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Il prete ateo

Il prete ateo
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Consegna prevista Gennaio 2024
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Jean Meslier nacque a Mazerny, nelle Ardenne il 15 giugno 1664. Divenne sacerdote e fu assegnato alla parrocchia di Étrépigny, dove rimase ininterrottamente dal 1689, cioè all’età di 25 anni, fino alla sua morte, a 65 anni, attorno al 30 giugno 1729. La sua vita fu vissuta in totale anonimato e in grande solitudine, ma dopo la sua morte, in modo fortunoso, furono trovate le sue memorie, definite e rimaneggiate principalmente da Voltaire e diffuse col nome artefatto di Testamento. Il Testamento comparve a metà Settecento, ma ancora oggi esiste molta difficoltà nel reperire i testi originali. L’opera inizia con le questioni sulle origini delle religioni, passa poi alla demolizione delle prove di verità, per concentrarsi sugli effetti del sistema di credenze, che nelle mani del potere servono a sostenere sfruttamento e ingiustizie sociali. Questo testo ci pone di fronte ad un illuminismo che qualcuno ha definito “radicale” ma che andrebbe definito “estremo”.

Perché ho scritto questo libro?

La curiosità di conoscere l’animo delle genti che hanno popolato la nostra storia passata con esempi a volte molto significativi anche per il nostro attuale mondo.

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

IL LIBRO

Jean Meslier nacque a Mazerny, piccolissimo comune nel dipartimento delle Ardenne il 15 giugno 1664. Visse in quel paese, poi nel seminario di Reims dove divenne sacerdote e infine fu assegnato alla parrocchia di Étrépigny, un altro piccolissimo comune sempre nel dipartimento delle Ardenne, dove rimase ininterrottamente dal 1689, cioè all’età di 25 anni, fino alla sua morte, a 65 anni, attorno al 30 giugno 1729. La sua vita fu vissuta in totale anonimato e in grande solitudine, ma dopo la sua morte, in modo fortunoso, furono trovate le sue memorie, definite e rimaneggiate poi da Voltaire e diffuse come Testamento.

Significativa l’opinione del filosofo Michel Onfray che l’ha definito, riferendosi al cosiddetto “Testamento”,: “Un mostro di più di mille pagine, scritte a mano con la penna d’oca, alla luce del fuoco del caminetto e delle candele di un presbiterio delle Ardenne”.

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Il Testamento fece capolino in pubblico nella Francia di metà Settecento e fu subito oggetto di operazioni di taglio e cucito più o meno oneste, per conoscere, nel succedersi dei tempi, un destino quasi sempre ostile, infatti fu condannato a essere misconosciuto e tradito non solo dai suoi entusiastici scopritori ma anche da chi lo rinnegava.

Ancora oggi esiste molta difficoltà nel reperire i testi originali e in italiano non ne esiste una traduzione. Si può concludere dicendo che l’impianto dell’opera è sistematico e segue un ordine basato su precise tesi che tenta di dimostrare.

Si parte con la questione delle origini delle religioni e di quella cristiana in particolare, si passa poi alla demolizione delle prove di verità addotte dai sostenitori del sistema religioso, per concentrarsi successivamente sugli effetti del sistema di credenze ufficiali, che nelle mani del potere serve a sostenere e giustificare sfruttamento e ingiustizie sociali. Per liberarsi dallo stato di asservimento è dunque necessaria la demolizione della credenza nell’esistenza di Dio e di quella dell’anima, a cui l’autore dedica una nutrita serie di argomenti.

Questo testo ci pone di fronte ad un illuminismo che qualcuno ha definito “radicale” ma che andrebbe definito “estremo”.

Jean Meslier non sarebbe mai passato alla Storia. A chi sarebbe importato del curato di un paesino nelle Ardenne? Una vita insignificante come quella di migliaia di preti di campagna nell’Europa alla vigilia del secolo dei Lumi. Gente semplice, con poca cultura e quella poca assorbita solo nel seminario: nessuna conoscenza delle scienze, un’infarinatura di filosofia, un poco di teologia, tanta morale, tanto catechismo, i Padri della Chiesa, Agostino, Tommaso. Sottoposti costantemente alla stretta sorveglianza dei vescovi, nutrivano una fede protetta dall’isolamento fisico e morale. Così vivevano le loro oscure esistenze fra cerimonie e confessioni, magari con qualche peccatuccio carnale, fino a perdersi nell’oblìo dopo la morte.

Meslier, insieme all’ateismo, propone un’etica razionale, laica, fondata su presupposti naturalistici. Indignato per l’oppressione dei pochi sui molti, dei potenti sui deboli, dei ricchi sui poveri, si spinge fino a sognare il comunismo. Espone tutto questo senza precauzioni né eufemismi né giri di parole. D’altronde, nascosto nel suo studiolo, se lo può permettere: quando verrà letto, lui sarà nel nulla e nessuno potrà più fargli alcunché.

Je voudrais, et ce sera le dernier et le plus ardent de mes souhaits, je voudrais que le dernier des rois fût étranglé avec les boyaux du dernier prêtre.

Io vorrei, e questo sia l’ultimo ed il più ardente dei miei desideri, io vorrei che l’ultimo dei re fosse strangolato con le budella dell’ultimo dei preti

(“Il Testamento” di Jean Meslier)

INTRODUZIONE

Questa è la biografia in parte romanzata di Jean Meslier.  Le fonti storiche di riferimento sono scarsissime e spesso inaffidabili, o addirittura contradditorie. Le diverse speculazioni sulla sua costruzione filosofica sono basate più sul pensiero personale dei diversi filosofi e dei diversi studiosi che si sono occupati di lui e hanno fatto spesso considerazioni inappropriate, divagando ampiamente dal pensiero di base del curato Meslier, ma ciò, nel bene o nel male, ha dato spazio a diverse altre interpretazioni, forse non completamente condivisibili, ma che possono piacere ed essere storicamente accettabili. 

Le fonti, come si diceva, sono scarse e abbastanza difficili da trovare; i diversi autori che si sono occupati del curato si sono ampiamente copiati l’un l’altro, ma ciò è inevitabile perché i riferimenti in italiano e, per la maggior parte, in francese sono sempre gli stessi e quindi è quasi forzoso ricamare sui pochi dati a disposizione fornendo spesso interpretazioni personali che forse deviano dal vero e originario pensiero del curato Meslier.

Ringrazio tutti gli autori che mi hanno preceduto e che compaiono in una sintetica bibliografia a fine libro.

Pur restando in linea con la tradizione storica, che anch’io ricalco per forza di cose, mi sono immaginato alcune interpretazioni, forse un poco sentimentali e umane, che spero possano piacere. Ovviamente i personaggi descritti sono, quasi tutti, realmente esistiti e le licenze sono dovute alla mancanza di informazioni certe.

Questo curato ha, dopo un lunghissimo periodo di travisamenti e di oblio, raggiunto oggi una risonanza significativa nel modo filosofico per il suo atteggiamento ateo e per le idee rivoluzionarie e di forte comunismo, ante litteram, che gli hanno valso fama e un posto nella storia del pensiero e nella storia politica. 

Questo romanzo non ha nessuna ambizione storica, politica e filosofica, ma vuole solo descrivere un uomo in un mondo difficile che, forse, ha ancora molto da insegnare a tutti noi, dopo quasi tre secoli dalla sua morte.

Valerio Berta

ÉTRÉPIGNY, 20 GENNAIO 1725, SERA

Sta piovigginando in modo continuo da alcuni giorni, la pioggerellina è fitta e fastidiosa e l’umidità penetra nelle ossa, inoltre è sceso un freddo intenso, più del solito freddo di gennaio. Se appena si alza la temperatura dicono tutti che nevicherà in abbondanza. 

Il curato Meslier si è chiuso nella sua piccola canonica accanto alla chiesa.  Le brevi funzioni serali sono finite, ha sbarrato il portone della chiesa e chiuso tutte le finestre, come d’abitudine.  Si è quindi ritirato nella sua casa, la canonica, che è piccola e mal riscaldata. Per proteggersi meglio, oltre che coprirsi con la sua cappa, si è messo una coperta di lana grossolana sulle spalle.  Anche le finestre della casa sono sprangate, ha chiuso sia gli scuri esterni che quelli interni in modo da ridurre i numerosi spifferi.  La prima cosa che ha fatto, appena entrato in casa, è stata accendere la sua stufetta, che consuma poca legna e poco carbone. Certo sarebbe meglio avviare il grande camino in centro alla stanza, ma consumerebbe troppo, per riscaldare le sue poche stanzette. Non ha a disposizione una quantità enorme di legna e poi il tiraggio non è dei migliori e la stanza si riempie, dopo poche ore, di fumo che gli brucia gli occhi e che lo fa tossire.

Il curato ha sempre avuto bisogno di poco: accanto alla stufa ha messo il tavolo con una buona scorta di candele, i suoi libri, tenuti in ordine e con grande cura, e i pacchi di fogli in parte scritti con la sua calligrafia fine e minuta e in parte ancora vergini. Un angolo del tavolo è abitualmente apparecchiato con una piccola tovaglia, con i piatti e le stoviglie.  Vicino al muro e dietro alla stufa, ha spostato il suo letto.  Ormai vive da solo e non ha più alcuna perpetua che lo accudisce, quindi quell’unico locale gli basta.  La stufa, accesa da poco, già comincia a riscaldare e il curato, soffiando sulle mani intirizzite e coperte da dei mezzi guanti di lana, si appresta ad aprire i suoi documenti. 

Stanno bussando alla porta. Il curato Meslier va ad aprire.

  • Curato, sono Pierre, il figlio di Marie.  Mi apra per favore
  • Vieni Pierre, cosa vuoi?
  • Niente, ma la mamma mi ha dato per voi alcune cose, c’è anche mio fratello François.

I due giovanotti entrano con dei pacchi e delle pentole. Evidentemente sono di casa perché sanno cosa fare e dove posare le cose che hanno portato.

  • La mamma ha preparato una bella minestra di verdure e di legumi, forse c’è anche un poco di maiale. Qui c’è il pane cotto oggi e su questa mensola vicino al camino metto questo involto che contiene del formaggio.  Il nostro vino rosso è sul vostro tavolo e le altre bottiglie sono accanto al camino.
  • Ma vostra madre si disturba sempre troppo, non posso accettare tutto questo ben di dio!
  • Non dovete mangiare tutto stasera!  Potete lasciare qualcosa anche per i prossimi giorni

I ragazzi ridono e preparano una piccola pentola per riscaldare, sulla stufetta, una parte della minestra, il resto verrà conservato per i successivi e frugali pasti.

  • Adesso beviamo insieme un bicchiere di vino. Il nostro vino non è eccezionale e non è adatto ai signori, ma è corposo, scalda e nutre e, se ne bevete una mezza bottiglia, vi mette in pace col mondo e vi farà sorridere di felicità

Il curato ringrazia con affetto i giovani, che, una volta bevuto il vino, si affrettano a guadagnare l’uscita. È l’ora della cena anche per loro e la stessa minestra calda li aspetta a casa, a poche decine di metri dalla parrocchia.

  • Signor Curato, mi dimenticavo, la mamma ha detto che domani, con altre donne, verranno a pulire la chiesa, come al solito e poi verranno anche a pulire casa vostra.  Ricordatevi di preparare i panni per il bucato.  La mamma si è raccomandata di lasciare aperto il vostro armadio per vedere se ci sono indumenti da riparare. E poi, ma noi non vi abbiamo detto niente, c’è anche un bel regalo per voi, che le donne hanno preparato con la lana delle pecore del villaggio. Così starete più al caldo.

Meslier si commuove per l’affetto dei suoi parrocchiani, sono poche famiglie molto buone e molto generose che lui conosce ormai da tanti anni. Probabilmente il suo mandato sta per terminare, infatti, da qualche tempo, ha cominciato a notare una certa perdita delle forze, è un poco dimagrito e spesso gli manca il fiato quando fa anche modesti sforzi.  Fino a qualche tempo fa aveva un piccolissimo orto e alcune galline che gli fornivano uno o due uova al giorno, ma ha dovuto lasciarle perché lo sforzo era troppo grande e lo estenuava. Sono questi i segni che la sua vita sta, pian piano, giungendo al termine, ma questo è il motivo che lo sprona a completare la sua opera. 

Ma quale opera?  l’opera della sua vita!

Ha praticamente finito di scrivere un grosso volume, con le sue considerazioni filosofiche e religiose, di ben mille pagine e ora deve correggerlo e poi scrivere, ovviamente a mano, con la sua penna d’oca intinta nel grosso calamo, almeno una seconda copia, forse una terza, se ne avrà la forza. 

Rimuginando tra sé questi suoi pensieri ha finito di mangiare la minestra, che era squisita e ora beve mezzo bicchiere di vino, che gli riscalderà il sangue.  Risciacqua il piatto e le stoviglie nell’acquaio e si mette, vicino alla stufetta, dalla parte del tavolo che gli fa da scrivania. Apre il volume con le cartelle già scritte e resta pensoso: quanti anni sono che vive relegato in quel paesino sperduto nelle Ardenne?

La candela di sego illumina malamente il tavolo e getta ombre strane sulle pareti, sembrano sagome di persone che ritornano dal suo passato.  Non ha nulla e nessuno di cui temere e quindi il suo animo è molto sereno, ma il vino non gli favorisce la concentrazione, si distrae e la penna gli cade dalle mani intirizzite per il freddo. 

Da troppo tempo è lì, isolato in quel paesino delle Ardenne, senza o quasi alcuna relazione col mondo? 

  • La mente non è lucida questa sera. Non riesco a concentrarmi; devo rileggere quello che ho scritto ieri sera e pianificare la correzione dei prossimi capitoli.  Ho una certa fretta di finire perché sento che la mia morte si avvicina lentamente, ma inesorabilmente. Se il mio libro non sarà finito per tempo resterà solo un abbozzo informe, utile solo per le fiamme della mia stufetta.

Ma tutto questo come ebbe inizio?

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Valerio Berta
Sono nato nel 1947 in una cittadina a nord di Milano, ma sono cresciuto, ho studiato, ho vissuto ed ho lavorato sempre a Milano. Sono stato chirurgo e mi sono occupato di molti settori specialistici della chirurgia sia in elezione che in urgenza. Ho sviluppato importanti e approfondite competenze nella gestione della sanità, definendo e dirigendo diverse sperimentazioni applicative su nuovi modelli organizzativi, anche in telemedicina. Sono felicemente sposato, da tanti anni, con Lorenza, che mi ha sempre aiutato con la sua pazienza, con la sua comprensione e il suo amore. Nel poco tempo libero dal lavoro sono sempre stato un accanito lettore e un appassionato di arte, in tutte le sue forme. Da quando sono “disoccupato”, riempio le giornate con molte attività parzialmente trascurate negli anni precedenti, tra queste c’è la lettura ed è comparsa anche la scrittura.
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