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INDIFFERENZA – Senti la mia voce?

INDIFFERENZA - Senti la mia voce?

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Consegna prevista Marzo 2024
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Una storia realmente accaduta che porta alla luce il viaggio che Sandra intraprende fin dentro le fitte trame di emozioni e sentimenti discordanti racchiusi nella sua anima per rievocarli e dare un senso agli eventi. Sandra ci racconta la sua storia d’amore che nulla avrebbe mai potuto scalfire. S’illumina di ricordi felici ed altri la rattristano causandone inquietudine. Le candide pagine del suo diario, intanto, si tingono di verità nitide ed inconfutabili. E, mentre i ricordi si accalcano nella sua mente, il fato le scaglia l’ultimo colpo di coda. Un nemico ancora più temibile, impersonale e privo di anima e compassione stava già affondato le grinfie nel suo corpo. Sandra dovrà percorrere un tratto di strada malferma e dissestata ma, accetterà la profonda trasformazione di sé?

Perché ho scritto questo libro?

Rendere omaggio a Sandra raccontando la sua storia autobiografica è ciò che più mi stava a cuore, oltre al fatto che nella sua storia emerge, nitidamente, l’eterno conflitto umano: credere solo a tutto ciò che è vero e inconfutabile, ascoltando più spesso la nostra vocina premonitrice, oppure, a ciò che vorremmo fosse vero, mossi dal timore di affrontare una verità scomoda? Siamo capaci di annullarci pur di giustificare atteggiamenti vessatori e crudeli del nostro compagno di vita?

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

Vago da ore sulla fredda sabbia a piedi nudi perché bramosa di percepire quel gelido contatto capace di riacutizzare i miei sensi sopiti da tempo.

L’inquietudine …, anche quella però, si ridesta ed i rimpianti zampillano ingovernabili nei più profondi meandri della mia cognizione.   

Guardo l’orizzonte e, per un attimo, m’illudo di poter dirottare l’uggia amorfa ed ampollosa dei miei pensieri in quello spazio illimitato ma, nulla è più inconcludente di una mera fantasia.

Neanche il gelido vento autunnale che si alza, all’improvviso, è in grado di congelare quella martellante cadenza avversa della mia ritrovata lucidità e, così le amarezze si susseguono, si assiepano comodamente al centro di quel palcoscenico in cui la mente attende che il sipario si apra per dare inizio alle sue fallimentari interpretazioni.

La tediosa spossatezza in cui mi ero, volutamente, rifugiata aveva innalzato una corazza di fronte ai miei ricordi e, ciò, mi aveva permesso di sognare ad occhi aperti solo i repertori illusori che alimentavano quelle vacue speranze ma, adesso che l’avevo, delicatamente, rimossa non mi restava altro che riappropriarmi, mio malgrado, della sostanziale e improcrastinabile consapevolezza di aver vissuto un’esistenza velata da persuasioni ingannevoli. Ostinarmi ancora, nella fallace compressione dell’evidenza non avrebbe risolto il problema e, prima o dopo avrei dovuto fare i conti con quella realtà che frugacchiava silenziosa. 

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Ma come posso immergermi in quest’oscurità se mi sento già così labile ed incapace di reagire a tale dolore interiore? C’è una sorta d’infernale sommossa dentro di me! Due parti di una stessa me che lottano; l’una che vorrebbe continuare ad eludere ogni cosa e l’altra che ha, invece, un estremo bisogno di pragmatici riscontri esistenziali per ritornare ad essere padrona della sua vita. 

Sono stanca, sfibrata dalla completa assenza di vigore e mi siedo qui, su questa immensa spiaggia deserta e candida che mi fa compagnia e le mie mani si tuffano avide in quelle miriadi di luci intermittenti per afferrare e chiudere in un pugno una piccola parte di quella vastità che non può rimanere prigioniera; scivola a pioggia come tutte le certezze della mia esistenza. Non so più quanto tempo abbia trascorso in questa posizione e guardo il mare, ormai grigio; mi viene incontro deviando, dolcemente, le sue gelide acque schiumose per lambire i miei piedi spogli da ogni difesa.   

Docile, il mio diario attende di assestare i mille pensieri che si accalcano nella mente e   gli smisurati rimpianti che ad essa s’intrecciano. Lo scompiglio iniziale è devastante, ma solo finchè gli smarriti frammenti di memoria si ricompongono per dare inizio alla sequenza della mia vita.

Il vento, intanto, echeggia e mi scompiglia i capelli quando soffia incessante, poi, mi lascia respirare e giocherella in modo bizzarro. Lui sì, che mi farebbe   superare i confini del tangibile per immergermi in quel mondo fatato in cui le speranze non sono solo desideri evanescenti ed i sogni non sono magiche farfalle in volo che scompaiono ad ogni battito d’ali e gli arbusti avvezzi all’inaridimento mettono robuste radici per dar vita allo sfavillante fogliame.  E’ lì, dove sorge la nuova alba che germoglia in tutta la sua fluorescenza, avviluppata dalle mille sfaccettature dorate che io ritroverei, finalmente, la mia vera essenza.

Per quale snaturata legge realistica le chimere sorvolano solo dentro i cieli della fantasia e non aleggiano nella sfera del fattibile?

Perché un semplice colpo di spugna non riesce a distruggere d’un colpo ogni vestigia delle drammatiche sequenze della mia vita?

Perché continuo a violentare la pacata quiete della mente rievocando infelici frangenti di vita ormai passati se non leniscono affatto la profonda tristezza del mio cuore?

Riaffiora così, in quel turbinio di domande, una frase, citata da F. Cercignani che calza a pennello alla mia circostanza: “se vivi nel passato non troverai mai un senso nel presente”.

Si, è proprio questo che mi induce a prendere consapevolezza del mio presente e riassettare la mia vita dando modo anche ai ricordi più penosi di emergere senza porvi alcun freno. Quando il confronto tra quello che pensavo di avere nelle mie mani e quello che in realtà ritrovo sarà concluso, potrò finalmente ripartire con la mia vita.

Piano, piano i pensieri utopistici si dileguano e la mia mano lascia   la rena che ritorna delicatamente al suo posto per dare vitalità a quella penna senza vita che non attende altro se non scivolare veloce sul quel foglio per documentare una verità troppo a lungo accantonata.

Alessandro!!

Il suo nome risuona come un’eco prolungata e mi rendo conto che è il mio grande amore, il mio compagno, il mio amico … , tutto il mio mondo.

Ci siamo amati tanto e in modo superlativo ma poi ho permesso che il nostro amore, un po’ per volta, divenisse sempre più piccolo, sino a trasformarsi in un’immagine illusoria.

Non mi sono accorta subito di averlo perso.  Ne ho percepito   la sua sfumata consistenza quando ho sentito la necessità di ancorarmi, fiduciosa, ad un solido sostegno ed essere accolta in quel caldo abbraccio   in cui accucciarmi.  Indifesa ed impaurita mi sono ritrovata, completamente, sola ed incredula nel constatare che quell’amore così prezioso   non era più dove lo avevo custodito.

Si era, lentamente, logorato con il gelo del nostro inavvertito distacco ed aveva imparato a volare per sfuggire alla solitudine.

Ricordo ancora il nostro primo incontro quando Alessandro mi disse che mi amava e voleva che diventassi la sua ragazza.

Era innamorato alla follìa e, quando gli risposi che non avevo alcuna intenzione di intraprendere una relazione con lui, pianse con tanta disperazione da non permettermi di trattenere quel moto di tenera compassione, così, la mia decisione cambiò radicalmente.

Avevo sedici anni e mai, avrei immaginato che la nostra storia potesse durare così a lungo.

Ci eravamo sposati dopo molti anni di fidanzamento e, quel giorno in cui ci scambiammo le nostre promesse di amore eterno, pareva che Dio stesso fosse lì, in mezzo a noi tanto era immensa la passione, l’amore e la bramosia di iniziare, finalmente, la nostra vita insieme.

Nulla ci avrebbe mai divisi! Tante furono, in seguito, le problematiche e gli intoppi che tentarono di insidiare la nostra intesa ma, quella salda armatura che avevamo indossato il giorno memorabile delle nostre nozze, ci proteggeva sempre rendendo vano e fallace ogni tentazione maligna.

Continuammo, imperterriti, il nostro percorso vicini più che mai, fortificati dalla nostra stessa unione ed ogni problema lo affrontavamo nella convinzione di superarlo per il semplice fatto di essere insieme. Le sfide non potevano preoccuparci ma stuzzicarci a dare il meglio di noi.

Ogni ostacolo, però, senza che ce ne rendessimo conto, ci portava via del tempo prezioso da dedicare alla leggerezza dei sensi così via, via, ci ritrovammo a parlare molto di problemi e troppo poco di noi stessi e dei nostri desideri più nascosti. La routine quotidiana, intanto, non tardò a manifestare il suo ingombro mentre ci eravamo già addentrati nell’aggrovigliato turbine di quelle omissioni sconsiderate ed inconsce che stavano accompagnando la nostra unione verso il precipizio. Niente più sguardi complici, tenere attenzioni, parole carezzevoli, inventiva erotica e desiderio irrefrenabile di voler stare insieme.

Il nostro nido d’amore si trasformò in un ammasso frenetico di programmi ed incombenze; i nostri dialoghi mutarono in litigi sempre più frequenti e quella rabbia repressa sfociò nella prevaricazione sull’altro e nell’egoismo più sfrenato. Le attese, i sogni, i desideri rotolarono verso la completa rovina come un prezioso monile va in frantumi ed il “noi” fu irrimediabilmente posposto nell’angolo più in ombra delle nostre priorità.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

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Elena Martino
Elena Martino, nata a Spinazzola il 27 settembre 1963 dove, tuttora vive, fin dalla sua adolescenza, aveva la passione di scrivere racconti. Nel 2010 ha finalmente coronato il suo sogno con la pubblicazione della sua prima opera: ”Destini Incrociati” edito da Albatros, che le ha suscitato grandi emozioni, oltre a farle acquisire maggiore consapevolezza di proseguire il sentiero appena intrapreso. Nel 2013 pubblica la sua seconda opera: “il Sincronismo dell’Anima”, edito da Albatros-Il Filo, conseguendo maggiore visibilità e, nel 2015 esordisce con una silloge poetica dal titolo: “Illusione in Versi” edito da Montedit. Nella quarta opera: “Indifferenza”, l’autrice continua il suo viaggio e, attraverso spunti di vita vissuta, analizza il tema che ha sempre contraddistinto le sue opere: la ricerca della propria interiorità.
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