pensieri volevano prendere il sopravvento, lei invece voleva spazzare la mente da ogni cosa. Soltanto lei doveva immergersi in quell’angolo di paradiso, null’altro. Senza nulla che la legasse o la privasse dalla libertà di muoversi spensierata.

L’indomani si svegliò con lo squillo insistente del cellulare. Alzò la testa dal cuscino, tutta spettinata e con il mal di testa, afferrò il telefono vibrante sul comodino, e senza focalizzare l’ora e il nome sul display, rispose.

Era Roberta!!! ‘Ciao Isa. Ho pensato a te tutta la sera. Sapevo di non disturbare e ho pensato ‘perché non vado a trovare Isabella?’ E quella voce entrò nelle mie orecchie come il fischio inquietante, di un treno in corsa.

‘E perché?’ si chiedeva e disse Isabella rassegnata, con la testa sotto il cuscino.

‘Fra un quarto d’ora sarò da te. Non pensare a nulla, porto tutto io. Sono così contenta del tuo ritorno che non sto nella pelle. Ciao Isa.’ Roberta parlò tutto d’un fiato. Non diede il tempo all’amica di dire qualcosa. Isabella non ci provo neanche, sarebbe stato fiato sprecato.

Isabella pensò che a quel punto Roberta poteva mandare un whatsApp. Il risveglio non sarebbe stato così traumatico. Doveva prevedere che fra tutte le cose che avrebbe recuperato dal passato ci sarebbe stata anche la “peste – Roberta”. In fondo non le stava antipatica. Ciò che la rendeva speciale era proprio tutto quel suo rumore. Ora che ricordava l’ha fatta sempre divertire. Dopotutto non guastava un po’ di sana e ingenua euforia. Sempre più di rado rideva con la spensieratezza di chi vuole godersi una giornata, senza troppe aspettative. In fondo l’idea di vivere un giorno così come viene, senza forzature non le dispiaceva.

Quel giorno stettero tutto il tempo insieme. Si raccontarono tutto. Si informarono delle novità. Roberta rimase sorpresa nel sapere che Isabella a Milano non si era fatta una vita privata. Ed esordì dicendole:

‘Isa non puoi sciupare la tua vita pensando solo al lavoro e agli studi e basta. Devi pur pensare ogni tanto all’amore!’  Fece una breve pausa pensando ad una soluzione al problema. Sempre che Isabella lo vivesse come tale. Volutamente da tempo non aveva voluto lasciare spazio all’amore. E Roberta proseguì, con il volto illuminato da un’idea: ‘ho capito! Ci penso io. Sai qui c’è molta carne sul fuoco e visto che tu sei ancora in piazza farò in modo che …’ raffiche di vento investivano Isabella, stordendola.

‘Senti Roberta …’ Isabella prima di proseguire fece una pausa. Non voleva essere scortese. Però non poteva non dire quello che pensava. Non voleva ricominciare il suo soggiorno in Sicilia, senza sentirsi padrona della sua vita e dei suoi pensieri. C’è sempre qualcuno dietro ad un angolo a non farsi gli affari propri. Pronti ad assumerne il controllo per poi rendere l’adescato vulnerabile.

‘ … Grazie Roberta per l’offerta; ma sai non sono venuta in Sicilia per questo e quindi vorrei che rispettassi la mia scelta.’ Isabella sapeva che un rifiuto assumeva il significato di un’offesa. Infatti già sapeva che pur avendo espresso ciò che sentiva come bisogno, dall’altro lato non sarebbe arrivato il messaggio. Apparentemente c’è l’illusione che l’interlocutore comprenda, ma nel concreto quella conversazione si mostrerà come se non fosse mai esistita.

‘Ah, capisco. Vorrà dire allora che sfrutteremo la tua permanenza qui per stare insieme. Ci divertiremo un po’. Come i vecchi tempi.’ Disse con tono nostalgico Roberta.

Isabella non ebbe il tempo di tirare un sospiro di sollievo quando Roberta aggiunse:

‘sai conosco tanta gente simpatica con cui potremmo uscire. Ovvio, come amici. Nient’altro. Voglio solo che tu porti con te a Milano dei bei ricordi.’ Roberta rallentò il modo di parlare e anzi si soffermò più volte. Quasi sperava che l’amica l’interrompesse. Giusto per darle l’opportunità di farle dire che nel frattempo Isabella avesse cambiato idea. ‘L’amore è imprevedibile e non si può decidere a priori’ pensava tra sé. Capì pure che Isabella non era più abituata a quella ventata di vitalità. Chi viene al sud rimane sempre investito da forti raffiche di vento. È una terra esposta ai venti. A volte il vento caldo di scirocco e il vento freddo di tramontana litigano nervosamente. Entrambi vogliono prevalere ma chi si espone a essi ne rimane travolto. Dopo un po’ ci si abitua, ma bisogna essere cauti. La dose va somministrata un po’ per volta se no si rischia un sovradosaggio. E per la ‘sicilitudine’ non c’è cura.>> Socrate raccontò tutto d’un fiato quel primo giorno di Isabella a casa; si sentì stremato.

Così Zio Volà e Socrate fecero una pausa. Sentirono il bisogno di soffermarsi un attimo, per fissare meglio nella loro mente quei momenti. Quelli di Isabella al mare. Zio Volà non sapeva nuotare e non entrava in acqua senza la sua ciambella. Certo alla sua età non poteva passare inosservato, in quello stato. Socrate invece faceva gli stiramenti sulla battigia, prima di entrare in acqua. Un po’ di stretch con le gambe, un po’ di torsioni. Infine prima di bagnarsi le punte dei piedi, faceva una piccola corsa sul posto. Pronto per le olimpiadi di nuoto si metteva in posizione per lo slancio; ma l’acqua era talmente fredda che per addentrarsi verso il fondo si metteva in punta di piedi. Tratteneva il fiato. Si risucchiava l’addome per apparire più atletico. Quando ormai era sommerso al novanta per cento non riusciva ancora a lasciarsi andare, per farsi dondolare dal moto naturale dell’acqua. Resisteva tenendo le braccia sollevate, per evitare l’impatto traumatico. Durante questa operazione si guardava attorno per prevedere ed evitare che qualche ragazzino non curante giocasse, a spruzzare l’acqua. Poi però arrivava di corsa con il suo salvagente l’amico zio Volà che con disinvoltura, in un lampo, riusciva ad annullare tutti i sacrifici di Socrate. Si tuffava con il sedere proprio davanti a lui, inondandolo completamente; per il poeta l’acqua era bollente in quanto non molto lontano da loro si immetteva in mare il fiume dalle acque solfuree. Socrate ormai bagnato fino all’ultimo atomo, rispondeva alla dichiarazione di guerra buttando litri e litri di acqua su zio Volà. I due si lasciavano andare facendosi travolgere dalla baraonda. Perfino i bambini sarebbero rimasti sbigottiti davanti a quella scena. Non mancavano le risa di sottofondo.

Isabella già in quegli anni aveva notato come fosse strano che i due tipi si trovassero ogni volta nello stesso luogo in cui si trovava lei. Un caso?!?! Pensò, però, che nella vita quotidiana capitava spesso di incontrarsi con la stessa gente nello stesso giorno ed in luoghi diversi, e al contrario persone che si incrociano una sola volta nella vita. L’assenza improvvisa di zio Volà e Socrate per Isabella sarebbe significato un vuoto incomprensibile. Perciò tendeva sempre lo sguardo scrutante, per vedere se anche loro fossero lì vicino a lei, con lei. Dunque non badava più di tanto alle strane coincidenze, anzi per lei era sempre un piacere vederli comparire nella sua vita, come il prezzemolo, buttato in modo apparentemente irregolare, su quel piatto di spaghetti in bianco.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Antonina Stellino
Vivo in Sicilia, ad Alcamo, in provincia di Trapani. Ho una laurea magistrale in Archeologia e da qualche decennio ho dedicato in totale abnegazione tutta la mia conoscenza, la mia competenza e soprattutto la mia passione alla mia terra, per promuovere l’archeologia nei luoghi in cui sono nata e cresciuta, attraverso scavi archeologici, laboratori, trekking. Le mie passioni sono veramente tante: i libri, scrivere, la fotografia, il mare, la natura. Poi è arrivata la vocazione per l’insegnamento, italiano e storia, da circa dieci anni: esse sono la sintesi di me, mi consentono di potermi esprimere tout court.
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