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Il Collarino Rosso

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Hope, una dolce cagnolina dalla folta coda bianca, ha un sogno: incontrare la sua mamma umana. Quando Angela, signora di bell’aspetto e dai modi gentili, la adotta, Hope è al settimo cielo. La sua felicità, però, non dura a lungo poiché la cagnolina scopre a sue spese che non tutti gli umani sono buoni. A salvarla dal suo triste destino, accorreranno Diego, un simpatico cane da appartamento, e due sorelle, Sarah ed Helena. Grazie a loro, Hope troverà una nuova famiglia e, proprio come vuole il significato del suo nome, tornerà a sperare. 

PARTE PRIMA
HOPE

Pioveva. Ero stanca, infreddolita e affamata; la carta al sapore di pizza che ero riuscita a ingoiare quel pomeriggio non aveva fatto altro che peggiorare la mia fame. Aspettavo che quella porta si aprisse e intanto mi chiedevo se Piper non avesse avuto ragione: mai fidarsi degli umani.

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CAPITOLO 1

Era una mattina come le altre alla Elly’s House, la Grande Casa, che accoglieva quelli di noi più sfortunati… o fortunati, dipende dal punto di vista. L’edificio principale si trovava al centro di un enorme parco recintato, a cui si accedeva attraverso un cancello in ferro battuto, quasi totalmente ricoperto di edera. Ai due lati della casa si trovavano le “stanze degli ospiti”, strutture basse e rettangolari che si affacciavano sul laghetto di ninfee, situato nel parco sul retro. Non si stava male alla Elly’s House, ma non si poteva definire casa; casa è ovunque si trovi la tua famiglia. Qui, invece, metà degli “ospiti” non ne aveva mai avuta una e l’altra metà preferiva non ricordare. Qualche cucciolo veniva adottato, ma capitava di rado; come diceva sempre nonna Holly, gli umani volevano esemplari perfetti da esibire come trofei ai raduni o da portare in giro in borsette, quasi fossero accessori di moda. 

I meticci randagi erano destinati alla strada, i più fortunati alla Elly’s House. Ero sicura che nonna Holly esagerasse, perché avevo sentito di meticci che erano riusciti comunque a trovare una famiglia. Era grazie a loro e alle loro storie che ancora speravo di essere scelta.

Quella mattina avevo deciso di dichiarare guerra agli odiosi scoiattoli che riuscivano sempre a rubare dalle nostre ciotole.

«Non dare importanza a quei ladruncoli, vogliono solo provocarci.»

«Non mi interessa, nonna, se ne approfittano perché credono di essere più veloci di noi. Ma adesso basta, ci penso io a loro e vedrai che non oseranno più toccare neanche una briciola.»

La nonna sospirò con aria rassegnata. Sapeva che quando prendevo una decisione, niente e nessuno poteva farmi desistere; era stato così quando avevo deciso di lasciare le mie sorelle e il rifugio sotto il Saint George’s Bridge alla ricerca di una famiglia tutta mia, ed era così adesso, nella lotta contro gli scoiattoli. La nonna mi guardò con i suoi luminosi occhi azzurri, si sdraiò sull’erba ancora umida e si preparò ad assistere alla battaglia.

Uno di quei ladri impellicciati stava scendendo dal suo albero, col chiaro intento di far sparire qualche altro boccone del nostro cibo; io rimasi nascosta dietro un cespuglio di ortensie fin quando lo scoiattolo arrivò quasi a prendere il bottino. Fu in quel momento che saltai fuori e cominciai a correre, cercando di catturare il malfattore.

«Non ti aspettavi questa sorpresa, vero, ladro?» gridai. «Tanto ti prendo, lo sappiamo tutti e due!»

Corsi più veloce che potei, ormai gli stavo quasi addosso, era mio…

«Pistaaaaaaa.»

Una macchia indefinita corse velocissima verso di me e la mia preda, abbaiando euforica.

«Nooooo, Schizzoooooo! Attentooooo!»

SPLASH

In una frazione di secondo persi il ladro, inciampai in Schizzo e finii in acqua. 

Schizzo, quella specie di topo iperattivo, mi guardava dalla sponda del laghetto con i suoi occhietti acquosi e la lingua penzoloni, come se franarmi addosso alla velocità della luce fosse la cosa più divertente del mondo.

«Ehi, Hope, che fai in acqua? Non è mica il giorno del bagno! Visto che sgommata? Dai, esci che dobbiamo catturare gli scoiattoli! Lo abbiamo preso quello, vero? Gli stavamo proprio addosso!»

«No, Schizzo, io gli stavo addosso, e lo avrei preso se tu non ti fossi materializzato tra le mie zampe.»

Sentivo le risate argentine degli scoiattoli tra i rami.

«Non finisce qui, pulci con la pelliccia!» gli urlai contro, mentre cercavo di uscire dall’acqua.

Intanto nonna Holly si era avvicinata insieme a zia Lili, che aveva assistito alla scena da sotto la Grande Quercia.

«Hope, tesoro, ti avevo avvertita di lasciarli perdere.»

«Holly, che pretendevi?» disse zia Lili sorridendo. «È giovane e ha tutto il diritto di dare la caccia agli scoiattoli». Si voltò verso di me, facendomi l’occhiolino. «Solo, Hope, la prossima volta controlla che non ci sia Schizzo nei paraggi. Sai com’è fatto: appena vede qualcuno correre, non resiste e si auto invita.»

«Hai ragione, zia, se non altro per evitare bagni fuori programma… bleah.» Un filamento di alghe appiccicose e puzzolenti si era tenacemente attaccato al mio muso. Nel frattempo, Schizzo il Sabotatore si era lanciato all’inseguimento di farfalle sfaccendate. Temevo per chiunque si trovasse nel suo raggio d’azione.

Stavo ancora cercando di districarmi tra alghe e ninfee quando la vidi: era bellissima, il pelo rossiccio e fluente. Si avvicinò e mi aiutò a uscire dall’acqua.

«Grazie» dissi, intimidita da quella meravigliosa collie; non avevo nemmeno finito di parlare che già si stava allontanando, dirigendosi verso l’edificio principale… non ricordavo di nessuno che abitasse lì, escludendo i volontari e la direttrice.

«Forse il mio show l’ha infastidita. Forse dovrei smetterla di rincorrere gli scoiattoli, non sono più una cucciola» dissi tristemente. «Mi comporto sempre come una randagia selvatica e distruttiva… vi presento Hope, la randagia pazza! È per questo che ancora nessuno mi ha adottata.» Mi accucciai, le orecchie basse e gli occhi ludici di lacrime.

«Non sei distruttiva, tanto meno pazza» mi rassicurò zia Lili.

«Sei solo molto giovane, Hope, non hai fatto niente di sbagliato» aggiunse nonna Holly.

«Puoi dirlo forte, nonna, ehrr ehrr. Non c’è niente di sbagliato a dichiarare guerra agli scoiattoli, ehrr ehrr.» Il Colonnello attraversò il cortile a tutta velocità, o perlomeno a quella che le sue zampe gli consentivano. Erano un po’ storte e gli conferivano un’andatura barcollante e buffa, anche se nessuno avrebbe mai osato dirglielo. Si avvicinò a noi, sbraitando ordini a tutti quelli che gli capitavano a tiro: una coppia di alani si mise sull’attenti e notai un pastore maremmano, bianco come la neve, che si defilava, sperando di non essere intercettato.

«Schizzo ti ha fatto fare un bel tuffo, eh, piccola?» disse, appena mi raggiunse.

«Oh, perfetto! Quanti ancora hanno assistito a questa scena patetica? Non mi stupisco che quella collie se ne sia andata senza rivolgermi la parola. A proposito, chi è?»

«La chiamano “La Grande Rossa”, era una principessa» sospirò il Colonnello, guardandola entrare nell’edificio principale.

«Una principessa?»

«Sì, Hope, la sua è una storia molto triste.»

Mi scrollai l’acqua di dosso e mi misi a sedere, con gli occhi puntati sul Colonnello, ansiosa di ascoltare la storia della Grande Rossa.

«C’è una cosa che devi sapere, piccola, e ricordala perché è molto importante. Non tutti gli umani sono buoni, anzi. Alcuni sono cattivi: li riconosci subito perché non fanno altro che urlarti contro e prenderti a bastonate. Ma i peggiori di tutti sono quelli che si fingono buoni, che conquistano la tua fiducia e che ti gettano via come spazzatura quando non gli servi più, o quando diventa troppo impegnativo prendersi cura di te. È ciò che è successo alla Grande Rossa. Lei era una principessa, cresciuta per essere perfetta nei modi e nell’aspetto, regale e fiera. Era una principessa e nel suo cuore lo sarà per sempre.»

«E perché si trova qui?» chiesi.

«Perché, come ti stavo dicendo, ci sono umani che sembrano buoni, Hope. Sono difficili da smascherare e quando hai capito veramente come sono, è troppo tardi. Non molto tempo fa, la direttrice s’imbattè nella Grande Rossa che vagava per la campagna, cercando di ritrovare la via di casa. Chissà da quanto tempo era in cammino.»

«Povera cara, quanto avrà sofferto.»

«Credo che stia ancora soffrendo, Holly» disse zia Lili. «Quando gli umani che amavi e che credevi ti amassero ti gettano via, passi giornate intere a chiederti cosa hai fatto di sbagliato. Ferite del genere non guariscono mai del tutto.»

Mi accorsi che zia Lili parlava per esperienza diretta, lo capii osservando i suoi occhi, di solito così vivaci e brillanti; non stava più guardando noi tre, non era più alla Elly’s House, era tornata indietro di chissà quanti anni. Un velo di tristezza appannava il nocciola delle sue iridi. Non l’avevo mai vista piangere – probabilmente si era imposta di non versare più nemmeno una lacrima per gli umani che l’avevano abbandonata –, ma immaginavo che il ricordo non sarebbe scomparso. Cercai di riportare l’attenzione sulla collie: sicuramente aveva avuto un nome, anche se adesso era solo “La Grande Rossa”.

«Qualcuno conosce il suo vero nome?» chiesi.

«Oh, nessuno lo hai mai saputo» rispose il Colonnello

«Nessuno glielo ha mai chiesto!» intervenne la nonna

«Già… Be’, dopo quello che accadde la prima notte, nessuno ha voluto avere niente a che fare con lei» borbottò il Colonnello a disagio. 

«Cosa capitò?» domandai, incuriosita.

«La notte che La Grande Rossa arrivò, Willy – sai, il meticcio tricolore che dorme sempre sotto il salice – cercò di avvicinarla e fu aggredito. I giorni successivi, La Grande Rossa ringhiava a chiunque le passasse troppo vicino. La direttrice e i volontari decisero di tenerla con loro nella casa principale, sotto sorveglianza. E ora tutti stanno alla larga da lei, convinti che sia pericolosa o che abbia la malattia del lupo, sai… la rabbia. Figuriamoci» sbuffò. «È semplicemente triste… e molto sola. Ora che mi ci fai pensare, credo che tu le piaccia, Hope. Non attraversa mai il parco quando c’è folla, come stamattina. Per aiutare te, invece, ha addirittura rischiato di incontrare Schizzo, ehrr ehrr… E adesso scusami piccola, ma devo andare, i miei soldati mi aspettano. Dobbiamo studiare un piano d’attacco per porre fine una volta per tutte alle incursioni di quegli scoiattoli. A proposito, hai un ottimo potenziale, se vuoi arruolarti sei la benvenuta, ehrr ehrr…» Detto questo, se ne andò caracollando, lasciandomi davvero confusa.

«Pensi anche tu quello che pensa il Colonnello, nonna? È davvero possibile che io possa piacere alla Grande Rossa?»

«Sai, Hope, credo che il Colonnello abbia ragione. Forse quella povera cara non vuole più stare sola. Attraversare il parco – con il rischio non indifferente di scontrarsi con Schizzo – solo per rimproverarti silenziosamente, come hai pensato poco fa, non ha molto senso. Secondo me, il tuo spettacolino è riuscito, dopo tanto tempo, a strapparle un sorriso e per dimostrarti la sua gratitudine, ti ha aiutata a uscire dall’acqua. È stato un passo importante per lei e credo, Hope,

Capitolo uno

Era una mattina come le altre alla Elly’s House, la Grande Casa, che accoglieva quelli di noi più sfortunati… o fortunati, dipende dal punto di vista. L’edificio principale si trovava al centro di un enorme parco recintato, a cui si accedeva attraverso un cancello in ferro battuto, quasi totalmente ricoperto di edera. Ai due lati della casa si trovavano le “stanze degli ospiti”, strutture basse e rettangolari che si affacciavano sul laghetto di ninfee, situato nel parco sul retro. Non si stava male alla Elly’s House, ma non si poteva definire casa; casa è ovunque si trovi la tua famiglia. Qui, invece, metà degli “ospiti” non ne aveva mai avuta una e l’altra metà preferiva non ricordare. Qualche cucciolo veniva adottato, ma capitava di rado; come diceva sempre nonna Holly, gli umani volevano esemplari perfetti da esibire come trofei ai raduni o da portare in giro in borsette, quasi fossero accessori di moda. 

I meticci randagi erano destinati alla strada, i più fortunati alla Elly’s House. Ero sicura che nonna Holly esagerasse, perché avevo sentito di meticci che erano riusciti comunque a trovare una famiglia. Era grazie a loro e alle loro storie che ancora speravo di essere scelta.

Quella mattina avevo deciso di dichiarare guerra agli odiosi scoiattoli che riuscivano sempre a rubare dalle nostre ciotole.

«Non dare importanza a quei ladruncoli, vogliono solo provocarci.»

«Non mi interessa, nonna, se ne approfittano perché credono di essere più veloci di noi. Ma adesso basta, ci penso io a loro e vedrai che non oseranno più toccare neanche una briciola.»

La nonna sospirò con aria rassegnata. Sapeva che quando prendevo una decisione, niente e nessuno poteva farmi desistere; era stato così quando avevo deciso di lasciare le mie sorelle e il rifugio sotto il Saint George’s Bridge alla ricerca di una famiglia tutta mia, ed era così adesso, nella lotta contro gli scoiattoli. La nonna mi guardò con i suoi luminosi occhi azzurri, si sdraiò sull’erba ancora umida e si preparò ad assistere alla battaglia.

Uno di quei ladri impellicciati stava scendendo dal suo albero, col chiaro intento di far sparire qualche altro boccone del nostro cibo; io rimasi nascosta dietro un cespuglio di ortensie fin quando lo scoiattolo arrivò quasi a prendere il bottino. Fu in quel momento che saltai fuori e cominciai a correre, cercando di catturare il malfattore.

«Non ti aspettavi questa sorpresa, vero, ladro?» gridai. «Tanto ti prendo, lo sappiamo tutti e due!»

Corsi più veloce che potei, ormai gli stavo quasi addosso, era mio…

«Pistaaaaaaa.»

Una macchia indefinita corse velocissima verso di me e la mia preda, abbaiando euforica.

«Nooooo, Schizzoooooo! Attentooooo!»

SPLASH

In una frazione di secondo persi il ladro, inciampai in Schizzo e finii in acqua. 

Schizzo, quella specie di topo iperattivo, mi guardava dalla sponda del laghetto con i suoi occhietti acquosi e la lingua penzoloni, come se franarmi addosso alla velocità della luce fosse la cosa più divertente del mondo.

«Ehi, Hope, che fai in acqua? Non è mica il giorno del bagno! Visto che sgommata? Dai, esci che dobbiamo catturare gli scoiattoli! Lo abbiamo preso quello, vero? Gli stavamo proprio addosso!»

«No, Schizzo, io gli stavo addosso, e lo avrei preso se tu non ti fossi materializzato tra le mie zampe.»

Sentivo le risate argentine degli scoiattoli tra i rami.

«Non finisce qui, pulci con la pelliccia!» gli urlai contro, mentre cercavo di uscire dall’acqua.

Intanto nonna Holly si era avvicinata insieme a zia Lili, che aveva assistito alla scena da sotto la Grande Quercia.

«Hope, tesoro, ti avevo avvertita di lasciarli perdere.»

«Holly, che pretendevi?» disse zia Lili sorridendo. «È giovane e ha tutto il diritto di dare la caccia agli scoiattoli». Si voltò verso di me, facendomi l’occhiolino. «Solo, Hope, la prossima volta controlla che non ci sia Schizzo nei paraggi. Sai com’è fatto: appena vede qualcuno correre, non resiste e si auto invita.»

«Hai ragione, zia, se non altro per evitare bagni fuori programma… bleah.» Un filamento di alghe appiccicose e puzzolenti si era tenacemente attaccato al mio muso. Nel frattempo, Schizzo il Sabotatore si era lanciato all’inseguimento di farfalle sfaccendate. Temevo per chiunque si trovasse nel suo raggio d’azione.

Stavo ancora cercando di districarmi tra alghe e ninfee quando la vidi: era bellissima, il pelo rossiccio e fluente. Si avvicinò e mi aiutò a uscire dall’acqua.

«Grazie» dissi, intimidita da quella meravigliosa collie; non avevo nemmeno finito di parlare che già si stava allontanando, dirigendosi verso l’edificio principale… non ricordavo di nessuno che abitasse lì, escludendo i volontari e la direttrice.

«Forse il mio show l’ha infastidita. Forse dovrei smetterla di rincorrere gli scoiattoli, non sono più una cucciola» dissi tristemente. «Mi comporto sempre come una randagia selvatica e distruttiva… vi presento Hope, la randagia pazza! È per questo che ancora nessuno mi ha adottata.» Mi accucciai, le orecchie basse e gli occhi ludici di lacrime.

«Non sei distruttiva, tanto meno pazza» mi rassicurò zia Lili.

«Sei solo molto giovane, Hope, non hai fatto niente di sbagliato» aggiunse nonna Holly.

«Puoi dirlo forte, nonna, ehrr ehrr. Non c’è niente di sbagliato a dichiarare guerra agli scoiattoli, ehrr ehrr.» Il Colonnello attraversò il cortile a tutta velocità, o perlomeno a quella che le sue zampe gli consentivano. Erano un po’ storte e gli conferivano un’andatura barcollante e buffa, anche se nessuno avrebbe mai osato dirglielo. Si avvicinò a noi, sbraitando ordini a tutti quelli che gli capitavano a tiro: una coppia di alani si mise sull’attenti e notai un pastore maremmano, bianco come la neve, che si defilava, sperando di non essere intercettato.

«Schizzo ti ha fatto fare un bel tuffo, eh, piccola?» disse, appena mi raggiunse.

«Oh, perfetto! Quanti ancora hanno assistito a questa scena patetica? Non mi stupisco che quella collie se ne sia andata senza rivolgermi la parola. A proposito, chi è?»

«La chiamano “La Grande Rossa”, era una principessa» sospirò il Colonnello, guardandola entrare nell’edificio principale.

«Una principessa?»

«Sì, Hope, la sua è una storia molto triste.»

Mi scrollai l’acqua di dosso e mi misi a sedere, con gli occhi puntati sul Colonnello, ansiosa di ascoltare la storia della Grande Rossa.

«C’è una cosa che devi sapere, piccola, e ricordala perché è molto importante. Non tutti gli umani sono buoni, anzi. Alcuni sono cattivi: li riconosci subito perché non fanno altro che urlarti contro e prenderti a bastonate. Ma i peggiori di tutti sono quelli che si fingono buoni, che conquistano la tua fiducia e che ti gettano via come spazzatura quando non gli servi più, o quando diventa troppo impegnativo prendersi cura di te. È ciò che è successo alla Grande Rossa. Lei era una principessa, cresciuta per essere perfetta nei modi e nell’aspetto, regale e fiera. Era una principessa e nel suo cuore lo sarà per sempre.»

«E perché si trova qui?» chiesi.

«Perché, come ti stavo dicendo, ci sono umani che sembrano buoni, Hope. Sono difficili da smascherare e quando hai capito veramente come sono, è troppo tardi. Non molto tempo fa, la direttrice s’imbattè nella Grande Rossa che vagava per la campagna, cercando di ritrovare la via di casa. Chissà da quanto tempo era in cammino.»

«Povera cara, quanto avrà sofferto.»

«Credo che stia ancora soffrendo, Holly» disse zia Lili. «Quando gli umani che amavi e che credevi ti amassero ti gettano via, passi giornate intere a chiederti cosa hai fatto di sbagliato. Ferite del genere non guariscono mai del tutto.»

Mi accorsi che zia Lili parlava per esperienza diretta, lo capii osservando i suoi occhi, di solito così vivaci e brillanti; non stava più guardando noi tre, non era più alla Elly’s House, era tornata indietro di chissà quanti anni. Un velo di tristezza appannava il nocciola delle sue iridi. Non l’avevo mai vista piangere – probabilmente si era imposta di non versare più nemmeno una lacrima per gli umani che l’avevano abbandonata –, ma immaginavo che il ricordo non sarebbe scomparso. Cercai di riportare l’attenzione sulla collie: sicuramente aveva avuto un nome, anche se adesso era solo “La Grande Rossa”.

«Qualcuno conosce il suo vero nome?» chiesi.

«Oh, nessuno lo hai mai saputo» rispose il Colonnello

«Nessuno glielo ha mai chiesto!» intervenne la nonna

«Già… Be’, dopo quello che accadde la prima notte, nessuno ha voluto avere niente a che fare con lei» borbottò il Colonnello a disagio. 

«Cosa capitò?» domandai, incuriosita.

«La notte che La Grande Rossa arrivò, Willy – sai, il meticcio tricolore che dorme sempre sotto il salice – cercò di avvicinarla e fu aggredito. I giorni successivi, La Grande Rossa ringhiava a chiunque le passasse troppo vicino. La direttrice e i volontari decisero di tenerla con loro nella casa principale, sotto sorveglianza. E ora tutti stanno alla larga da lei, convinti che sia pericolosa o che abbia la malattia del lupo, sai… la rabbia. Figuriamoci» sbuffò. «È semplicemente triste… e molto sola. Ora che mi ci fai pensare, credo che tu le piaccia, Hope. Non attraversa mai il parco quando c’è folla, come stamattina. Per aiutare te, invece, ha addirittura rischiato di incontrare Schizzo, ehrr ehrr… E adesso scusami piccola, ma devo andare, i miei soldati mi aspettano. Dobbiamo studiare un piano d’attacco per porre fine una volta per tutte alle incursioni di quegli scoiattoli. A proposito, hai un ottimo potenziale, se vuoi arruolarti sei la benvenuta, ehrr ehrr…» Detto questo, se ne andò caracollando, lasciandomi davvero confusa.

«Pensi anche tu quello che pensa il Colonnello, nonna? È davvero possibile che io possa piacere alla Grande Rossa?»

«Sai, Hope, credo che il Colonnello abbia ragione. Forse quella povera cara non vuole più stare sola. Attraversare il parco – con il rischio non indifferente di scontrarsi con Schizzo – solo per rimproverarti silenziosamente, come hai pensato poco fa, non ha molto senso. Secondo me, il tuo spettacolino è riuscito, dopo tanto tempo, a strapparle un sorriso e per dimostrarti la sua gratitudine, ti ha aiutata a uscire dall’acqua. È stato un passo importante per lei e credo, Hope, che sia disposta a diventare tua amica, se gliene dai la possibilità.»

2021-06-09

Aggiornamento

Goal! Traguardo raggiunto! Il libro approderà nelle più importanti librerie di catena italiane e tutti conosceranno la storia di Asia, che è la storia di tanti cani. E forse le coscienze si smuoveranno. Questo traguardo è anche e soprattutto merito vostro, che con i vostri preordini avete reso possibile un sogno; quindi grazie a tutti, a chi ha condiviso le mie storie e le mie foto, a chi mi ha detto che avrebbe ordinato il libro e lo ha fatto e a chi mi ha detto che lo avrebbe comprato ma poi non lo ha fatto più. Siete stati tutti partecipi di un viaggio che è appena iniziato.
2021-03-25

Aggiornamento

Recensione del manoscritto originale non editato

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Ho letto il libro nella versione non editata e, per quanto potrei essere di parte, vorrei condividerne le impressioni e consigliarne la lettura.
    Ho letto molti libri e quasi tutti valevano la pena di essere letti, ma tutti mi hanno insegnano qualcosa.
    Il Collarino rosso mi ha fatto riflettere che in un mondo dove c’è uno straordinario bisogno di normalità, i cavalieri senza macchia e senza paura e i paladini che si immolano sugli altari della Patria o della Giustizia, fanno parte ormai del Mito e non più della Storia.
    Gli eroi, ora, sono gli onesti padri di famiglia che lottano quotidianamente per sbarcare il lunario, sono i medici e gli infermieri, carabinieri e poliziotti e lo sono i volontari che dedicano il loro tempo libero agli esseri più deboli e sfortunati.
    Oggi gli eroi sono, a ben vedere, tutte queste persone “normali” che fanno cose “normali”.
    Allora il “Collarino rosso” è un libro “straordinario” perché racconta una storia normale (o che dovrebbe essere tale) e lo fa con la leggerezza di una scrittura piacevolmente scorrevole che, però, nasconde tutta la forza emotiva capace di suscitare sentimenti forti e, a volte, contrastanti, di cui ti accorgi solo dopo averlo finito.
    E, così, mentre credevi di aver letto una normale storia di adozione, in realtà, ti accorgi di aver condiviso un atto di amore e di eroismo tanto straordinari quanto straordinario è, oggi, il bisogno di essere normali.

  2. (proprietario verificato)

    Hope❤️.. La speranza nn è solo umana ma appartiene a tt le specie ora so che anche gli animali confidano in questa semplice parola che cambia totalmente la vita..Un libro che vi terrà con il fiato sospeso dall’inizio alla fine e vi farà capire cosa prova un animale quando viene abbandonato.. La speranza è l’ultima cosa a morire ed è stata proprio la perseveranza di Hope a farle trovare una famiglia… Da leggere assolutamente 💚💙

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Antonella De Caro
Nata ad Agropoli nel 1988, è laureata in Biologia marina all’Università Federico II di Napoli. Dopo il mare, la sua più grande passione è la lettura. Formatasi con i grandi classici della letteratura, esordisce alla scrittura con “Il collarino rosso”.
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