Una montagna che da sempre è circondata da un alone di sacralità e mistero. Un avvenimento del 1600 con esorcisti, cavalieri e messe nere. Anno 2012 – l’ultimo frate dell’eremo della Madonna della Pietra di Bismantova che nasconde un segreto. Due bambini con alcuni segni particolari, un nonno e una madre ad aiutarli. Una rovinosa frana. Altri mondi paralleli con guardiani, paesaggi incredibili e creature fantastiche. Curiosi di sapere come queste storie si intrecciano? Io sono pronto a raccontarle e tutti le possono ascoltare.
Perché ho scritto questo libro?
Dopo aver scritto e adattato commedie teatrali avevo il desiderio di esplorare il genere che amo leggere: il Fantasy. Iniziai a scrivere questa storia nell’estate del 2019 e volevo che fosse legata al territorio. Descrivere altri mondi ma anche luoghi bellissimi che conosco. Volevo parlare dei problemi che ci circondano: guerre, inquinamento e brutture visti da una prospettiva diversa. È anche una metafora dei nostri tempi dove i problemi del presente vengono scaricati sulle nuove generazioni.
ANTEPRIMA NON EDITATA
Prologo
Anno Domini MDCXX (1620) – l’Italia non era come la conosciamo oggi, era ancora lontano lo sbarco dei 1000 e l’unità d’Italia, tutta la penisola era divisa da guerre tra Ducati, Marchesati, Casate e Chiesa. In ogni sua parte vi erano lotte e guerre per il potere e il denaro. Al centro sud c’era il Regno di Napoli, che comprendeva Sicilia e Sardegna. C’era lo stato della Chiesa che dal centro Italia arrivava fino a Bologna, i Medici in Toscana, la Repubblica di Venezia che si espandeva nel nord est, la Repubblica di Genova che comprendeva anche la Corsica, i Savoia in Piemonte, gli Estensi a Ferrara e i Visconti-Sforza in Lombardia e parte dell’Emilia. Da poco, nemmeno duecento anni, era stata scoperta l’America, il “nuovo mondo” che allargava gli orizzonti e le possibilità anche per quello che fino ad allora era il mondo conosciuto, diventato da quel momento il “vecchio mondo”. Ma poco importava a questi piccoli regni di gente ottusa dalla sete di potere, dove tutto era un continuo di piccole e grandi guerre, accordi tra casate, matrimoni combinati, sotterfugi, imboscate… tutto questo per dominare, comandare e arricchirsi. Se avessero saputo quanti altri mondi c’erano! Non si potevano raggiungere come aveva fatto Colombo con le tre caravelle, oltrepassando l’oceano, erano meno distanti ma noi non avevamo più i mezzi per arrivarci.
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Due casate, i Visconti-Sforza e gli Estensi, si contendevano Reggio Emilia, passata di mano più volte. Era prospera da quasi cento anni, grazie ai suoi commerci e la produzione della seta. Era stato l’intuito di Lucrezia Borgia, che il 2 febbraio 1502 era entrata in Ferrara come sposa del duca Alfonso I d’Este, e il 2 agosto dello stesso anno con una lettera al Capitano Ducale e agli anziani di Reggio Emilia aveva raccomandato il “sedaiolo mastro Antonio da Zenua (Genova)” per la produzione di tessuti di seta innovativi nei colori e nelle fantasie dell’epoca. Si sviluppò in breve tempo l’artigianato della seta in tutta la città, ovunque si piantarono gelsi per l’allevamento dei bachi e fiorirono botteghe per la lavorazione e la tessitura dietro la guida degli artigiani che avevano imparato l’arte e la tecnica sotto la guida di mastro Antonio. Queste attività diventarono fondamentali a Reggio Emilia per moltissimi anni.
Nell’appennino reggiano dove ora sorge Castelnuovo né Monti c’era poco o nulla, non arrivò in collina e tantomeno in montagna l’artigianato della seta, qui vi erano soltanto contadini che allevavano bestiame e coltivavano la terra, mercanti che attraversavano l’appennino con le loro merci. Un borgo di case lungo i tornanti sterrati dell’appennino con poco o nulla oltre l’agricoltura. Di fianco a questo borgo di case si ergeva e si erge tuttora la Pietra di Bismantova, montagna strana per la sua forma che da sempre l’aveva accomunata a leggende e miti, citata da Dante Alighieri nella Divina Commedia:
„Vassi in Sanleo e discendesi in Noli, montasi su Bismantova in cacume con esso i piè; ma qui convien ch’om voli;
dico con l’ale snelle e con le piume del gran disio, di retro a quel condotto che speranza mi dava e facea lume„
(Dante, Purgatorio, canto IV, vv.25-30)
Sotto la Pietra, incastonato nella roccia della parete a strapiombo che lo faceva sembrare protetto e allo stesso tempo in pericolo imminente, sorgeva l’eremo dei frati Francescani, eretto qualche anno prima. Un luogo di preghiera e meditazione, tranquillo e isolato anche perché la strada che conduceva all’eremo finiva lì e non portava da nessun’altra parte.
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