Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors

Il labirinto della mente

Il labirinto della mente
46%
108 copie
all´obiettivo
63
Giorni rimasti
Svuota
Quantità
Consegna prevista Febbraio 2024
Bozze disponibili

Walter è un uomo di mezza età, colto e di bella presenza, brillante archeologo e appassionato di lettura fin da bambino. In una splendida giornata primaverile si ritroverà, senza sapere come, catapultato in una situazione al limite del surreale, dove incontrerà personaggi a lui sconosciuti, ma che di contro sembrano conoscerlo molto bene. Si vedrà costretto ad affrontare situazioni del tutto nuove, nelle quali rimarrà invischiato e dalle quali sarà difficile uscire. Intrappolato nei meandri di un labirinto, percorrerà strade impervie fino a ritrovarsi, dopo un lungo cammino, nel ventre di una villa nobiliare dove conoscerà personaggi singolari. Ascolterà da uno di loro una incredibile storia che lo vedrà coinvolto in prima persona. La sua vita è un altalenarsi tra fantasia e realtà fin quando la verità non verrà finalmente a galla.

Perché ho scritto questo libro?

L’idea di scrivere questo libro è nata spontaneamente, in una mattinata di maggio, mentre passeggiavo all’interno di uno dei più bei parchi pubblici della capitale. Il personaggio e la sua storia hanno sin da subito preso forma. Da lì il desiderio di fissare su carta tutto ciò che in maniera prorompente mi attraversava la mente. L’intento è quello di stimolare il lettore ad una riflessione sulla mente umana raccontandone uno dei suoi molteplici aspetti.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Capitolo I: Il Risveglio

In un secondo tutto divenne completamente buio.

Mi svegliai di soprassalto in preda ad uno sgradevole stato ansioso quando mi accorsi, con grande stupore, di essere disteso sul terreno umido ed in parte ricoperto da muschio fresco. Fui scosso da un brivido e sentii il cuore palpitare. Mi sentivo confuso, disorientato e avevo difficoltà a ricordare qualsiasi evento recente o passato. Non conoscevo quel posto ed ero certo di non esserci mai stato prima. Ad un primo sguardo mi sembrava di trovarmi in un giardino che non aveva per nulla un aspetto abbandonato, anzi, al contrario, era molto ben curato. Iniziai a chiedermi cosa ci facessi in quel posto, ma soprattutto come ci fossi arrivato. Un turbinio di pensieri si accavallava nella mente, mentre riappariva, fra i miei ricordi, l’immagine di me che passeggiavo lungo un grande viale, costeggiato da belle ville e da alberi secolari, quando all’improvviso fui distratto dalla vista di quel che sembrava un cartellone stradale. Era grande ed in parte nascosto da un groviglio di rami e foglie. Avvicinandomi lo osservai con attenzione e notai che conteneva due scritte, sbiadite dal trascorrere del tempo, che descrivevano due diverse località e l’avvicinarsi di un bivio.

Continua a leggere

Continua a leggere

Del lasso di tempo intercorso tra il passeggiare nel viale e il risvegliarmi in questo luogo sconosciuto non ricordavo ancora nulla.

Una profonda inquietudine s’impadronì del mio animo fino ad avere la certezza di trovarmi in una situazione di reale pericolo. In questi casi avevo l’abitudine di fare una serie di esercizi di respirazione, che consideravo un vero e proprio toccasana. Così feci e come immaginavo si rivelarono veramente efficaci. Dopo aver recuperato un po’ di autocontrollo mi chiesi che ora fosse ma nel toccare il polso mi accorsi di non avere il mio inseparabile orologio sportivo, un “Cartier”.

“Strano, di solito non esco mai senza” pensai.

Poi volgendo lo sguardo verso il sole e vedendo che si trovava a sud giunsi alla conclusione che poteva essere più o meno mezzogiorno, conclusione confermata dal calore dei raggi che riscaldavano la pelle offrendo al corpo un piacevole benessere. Iniziai con il guardarmi attorno. Accanto ai miei piedi vidi un colombo con un occhio nero e un altro rosso. Con aria spavalda e incuriosito dalla mia presenza mi osservava con circospezione gironzolando e saltellando di qua e di là in cerca di cibo, fino a quando soddisfatto spiccò il volo. Mentre lo guardavo staccarsi da terra vidi uno stormo di uccelli sfrecciare compatto nel cielo e muoversi proprio sopra la mia testa, disegnando una grande “V”.

“Che posto era mai questo?”

“Come ci ero finito?”

“Ci ero arrivato da solo o ancora peggio qualcuno mi aveva portato fin lì e poi abbandonato per qualche inspiegabile motivo?”

Magari ci ero arrivato con le mie gambe e poi ero sprofondato in un sonno profondo o avevo perso i sensi dalla stanchezza.

L’ipotesi che qualcuno mi avesse portato in questo posto per poi lasciarmi mi sembrava veramente poco probabile.

“E poi per quale misterioso motivo avrebbe dovuto farlo?”.

Interrogativi e timori che mi tormentavano e ai quali non ero in grado di dare una risposta dal momento che non ricordavo nulla ma, ancora peggio, non avevo contezza di quale fosse stata la sequenza degli avvenimenti accadutimi finora.

Di certo tutto era privo di senso!

All’improvviso avvertì un dolore lancinante alla nuca. D’istinto cercai di alzarmi ma inutilmente, sentivo le gambe pesanti come il piombo e al contempo uno strano torpore mi attraversava il corpo da cima a fondo impedendomi di pensare lucidamente e agire di conseguenza. Fortunatamente quella parte del cervello che non abbassa mai la guardia mi comandò di mantenere il controllo dei pensieri. Cominciai a fare respiri lenti e profondi riuscendo così ad alleviare quell’iniziale stato di agitazione che mi attanagliava e di cui mi sentivo prigioniero. Il cuore pian piano stava recuperando il suo normale battito cosicché riacquistando lentamente le forze, con fatica cominciai a coordinare i movimenti e mi rialzai. Una volta in piedi mi accorsi di avere indosso una tuta sportiva e le mie inseparabili Nike bianche. L’abbigliamento lasciava supporre che fossi uscito di casa per fare la mia consueta passeggiata mattutina. Passeggiare al mattino presto mi metteva di buon umore e mi dava quella carica necessaria ad affrontare la giornata. Infilando la mano nella tasca della tuta trovai gli occhiali da sole marchio Ray-Ban, modello classico, e la torcia che avevo l’abitudine di portare sempre con me. Fin da bambino ho sempre avuto una passione esagerata per gli occhiali da sole, ne possedevo una gran quantità e non solo per la loro utile funzione ma perché li consideravo un accessorio estetico da poter sfoggiare e per mezzo del quale esprimere la propria personalità.

Lentamente davanti ai miei occhi si mise a fuoco un’immagine spettacolare.

“Ma cosa era quell’immensa oasi verde?”

Stregato da tanta bellezza avanzai di qualche passo per osservare meglio quello spettacolo della natura, sicuro che mi sarebbe rimasto per sempre impresso negli occhi e nella mente come un tatuaggio sulla pelle. Il colpo d’occhio fu tale da lasciarmi a bocca aperta rimanendo per qualche minuto in piedi, rigido come un manichino, senza riuscire a distogliere lo sguardo. Ero certo di non avere mai visto un giardino tanto rigoglioso.

Caro lettore, cercherò in breve di descrivere quell’incantevole scenario. A prima vista si trattava di una ricca distesa verdeggiante, uno spettacolare e imponente giardino ricco delle più disparate piante, ed essenze arboree, alcune note e molte altre mai viste, che creavano uno scenario unico e incantevole. Il giardino era circondato da alte mura che lo separavano da un immenso parco ed ai cui lati erano poste ampie cancellate in ferro battuto. Oltre il muro si intravedevano le cime degli alberi ad alto fusto svettare nel cielo azzurro. Ad un tratto percepii un suono, quasi una soave melodia, talmente rilassante da richiamare alla mente lo scorrere lento dell’acqua.

“Forse nelle vicinanze ci sono delle fontane o dei ruscelli” pensai.

Il tutto era soffuso dal distensivo canto degli uccelli.

All’interno del ricco giardino si estendeva un labirinto delimitato da piante di vaste dimensioni, decorato da mura di siepi sempreverdi che ricordavano nella forma i simboli araldici della colomba e del giglio. La presenza di una quantità di fiori variegati formava macchie di colore finalizzate a deliziare la vista e a stuzzicare l’olfatto tanto inebriante era il profumo emanato. Cominciai a studiare la struttura di quel labirinto dalla forma circolare che a prima vista sembrava del tipo “unicursale” cioè con una sola entrata e un unico vicolo cieco. Un labirinto classico in cui le uniche due possibilità erano quelle di giungere alla meta o di ritrovarsi al punto di partenza.

Pensai al labirinto di Creta e alla leggenda del Minotauro: un mostro metà uomo e metà toro, imprigionato al suo interno e al quale venivano offerte giovani vittime. Dunque la rappresentazione di un luogo dal quale non solo è difficile uscire ma che rappresenta un’impresa di sacrificio che va oltre alle proprie previsioni.

Mentre riaffioravano reminiscenze scolastiche sull’argomento fui distolto da una vocina interiore che mi sussurrava.

Walter torna indietro, lascia di corsa questo luogo” (come se fosse stato facile lasciarlo dal momento che non ricordavo neanche come ci fossi arrivato!!). Di contro qualcosa di indefinito mi suggeriva di rimanere, di non abbandonarlo, di avventurarmi in quel percorso intricato che costeggiava la austera ed antica villa nobiliare. Ero combattuto tra andare via o lasciarmi rapire dal fascino avventuroso di quella distesa verde che mi richiamava a sé così come una calamita attira il ferro. C’era in me una parte prudente che mi urlava di scappare, di andare via ma diedi ascolto all’altra parte che mi suggeriva di continuare. Con il senno del dopo avrei fatto meglio ad ascoltare la vocina interiore della mia coscienza, ma curioso come ero per natura, stregato da tanta bellezza, scelsi la seconda possibilità. Così lasciai il giardino alle mie spalle e avanzai a passo fermo fino all’ingresso del labirinto entrando da quello che pensavo fosse l’unico accesso, sicuro di portare a termine in poco tempo l’intero percorso e ritrovare soddisfatto l’uscita.

“Chissà quante meraviglie avrei scoperto al suo interno?” pensai con una buona dose di ottimismo.

In un batter d’occhio mi ritrovai a girovagare in quel labirintico giardino e nel suo intricato percorso. Più mi addentravo e più ero rapito da quello spettacolare panorama naturale. Ma ben presto l’incontenibile entusiasmo che mi aveva travolto sin dall’inizio, stava pian piano lasciando il posto ad una improvvisa sensazione di disagio e di disorientamento, priva di ragione e stranamente inspiegabile per uno come me abituato ad andare in giro per i più complicati siti e scavi archeologici. Il tempo trascorreva veloce e camminavo ormai da diverse ore cominciando ad accusare i primi sintomi della stanchezza. Avevo le gambe gonfie e dolenti. Mi fermai un attimo a riprendere fiato e ad osservare il sole che faceva capolino tra le poche nubi sparse qua e là emanando tiepidi raggi di calore ma sufficienti a riscaldare. Erano le prime ore pomeridiane di una giornata di inizio maggio e approfittando delle restanti ore di luce a disposizione, prima che cominciasse a declinare il sole e ad imbrunire, mi sembrò una buona idea continuare ad esplorare quei meandri sconosciuti, sicuro di fare in tempo a ritrovare l’uscita prima che scendesse la notte. Entrare nel labirinto, scoprire quel luogo suggestivo e ricco di fascino per poi riuscire a trovare soddisfatto l’uscita sarebbe stata una esperienza fantastica da raccontare a parenti e amici.

Da quando mi ero addentrato nel labirinto era stato un crescendo di emozioni. Con stupore mi resi conto che il percorso non era più unico, come immaginato inizialmente, ma si ramificava in un intreccio di viuzze, stradine e rampe che ne rendevano difficile l’orientamento. Il labirinto era formato da svariati sentieri e alcuni erano così impervi da renderne difficoltoso l’attraversamento costringendomi così a procedere lentamente, passo dopo passo, prestando attenzione a non farmi male. D’un tratto mi accorsi di avere la gola asciutta mentre riappariva, più angosciante che mai, quell’iniziale stato di agitazione misto a malessere fisico.

“Mannaggia mi sono lasciato sedurre da qualcosa che apparentemente sembrava facile ma che in realtà si sta rivelando molto più complessa” pensai.

Una gazza ladra faceva capolino tra le fronde di un grande albero volgendo di tanto in tanto lo sguardo verso di me e guardando attorno con circospezione sembrava fare da vedetta. Sentivo in lontananza il miagolio di gatti in calore. All’improvviso mi imbattei in una fontana la cui forma ricordava Venere, la dea romana dell’Eros e della bellezza, con ai lati più corti le due peschiere. Era circondata da numerose fontanelle dalle quali sgorgava un’acqua talmente chiara da sembrare trasparente.

“Ecco da dove proveniva quel delicato suono che mi ricordava lo scorrere dell’acqua” pensai fra me e me.

Rincuorato dalla vista di quell’acqua cristallina mi fermai a bere per poi riprendere il cammino.

Osservavo le siepi tagliate da mani esperte e talentuose, con precisione e ricchezza di dettagli quasi maniacale, bisognava essere molto abili e pazienti per svolgere lavori così precisi e magari anche un tantino pignoli. Sui muri del tracciato si stendevano siepi di rose rampicanti che impedivano la vista e lo scavalcamento delle corsie. In altre invece formavano molteplici e perfetti disegni geometrici. Man mano che andavo avanti mi imbattevo in piccoli e grandi alberi di magnolie stellate dal gradevole profumo, in alberelli di pitosforo dalla chioma fitta e a forma di ombrello, dalle ramificazioni contorte e dalla fioritura profumatissima, in piccoli arbusti di chionantus dai fiori bianchi e dai petali sottilissimi. Ancora, c’erano aceri ricci dalla corona densa e rotondeggiante e rami di colore verde-olivaceo, alberi dalle ramificazioni contorte ricoperte da foglie dalle forme, i colori e le variegature più svariati e dalla fioritura profumatissima.

Erano ore che camminavo senza sosta e senza riuscire ad uscire da quel ginepraio, sentivo l’eco dei miei passi sul selciato, non ricordo quanta strada avessi già percorso e sebbene possedessi una discreta resistenza fisica cominciavo ad avvertire una consistente spossatezza. Ogni passo richiedeva più sforzo di quello precedente. Mi domandavo se ci fossero state altre uscite, magari ben nascoste dagli alberi, rami, erbacce o chissà quali altre diavolerie difficilmente visibili ai miei occhi.

Procedevo a tentoni imboccando un sentiero dopo l’altro convinto di trovare prima o poi quello giusto ma all’improvviso, mentre ero sicuro di aver trovato la strada giusta, saltava sempre fuori qualcosa a sbarrarla e dunque ero costretto a tornare indietro. C’erano tanti vicoli ciechi, strade apparentemente agevoli ma altrettanto ingannevoli.

Eppure ci doveva essere una via d’uscita ma per trovarla dovevo mantenere la calma, essere paziente e riflessivo. Forse qualche esercizio di rilassamento e di meditazione mi avrebbe aiutato.

Imboccai un sentiero piuttosto stretto che non sembrava portare da nessuna parte quando scorsi in lontananza una costruzione somigliante ad un padiglione rialzato. Si ergeva a forma di piccola torre e anche se lontana era ben visibile e così continuai a camminare sperando di raggiungerlo al più presto.

“Finalmente qualcosa che non sia solo vegetazione pensai.

Una volta raggiunta la casa avrei chiesto agli abitanti di indicarmi la strada esatta per lasciare il labirinto. Oppure sarei riuscito a salire fin sulla terrazza della torretta e da lì osservare l’intero tracciato e, magari, scoprire anche cosa si nascondesse dietro quelle alte mura che delimitavano il giardino. Al momento mi sentivo come una mosca rimasta intrappolata nella tela del ragno, che più tenta di scappare e più si intrappola. Speravo solo di aver imboccato la strada giusta, ma più mi avvicinavo alla torretta e più sembrava allontanarsi, scivolare via, mentre tutto alle mie spalle diventava sempre più piccolo.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

  1. (proprietario verificato)

    La storia parte tranquillamente in un crescendo che porta il lettore in una dimensione onirica di straordinariamente emozionante e coinvolgente. Il libro si legge tutto d’un fiato in attesa del finale imprevedibile. La narrazione scorre veloce trascinandoti nei meandri della mente avvicinando il tettore al finale a sorpresa.
    Avvincente. un bel romanzo per una scrittrice esordiente ma non per questo meno talentuosa di tanti altri

  2. Mario Drs

    Consiglio vivamente di leggere il libro, una storia molto avvincente con un finale tutto da scoprire. Una trama che porta il lettore ad immedesimarsi nel personaggio principale con tutte le sue sfide.

  3. (proprietario verificato)

    Storia appassionante e scorrevole! Ho apprezzato particolarmente la trama di questo romanzo, le descrizioni dell’autrice e la componente psicologica della storia.
    Lo consiglio se cerchi una lettura che ti faccia venire la voglia di leggere sempre una pagina in più

Aggiungere un Commento

Condividi
Tweet
WhatsApp
Anna Maria Balducchi
Nata nel 1962 a Cosenza, dopo aver effettuato studi umanistici, ha conseguito la laurea in filosofia presso l'Università della Calabria. Oggi vive e lavora a Cosenza, svolgendo attività amministrativa presso una pubblica amministrazione.
Amante della lettura di ogni genere letterario, predilige le storie avvincenti con personaggi intriganti e misteriosi.
Il Labirinto della mente è il suo primo romanzo.
Anna Maria Balducchi on FacebookAnna Maria Balducchi on Instagram
Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors