“Qui ad Atene facciamo così”. Rotei la mano destra intorno all’orecchio, ma Amal niente. Almeno è quello che c’è scritto sulla targhetta che vibra scomposta, ad ogni vuoto d’aria. È snella, alta, gli occhi come conchiglie azzurrine e il sorriso incerto di chi ci sta capendo nulla. Lo sguardo si arrampica in fretta sulle sue cosce ambrate, risalendo ai seni pieni, fino ai riccioli. “Entiendes?”. No, come si dice? Ah, ecco: “Comprendre?”. Lei ti sorride a lungo, mentre continua a rabboccare del caffè in un bicchierino di plastica destinato a un ciccione che smanacca avidamente da un pezzo, giù in sedicesima fila.
“È che se mi chiamavano Patroclo era anche peggio”, riattacchi mentre saltelli sul posto. Sant’Iddio, ma che c’ha da fare questa in bagno? Tutta la pipì del Marocco? “Il fatto è che quello si fa ammazzare mentre è travestito da Achille. Poi – conti con le dita – lo piangono pure i cavalli. Gesù: quale altro grande eroe omerico viene pianto anche dai cavalli? C’è dell’altro: se la faceva con Achille, si mormora. Eppoi, scatena di nuovo la guerra di Troia, proprio quando sembrava che stessero per assestarsi una sacrosanta pacca sulla spalla, chiudendola lì con un bel dai bimbi va bene così, abbiamo scherzato. Invece manco per nulla, a causa di coso lì, zio Pat, riscoppia un casino mondiale”. Lei ti fa un cenno con l’indice, come se dicesse Aspetta un attimo e fluttua agile e sinuosa lungo la corsia stretta del Boeing 747 della Ryanair, partito da Fez in direzione Pisa, casa vostra. Contempli il suo culetto fasciato per un’eternità, prima di incrociare lo sguardo severo di Margherita. Ora sta scuotendo ritmicamente la testa in senso orizzontale. Salvo, il terrone della combriccola, ti incita in senso opposto: il numero compà, il numero. Jasmine, invece, è piegata su un libro. Social media marketing, una cosa così.
Nel frattempo il bisogno di pisciare ha raggiunto i livelli di guardia. Tamburelli alla porta del bagno, ma ti arriva solo uno sconnesso One fucking moment, please! Amal intanto sta tornando, armata di un sorriso avorio.
“Dovrebbe sedersi ora, ok? Siamo entrati in fase di atterraggio”.
“Aspetta! Devo finirti il discorso. Ma capisci quello che dico?”. Lei ondeggia con la testa: Comme ci comme ça. Sempre a te le robe in salita. Vabbè.
“Insomma, è un nome un po’ strano, lo riconosco. Però è stato un grande personaggio politico, il fondatore della democrazia. Uno che non gliene fregava niente se eri povero o ricco, perché contava il merito. Molto meglio di quella fighetta isterica, no?”. Cazzarola, questa non ti si fila per nulla. Assesti gli occhiali sul naso e tenti l’affondo decisivo.
“Senti, ci si scambia mica il numero di tel…”. Nulla. dalla toilette emerge un pachiderma che, a giudicare dal tanfo, deve essersi liberata di mezza tonnellata di materia fecale. Amal arriccia il naso e te tossisci, proprio come quella mezza cartuccia di Patroclo. Si può essere più sfigati di così? Ora anche la saputella ti fa cenno. Pericle! Pé! Vieni a sederti, l’aereo è già inclinato! Saluti Amal martoriandoti il labbro inferiore con gli incisivi, mentre l’ennesimo vuoto d’aria si lavora la tua vescica. Jasmine picchietta sul posto accanto al suo, sventolando il manuale divorato con aria compiaciuta: “Letto tutto durante il volo, stasera ne parliamo approfonditamente”. Come no, Jas. Come no. Vorresti tanto dirle, tipo, che non hai assolutamente per nulla voglia, ma resti sempre fregato. Sfacciatamente bella, le distanze del viso perfette, il mento nobile, una cascata di capelli castani che incornicia un capolavoro. E ti manda in tilt con i suoi occhi di un verde profondo, da sempre. Ora sono impigliati nella luce morbida che filtra resiliente dall’oblò e ti sembrano la cosa migliore del mondo, di nuovo. Il Boeing scende scattoso, più o meno come le tre gocce di pipì che, davvero, ti scappano via lungo la gamba destra. Socchiudi le palpebre, contemplando la potenza del momento. Per ogni vita che scegli, ce n’è sempre una che lasci da parte. Amal, figa di legno, sei già il passato. E impara due parole d’italiano, Cristo!
Due
Il patto è chiaro, viene giù liscio che è un piacere, da cinque anni a questa parte. Loro pagano le bollette e te ci metti la casa, un appartamento di settanta metri quadri che si affaccia su Lungarno Pacinotti, ultimo piano. Più una specie di loft senza gli ammenicoli, a dire il vero, visto che ormai ha una trentina d’anni sulle spalle, il parquet avvallato e gli infissi deturpati dal logorio del tempo. Però c’avete una terrazzina mica male e, se monti una scaletta impervia e rugginosa, puoi anche salire proprio in cima al tetto. Ché non avrebbe gran senso – anche perché uno rischia di finire in poltiglia sull’asfalto, una manciata di metri più sotto – ma voi un senso glielo avete trovato uguale, ecco. Perché si dà il caso che se ti sporgi bene bene, sdraiandoti proprio sulle tegole sbreccate, la connessione del Cioni piglia che è una meraviglia. Chiamasi il Cioni l’ultraottantenne che vive murato nell’appartamento accanto al vostro: una rottura di coglioni costante, perché non gli va mai bene nulla. Eh bimbi fate troppo rumore. Oh bimbi mi portate su la spesa che c’ho la sciatica? Dai bimbi mi entra in casa un odor di canne che chiamo la Digos. E così via. Allora, un giorno di sei mesi fa che gli avete portato in casa otto (dico otto!) sacchetti della Conad – perché dice che il Cioni c’ha un mega frigorifero dove continua ad ammassare roba, in attesa della terza guerra mondiale – avete sbirciato la password del wifi. Che lui internette lo usa solo per i filmetti porno, categoria bisnonne delle milf. Sentite i mugolii ogni sera dopo cena, verso le nove: sordo come una campana, pompa le casse al massimo. Insomma: gli scroccate la connessione e, s’è saputo, il su’ nipote gli dovrebbe aver messo anche la fibra, tre giorni fa.
“Infatti va che sembra pagata”, fa Salvo, mentre cincischia sui tasti, amabilmente appollaiato vicino all’antenna. Vi tocca fare così per due nobilissime ragioni. La uno: non sia mai detto che paghiate ventiquattro euro e novantanove di modem al mese, diviso quattro, se si può avere il wifi gratis. La due: i muri spessi di questo vecchio palazzo filtrano ogni cosa e da dentro casa vostra potrebbero volerci fino a tre giorni per caricare un film.
“Quindi, compà?”, sbadiglia Margherita, mentre arrotola senza convinzione una striscia di qualche cosa comprata ieri sera, giù in piazza delle Vettovaglie, da uno che di nome faceva Adbib e che è fuggito in bici subito dopo aver afferrato venti euro.
“Un momento, bellezza. Dunque: ce n’è uno a mezzogiorno e mezzo in Comune, che non sarebbe per nulla male. Sennò si va dopo l’una, ma lo sapete che dopo l’una mi prende il calo degli zuccheri e dò di matto”.
“Dopo l’una dove?”, chiede Marghe, che ora ti offre un tiro. Inspiri e tossisci senza ritegno, mentre Jasmine scaccia la nuvoletta di vapore con è l’economia che cambia il mondo, di Yanis Varoufakis.
“All’una al Sant’Anna, fine convegno su Il normativismo giuridico”
“Perfetto! Prima passiamo in Comune, poi si va dai cervelloni. Andata?”, fa la ricciolona. Fissi Marghe con sdegno.
“No, biondina, no. Eh non si può più fare, bimbi belli. Io ci lavoro in questi posti qua, sapete? Non si può sempre dire che siamo tutti Stampa, se poi l’unico giornalista sono io”.
“Ma qualcosa ci inventiamo, dai. Vediamo lì per lì, si improvvisa”, uggiola Marghe, accarezzandosi il pancino.
“Potrei portare due microfoni e dire che siamo tecnici del suono. Serve sempre un tecnico del suono”, propone Salvo, ispezionandosi il pizzetto nero con indice e pollice. Poi, come al solito, la risolve Jas. Sbatte il libro sul tavolo, si tira su gli occhialetti rotondi di Ralph Lauren e sbotta: “Con voi è impossibile concentrarsi. Fate diventare una questione di Stato ogni minchiata. Due vanno in un posto, due in un altro – indica, che nemmeno le hostess su Lufthansa – borse frigo e sacchetti ed abbiamo anche cena”.
No, adesso non pensate male, eh. Non è che sono messi proprio così di merda, dai. Benissimo no, ma c’è comunque un limite a tutto ed una parvenza di dignità da difendere. È solo che, per certe cose, c’hanno un po’ il braccino. Tipo il cibo. Nutrirsi, per loro, è davvero una spesa inutile, che toglie risorse alle passioni comuni. Che poi, di passioni comuni, a dire il vero ce n’hanno una sola: i viaggi. Così, giorno dopo giorno, sviscerano tutti gli eventi con buffet annesso di Pisa e Provincia, per andarsene a pancia piena. Vernissage, conferenze stampa, convegni, presentazioni di libri… va bene tutto. Questo, considerato che non pagano un affitto, consente di metter via gruzzoletti utili per partire, di quando in quando.
Perché è vero, ve lo concedo. Te Pericle fai il giornalista (o il giornalaio, come ti ripete babbo), Jas è una dottoranda in economia, Marghe una fotografa e Salvatore un informatico. Ok, siete quanto di più diverso, appiccicati insieme. Però una cosa uguale ce l’avete tutti: vi piace sapere cosa c’è di là da piazza dei Miracoli, esplorare, conoscere, confrontarsi. E, sopra ogni cosa, raccontare: te scrivendo, Marghe con le foto. C’avete anche un blog, si dà il caso, che nelle ultime settimane sta tirando assai. Lo avete chiamato ViaggAttori – protagonisti del nostro viaggio e grazie alle indicizzazioni di Salvo – lo Steve Jobs di San Vito Lo Capo – e alla vena manageriale di Jasmine, ci state pure guadagnando qualche spicciolo grazie alla pubblicità di Google Adsense. Il mese scorso, per dire, avete raggranellato 738 euro. Mica male, no? Per cui, anche se non navigate nell’oro, per partire almeno due volte l’anno siete disposti a risparmiare su tutto.
Comunque, tornando al pranzo, la decisione è presa (da Jas, ovvio). Te vai con Salvo in Comune, mentre le femmine hanno scelto il sant’Anna, la scuola di alti studi universitari in piazza Santa Caterina.
“Ma non si può fare misto? L’ultima volta con Salvo…”. Jas spalanca la mano destra, come a dire Alt! e in effetti, nazista del cazzo, dice proprio una roba simile, tipo Muto e obbedire. Che a cose normali risponderesti anche, ma lei è così bella, con quei seni prominenti, gli occhi tagliati alla perfezione, le labbra carnose, il fisico sodo… compà! Amunì!
Il fatto è che a te Jasmine t’è sempre piaciuta, fin dal primo giorno, proprio. Fin da quando ha varcato la soglia di casa con quei due trolley rosa pieni al collasso, che hai portato su te – un bel tipo rachitico – per quattro piani. Sì, non sei una statua greca, ma che importa? Lei è una ragazza profonda e non si sofferma certo su questi risibili particolari. Così i denti leggermente sghembi, i capelli scuri perennemente in disordine e il tuo modo un po’ bohémien di affrontare la vita, in realtà, sono il quid che ti distingue dalla massa. E a Salvo, da maschio siculo qual è, gli piace Margherita. Oltre a tutte le donne iscritte all’Unipi, dal primo al quinto anno. E anche quelle fuori corso, s’intende. E pure qualche docente. Però avete fatto un patto preciso. Chiaro, senza deroghe. Niente coinvolgimenti amorosi. Vi trovate tutti più o meno simpatici e tutti più o meno carini, ma a posto così. Sorprendersi a stare bene con qualcuno in casa, per anni, e poi dover ricominciare tutto da capo, solo per una pomiciata? Naaaa. Che poi, te che ormai hai trent’anni, dove vorresti andare? Oddio, sei anche l’unico che in realtà dovrebbe rimanere proprio lì dov’è: casa è tua, sei pisano figlio di generazioni di pisani e questo è quanto. Te invece di anni ne hai ventotto, Salvo. Non sei vecchio, ma nemmeno abbastanza giovane per rimetterti in gioco con delle matricole. Margherita men che meno, anche se è sempre ferma a ventinove. L’unica è Jas, che con i suoi scintillanti ventisette anni rappresenta la mascotte di casa: in pratica, formate una scala mobile con i controcazzi.
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