Nel campeggio sul mare in cui trascorrerà l’estate con la sua famiglia, Federica, una bambina di quattro anni, incontra Teresa, una ragazza di circa sedici anni che sembra immersa in un mondo tutto suo. I suoi genitori hanno sempre cercato di prendersi cura di lei costruendole attorno una specie di rete di protezione.
Nessuna rete, però, è perfetta e la piccola Federica riesce ad attraversarla con la naturale disinvoltura della sua età. Condividendo alcune piccole esperienze e sullo scorcio di una piccola avventura, la strana coppia di amiche tratteggerà, sotto gli occhi dei grandi, il principio di qualcosa che nessuno, prima di allora, era riuscito a vedere.
Perché ho scritto questo libro?
Ho voluto raccontare una storia che avrebbe potuto anche essere vera, in cui fossero vere le paure, il coraggio, le speranze dei personaggi. Incontrandosi in una vicenda semplice, i bambini e gli adulti di questa storia hanno insegnato, a me per primo, proprio mentre ne scrivevo, qualcosa sulla fragilità dei rimedi in cui, spesso, imprigioniamo la realtà per affrontarla senza troppi scossoni, senza troppo dolore. Ho scoperto che non tutto quello che accade attende il nostro “rimedio”.
ANTEPRIMA NON EDITATA
C’era qualcosa nel carattere di Federica, nei suoi quattro anni ancora carichi di ingenuità, nei suoi grandi occhietti buoni, come li chiamava la mamma quando era ancora molto piccola, c’era qualcosa che le rendeva facile smuovere lo stallo iniziale in cui versano spesso le relazioni tra persone che non si conoscono. In casa sapeva giocare anche da sola e spesso erano giochi in cui imitava la sorella più grande, ma era felice, come molti bambini, anche se forse non tutti, quando giocava con qualcuno. Ed era generosa nel gioco, non le importavano i ruoli, poteva fare la mamma, la figlia, la zia, le bastava che il gioco partisse e che non si fermasse. Alcune volte, ai giardini sotto casa, in città, le capitava di adocchiare un bambino o una bambina e fare lei la prima mossa. Alcune volte funzionava, altre no e quando era no, erano dolori.
Continua a leggere
Questa bambina, con questa attitudine e con gli argomenti che aveva alla sua età, quella mattina si era diretta, nuovamente, verso l’ombrellone di Emma e Giorgia. Aveva saputo che Teresa era la sorella maggiore di entrambe e forse era nata in lei una qualche curiosità verso quella ragazza che il giorno prima l’aveva fatta arrabbiare dicendo che il suo bel cerotto era sbagliato. Risalendo dalla battigia dove i bambini avevano già cominciato ad organizzare castelli e dighe, coi suoi piedini cicciotti e quel fare indaffarato che la rendeva molto buffa, si era diretta verso l’ombrellone di Teresa. La ragazza era seduta sulla sdraio, coi sandali ai piedi e questi ben piantati sulla sabbia. Aveva in mano il libro del giorno prima, ma era chiuso e lei non era distesa, ma seduta: composta come se ci fosse uno schienale dietro le sue spalle. Quando le fu vicina, Federica notò subito quegli occhiali da sole rossi, bellissimi, con le lenti così scure da nascondere gli occhi.
Teresa non le parlò, eppure era chiaro che si era accorta della presenza della bambina perché cominciò a mormorare qualcosa rivolgendo lo sguardo verso la madre, che era distesa sul lettino accanto a lei. Quel mormorio dovette spaventare un poco Federica, che senza dire una parola, cosa assai strana per lei, tornò verso il proprio ombrellone. Ai giardini sotto casa, quello sarebbe stato un no, una bambina non conquistata, ma ci sarebbe stato almeno uno scambio di parole. Teresa non le aveva detto nulla, nemmeno l’aveva guardata e aveva cominciato a fare quel verso.
Commenti
Ancora non ci sono recensioni.