L’odore del polline invadeva la stradina: la nuova stagione non aveva tardato ad arrivare.
Jiro aspettava con frenetica gioia quel momento: quei colori e quei profumi la rassicuravano, le davano la certezza che il Castello nell’aria sarebbe rimasto sempre lo stesso, senza mai sparire.
Infatti, anche quest’anno l’aveva accontentata, puntuale come come ogni volta, con un sole caldo, ma ancora lontano, ad illuminare i germogli e boccioli nuovi.
Era giunta l’ora di inaugurare l’arrivo della bella stagione con un bagno nell’acqua ancora fresca dei primi giorni di primavera.
Con la bici leggera sarebbe volata fino a riva e giunta lì avrebbe indossato in fretta e furia il costume nella catapecchia abbandonata. Ecco, poteva fare il primo tuffo dell’anno!
Ad aspettarla sul bagnasciuga c’era una barchetta di legno, vecchia e in disuso. Era usurata sul fondo e sui bordi a causa delle piogge, del ghiaccio e della salsedine. Non mancavano buchi e parti marce.
Prima ancora di fermarsi, si sollevò dal sellino di pelle chiara e terminò la corsa abbandonando il manubrio sulla sottile sabbia bianca. Si tolse le scarpe e raggiunse la piccola imbarcazione sorridendo. Mostrava i suoi denti sottili e aguzzi al mare.
«Silù! È ora del bagno!».
Dalla cavità di legno partì un lungo ululato e poi uscì una zampa azzurra, con le unghie affilate e i polpastrelli palmati. La ragazza rise e quel buffo animale la seguì saltellando sulle quattro zampe fino alla casetta senza tetto. Si sedette di fronte alla porta ad aspettare che Jiro indossasse il costume. Annoiato prese un bastoncino da terra , stringendolo con i lunghi canini sporgenti solitamente nascosti da un morbido musetto tondo ricoperto di pelo.
Jiro e Silù erano molto diversi tra loro. Lei alta, magra e slanciata, con la pelle bianca e scoperta, aveva orecchie allungate che le sovrastavano le tempie, terminando appuntite, e capelli raccolti a ciocche spesse, del colore delle alghe, tutti intrecciati in mille nodi ormai indistricabili. Lui, interamente coperto sul dorso e sui fianchi da fitte squame azzurre, era minuto e dalla forma oblunga, con le zampette corte e una coda spinosa chiusa da due piccole pinnette. Non parlavano la stessa lingua, ma erano sempre riusciti a comunicare con gli sguardi, i gesti, le posture.
Se si presentava un’avventura la affrontavano insieme, se era ora di fare il bagno si tuffavano insieme, se un luogo attirava l’attenzione di uno dei due, allora anche l’altro partiva in esplorazione. Amavano fare immersioni e scoprire nuove bestie che si spostavano nei dintorni del regno per cercare cibo o migrare verso climi più miti.
In primavera Silù poteva riunirsi alla sua famiglia e per questo non vedeva l’ora di farsi un bel bagno. L’acqua, appena tiepida e ancora trasparente, custodiva in sé un mondo rigoglioso e sorprendente. Nella vegetazione di poseidonia e coralli vivevano creature straordinarie; come i pesci dagli occhi tondi e il corpo esile che in quel periodo dell’anno giungevano verso riva per potersi cibare delle conche gusciose. Questi erano dischi appena convessi che si nascondevano tra le insenature di rocce muschiose, prede difficili per qualunque altro pesce. Poi gli orsi marini si avvicinavano di nuovo alla costa, dopo un lungo letargo, per cercare acque calde e ricci ancora giovani, con le spine morbide, che si dirigevano controcorrente per raggiungere, all’inverso, luoghi freddi per rinforzare la corazza.
Nel loro viaggio avrebbero affrontato come primo avversario Silù, il cacciatore più abile e ghiotto di ricci.
Appena annusò il fresco profumo del loro salso, l’orsetto di mare abbandonò a galla il bastoncino di legno e si riunì al suo branco senza risparmiarsi nella prima battuta di caccia della stagione.
Quella mattinata si era rivelata preziosa. Sia lui che Jiro avevano fatto scorta di frutti di mare, che avrebbero conservato a lungo. Ne gustarono qualcuno per pranzo: aperti a metà e arrostiti sul falò. Per condimento la ragazza aveva preparato una deliziosa salsetta di tarassaco, gialla e saporita.
Tutto procedeva secondo i piani. Jiro non poteva fare a meno di pensarla così.
Sull’isola felice del Castello nell’aria nulla poteva andare storto. Ogni elemento si fondeva alla perfezione con tutti gli altri; tutti gli esseri viventi erano in armonia, consapevoli del loro ruolo all’interno del cerchio della vita e felici ognuno della propria condizione quale che fosse.
Era un luogo magico che non si sarebbe mai dissolto.
Luciano Antonio
Fin dalle prime pagine ho iniziato ad evidenziare frasi su frasi da cui venivo colpito: si dà importanza a particolari che vengono quotidianamente trascurati, ma da cui ad ogni pagina ho tratto veri spunti di riflessione.
Questa cura per i dettagli permette di entrare dentro al racconto, di viverlo, di sentire la differenza. Romanzo scorrevole e coinvolgente: una piccola avventura da vivere.
Anna Lisa
Le ore che ho dedicato alla lettura de “Il mondo di Luis” mi hanno regalato dei momenti di grande Bellezza emotiva e allo stesso tempo di assoluta consapevolezza del talento e della padronanza di linguaggio, ricco e ricercato, dell’autrice. Romanzo avvincente, profondo, dinamico ed appassionante.