Attraversate le tenebre, sinistre e spaventose, la mia anima andava lentamente perdendosi tra le grigie nebbie che avvolgevano la valle della solitudine, lì tra il gracchiare dei neri corvi che vagavano come spettri tra le scure vesti della notte eterna, lì tra le altre bianche anime che come la mia si erano ormai perdute, lì tra i silenzi, le tenebre erano scure, opache e profonde come i vitrei occhi della sola donna che sia mai apparsa tra i miei miserevoli versi. Restai in silenzio per alcuni istanti, lì tra le tenebre, apprezzandone ogni singolo respiro, e poi il silenzio svanì nel nulla, vi era invece il gracchiare dei neri corvi che volavano sopra la mia testa come spettri notturni, o fantasmi luttuosi, lentamente andavano spostandosi, lentamente andavano posandosi sul nefasto volto di uno spaventapasseri che se ne stava fermo tra le tenebre che avvolgevano la valle della solitudine, nell’infelice mio spirito avvenne una qualche straordinaria trasformazione, era come se ad un tratto riuscivo a sentire un respiro che non era il mio, un respiro che veniva da un tempo remoto.
Lo spaventapasseri si trovava abbastanza lontano da dove io mi trovavo e senza sapere il perché, i miei pensieri non erano più semplicemente i miei pensieri, era come se volessero seguire le piume di quei neri corvi che avevano smesso di gracchiare, ero ormai vicino a quella trasandata anima di paglia che tra le tenebre assumeva contorni ancora più spaventosi e inquietanti, stranamente lo spaventapasseri, di aspetto severo nelle sue fattezze, attraversava il mio respiro e vi era quiete nella mia anima, era come se fosse tornato un silenzio profondo, anche più profondo dei miei tristi ricordi, i miei occhi pesanti videro quella che sembrava una poesia scritta da qualcuno che proprio come me, aveva attraversato le tenebre, le mie mani tremavano e tremano ancora, raccolsi quella poesia e i versi che vi erano stati scritti erano questi.
E i corvi, il loro gracchiare nella valle silente ove nulla si muove e il vento non soffia, nelle ormai dimenticate terre, tra le rovine perdute di fantasmi e quiete, vi è uno spirito nefasto, un triste custode, una figura spettrale e malinconica, un corpo di paglia, lontano da ogni umano tempo, distante dalle anime impure, lo spaventapasseri vaga nel silenzio dei suoi arcani pensieri. Tu, poeta del cupo vivere o vagabondo errante o ancora, mendicante che soffri la fame, taci e non cercare di interrompere il riposo eterno dello spaventapasseri, le sue labbra sono cucite e tali resteranno ma tu, varcando le porte di un arcano verso, non troverai più la tenue luce della perduta vita, ormai servo del tempo, lo spaventapasseri resta fermo, tremante e tu ascolterai il suo inquietante respiro.
Tornai a fissare lo spaventapasseri, e tutto taceva.
Spaventapasseri dei tempi ormai andati, trasandato come se il tempo avesse scavato la tua anima, come se il suo profondo trascorrere avesse mutato il tuo aspetto, trasandato come se io, al calar della notte, potessi vedere nei tuoi occhi vuoti la triste sorte alla quale io non posso sfuggire, infelice spaventapasseri delle funeste visioni, qui nella valle silente resto in silenzio e aspetto di sentir la tua voce. Soltanto il silenzio, lo spaventapasseri tiene ancora cucite le sue labbra come se qualcosa di spaventoso stesse per turbare la quiete che vi era nella valle silente, nessun suono che non fosse la mia voce rauca e poi, dai remoti recessi di quel luogo di tenebra, venne fuori un corvo, un corvo nero come la notte e io avvertii un verso che a me parve di dolore, lo spaventapasseri si era mosso, mortale ricordo.
I corvi ricominciarono a gracchiare.
È tetro il mio vagar nei campi, nei tristi e melanconici campi dov’io son stato deriso nel tempo mortale, quando la notte ancor non si sveglia ed il mio cuore vive di un solo attimo, di un solo respiro, son questi i campi dov’io vengo temuto nelle tenebre ed è in quel miserevole tempo che io sento la mia anima vagare tra questi campi, dove il vento che soffia copre il mio lamento. Son le tarde ore del corvo ed io vago, con portamento severo come se fossi il padrone del nulla, tra questi campi io posso ancora respirare, soltanto quando la notte è ormai sveglia, e la pallida luce gialla della luna attraversa le nubi, per questi campi io posso vagare sin quando la notte torna nella tomba e i corvi volano via, lontano dai miei pensieri e io è come se son morto, in silenzio.
Una voce rauca venne fuori dalle tenebre.
Tremai.
Il triste spaventapasseri, che un tempo fu poeta di sconosciuti versi, non ha più lacrime che possano solcare il suo pallido volto, lacrime da versare tra le pieghe di quel che è una desolazione umana, e l’umano suo respiro lentamente svanisce, lì sulle sue labbra, come fosse un sorriso ormai perduto, e lontano vi è il gracchiare dei neri e austeri corvi che sovrasta, come un velo fatto di tenebre, il deleterio suo pensiero, in eterno sepolto nel silenzio che qui avanza tra i versi, nella scura anima.
Sono sempre rimasto affascinato dalla bellezza che si può trovare nella letteratura e nella poesia, sia nelle opere degli scrittori e poeti così come nella loro vita, perché in essa si racchiude il senso più profondo delle loro opere. Crescendo tra i libri ho scoperto di voler anche io scrivere, alcune persone che ho conosciuto nella mia vita mi hanno fatto avvicinare ancora di più versi questa umile arte, tra tutti un ragazzo incontrato in un corridoio di un albergo che stava scrivendo una drammaturgia e una professoressa che mi ha fatto cambiare il modo di vedere le cose, la mia prima opera è stata un poema in versi, Il fantasma di una tetra notte, terminato di scrivere quattro anni fa e da allora ho cercato di scavare dentro me stesso, nei meandri di tutto ciò che vi è in me, da questa introspezione, dolorosa ma necessaria, è venuta fuori la mia seconda opera, I demoni.
Attualmente lavoro presso una fabbrica che produce pannelli fotovoltaici.
Precedentemente ho lavorato per circa quattordici anni nelle raffinerie.
Con Albatros, nella collana Le piume, ho auto pubblicato la mia prima opera, Il fantasma di una tetra notte.
I demoni fanno parte di noi e il solo modo per affrontarli è prendere consapevolezza della loro esistenza.
Questo romanzo è quasi un’espiazione dei propri pensieri, infatti il protagonista che resta anonimo per tutto il racconto, si sente ormai vuoto e senza più alcun interesse nei confronti della vita, è questo restare anonimo riflette il fatto che in questa condizione, il nome di una persona non ha più alcuna rilevanza. Il protagonista comincia ad essere schiavo dei suoi stessi pensieri e così si ritrova a scavare dentro sé stesso, sempre più a fondo sino a quando incontra quelli che lui chiama demoni e che con i quali prenderanno forma veri dialoghi esistenziali e riflessioni sulla vita stessa, lo scopo ultimo è quello di scavare sempre più nel profondo così da riuscire a ritrovare una luce che sembra ormai perduta, il romanzo affronta tematiche come la solitudine e la tristezza, l’empatia e l’apatia, il dolore e tante altre cose che non sempre riusciamo ad affrontare. Nessuno può sapere se torneremo a vedere quella luce ma quando si cade nel buio la sola cosa che si può fare è scavare.
Considero questo libro come una sottile ma profonda autobiografia, necessaria visto che anche io come il protagonista sto attraversando periodi alquanto bui della mia vita, così ho deciso di conoscere tutto ciò che si annida dentro di me, rendendo liberi i miei pensieri e dando loro un volto così da poterli affrontare e prendere finalmente consapevolezza che loro, i demoni, sono parte di me, loro possono distruggere o salvare una vita.
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