Arriviamo ad un cancello, lo attraversiamo e passiamo all’ala successiva. Mi fermo un attimo a contemplare la vista del lago che si estende dalla finestra. Non vedo un panorama così azzurro da mesi. E’ una radiosa giornata di primavera e la natura sta facendo il suo corso: la neve sulle cime delle montagne si sta sciogliendo e i fiori a valle cominciano a sbocciare. Mi sembra quasi di sentirne il profumo.
Vorrei potervi perdere la mia mente per un momento, ma uno strattone dell’infermiere mi riporta bruscamente alla realtà.
Ci fermiamo davanti ad una porta socchiusa, che conduce ad una sala per colloqui riservati. L’infermiere la apre, rivelando all’interno la presenza di due persone in mia attesa: una donna bionda dai capelli corti, particolarmente attraente, e un giovane uomo che mi osserva con aria diffidente.
Mi siedo davanti a loro.
«Si ricorda di noi, sceriffo Briggs?» mi domanda la donna.
La luce della stanza è accecante, per un istante chiudo gli occhi, poi li riapro e li osservo.
«Sì, mi ricordo di voi. Siete agenti federali.»
Mi guardano perplessi. Sono già venuti in altre occasioni, ma non ho mai detto nulla. Vogliono il mio aiuto, perché non riescono a dare una spiegazione razionale ai fatti accaduti a Lake Heaven.
Ma come potrei mai spiegare loro un orrore così spaventoso, da rendere impossibile tradurlo in qualcosa di comprensibile? Non potrebbero capire, non hanno visto ciò che ho visto io. Non hanno sperimentato quell’abisso di oscurità e morte, non hanno sentito il male che cercava la loro anima. La verità di ciò che ho vissuto è conficcata nel mio cuore come un pugnale avvelenato.
È passato del tempo da allora, ma ogni volta che mi affaccio alle finestre dell’ospedale psichiatrico e guardo il lago incastonato tra le montagne, il terrore mi assale.
Ho paura.
Che possa tornare a prendermi.
Ho imparato a conviverci con questo terrore che mi divora le viscere, ma non se n’è mai andato del tutto.
Spesso la notte, mi risveglio nel mio letto, bagnato di sudore freddo, nella speranza vana di aver vissuto solo un incubo. Ma la realtà è molto più terrificante e so che quell’essere mostruoso sta aspettando, nell’oscurità più profonda, il momento in cui abbasserò le difese, per attaccarmi e portarmi con sé nel vuoto senza fine dove dimora. Il terrore è sempre lì, pronto a riecheggiare nelle mie viscere come un grido disperato, rievocando angoscia e morte.
So che non se ne andrà mai del tutto.
Per questo sono determinato a non parlare, la mia sofferenza non può essere trasmessa. Morirà con me, sepolta nella mia memoria.
Perché so che se mi mostrerò debole, lei sarà al mio fianco per aiutarmi e darmi la forza di resistere.
«Sceriffo Briggs,» mi esorta la donna avvicinandosi «…David, ci aiuti a capire cosa è successo.»
Stringo i denti e distolgo lo sguardo .
Non parlare, non cedere.
«David, vogliamo delle risposte. Cosa è successo realmente nella casa degli Holloway?» insiste l’uomo, fissandomi con occhi severi.
Mi guardo intorno in cerca di Nora. La sento accanto, sento il suo calore, anche se non c’è.
La vedo, anche se non posso vederla.
La sua mano morbida è tra i miei capelli, mi accarezza la nuca, per infondermi forza e coraggio col suo tocco.
Con quella semplice carezza, Nora mi ha tolto un pesante fardello.
Inspiro a fondo, sentendomi improvvisamente più leggero.
Il dolore e l’angoscia che vivono con me sembrano spariti, evaporati sotto quelle dita tenere che mi accarezzano dolcemente.
Le sue carezze hanno il potere di curare ferite antiche e risanare la mia anima, restituendole finalmente pace e leggerezza. Mi sento pervaso da una gioia silenziosa e profonda, come se fossi rinato in questo momento grazie a quel piccolo, semplice gesto.
Mi sta abbracciando e nel profondo del cuore, so che è vero. Nel buio, nel silenzio, siamo ancora insieme. I nostri spiriti, le nostre anime, l’essenza di ciò che siamo stati. E continueremo ad essere, pure quando questa vita sarà finita. Perché l’amore non muore mai.
Nora solleva la mano dalla mia spalla, si porta il dito indice alla bocca e mi ammonisce al silenzio.
«No agenti, non vi racconterò nulla.»
sonia.resca
Ho avuto l’opportunità di leggere in anteprima la bozza finale di questo romanzo e posso affermare che si tratta di un’opera che cattura l’attenzione sin dalle prime pagine.
È uno di quei libri che, una volta iniziato, si legge tutto d’un fiato.
La trama è avvincente, si muove tra il genere horror e il thriller, è ricca di cliffhanger e mantiene vivo l’interesse per l’intera durata della storia.
Il passato e il presente dei vari personaggi sono intrecciati e permettono un buon livello di empatia.
Nonostante la storia si concluda, il finale lascia una porta aperta per un possibile seguito.
La scrittura è un punto forte del libro: cruda e coinvolgente ci fa immergere in una storia carica di suspense. Il ritmo incalza, srotola e riannoda il tempo.
Pur trattandosi del romanzo di un autore esordiente è ricco e dettagliato e allo stesso tempo scorrevole.
In conclusione, consiglio la lettura de “Il lupo sotto la pelle” a quanti amino le storie a “tinte forti” e piene di suspense. Non vi deluderà.