Hotel Astoria, l’orgoglio di mio padre e di mio zio Luciano che negli ultimi vent’anni hanno impiegato energie e sudore per tenere alto il suo prestigio. Purtroppo, con la crisi del 2008 e con il cambio di proprietà, il destino del nostro albergo ha intrapreso una pericolosa discesa tale da esporlo a un impervio declino.
Non ho mai visto mio padre tanto agitato come quest’anno. La sua testardaggine, tuttavia, l’ha portato spesso ad agire d’istinto senza preoccuparsi troppo delle conseguenze. Ciò ha spinto mia madre a costringermi ad accompagnarlo dall’avvocato, per bilanciare la sua suscettibilità con la mia pacatezza e lucidità.
Tutto è cominciato quando diversi anni fa alcuni ragazzi girarono un video su youtube sui luoghi più infestati d’Italia. Nessuno in famiglia se ne sarebbe mai accorto fino a che giù in città la voce aveva iniziato a circolare, risvegliando i mostruosi ricordi di un passato non troppo lontano. La struttura dove i miei hanno avviato la loro attività ricettizia aveva visto compiersi un omicidio nel seminterrato nei primi anni ‘40, a danno di una guardia nazista in fuga. Un evento ancor più scabroso si era verificato agli inizi degli anni ’70. Il video ben documentato con l’aggiunta dei filmati dell’epoca mostrava il nostro albergo, al tempo conosciuto come Hotel dell’Eremita, teatro di un suicidio di massa.
Una setta pacifica conosciuta con il nome de I Veneratori delle Foreste Verdi aveva partecipato a un convegno che si era tenuto in una località qui vicino. Il tema affrontato verteva sulla materia delle energie rinnovabili. Si era discusso anche del supporto economico per lo studio di progetti per un mondo ecosostenibile.
I membri di quel gruppo altro non erano che degli hippie innamorati della natura, al punto da soffrire per le deforestazioni come se avessero ferito un loro parente stretto. Il sabato mattina successivo al raduno degli ecologisti, l’allora signora delle pulizie trovò in una stanza alcuni individui immobili sotto alle lenzuola. Sopra i loro occhi vi era adagiata una mascherina di quelle usate per dormire e le serrande erano state lasciate a mezza altezza. Luci e ombre disegnavano le sagome di quei corpi senza vita con le dita delle mani intrecciate, come se fossero raccolti in preghiera.
Alla fine delle indagini si scoprì che tutti i componenti, il cui fanatismo si era impennato nel tempo, si erano ammazzati con un mix di erbe letali.
Il loro gesto estremo, spiegato in alcune lettere autografe, doveva rappresentare una denuncia verso l’intera nazione; un modo per far riflettere la società moderna sul considerare seriamente queste problematiche al di là della propaganda politica. Peccato che la loro guida spirituale non doveva essere della stessa opinione. Il signore a capo della congrega fu arrestato mentre cercava di fuggire all’estero con i proventi dei suoi adepti…
L’albergo subì un duro colpo. I gestori furono costretti a chiudere bottega perché iniziò a circolare la voce di alcuni avvenimenti misteriosi che si verificavano al suo interno. La struttura rimase sfitta per un po’ cambiando nome negli anni ’80, quando divenne il famoso Hotel Flipper. Ci girarono addirittura tre stagioni di un fortunato telefilm tra il 1987 e il 1989 fino a che il recente passato riemerse ancora una volta, e le malelingue ripresero il sopravvento. Nel video su youtube veniva spiegato che, tali pettegolezzi, erano stati fatti circolare da alcuni albergatori concorrenti in difficoltà. Un articolo di un quotidiano intitolato “Hotel Flipper, il lato oscuro della riviera” aveva messo a terra ogni iniziativa dei direttori di quel tempo.
Se mio padre fosse stato a conoscenza del passato turbolento dell’hotel credo si sarebbe rivolto altrove. Eh sì perché noi, originari della Versilia, ci trasferimmo qui a Lido dei Velieri verso la metà degli anni ’90. Allora non c’era internet e determinate informazioni non avremmo avuto modo di conoscerle, a meno che qualche buon samaritano non ne avesse fatto cenno.
E così nell’estate del 1995 mio padre Ivo e mio zio firmarono le carte per avviare insieme questa magnifica attività, un tempo florida, oggi sull’orlo del fallimento.
Le notizie sui fantasmi e su alcuni presunti episodi sinistri che si sarebbero verificati tra le mura dell’Hotel Astoria, avevano scoraggiato l’utente medio in cerca di un luogo tranquillo per una villeggiatura al mare.
Il colpo di grazia l’abbiamo ricevuto la scorsa primavera, quando un controllo dell’amministrazione locale ha riscontrato l’assenza di alcuni certificati per l’uso del garage.
Ciò ha comportato l’impossibilità di fornire un servizio così importante ai nostri clienti, costringendoci a ritoccare le tariffe al ribasso a fronte di un canone di locazione immutato. Stessa sorte è toccata ai locali adibiti a cucina, trasferiti in un’area del seminterrato durante i lavori di ristrutturazione avvenuti negli anni ‘70, sprovvisti anch’essi dei relativi certificati.
Il risultato? Niente più servizio ristorante, ribassamento ulteriore dei prezzi delle camere, e la sottoscrizione di una convenzione costosa per i nostri interessi con un bar di zona per il servizio colazione. Papà e zio avrebbero potuto uccidere se avessero visto il loro hotel scendere a due stelle dalle tre attuali.
<> Aveva gridato mio padre al telefono agli eredi del signor Mauro Maraschi, proprietario delle mura dell’immobile. Parole al vento. Ricevette soltanto rassicurazioni farlocche per pratiche amministrative mai sbrigate.
Al tempo della firma del contratto originario, quando il britpop spopolava tra le radio italiane, il signor Mauro aveva dato le sue rassicurazioni in proposito: <> Ed era vero. Peccato che quando l’ennesima giunta comunale cambiò anche la musica subì una variazione di tema.
<> Domandarono mio padre e mio zio nel suo ufficio sulla litoranea, preoccupati della circostanza. Il canone d’affitto richiesto per l’ex Hotel Flipper, Dell’Eremita e qualunque altro nome avesse avuto nel corso della sua storia, era paragonabile a quello di un due stelle ben più piccolo. I miei ci videro una grande opportunità, e per un bel po’ le cose andarono anche bene.
<> Li rassicurò il signor Maraschi con la sua pancia esagerata trattenuta a stento da una camicia a tinta unita, tenuta su da una cravatta regimental. Sembrava uno di quei tipici commendatori dei film commedia all’italiana.
Mio padre ha sempre avuto un temperamento insofferente e pessimista, ma devo aver preso da lui la sua spiccata fantasia. Sono sicuro che una piccola parte della sua inventiva scorre tutt’ora nelle mie vene e mi sta aiutando a scrivere un nuovo romanzo, augurandomi questa volta di fare centro con un libro da classifica. Tuttavia, la sua sconfinata immaginazione aveva partorito un’idea alquanto bizzarra, per non dire altro.
<> Aveva gridato a mio zio, una sera a cena.
<> Lo anticipò il mio vecchio, prendendo alla sprovvista zio Luciano alle prese con una coscia di pollo arrosto.
Si era messo in testa di portare la questione davanti a un tribunale, se necessario, chiedendo la risoluzione del contratto per i motivi legati alla sfera del paranormale, rea di aver portato l’attività in rovina.
<> Avevo cercato di farlo ragionare e presentare così una questione meno fantasiosa a uno dei legali migliori di Pesaro, tra i più giovani cassazionisti in Italia: l’avvocato Giulio Perilli.
> Si era limitato a rispondermi.
fasmofobia, la fobia dei fantasmi, minacciandoci ritorsioni legali qualora gli addebitassimo ugualmente il costo della stanza per la disdetta tardiva. Senza contare poi i giudizi negativi che ci hanno distrutto su Booking e Trip Advisor.>> I suoi occhi erano il ritratto della delusione.
Scossi la testa, dispiaciuto per l’oblio in cui l’attività della mia famiglia si stava dirigendo nonostante tutti i sacrifici degli ultimi anni.
> Aveva concluso.
Alzai le mani al cielo in segno di resa.
Ero vagamente in apprensione all’idea di presenziare all’incontro, dai tratti surreali, che ci avrebbe atteso l’indomani presso lo studio legale.
CAPITOLO II
Meeting allo studio dell’Avv. Giulio Perilli
L’avvocato Perilli muoveva i polpastrelli delle dita tenendoli bene a contatto con un ritmo ipnotico, ondeggiava delicatamente sulla sedia girevole.
Sorrideva mentre guardava me e mio padre con un ghigno sornione, come anche beffardi apparivano i suoi occhi azzurri. Aveva un look ben curato, il suo vestito impeccabile doveva averlo pagato una cifra con tre zeri. L’eau de parfum che utilizzava aveva una fragranza capace di stordire piacevolmente chiunque s’imbattesse nella sua scia.
Lo studio con alti soffitti aveva delle ampie finestre situate alle spalle del legale da cui entrava una piacevole brezza marina. Anche il traffico cittadino, leggero in quel momento, non disturbava il nostro primo incontro. L’arredamento manteneva uno stile contemporaneo; mi piaceva in quanto seppur rigoroso non trasmetteva quella sensazione di vecchio.
<> Domandò incredulo il titolare dello studio.
Mio padre s’infastidì nel notare la supponenza mostrata dall’avvocato di bell’aspetto, sulla via dei quaranta e con alcuni riflessi biondi che ne risaltavano la chioma castana. Non stentavo a credere che, con quel taglio di capelli di media lunghezza, doveva aver fatto breccia nei cuori di molte delle sue colleghe. Già mi prefiguravo in mente l’immagine della segretaria qui fuori, poco più che ventenne, un po’ bassina ma con due tette da urlo a sbavare per un tipo così.
<> Obiettò mio padre.
L’avvocato lanciò un’occhiata all’orologio meccanico sulla scrivania incastonato in una bella cornice di legno.
Zio Luciano non era potuto venire quel giorno dovendo seguire alcuni operai alle prese con dei piccoli lavori in albergo.
<> Sottolineò l’esperto giurista.
<> Mi indicò, attirando l’attenzione del legale che posò i suoi occhi furbi su di me. Glielo si leggeva bene in faccia che avrebbe voluto mandarci via a calci nel culo ma qualcosa lo tratteneva dal farlo. Non era solo per la parcella. Le parole di mio padre, probabilmente, avevano iniziato a smuovere degli ingranaggi dentro di lui.
> L’avvocato Perilli mantenne il suo sguardo indolente su di me, non riuscendo a nascondere un’espressione divertita. Era evidente che ci prendeva per due sciroccati, non c’era più alcun dubbio.
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