Offrì un istante di silenzio ad orecchi e voci rimbombanti di grida, un lungo respiro a petti soffocati da aria nauseabonda, una stella a scintillare in un cupo cielo .
” È solo un grazie: è una moneta!”
Ne utilizzò per regalare ad un padre del tempo da trascorrere col proprio figlio, ad una madre gli occhi di questo a dire un “ti voglio bene”, ad un fratello dei passi da percorrere assieme.
” Soltanto un grazie…”
Per sé frugò ancora nella tasca alla ricerca di un'ennesima moneta, una ancora, un'ultima benedetta moneta…sarebbe bastata per procurarsi un battito da aggiungere come nota ad una già stupenda sinfonia rendendola meravigliosa; un battito per quel cuore a volte stonato e fuori tempo, ma costantemente desideroso di suonare deliziosa musica…
” Un grazie, è una moneta”.
Senza compromesso
Rivolse la sua preghiera al vento domandandogli di creare un mulinello d'aria in grado di arrestare la sua caduta per farla galleggiare quasi fosse una piuma, concedendole così il diritto di “rimaner viva” .
Perché disintegrarsi a dissetare terra e radici, come altre migliaia di gocce? Perché togliere la sete alle creature, come milioni di altre scintille d'acqua? Perché creare rigagnoli, fiumi, mari ed immensi oceani ,come miliardi di altre particelle trasparenti? Perché? Perché?
Desiderava rimanere lì, sospesa tra l'infinito blu e quel tappeto di foglie dalle sfumature dorate. Lì, scrutando e maledicendo l'ingiusto fato, bestemmiando Dio perché scorretto e condannando il domani perché inesistente.
Non fosse scesa, nulla sarebbe cambiato per un esile filo d'erba o per la gola del più possente degli animali, non una sola cascata avrebbe frenato il proprio impeto, e non degli occhi voltati all'insù si sarebbero accorti della sua mancanza.
Perché svanire allora? Perché donarsi ? Perché ,perché… perché?
Implorò il vento affinché non la facesse precipitare, chiese scusa a madre terra per non essere disposta a dissetare, e supplicò suo padre, il cielo, di donare altra pioggia anziché lei.
Venne presa per “mano” da migliaia e migliaia d'altre gocce, creando assieme ad esse un'infinita spirale talmente ampia da avvolgere ogni dove, tanto densa da attraversare ogni tempo, infinitamente lucente da mostrarsi ad ogni sguardo.
Nessun compromesso, nessuno!
Era divenuta pura ed essenziale vita, origine e fine a creare esistenza ancora…e pregò il vento perché al suo destino donasse divino compimento.
È sbagliato!
Rimproverò gli oramai stanchi piedi e le dolenti gambe, per aver percorso sentieri tortuosi, ripidi, sconnessi, infinitamente lunghi e ricoperti di sassi appuntiti pronti a conficcarsi nelle ginocchia ad ogni caduta, anziché scegliere strade pianeggianti ed appositamente spianate per facilitare il cammino.
Ammonì lo stomaco per essersi contorto tanto da non concedere passaggio ad una sola briciola di pane, pur di digerire parole pesanti come piombo, azioni indigeste come veleno, e speranze vane come carta straccia .
Criticò l'ampio torace per essersi dilatato quanto più possibile ad ogni respiro, se pur consapevole di incamerare aria sgradevole, nauseabonda, e nociva come putrido marciume.
Redarguì le operose mani generose nel dare e rispettose nel ricevere, ma così spalancate, bersaglio di sputi, inganni, affilate lame e finte strette dal sapore di ruggine .
Sgrido' la mente perché veritiera e falsa, lucida ed annebbiata, puttana e santa. Il chiasso ed i silenzi a riempire gli attimi, i vuoti come se rintanata sotto metri di scura terra, e colma di gioia quasi a innalzarsi libera nel cielo…le urlò contro. Avrebbe potuto parlare, suggerire, consigliare o per lo meno sussurrare un Immagine; invece, priva di coraggio si era voltata .
Si arrestò di fronte al cuore senza pronunciare parola, senza emettere un solo fiato e con un “rabbioso” desiderio di esclamare ad alta voce un sentito :”Hai sbagliato!”.
Scesero però le lacrime a dire, si posarono su di esso a cercar conforto, ne tracciarono il profilo a donare carezza… perché per ogni battito, errore non era esistito.
Colore
Non di un pallido rosa, né tanto meno di uno scuro ebano, era il colore della sua pelle, tutt'altro!
Sedutosi su quel terreno ricoperto da foglie secche, col capo piegato e le braccia stese all'indietro così da poter fissare un cielo colmo di nubi grigie pronte ad esplodere in un fragoroso temporale, non si era accorto delle sue mani e dei suoi piedi colorati interamente di un denso marrone paragonabile solo a quello della terra umida, generosa e fertile.
Il volto era divenuto un tutt'uno con quel “soffitto” cupo e crepato da improvvisi bagliori, gli occhi dello stesso accecante lampeggiare bianco; ed ogni centimetro di pelle, con le prime gocce di pioggia a cadere, sarebbe svanito lasciando posto ad una trasparenza pari solamente a quella dell'acqua viva e fredda.
Se una fitta nebbia avesse colmato l'aria, una tenue tonalità avorio avrebbe sostituito l'intero derma; se fossero scesi impalpabili fiocchi di neve, di un immacolato candore si sarebbe vestito, e se il fuoco avesse avvolto ogni dove, da un lucente giallo ad un rovente rosso si sarebbe dipinto.
Non di un anonimo rosa o di un elegante ebano era colorato il suo corpo, ma di ogni tonalità cromatica, con cielo e terra a far da pittori, gli fosse stata impressa sulla pelle.
Perdonami
“Perdonami”. Solamente questo riuscì a dire volgendo la sua supplica al minuscolo ed esile stelo germogliato a pochi centimetri di distanza.
Un mastodontico masso, una ciclopica roccia, eppure, incapace di salvaguardare un così delicato dono di Madre Terra, perché di spostarsi o almeno chinarsi un millimetro appena, mai vi sarebbe stata possibilità alcuna.
L'avrebbe protetto dal freddo vento di tramontana facendo, della sua smisurata “schiena”, indistruttibile scudo. Sarebbe divenuto calice per accogliere ed immagazzinare pioggia battente da regalare poi goccia a goccia per dissetare. Avrebbe accumulato quanto più calore possibile durante il giorno per dopo donarlo, sprigionandolo lentamente, lungo l'intero trascorrere delle fredde notti.
Ma braccia per proteggere in ogni dove e da qualsivoglia interperia, non possedeva.
Corpo in grado di stendersi per ammirare da vicino quel miracolo di Madre Terra, non aveva.
Occhi per mostrare lacrime, bocca per dire del suo sapere, e mani per accarezzare, non gli erano stati concessi.
Il cuore, impossibile da udire perché “immerso” in un infinità di particelle minerali, avrebbe lentamente pulsato per lui, ma senza questi si accorgesse di una sola vibrazione.
Troppo pesante, troppo immobile, troppo silenzioso ed ingombrante, se non per divenire ed essere riparo dal freddo vento del nord.
“Perdonami”, riuscì a dire, volgendo la sua supplica al meraviglioso stelo nato a soli pochi centimetri dal suo cuore.
Commenti
Ancora non ci sono recensioni.