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Kintsugi – Donne riparate

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Consegna prevista Febbraio 2025
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Storie di donne, storie di amore.

Marina, Beatrice, Doriana, Giulia, Vittoria, Kanako, Serena e Sandra sono mamme, professioniste, studentesse, mogli, sorelle, amiche ma soprattutto donne che vivono accanto agli uomini. Donne con i loro problemi, con i loro sogni e con le loro speranze spesso infrante dalla realtà̀che affrontano quotidianamente e dalle persone con cui si relazionano. Donne che si sorprendono con scelte azzardate e trovano nuovi slanci verso la vita. Donne che non smettono mai di sperare e di lottare. Donne che amano e che vogliono amare. Amori vecchi e amori nuovi. Amori sorprendenti e amori che vanno contro gli schemi sociali e culturali. Donne che si “riparano” e danno più̀valore alle loro vite. Ho provato a raccontare le storie di queste donne e ho cercato di dare ad ognuna di loro un “lieto fine”. La mia speranza è che, chi legge, si possa ritrovare in una delle protagoniste rivivendo le sue emozioni, e trovando la “svolta” per riappropriarsi della felicità. Ogni racconto, per ognuna delle storie delle donne protagoniste, ha associato un brano musicale che vuole evocare l’atmosfera del racconto e le emozioni descritte. Otto brani di otto artiste per otto donne. In conclusione, otto racconti per raccontare, almeno spero, come possono amare le donne e come si devono amare.
I brani posso essere ascoltati nella playlist di Spotify “Kintsugi – donne riparate”.

Perché ho scritto questo libro?

L’ispirazione mi è arrivata mentre partecipavo ad un corso di “arti creative”, durante il quale ho immaginato una breve storia sull’incontro di due sconosciuti. Il giorno dopo ho sentito la necessità di scrivere quella storia e, dopo averlo fatto, mi sono accorto che altre storie si stavano mettendo “in coda” per uscire dalla mia mente. Ho scritto questo libro per cercare di comprendere le donne e rileggendolo mi sono reso conto che, almeno in parte, ci sono riuscito.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Il Sogno di Gianni e Kanako.

Erano due anni che Gianni viveva a Tokyo. Si era trasferito dopo la separazione da sua moglie Paola. Diciotto anni di matrimonio, nessun figlio e un amore che lentamente si era spento per l’assopimento del desiderio, per la monotonia della loro vita e per il tradimento di Paola.

“Purtroppo sono cose che capitano” si ripeteva Gianni nella sua mente ma in realtà non avrebbe mai voluto che fosse successo a lui. Quello di cui si rese conto, dopo la fine del suo matrimonio, è stato che non aveva più qualcosa di suo. I suoi film preferiti, le sue canzoni preferite, i suoi ristoranti preferiti, i suoi posti preferiti erano un motivo di dolore perché lo riportavano indietro nel tempo, quando lui e Paola li vivevano insieme. Vivere a Roma era diventato qualcosa di angosciante.

Sentiva che la sua vita sarebbe scivolata, silenziosa, solitaria e grigia, fino alla sua vecchiaia.

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Lavorava in una grande multinazionale nel settore dei dispostivi digitali, parlava correttamente inglese e francese, era molto stimato dai suoi superiori e, soprattutto, non aveva problemi a lavorare in gruppo. Per questo si candidò per andare a ricoprire una importante carica nella sede di Tokyo e la sua candidatura fu accettata. Aveva appena compiuto cinquantaquattro anni quando prese l’aereo che lo avrebbe portato dall’altra parte del mondo. Sperava che non avrebbe avuto più la sensazione di aver sprecato inutilmente la sua vita e forse avrebbe avuto un’ultima occasione per averne un’altra.

Ma erano trascorsi due anni e ciò che aveva ottenuto era solo una frenetica vita professionale. Ogni giorno si recava in ufficio, e poi frequentava un corso avanzato di lingua giapponese per stranieri. Poi tornava nel suo confortevole ma freddo appartamento nel quartiere Nagasaki. Spesso si portava il lavoro a casa e trascorreva il fine settimana scrivendo una offerta commerciale o correggendo le bozze di progetto che i suoi collaboratori preparavano. Le uniche sue certezze erano che non aveva alcun tipo di problema economico e che, dopo due anni, parlava un discreto giapponese. Ma non aveva una vita fuori del contesto lavorativo. I suoi collaboratori erano per lo più molto giovani e il loro rapporto con Gianni era molto formale.  Si inchinavano e ringraziavano ossequiosi anche quando venivano encomiati o, addirittura, quando Gianni provava a fare una battuta.

Dopo due anni, vissuti in quella megalopoli di quasi venti milioni di abitanti il senso di solitudine stava diventando ossessivo. Sempre più di frequente si chiedeva se fosse il caso o meno di chiedere il trasferimento in Italia.

Kanako non si era mai sposata. Aveva 42 anni ma ne dimostrava qualcuno di meno, con quel fisico minuto e i capelli lunghi castani chiari fino alle spalle. I suoi grandi occhi erano di un color nocciola chiaro e non si poteva non notarli. Nonostante fosse stata sempre molto attraente non era mai riuscita a trovare l’uomo adatto a lei e non aveva mai avuto l’intenzione di sposarsi solo per avere una persona accanto. I suoi genitori, che vivevano a Yokohama, erano oramai convinti che la loro unica figlia non si sarebbe mai sposata, perché troppo vecchia e questo li rendeva tristi e affranti. Per anni le avevano ripetuto di trovare un bravo ragazzo, di sposarsi e di mettere su famiglia. Ma Kanako non aveva ceduto alle preghiere dei suoi genitori e, quelle poche volte che li andava a trovare, veniva considerata come un’ospite e non come una figlia. Tutto ciò rendeva triste Kanako ma ancora più determinata nel portare avanti la sua scelta di vita. Avrebbe sposato, se lo avesse trovato, solo l’uomo dei suoi sogni; avrebbe sposato solo colui con cui avrebbe provato un altissimo livello di affinità; avrebbe sposato solo colui con il quale sarebbe bastato guardarsi negli occhi per capire i propri pensieri. Avrebbe sposato solo colui che, come lei, aveva una indole curiosa e una forte predisposizione a conoscere, scoprire, sapere.

Dopo la laurea e il master come grafica, Kanako era stata assunta in una importante azienda nel settore pubblicitario con sede a Tokyo.  Quando non era in ufficio, Kanako passava il tempo in giro per Tokyo passeggiando per le vie principali o per i viali dei grandi parchi. Viveva in un piccolo ma molto confortevole appartamento nel quartiere Minato. Quando era possibile, visitava le mostre culturali di altri paesi. Non era mai uscita dal Giappone ed era affascinata dalle culture europee, così diverse da quella giapponese. In particolare, aveva un debole per l’Italia, così antica, così carica di tradizioni, di storia, di gusto e di eleganza.

Aveva seguito un corso di lingua italiana e le piaceva leggere i classici della letteratura italiana. Si era innamorata de “I promessi sposi” di Alessandro Manzoni e si sentiva come la protagonista, Lucia, che alla fine era riuscita a sposare il suo Renzo, nonostante tutte le avversità che aveva dovuto affrontare. Poi amava il gusto del benessere degli italiani, quel loro ricercare in qualsiasi espressione creativa, quel qualcosa che dava piacere. La moda, le macchine di lusso ma soprattutto il cibo e il vino. Per questo, almeno una volta al mese, cenava in un ristorante italiano. Si faceva questo piccolo regalo gratificante e nutriva il suo spirito più con gli occhi che con la bocca. Il suo sogno nel cassetto era aprire un ristorante italiano a Yokohama, con un vero chef italiano.

Un pomeriggio di novembre, mentre passeggiava per le vie di Harajuku, così colorate e piene di negozi, qualcosa attirò la sua attenzione. Eataly era uno dei posti che più amava di Tokyo e dalla luminosa vetrina, che permetteva di godere con la vista di tutti i prodotti della cucina italiana, spiccava un grande poster colorato che invitava i clienti a una lezione gratuita di cucina italiana. Era prevista per il sabato successivo e Kanako non avrebbe rinunciato a quella esperienza per nulla al mondo. Entrò nel locale e si iscrisse all’evento. Poi, felice per aver aderito a quella piacevole attività decise di comprarsi una bottiglia di vino rosso italiano. Kanako non era una gran bevitrice ma il sapore, così deciso e particolare, del vino rosso italiano la mandava in estasi. Si avvicinò allo scaffale dei vini rossi e inizio ad ammirare quelle bottiglie con quelle etichette così particolari, con poca grafica e molte parole scritte. Di solito si regalava un Chianti ma aveva letto su una rivista di cucina italiana di vini rossi di un’altra regione di quel paese, di cui però non ricordava il nome.  Non sapeva cosa scegliere e stava per optare per il classico Chianti quando vide un signore italiano, che prendeva dallo scaffale una bottiglia di vino rosso con una etichetta molto particolare dove spiccava un panorama con una montagna e un lago. Curiosa prese anche lei quel vino e lesse il nome “Sogno”. Conosceva quella parola italiana e le piaceva quel termine, per lei era “Yume”.  Si recò alla cassa, pagò il suo vino e poi tornò a casa. Dopo una cena frugale si donò un calice del vino che aveva comprato. Appena il suo piccolo naso si avvicinò al bordo del bicchiere fu investita da una esplosione di odori di frutta e di bosco. Lo assaggiò delicatamente ma come il vino entrò nel suo palato si rese conto che aveva scelto una bottiglia speciale. Chiuse gli occhi e si trovò in Italia a passeggio per il centro storico di una indefinita città, camminando tra colori, profumi e suoni che non aveva mai avuto modo di conoscere realmente ma che erano nel suo “sogno”.

Gianni, quel martedì, decise di uscire prima dall’ufficio. Aveva portato a termine tutti gli obiettivi previsti e prima di quanto aveva pianificato. Il tempo a Tokyo, a novembre, è quasi sempre soleggiato e non fa ancora molto freddo.  Usci dalla sede di lavoro alle sedici e, per una volta, decise di rompere la sua routine lavoro-casa-lavoro. Si recò alla vicina stazione ferroviaria e prese il treno della Yamanote Line in direzione di Harajuku. Voleva passare un po’ di tempo in mezzo alla gente, guardare le vetrine e perdersi nei suoi pensieri. Dopo meno di venti minuti uscì dalla caratteristica stazione e si ritrovò catapultato in mezzo alla folla. Migliaia di persone che si riversano nelle strade colorate e piene di suoni di quella zona per fare shopping o solo per passare il tempo. Svoltò a destra dove sembrava ci fossero meno persone e iniziò passeggiare, guardando distrattamente le vetrine dei negozi. Camminò per circa un ora e poi si fermò davanti alle vetrine di Eataly. Quel locale di Tokyo gli piaceva molto di più di quello di Roma. Forse perché li trovava quei prodotti italiani che non erano così comuni a Tokyo, forse perché un po’ gli ricordava la sua città, forse perché, a una persona come lui che amava cucinare, li poteva seguire delle interessanti lezioni sulla cucina italiana. Entrò e la prima cosa che il suo sguardo notò fu un poster arancione con la scritta “AMATRICIANA”.  Si avvicinò al cartellone incuriosito e scoprì che il sabato successivo ci sarebbe stata una lezione gratuita sulla cucina italiana. Non ci pensò due volte e si diresse al banco per prenotarsi un posto. Fu fortunato perché ne erano rimasti solo due dei venti previsti. Poi decise che un po’ di shopping “compulsivo” lo avrebbe aiutato a superare quel senso di solitudine che provava. Il suo appartamento aveva una cucina “decente” a differenza di gran parte delle abitazioni di Tokyo e cucinare, per lui, era una forma di amore che in questa fase della sua vita dava solo a lui stesso. Quella sera si sarebbe cucinato qualcosa di speciale e avrebbe stappato una bottiglia di vino ancora più speciale. Compro tagliatelle all’uovo, scaglie di tartufo, parmigiano reggiano e burro poi si diresse verso gli scaffali del vino.  C’era un vino in particolare che cercava. Era una delle cose che lo legava ai tempi vissuti con la ex moglie ma stranamente l’idea di bere un calice di quel vino non gli creava alcun dolore. Pensò che fosse giunto il momento di riappropriarsi di quelle “cose” buone e belle a cui aveva rinunciato perché gli ricordavano il suo matrimonio fallito.  Era giunto il tempo di riprendere possesso dei suoi desideri. Prese il vino dallo scaffale e lo guardò con un senso quasi di bramosia. Il suo “Sogno” era nelle sue mani.

Troverai qui tutte le novità su questo libro

Commenti

  1. Paolo Maria Innocenzi

    Il libro di Paolo Proietti Mancini non solo celebra la forza e la resilienza femminile, ma anche il potere della guarigione e del rinnovamento personale. Ciascun racconto è un viaggio intimo attraverso le difficoltà, i dolori e le gioie delle protagoniste, mostrando come ognuna di loro affronti le proprie sfide e trovi la propria strada verso una forma di redenzione o di liberazione interiore. Attraverso questi percorsi di crescita personale, Paolo invita i lettori a riflettere sulla bellezza intrinseca nel processo di riparazione, sia essa fisica o emotiva, e sull’importanza di trovare la forza nella fragilità.

    La scelta di abbinare ogni storia a un brano musicale specifico non è solo una tecnica narrativa, ma diventa un elemento di connessione emotiva che approfondisce il rapporto tra il lettore e i personaggi. Questo metodo arricchisce la narrazione, permettendo a ogni storia di risuonare a un livello più profondo e personale, poiché la musica evoca sentimenti universali che possono trasformare la comprensione del lettore delle esperienze vissute dai personaggi. Ritengo che “Kintsugi – Donne Riparate” sia una testimonianza potente della capacità umana di superare le avversità e di trovare bellezza e forza nei momenti più difficili della vita.

  2. (proprietario verificato)

    Questo libro scalda il cuore molto più di una felpa e costa anche meno. Con la differenza che la felpa si infeltrisce e non la indossi più. Invece il libro di Paolo ti rimane e puoi rileggerlo quando vuoi. Non ci giurerei ma credo tenga anche fresco quando il cuore risultasse troppo surriscaldato.

  3. (proprietario verificato)

    Ho letto tutto il libro con grande interesse, gli episodi sono ben differenziati e mettono in evidenza la varietà di emozioni e conflitti che si possono presentare nelle relazioni. Lo trovo un libro moderno e molto attuale, di lettura piacevole Maria Novella Tacci

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Paolo Proietti Mancini
Mi chiamo Paolo Proietti Mancini e sono un figlio del boom economico, nato a Roma ad agosto del 1959. Sono vedovo, ho una figlia grande ed autonoma e vivo con due gatte. Per quasi 35 anni ho lavorato nella formazione. Non ho mai scritto romanzi o racconti, ma, grazie al mio lavoro, ho compreso l’importanza e la forza dello “storytelling” e di come sia utile per apprendere e per poter metabolizzare concetti e idee. Avendo smesso di lavorare per "raggiunti limiti di età" e con tanto tempo libero a disposizione, mi sono ritrovato a fare chiarezza sulle mie emozioni. E cosi mi sono ritrovato a scrivere.
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