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Il Dottor Bianchi

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Quattro racconti, quattro personaggi e quattro personalità diverse, che sono, però, accomunati da tragici destini: c’è chi ha perso un genitore, 
chi il lavoro, chi sperimenta la violenza sulla propria pelle e chi, invece, viene emarginato dalla società perché considerato diverso. I protagonisti di queste quattro storie sono persone che soffrono e invocano aiuto. Ad ascoltarli e a tendere loro la mano c’è il Dottor Bianchi, entità in grado di intervenire quando sembra non esserci luce in fondo al tunnel.

LUCA

Luca è nato in un piccolo paese di montagna, in Sicilia, oggi ha cinquantanove anni, ha una moglie e quattro figli. Ma conosciamo meglio la storia del nostro protagonista.

Luca proviene da una famiglia umile e modesta; nacque una sera di primavera, con la leggera brezza che ancora ricordava il sapore fresco d’inverno. Le luci delle candele accompagnavano, insieme al mormorio dei vicini all’uscio della porta, un evento ogni volta unico: la nascita di una creatura.

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In paese tutti accorrevano per ammirare il lieto evento, come fosse la nascita di nostro Signore. L’unica a dover sopportare il dolore era la madre ma era come se tutte le donne del vicinato si unissero per sostenerla e soffrire insieme a lei. C’era chi portava acqua calda, chi panni puliti. Per giorni la famiglia era coccolata dall’affetto e dalla premura dei suoi cari compaesani. Sempre in paese si respirava un’atmosfera di unione e di umiltà. Non c’era invidia, non c’era cattiveria tra la gente, solo amicizia e valori sinceri.

L’infanzia di Luca trascorse con serenità. Per i suoi genitori, il tempo per giocare con lui era poco, tra il lavoro e i quattro fratelli che arrivarono dopo. A soli dieci anni Luca era un brillante e promettente ragazzino. Per aiutare la sua famiglia, composta ormai da ben sette membri, iniziò a lavorare in campagna aiutando il padre a badare agli animali e coltivare l’orto, per garantire alla famiglia e per sé il fabbisogno giornaliero. Il padre, Giovanni, era un piccolo contadino e allevatore; negli anni Sessanta, soprattutto nei piccoli centri, era comune avere animali e terre da cui ricavare i prodotti per sopravvivere. La sveglia al mattino suonava alle quattro e mezzo, a piedi si raggiungeva la campagna e s’iniziava dividendosi il lavoro della giornata. C’era da coltivare e occuparsi delle piantagioni, raccogliere i prodotti dell’orto, dare da mangiare agli animali, occuparsi di mungere le mucche per ricavarne il buon latte che poi veniva venduto alla gente del paese. A Luca piaceva molto badare agli animali, l’odore del latte caldo ogni mattina gli suscitava sempre una certa fame e, approfittando della bontà del padre, ne beveva spesso più di un sorso. Le galline, al contrario, Luca non le sopportava proprio. Le prime volte che il padre lo portò con sé, provò verso di loro un sentimento di paura e allo stesso tempo di antipatia. Quei piccoli pennuti che gli correvano tra i piedi pizzicandogli ogni tanto i lacci delle scarpe sembravano capire e ricambiare il suo approccio! Una mattina il padre di Luca prese un uovo ancora caldo che ruppe delicatamente creando un foro in una delle due estremità; ne fuoriuscì un liquido denso e cremoso. Disse al figlio di berlo tutto in un sorso e, da quel giorno, Luca non odiò più tanto le galline. Anche se al buon gusto dell’uovo avrebbe sempre preferito il latte appena munto.

La mattinata, come ogni giorno, scorreva tranquilla e piena di lavoro. L’ora del pranzo rappresentava, per tutti, un momento di giusto riposo. Con umiltà e fame, Luca condivideva con il papà e un contadino che li aiutava un piccolo tozzo di pane e acqua che doveva bastare fino a sera, quando, se andava bene, gli uomini rincasavano all’imbrunire. Il lavoro non finiva nei campi perché a casa si divideva il raccolto per la vendita. Il latte in parte era venduto lungo la via di casa. La gente aspettava in strada il ritorno degli uomini dalla campagna e, a ogni fermata, il papà di Luca riempiva a dovere bottiglie, caraffe e anche piccole tazze, in base alle possibilità di ogni famiglia. Luca era orgoglioso del suo lavoro e quasi quasi si pentiva anche del latte che lui stesso beveva la mattina, vedendo tanto bisogno. Passata la notte, però, se ne scordava e la mattina seguente il latte faceva sempre lo stesso effetto e buon odore! Quello che rimaneva serviva alla mamma di Luca per fare il formaggio e la ricotta e anche per lei il lavoro non mancava mai. Tra i figli e le faccende domestiche, il riposo era davvero poco.

Luca amava la domenica perché il padre invece di svegliarlo per portarlo con sé a lavoro, guardava con amore e comprensione il suo bambino e, con il calore di una carezza che solo un padre può donare, lo lasciava dormire.

2023-06-27

Evento

Monterosso Almo Grazie a tutti coloro che hanno partecipato e mi hanno sostenuto in questa campagna...a breve altri aggiornamenti sullo stato di pubblicazione del libro...grazie a tutti voi pubblicherò il mio libro.

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Stefania Cicero
nata a Ragusa, mostra già da piccola il talento e la predilezione per il disegno e l’arte che la portano a orientarsi su un percorso di studi umanistico. Diplomatasi al liceo socio-psico-pedagogico, intraprende gli studi artistici, laureandosi presso l’università di Ragusa e successivamente consegue la specialistica all’Accademia di Belle Arti di Catania con il massimo dei voti. Il Dottor Bianchi, suo libro d’esordio, ispirato alla figura dell’amato papà Luigi, nasce con l’intento di trasmettere 
le sue emozioni e il suo punto di vista su determinate tematiche sociali, quali la depressione, l’emarginazione e la violenza domestica.
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