Mancavano pochi giorni al Natale, e fuori la neve silenziava ogni cosa, trasformando il mondo in un'immensa coperta di morbido e soffice cotone bianco. Luce, come spesso accadeva, si annoiava in classe e faticava a seguire i discorsi che gli adulti sostenevano, per spiegare questo o quell’argomento in modo dettagliato ed il più possibile oggettivo. Trovava molto più interessanti le immagini e i mondi che si creavano nella sua mente. Quel giorno, il suo sguardo correva frequentemente alla finestra e il cuore desiderava giochi di palle lanciate e pupazzi rotondi, mentre la voce della maestra faceva da sottofondo confuso e monotono alle sue fantasie.
Rachele, con parole complicate e l'aiuto di un libro illustrato, cercava di catturare l’attenzione della classe. Raccontava, tra sputi volanti e senza controllo e facce buffe, come si era generato il sistema solare e ciascuno dei suoi pianeti.
L’insegnante spiegava, con fastidiosa insistenza, come la Terra si fosse generata circa dieci miliardi di anni dopo il Big Bang, come fosse stato tutto un gioco di raffreddamento e meteoriti a creare i continenti e gli oceani e, una serie di reazioni chimiche a creare poi i primi essere viventi molecolari.
Eppure a Luce, che distrattamente ascoltava, con lo sguardo a tratti perso nel vuoto, qualcosa stonava, come il richiamo lontano di un eco che ritornava distorto e mutato. Un'insidiosa vocina interiore prese a gridarle nella testa, insinuandole il dubbio che la storia, che affannosamente la maestra illustrava, non fosse completa. Un tassello importante mancava, dimenticato oltre il tempo e lo spazio. Ciò che poteva rispondere alla domanda essenziale che compariva di continuo nella sua mente: – perché? -. Il “perché” alla base di ogni realtà conosciuta. Così quasi involontariamente, non riuscendo a liberarsi di quel fastidioso ronzare tra le sue orecchie, iniziò a cercare la risposta, l’esistenza di quel piccolo pezzo di puzzle mancante, tassello gelosamente custodito dal popolo invisibile, ne era certa.
Sfogliando innumerevoli e polverosi volumi in biblioteca, in sezioni che nulla centravano con la scienza, la geografia o la storia, oltre ad approfondite ricerche sul piccolo portatile della mamma, ma soprattutto ascoltando il suo istinto, si convinse molto presto che, tale segreto, fosse in realtà custodito e celato dal popolo fatato delle foreste che, silenzioso ed ignorato, viveva in ogni piccolo spazio di vegetazione. Così, realizzò velocemente che, il primo passo, o forse l'unico modo per svelare tale mistero, fosse riuscire a contattare una creatura dei boschi vicino casa.
In origine, la curiosità di questa piccola ed esile ragazzina non allertò seriamente l’antico popolo, ma in seguito a perseveranti ed ostinate ricerche, i primi timori fecero capolino. L'intelligenza e l'astuzia delle azioni di Luce, più di una volta l'avevano condotta ad imbattersi in fate e folletti, gnomi, ondine e molte altre specie. Solo con l'ausilio della magia, questi erano riusciti a sfuggire all'incontro tanto agognato.
Venne così tenuto un gran consiglio nel cuore del più antico vulcano dell'intero pianeta, Erta Ali, al centro della bellissima Etiopia, a centinaia di chilometri dallo sperduto villaggio, sul confine tra ombrose foreste ed ondulati e verdeggianti prati, nel centro della soleggiata Italia.
A tale consiglio parteciparono i maggiori esponenti di ciascuna specie invisibile, accorsero da ogni luogo della superficie e del cuore terrestre, dai cieli e dalle profondità marine, dai fiumi e dai laghi. Al volgere del decimo giorno, in seguito a numerose discussioni, causate per lo più da timori arcaici e diffidenza assoluta nel genere umano, ormai da molto tempo separato dalla Fonte e ciecamente inconsapevole di tale distanza, venne disposto di concedere una possibilità a quella tenace piccola umana, che sembrava percepire il riverbero della matrice della Vita. Fu chiamato, dalla profumata foresta dei Cedri di Dio, nelle calde terre libanesi, uno dei più antichi esperti in lettura di cuori, e con urgenza inviato a scrutare l'animo ed i sogni di Luce, per comprendere quanto fosse reale il pericolo per l'intera comunità.
Adhi era un piccolo folletto, non più grande di una mela, con un corpo da coniglio, dal pelo candido e lucido, ma il viso e le mani simili a quelle umane. Ciò che lo rendeva uno spirito dell'aria erano le grandi ali da pipistrello, sottili e trasparenti come la seta, dalle sfumature argentee, che gli spuntavano dalla stretta schiena ossuta. I profondi occhi dalle sfumature della prima aurora erano in grado di scorgere ciò che a chiunque altro restava ignoto.
Adhi tornò ben presto nelle viscere del vulcano portando al consiglio, riunito in ansiosa attesa, ciò che aveva letto nell’animo di Luce.
Lo accolse un nervoso chiacchiericcio subito sostituito da un attento silenzio. Il convegno era stato indetto da un’antica creatura chiamata Fingolfin, appartenente al popolo degli elfi del fuoco. Queste creature, che risiedevano all’interno del vulcano con l’incarico di proteggere tutte le fonti di calore della Madre, erano esperti manipolatori del fuoco oltre a custodire antichi segreti legati al Sole. Tale popolo aveva anche il compito di congiungere le civiltà dimoranti nelle viscere della Madre e quelle sulla sua superficie. Sono gli esseri più affini al genere umano e che esplicita maggior biasimo per l’oscurità in cui esso è caduto.
Fingolfin chiese a Adhi di parlare.
«Ti ringrazio Fingolfin, sono qui per portare nuove preziose. Posso assicurarvi, in nome delle antiche foreste in cui dimoro, che quella piccola umana possiede un'anima pura e antica. Innumerevoli sono le vite e le forme in cui ella ci ha protetto e aiutato. Il suo cuore è colmo d'amore per la Madre Terra, ed è completamente immerso nel riverbero della Fonte. La sua ricerca la porterà ad essere, anche in questa esistenza, una delle nostre più grandi alleate.»
Così, nonostante le incertezze ed i timori di molti, venne decretato di favorire la bambina inviando in missione una vecchia fata che, da secoli, godeva della stima e della fiducia del consiglio poiché, nella sua lunga esistenza, più volte aveva mostrato saggezza alla presenza di umani. Fata Celeste era il suo nome, in virtù delle sue delicate ali di farfalla, sulle quali riverberavano, mobili e sinuose, tutte le sfumature del celeste esistente nell'intero creato. Ella apparteneva al popolo delle foreste quindi avvezza a fugaci incontri con gli uomini, e da diverso tempo dimorava proprio nei pressi della casa di Luce. Sin dai primi anni di vita la fata osservava quella piccola umana sentendosene inspiegabilmente attratta; era stata ella stessa ad avvertire il consiglio di quanto stava accadendo. L'incontro venne fissato nel primo giorno di primavera. Quel pomeriggio Luce, godendo dell’aria tiepida e dello splendore del sole, scelse di esplorare il bosco di noccioli alle spalle della casa in cui vivevano i nonni materni.
Appena Luce si fu addentrata nel folto degli alberi, tanto da non poter scorgere nessuna abitazione alle sue spalle, Fata Celeste si presentò alla ragazzina.
«Psss Luce, mi vedi?»
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