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Il lungo viaggio

Il lungo viaggio
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Consegna prevista Luglio 2023
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Sicilia, inizio 1900. Una giovane poco più che bambina, una lettera inaspettata con una proposta straordinaria. Un viaggio, un cambio di vita drastico lontano dalla povertà e dalla propria terra, una storia d’amore travolgente, tanti sogni collegati a un’unica cosa: l’America. Ma la vita, a volte, sa essere imprevedibile… incredibilmente dolce o tremendamente crudele.

Perché ho scritto questo libro?

è nato tutto come un gioco quando avevo appena 13 anni, in seguito ad aver letto un brano sul mio libro di antologia di terza media, che mi aveva particolarmente interessata. Recuperato qualche anno dopo, fatte le dovute sistemazioni, ho deciso di continuarlo. I temi trattati nel libro mi affascinano e li trovo estremamente interessanti anche in riferimento al periodo storico in cui si svolgono.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Era un pomeriggio caldo, e me ne stavo nella mia piccola casa ad aspettare che il tempo passasse. Guardavo fuori dalla finestra, lo stesso paesaggio cupo e ormai privo di vita, della mia piccola città siciliana. La stessa che aveva visto nascere e morire tanta gente: uomini, bambini, donne e ragazzi. Fra tutta questa gente c’erano anche i miei genitori, vittime di qualche assassino sconosciuto, senza cuore. Pensavo a quel giorno, quello in cui per l’ultima volta vidi i miei genitori…. era una fredda mattina d’inverno, io ero ancora nel mio letto, invece i miei genitori erano usciti per far legna. Camminarono a lungo nel bosco ricoperto dalla neve, avvolti in quei poveri cappotti, e le scarpe bucate fradice e fredde. Era ormai pomeriggio e di loro non si vedeva l’ombra, cosicché la zia Anna decise di andarli a cercare, mentre io, me ne stavo in casa accoccolata vicino al fuoco con Ciuffo, il mio “ex” gatto. Dopo circa 2 ore e mezza tornò la zia, affannata, con le lacrime agli occhi, disperata…io non capivo,  mi avvicinai a lei che restava immobile e sottovoce le chiesi:” Zia, cosa è successo?” lei mi rispose ancora più sottovoce:” Loro…sono m…” e il resto si mischiò al pianto. Lanciai un grido di disperazione e mi buttai a terra piangendo. Da allora sono passati tanti anni, troppi giorni, che la mancanza di speranza e la solitudine hanno reso tutti ugualmente vuoti. E ora io ero qui, vivevo con la zia Anna, che fortunatamente nonostante avesse i suoi anni era ancora sveglia ed energica.
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Entrò dicendomi:” Elena, vieni, la cena è pronta” mi alzai e la seguì insieme a Spillo. Mangiammo fagioli e patate con una pagnotta di pane. Finita la cena, tornai in camera e mi stesi sul letto. Pensavo ancora ai giorni felici e spensierati della mia infanzia insieme ai miei genitori, quando andavamo al lago e io mi divertivo a dare le briciole di pane alle papere che nuotavano felicemente, risentivo la voce della mamma che mi raccontava le favole e io l’ascoltavo affascinata dalle avventure dei personaggi, e con la mia mente immaginavo tutto.

In questi momenti, nei quali mi avvolgevo nei miei pensieri, erano momenti felicemente malinconici perché c’era, insieme alla mancanza dei genitori, anche il ricordo dei bei momenti passati insieme a loro e quindi io mi sentivo felice. Accarezzavo la soffice pelliccia di Spillo, il mio gatto che si era addormentato accanto a me, pensando a come fare a costruirmi una nuova vita ed a essere indipendente, d’altronde avevo già 16 anni e perciò era ora di iniziare a costruire il mio futuro. Dopo questi ultimi pensieri della giornata, mi sciolsi i capelli, diedi la buonanotte alla zia e mi addormentai.

L’indomani quando mi svegliai sentì delle voci provenire dalla cucina, mi alzai e mi ci diressi. C’era la zia in compagnia di Giuseppe il nostro giovane vicino, era un ragazzo molto generoso, qualche anno più grande di me, carino e gentile con tutti. Si alzò, mi sorrise e mi disse:” Buongiorno cara Elena!” io risposi:” Ciao Giu, che piacere vederti”; così dicendo mi sedetti al tavolo con loro, la zia mi diede una tazza di latte appena munto e disse:” Tieni, è buonissimo, ce l’ha regalato generosamente la mamma di Giuseppe!” io rivolsi a Giuseppe un’occhiata di riconoscenza e feci la mia colazione. Subito dopo lui mi chiese: “Ti va di fare una passeggiata?” gli risposi:” Volentieri!” lui disse:” Bene, allora vatti a preparare che ti aspetto”. Corsi in camera a vestirmi, mi pettinai e tornai in cucina dicendo:” Sono pronta, andiamo?” Giuseppe si alzò e uscimmo. Mi ero vestita con una bella gonna che avevo da tanto tempo, ma che grazie alla mia costituzione esile mi andava ancora bene. Era una gonna rosa con il pizzo bianco ricamato a mano dalla zia, perciò ci tenevo molto; sopra avevo un’elegante camicetta di pizzo blu, quella ricamata invece dalla mia mamma, alla quale tenevo ancora di più. Ci dirigemmo verso il mercato per acquistare i prodotti per il pranzo e la cena. Comprammo: carote, fagioli, pomodori, patate e un po’ di pesce che mi pagò generosamente Giuseppe.

Quella sera ero stanca, ma una stanchezza felice, era stata una bella giornata, perché l’avevo trascorsa con il mio migliore amico e il tempo più bello è quello passato con gli amici e con le persone che ci vogliono bene. Quella sera mi addormentai velocemente con una grande felicità nel cuore: una sensazione stupenda. Il giorno dopo, quando mi svegliai, la zia non era in casa, mi aveva lasciato un biglietto con scritto che era andata alla posta ed al mercato. Mi alzai dal letto insieme a Spillo che miagolava contento, non so per cosa. Dopo poco tornò la zia con la spesa del mercato e una lettera in mano. Mi disse: “Buongiorno Elena, è arrivata una lettera per te dalla tua amica americana, ti ricordi? quella che avevi conosciuto al mare un anno fa…” Sul momento non  mi ricordai di questa amica americana, invece poi pensandoci, capì che era una ragazza con la quale avevo passato parte della mia estate al mare. Risposi convinta alla zia:” Sì sì”. Lei mi diede la lettera e mi disse:” Leggi ad alta voce, voglio ascoltare anch’io”. Ero povera, ma sapevo leggere, perché il papà di Giuseppe era un maestro e un grande amico di mio padre, quindi,  quando ero piccola, mi aveva insegnato a leggere, scrivere e far di conto gratuitamente. La zia anche sapeva leggere, le avevo insegnato io! Aprì la lettera e mi misi a leggere:

” Cara Elena,

Come stai? Ti ricordi di me? Sono Claire, la ragazza americana che avevi conosciuto un anno fa al mare. Ti scrivo per dirti che mi sei molto simpatica (anche il tuo gatto) e che mi manchi tanto. Ti ricordi che mi hai detto che hai dei parenti in America che abitano a Trenton? Mi chiedevo: perché non vieni qui in America a vivere da loro?- Sospesi un attimo la lettura e feci una smorfia come per dire: che idea folle! continuai: L’America è bella, è ricca, tu, tua zia e anche il tuo gatto stareste benissimo qui! Inoltre noi 2 ci potremmo vedere ogni giorno! Sarebbe meraviglioso, per il viaggio ho pensato a tutto io…- Che significa che aveva pensato a tutto lei?- Pensaci, è un’opportunità fantastica quella che ti dò! Fammi sapere la tua decisione così potrò dire a mio padre, che ci siete anche voi.

Con affetto,

Kiss

Tua Claire”

Richiusi la lettera e mi rivolsi alla zia dicendole:” Ah, che idea! Come se noi avessimo i soldi per pagarci un viaggio fino in America!” la zia invece, rispose:” Ma non ha detto che viene suo padre a prenderci? Suo padre è un capitano di navi! Pensaci Elena è un’idea davvero fantastica!”- rimasi sorpresa dalle parole della zia, però pensandoci poteva avere ragione…presi carta e penna e mi misi a scrivere una letta di risposta a Claire:

“Cara Claire,

Io sto bene grazie, anche tu  mi manchi molto! Grazie mille per la tua proposta, io e mia zia te ne siamo molto grate e riconoscenti. La tua lettera ci ha colte di sorpresa, non pensavo che dopo un anno ti ricordassi ancora di me o per lo meno non credevo che ti venisse in mente di scrivermi. La tua proposta è fantastica, io e mia zia l’accettiamo volentieri! Write me now!

Ringraziando

Tua Elena”

La lessi alla zia e poi la chiusi in una busta su cui scrissi indirizzo e firma. Subito dopo uscì per portarla alla posta. Tornai a casa, cenai e andai a letto.

Passavano i giorni, e io ero sempre più impaziente di ricevere una risposta da Claire. La zia andava ogni giorno alla posta, e io speravo sempre che tornasse con la lettera di Claire in mano, invece per 30 lunghissimi giorni, non arrivò nulla. Il 31 giorno fu un giorno felicissimo perché quando la zia tornò a casa, c’era, in mezzo ad altre carte la lettera di Claire, la presi e l’aprì frettolosamente, mi misi a sedere, e lessi con felicità ed entusiasmo:

“Cara Elena

Non sai che felicità ho provato nel leggere la tua lettera! E sono contentissima che tu abbia accettato subito la mia richiesta. Mio padre è già pronto per partire; devo solo sapere i tempi; conta che per arrivare lì ci vogliono almeno 30 giorni. Non vedo l’ora di ricevere un’altra tua lettera!

Goodbye

                                                          I love you my

                                                          dear Elena!

                                                             Tua Claire

Quando finì di leggere questa lettera, lanciai un grido di gioia e mi gettai al collo della zia che anche lei sorrideva felicissima. Dopodiché presi nuovamente carta e penna e scrissi una lettera a Claire:

“Carissima Claire,

Non riesco a spiegarti che gioia sto provando scrivendoti! Spero che tu riceva questa lettera il prima possibile, magari prima che tuo padre si metta in viaggio, così avremo la conferma del periodo del suo arrivo. Cerca di scrivermi il più presto possibile, te ne sono infinitamente grata!

Ringraziando ancora

Kisses for you!

Tua Elena

La infilai frettolosamente nella busta e il giorno seguente la portai alla posta. Dopo nemmeno un mese con mia grande sorpresa mi arrivò la lettera di Claire, mi chiesi come avesse fatto ad arrivare così in fretta e la lessi, diceva:

” Cara Elena,

Scrivo soltanto per dirti che mio padre è già in viaggio, dovrebbe arrivare nei giorni in cui riceverai questa lettera! Sono impaziente di vederti per poterti abbracciare forte, forte!

1000 kisses for you!

Tua Claire

…Gioia, felicità, allegria si mischiarono nella mia testa e non riuscì a trattenermi dall’urlare all’impazzata per la gioia! Ero troppo felice!

Cenai insieme alla zia e poi andai in camera mia e mi misi a pensare a tutte le ricchezze dell’America e tutte le cose che io, mia zia e il mio gattino avremo… Ma ad un certo punto venni rapita da un pensiero terribile: dovevo lasciare tutto! La casa, il mio paese, nel quale lascerò per sempre i miei genitori nella terra fredda!

Giuseppe!!! Sì lui,  il mio migliore amico! Non riuscì a trattenermi dal dolore e scoppiai a piangere. La zia entrò e affannata mi chiese:” E…Elena che hai? Che hai? Perché stai piangendo? Che c’è? Elena!”- Le risposi-” Zia vedi…stiamo per partire! E dovremo lasciare tutto! Anche i miei genitori zia! E poi Giuseppe non riesco a credere che non lo vedrò più! E’ il mio migliore amico!- La zia disse-” Vedi Ele…là in America si sta bene…sai quanti amici e amiche che ti farai! Giuseppe resterà solo un ricordo! Ne vale la pena Elena!”

Cosa? come poteva dire una cosa così?! Cominciai a piangere ancora più forte e uscì di casa per andare da Giuseppe. Bussai alla porta e sentì la sua voce che disse:” Sì, chi è?” Risposi tra le lacrime:” Giu, apri, sono Elena!” lui aprì e sorpreso mi disse:” Ele, perché piangi? Cos’hai?” Mi abbracciò e mi fece entrare, mi fece accomodare sul suo divano e mi mise una mano sulla spalla, mi accarezzò il viso asciugandomi una lacrima e mi disse:” Tesoro, ora calmati e dimmi tutto!” Dissi:”Giu…sono disperata! Ho ricevuto una lettera dalla mia amica americana, Claire e…mi ha chiesto se voglio partire per l’America, suo padre arriverà domani mattina!” Lui mi guardò sconvolto con le lacrime agli occhi e mormorò: “Ma…Elena! Me lo dici solo ora? Dovevi dirmelo prima! Non posso credere che non ti vedrò più!” Gli risposi abbassando la testa:” Mi dispiace” Lui provò a baciarmi, ma io scostai la testa, gli volevo bene, questo sì, ma mi sembrava un comportamento non adeguato da parte sua. Rimasi per qualche istante perplessa, impaurita, non lo so neanch’io di preciso che sensazione provai. Gli dissi con un filo di voce:” Io, io…devo andare” Mi alzai e corsi verso la porta, prima che potessi uscire, lui mi afferrò per un braccio, non voleva lasciarmi uscire, ma io riuscì a liberarmi dalla sua presa e corsi fuori. Arrivai a casa e mi misi a letto; pensavo a tutte le cose belle e anche brutte che avevo passato qui, nella mia amata, ma allo stesso tempo odiata Sicilia, qui, qui con la zia e quando ancora c’erano i miei genitori e io adesso li lasciavo qui, sotto questa terra morta, mi sentivo terribilmente in colpa. Mi dispiaceva anche per Giuseppe, sul serio, lui era stato sempre gentile e aveva aiutato sia me che mia zia. Lui adesso non c’era  più, purtroppo non era riuscito a sconfiggere un brutto male, che lo aveva colpito alcuni anni dopo la mia partenza. Forse avrei potuto darglielo quel bacio, l’avrei fatto contento…

Con questi ultimi pensieri mi addormentai; ero quasi incredula che il giorno dopo sarei partita per l’America.

alle 6.00 circa la zia mi svegliò, aveva già preparato tutte le “valigie” che erano poi sacchi con dentro vestiti e qualche scorta per il viaggio, anche se sapevamo che a bordo della barca avremo avuto di che nutrirci. Presi il mio sacco, piangevo avevo bisogno di piangere, presi Spillo tra le braccia…stavo per uscire quando tornai un attimo in casa, mi tolsi il fermaglio dai capelli e lo appoggiai sul comodino decidendo di lasciarlo lì, per lasciare un mio ricordo…e ecco, questa casa nella quale avevo vissuto per 16 anni, che mi era sempre sembrata semplice e modesta, ora mi pareva una delle più prestigiose regge reali. Io ,mia zia e il mio gatto, ci dirigemmo verso il porto, io avevo Spillo in braccio, percorremmo il porto senza sapere quale fosse la barca. Ad un certo punto vedemmo una delle navi piena di gente, un uomo di media altezza ci disse:” La signora Anna e la signorina Elena?” mia zia disse:” Sì, siamo noi” L’uomo che era il padre di Claire, ci fece accomodare nella sua barca, eravamo uomini, donne, ragazzi e ragazze, bambini e bambine, tutti pronti a partire per una terra lontana e a noi sconosciuta. Tutta questa povera gente aveva speso tutto ciò che possedeva in questo viaggio della speranza , ed io in un certo senso, mi sentivo in colpa verso di loro, perché, vista la mia amicizia con Claire viaggiavo praticamente gratis. Avevano venduto casa, vestiti, mobili, tutto quel poco che possedevano, solo per pagarsi il viaggio verso l’America. Una volta arrivati, avrebbero dovuto faticare, lavorare come degli animali per poter vivere e molto probabilmente, avrebbero subito episodi di razzismo. Io invece, avendo mio zio che abitava lì da più di 20 anni, avrei ricevuto un trattamento diverso, o almeno lo speravo. 

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Bianca Mordenti
Mi chiamo Bianca Mordenti, ho 24 anni e sono nata a Bologna, ma attualmente vivo a Vergato con il mio compagno. Studio Scienze dell'Educazione all'università e ho da sempre la passione per la scrittura e la lettura. i miei interessi principali sono: gli animali, la scrittura appunto e in questo ultimo periodo mi sto appassionando alla storia del Novecento.
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