Nel suo angolo di mondo, poteva chiudere gli occhi e farsi dominare dai suoi pensieri. Nella mente aveva così tante domande che avrebbe voluto rivolgere al generale o ad Azeem. Perché doveva rimanere ai margini e non poteva stringere rapporti con nessuno all’interno di quella casa? Perché ogni abbraccio doveva essere preceduto da formale richiesta? Cosa gli avrebbe riservato il futuro, così grigio e nebuloso? La sua istruzione non sarebbe servita granché fuori dalle corti, e non aveva nessuna capacità per intraprendere un altro percorso lontano dagli agi della vita nobiliare. Quante domande senza risposta.
L’unica via che gli sembrava sensata era fare domanda per le armate regolari di Albia ma il generale era stato chiarissimo a riguardo: non gli avrebbe permesso di gettare la sua vita in guerra. Avrebbe potuto farlo di nascosto ma Louchesse aveva troppe conoscenze all’interno dell’esercito e non sarebbe durato una settimana. Ci pensava spesso, avrebbe risolto tutti i suoi dilemmi. La sua istruzione gli avrebbe dato accesso alle cariche più alte in futuro e la sua destrezza con le armi gli avrebbe garantito la sopravvivenza. Non gli sarebbe dispiaciuto fare lo stesso percorso dell’uomo che lo aveva accolto in casa propria e gli aveva dato tutte quelle speranze.
I suoi pensieri vennero interrotti da un fortissimo vento che per poco non gli strappò via il libro dalle mani. Durò qualche secondo e in seguito tornò la calma. Si tolse le foglie e la terra da dosso e ripulì il romanzo sperando che la raffica non avesse rovinato le pagine. Lo ripose all’interno della sacca che si era portato con sé e si guardò intorno. Cos’era successo?
«Ma che …?» disse a bassa voce.
Si mise in piedi e provò a guardare nella direzione da cui veniva il vento quando una seconda raffica lo investì e stavolta riuscì a spingerlo a terra. Portò le mani alla nuca e per fortuna non si fece male ma di nuovo quello strano vento si era manifestato dal nulla. Era una corrente che aveva attraversato il bosco ma non ne aveva mai viste di simili.
All’improvviso iniziò a sentire un ronzio continuo. Provò a tapparsi le orecchie e si accorse che non era un problema dovuto alla caduta: il suono esisteva davvero e non aveva nulla a che vedere con un problema all’udito. Chiuse gli occhi e si concentrò su quel suono, cercando di capire la provenienza e, in caso, seguirlo. Il suo cuore batteva all’impazzata e per un attimo ebbe paura di svenire. Fece un lungo respiro e prese coraggio. Camminò nella direzione del ronzio, facendo attenzione a tutto ciò che aveva intorno. Chissà cos’era che emetteva quello strano suono, simile al danzare delle api ma molto più stabile, nulla a che vedere con le variazioni di uno sciame. Si appoggiava agli alberi per evitare di non avere un supporto se fosse arrivata un’altra raffica di vento. Strinse i denti e fece qualche altro passo mentre il ronzio diventava sempre più forte e distinguibile ma non riusciva a vedere nulla che potesse provocarlo.
Poi lo notò.
Non era un oggetto, un animale, o altro.
Sentiva il ronzio, sapeva che veniva proprio da lì, ma non riusciva a capire cosa stesse vedendo.
Accanto a un albero, in mezzo al nulla, la realtà era … strana. Era come se ci fosse una parete invisibile che sfocava tutto ciò che c’era dietro di sé. Era grande quanto una porta e intorno ad essa non c’era nulla. Ogni tanto vedeva delle sorte di onde che l’attraversavano e la rendevano viva. Si sentiva sempre più intimorito ma allo stesso la curiosità della gioventù lo spinse a osare e gli diede la forza per avvicinarsi ancora.
Era ad un passo da quella parete. Avvicinò le dita ad essa, piano, deglutendo a fatica, mentre il suo cuore batteva sempre più velocemente e il sudore freddo colava lungo la fronte. Cos’era? La mano gli tremava ma ancora una volta la sua giovane età giocò a suo favore, con quell’incoscienza che solo un quindicenne può ancora avere. Nel momento in cui le dita sfiorarono la parete invisibile, il ronzio si fece più forte e, nei punti toccati si formarono delle onde, come se fosse la superfice di un lago. Onde continue che si sviluppavano dai suoi polpastrelli e che si distendevano lungo tutta la parete. Sentì che poteva andare oltre, spingersi più avanti e scoprire cosa ci fosse al di là di quella … come poteva chiamarla esattamente?
Sentì un brivido lungo tutto il corpo. Il solo pensiero di aver scoperto quella … cosa, gli provocò la pelle d’oca.
La sentì tremare.
Ebbe un sussulto e fece un passò indietro ma inciampò in qualcosa.
In quell’istante ci fu un’altra raffica di vento e capì che veniva proprio da quella strana parete. Un’ultima raffica seguita da un boato che gli tolse l’udito per qualche secondo. Al suo posto un fischio continuo e la sensazione di vertigine perenne. Il generale gli aveva parlato di quella sensazione, la stessa di quando un’esplosione colpisce proprio accanto a te e tutto si ferma, il terreno non è più stabile e non esistono suoni. Poi tutto torna normale, ci vuole qualche secondo, e finalmente ti puoi rialzare e sfuggire al nemico. Ma non c’era nessun nemico intorno a lui. Solo una misteriosa parete.
Era scomparsa. Non riusciva più a intravedere il velo che aveva sfiorato per un secondo. Era tutto finito e lui non aveva avuto neanche la possibilità di scoprire cosa ci fosse oltre la parete benché sapesse ci fosse qualcosa.
Abbassò gli occhi e controllò su cosa fosse inciampato. E lì vide qualcosa di molto particolare. Era una pistola. Cioè, aveva la forma di una pistola ma era completamente diversa da quelle che lui utilizzava per il suo addestramento. Riusciva a riconoscerne la forma ma questa aveva una sorta di pezzo cilindrico nel mezzo, la struttura quasi del tutto in metallo, con la sola impugnatura in un altro materiale. Al tocco sembrava avorio ma non ne era del tutto sicuro. Lo aveva visto solo una volta nello studio del generale, dove c’era un piccolo oggetto, un elefante, in quel materiale. C’erano il grilletto, il cane, la canna, ma non riusciva a capire come funzionasse.
Si guardò intorno e si chiese se il proprietario fosse ancora nei paraggi e se fosse pericoloso. Forse avrebbe dovuto avvisare Azeem, però gli avrebbe tolto dalle mani quella strana pistola e lui non voleva essere messo da parte.
Sentì la voce di Fleur, lo stava cercando. Corse verso la sua roba, doveva nasconderla nella sacca prima di essere visto dalla ragazza. Avrebbe deciso in seguito cosa farne.
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