Lasciò cadere lo zaino sulla banchina. Trasse un respiro lungo. Il profumo dell’aria notturna gli scivolò giù per la gola. Era una brezza dolce, che serpeggiava impalpabile tra le fronde degli alberi e i cespugli a ridosso della rete, carezzando le lucciole e risvegliando il sapore dell’erba avvizzita dall’estate. I grilli creavano un concerto portato a sciami dal vento, interrotto ogni tanto dal richiamo di qualche uccello notturno. Il cielo d’inchiostro aveva inghiottito contorni e paesaggi, colori e forme. E aveva inghiottito anche lui.
Nel deserto della notte senza luna, il ragazzo si sentiva invisibile. Alzò lo sguardo verso le reti di protezione a lato dei binari. L’arancio vivo dei lampioni serpeggiava su per il fianco delle colline addormentate, facendoli apparire come minuscole perle d’ambra di una collana dimessa. Inghiottite dalla notte, le luci delle case erano dei piccoli fazzoletti di vita cuciti alle mura, srotolati sul cemento dei cortili e sull’erba dei giardini. Mandò un saluto silenzioso a quelle vie, a quelle case, a quegli scorci che non avrebbe più rivisto.
Nella stazione deserta, la voce registrata annunciò dall’altoparlante l’arrivo del suo treno.
Addosso avvertiva solo una punta di amarezza, una goccia minuscola in cui era concentrata la nostalgia di casa, dei paesaggi che stava lasciando e di tante altre cose che non riusciva a definire. A parte quello, la sua mente era stranamente sgombra. Per la prima volta dopo molto tempo si sentiva in pace.
Il fischio del treno squarciò il silenzio umido della notte.
Addio, pensò, e accolse grato i fari della locomotiva.
CAPITOLO UNO
L’estate in cui mio fratello si suicidò avevo diciassette anni.Ricordo il trillo del telefono in corridoio, il clac-clac-clac delle ciabatte di mia madre sul marmo lucidato di fresco, il rumore impercettibile della cornetta che veniva sollevata. Ricordo il silenzio, seguito dal suo balbettare sommesso, soffocato dallo schiaffo delle pale del ventilatore sul soffitto del soggiorno. Ricordo il suo lamento disperato un attimo dopo, i suoi singhiozzi secchi. Se un cuore che si spacca potesse emettere un suono, per me sarebbe il grido strozzato di mia madre quella mattina.
Mio fratello ha deciso di farla finita una notte di luglio. Vent’anni finiti sotto un treno merci diretto a Pescara. Nella sua testimonianza agli inquirenti, il macchinista ha raccontato come Mattia sia andato incontro alla motrice sorridendo. Nessuno ha mai capito perché lo ha fatto.
La telefonata della polizia, quel giorno, mi ha fatto diventare ilfiglio. L’unico rimasto, il superstite che avrebbe dovuto gestire le conseguenze del gesto di mio fratello e anteporre il lutto di nostra madre al proprio. Io e Mattia eravamo stati culo e camicia, separati da due anni e mezzo, eppure uguali come due gocce d’acqua. Stessa statura, stessi capelli castano mossi, stessa carnagione olivastra e stessi occhi marroni; stessa fronte alta, stesso naso corto e affilato, e stesso mento squadrato. Stesso tutto, insomma.
Quella notte di luglio di tredici anni fa, non ho perso soltanto mio fratello, ho perso anche l’innocenza di non sapere cosa significhi ritrovarsi a raccogliere la propria madre dal pavimento, con la cornetta del telefono stretta tra le mani.
Grazie a Dio siamo arrivati…» sospira Dario, scendendo dalla macchina. Si scolla di dosso la maglietta, solo per sen-tirla riappiccicarglisi l’attimo dopo.
In alto, il castello di Rossena troneggia sopra il parcheggio deserto in un alone umido, avviluppato nella sua cinta muraria, incurante ai solleciti del tempo.«L’acqua dove l’hai messa?» chiedo.
Il mio amico si accende l’ennesima sigaretta, poi indica i sedili posteriori. «Lì.» Come per dire: “Prenditela”. Indolenza, il suo tratto distintivo. Dario Montanari è il mio migliore amico e collega. Bolognese, trentatré anni e divorziato da due; nessun figlio a carico, per fortuna – del figlio. Statura media, piacente, stempiata precoce, vestiti rigorosamente firmati, muscoli allenati in palestra tre volte la settimana e pancia riempita a casa a furia di precotti. Dal divorzio è tornato a vivere col padre vedovo, e il loro microonde ha cominciato a fare gli straordinari.
Recupero la bottiglietta d’acqua dal retro della mia Punto, lo sportello si apre con un lamento scocciato.
«Quanto durerebbe ’sta visita?» chiede Dario. Scaglia la sigaretta mezzo intatta tra le erbacce. Prego che la collina non si polverizzi in un’unica fiammata.«Sul sito non dicevano niente sulla durata della visita» rispondo.
«Fidati, rimpiangeremo i soldi del biglietto. E della benzina.»
«Manco l’avessi pagata tu…» borbotto.
«T’ho offerto un panino all’Autogrill, che altro vuoi?»
Ci incamminiamo su per il largo lastricato che si snoda intorno alle mura, fino all’entrata della rocca. Dario si ferma a riprendere fiato ogni venti metri. Maledice le sigarette, i precotti e, per qualche motivo, pure il sindaco.
Liz Eli
Ho avuto la possibilità di leggere questo romanzo in anteprima. Lo consiglio a tutti e a tutte perché è molto avvincente. L’ho letto tutto d’un fiato perché mi chiedevo sempre “cosa succederà dopo ? “
Teresa Padula (proprietario verificato)
Ho avuto il piacere e l’onore di leggere il libro in anteprima e non vedo l’ora di rileggerlo quando mi arriverà la copia cartacea che ho ordinato! Non vorrei svelare troppo sulla trama per non rovinare la sorpresa, per cui cercherò di non scendere troppo nei dettagli.
Amo lo stile diretto e maturo dell’autrice e in quest’opera non ha deluso, anzi!
Le tematiche dell’amore, della sessualità e della morte sono trattate in maniera egregia, a tratti molto emozionale e profonda, in altri più leggera e fresca. Il prologo e’ particolarmente accattivante e ti invita a continuare la lettura alla scoperta delle ‘verità nascoste’, così come i colpi di scena e gli elementi di sorpresa ti tengono incollata al manoscritto.
I personaggi sono interessanti, credibili e ben riusciti grazie al loro senso di umanità, alla curiosità che suscitano e ad un sano umorismo, immersi nello sfondo di una Bologna anni ’00.
Il romanzo e’ ben strutturato con frequenti flashback che tengono il lettore sveglio e attento. Ottima la padronanza della lingua italiana, la narrazione e’ scorrevole, la trama incalzante e le descrizioni degli ambienti ben articolate.
E’ un libro così attuale e ben scritto che non può mancare nella tua collezione!
Giovanni Castelletti (proprietario verificato)
Attendo con trepidazione l’uscita di questo libro, ambientato in una regione meravigliosa e troppo spesso dimenticata. La sinossi è interessante e ci vedo già le basi per un’ottima fiction… la cui realizzazione non posso aspettare perché sono troppo curioso!!! Perché dicembre è così lontano?
alessandra.carta
Conosco l’autrice, ma del libro ho letto solo la trama che mi riporta ad un fatto accaduto anni fa a qualcuno che conoscevo. Non vedo l’ora di leggerlo.
Fabio Passamonti
Ho potuto leggere “Il grido dei narcisi” in anteprima.
È un libro sulle emozioni, sulla fragilità delle relazioni umane e sul male che nasce dalle incomprensioni e dall’incomunicabilità. Ha un incipit molto avvincente, perché – almeno in parte – nasce e si sviluppa come un mistero, evocato quasi per caso da oggetti e sensazioni che risvegliano ricordi sepolti solo in apparenza.
Sviluppa subito nel lettore, quindi, la curiosità di andare a fondo e penetrarlo (il mistero ed il libro) complice una ambientazione ben tratteggiata e capace di far sentire tutto il suo peso, atmosferico e non.
Tuttavia, la soluzione dell’enigma è solo uno dei punti su cui è costruito il libro, forse nemmeno il più importante. E i binari (metaforici) su cui viaggia il protagonista non sono meno pericolosi di quelli dove ha perso la vita suo fratello.
Per me è sicuramente un volume da tenere in libreria, anche per chi non è un amante del genere prettamente “introspettivo”.