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La banda del Leprecauno

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Consegna prevista Luglio 2025
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Lasair è un leprecauno ribelle, invece di realizzare calzature come tutti gli altri folletti, lui passa le sue giornate tra il mondo degli spiriti e quello materiale a fare scherzi e dispetti agli umani di Doolin, senza mai pensare alle conseguenze. A seguito di una bella sbronza scoprirà di aver causato la distruzione del proprio villaggio, non c’è scampo a ciò che l’aspetta : Lasair verrà punito con la morte da Garindel stessa, la Dea Madre. Dopo un lungo sogno e una chiacchierata con la Divinità lo spiritello si risveglierà catapultato nel mondo terreno senza alcuna via di ritorno, secoli dopo il suo decesso e senza sapere perché. E cosa ben peggiore: sa che resterà bloccato in quella ridicola forma umana per mille anni. Deciso a dimostrare a Garindel che non ha bisogno di seguire le regole e il destino che qualcuno ha già scelto per lui, Lasair intraprenderà un viaggio con lo scopo di riottenere i suoi poteri magici e diventare qualcuno che conti davvero nel continente di Ahkron.

Perché ho scritto questo libro?

Oltre ad un bizzarro viaggio on the road questo libro è un’incitazione al percorrere la propria strada, andando contro tutti coloro che hanno già deciso per noi. Credo che la risata sia la medicina universale per i momenti bui della vita, se questa storia non è che una metafora della stessa, perché non raccontarla attraverso gli occhi di un impertinente folletto, sprezzante del pericolo? Come riuscirebbe altrimenti a sopravvivere in un mondo in cui omicidi e discriminazioni fanno da padroni?

ANTEPRIMA NON EDITATA

Prologo

La fine di un nuovo inizio

– Amore mio, perché sei così?

– E lo chiedi a me? Mi avete fatto voi così, Madre.

– Non doveva andare in questo modo, Spreach. Ma la tua natura è completamente fuori controllo.

– Perché è questo il problema, tu e il tuo dannato controllo. Sei ossessionata dall’ordine, sei così cieca. Non ti rendi conto che un “equilibrio naturale delle cose”

non può esistere?

– Cosa ne sai tu? Tu vuoi solo distruggere tutto! 

– Non è così, io ho dato alle persone la libertà, la libertà di scegliere. E ti ho semplicemente dimostrato che hai torto. Che avete torto, tu e l’uomo che dovrei chiamare Padre, quell’alchimista! Più di ogni altri lui dovrebbe sapere che la distruzione fa parte della natura degli esseri viventi. 

– Che cosa stai dicendo? Cosa vuoi saperne di come funziona l’universo?! Sei ancora troppo giovane!

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– E tu sei così arrogante! Dopotutto perché mai un genitore dovrebbe dare retta al proprio figlio, vero? Non c’è mai niente da imparare per voi?!

– Non è questo il punto!

– Oh sì, è proprio questo il punto. Per te è più importante dimostrare di avere ragione, che comprendere la verità! Se volessi starmi a sentire per un momento…

– Non c’è niente che tu possa dire in tua difesa, ti abbiamo lasciato fare a modo tuo e questo ha portato solo violenza, morte, carestia e guerre. Non è ciò che volevamo per te.

– Ma è ciò che vogliono gli umani! Mamma, la violenza fa parte della tua amata natura! L’esistenza pacifica del trifoglio dipende da quanti topi riesca a sbranare un gatto! Il Caos è l’unica legge che regna, ciò che regola il tuo stesso creato!

– Stai di nuovo vaneggiando su questa storia?! Evidentemente non ti è bastato…

– Cosa? Essere rinchiuso in una prigione fuori dal tempo ai confini dell’universo, soltanto perché tu sei troppo orgogliosa per ammettere che io ho ragione e tu hai torto? 

– Cos’altro avremmo potuto fare? Ti rendi conto di essere un mostro quando ti comporti così? Tuo padre ha sacrificato la vita per questo. A quante pare invano, ma ora basta!

– Mi dispiace che debba andare così, io vi ho sempre voluto bene.

             

Capitolo 1

Maledetto umanamente

Questa storia inizia come tante altre, in un giorno imprecisato di un anno imprecisato, in un’Era di disordine, un’Era in cui a dettare le regole del mondo era la magia e non la scienza, la forza bruta e non la civiltà. E, cosa peggiore di tutte, non avevano ancora inventato i sanitari. Dunque si parla di un’Era distante secoli dai comfort dei tempi moderni, nel lontano ed inesplorato mondo di Globo, in un continente più o meno a forma di croce, chiamato Ahkron.

Era pieno inverno nelle terre del Nord Est e la neve ricopriva gran parte dei viali e dei tetti delle abitazioni di Doolin, un piccolo villaggio che contava una ventina di famiglie al massimo, nato nel mezzo del bosco di Greenwood.

In una delle case più antiche del luogo viveva l’anziana vedova Agatha assieme a suo figlio William, anch’egli rimasto senza consorte per avverse fortune, e ai due nipotini.

Nei pomeriggi invernali Agatha era solita riposare davanti al caldo fuoco del camino, nella completa quiete che il villaggio di Doolin offriva tutto l’anno.

William era un taglialegna e nei pomeriggi troppo freddi rimaneva in casa per fare compagnia alla madre, e passava ore ad intagliare il legno ricavando stoviglie, piccole sculture e svariati utensili che aveva modo di rivendere ai villaggi vicini con l’arrivo della bella stagione.

Quel pomeriggio la vecchia Agatha stava come sempre comodamente addormentata sulla sua sedia a dondolo, avvolta da una coperta pesante, ed in casa regnava il silenzio, alternato di tanto in tanto agli scoppietti delle braci e alle urla dei bambini fuori dalla finestra.

Mentre i figli di William giocavano nel cortile, il padre chino sul tavolo da lavoro posizionato di fronte al letto, aveva iniziato a lavorare dei ciocchetti di legno rimediati qualche giorno prima nel bosco.
Nel giro di qualche secondo la calma domestica sarebbe stata interrotta bruscamente, ma la tranquilla famigliola ancora non ne aveva idea.

All’improvviso le fiamme all’interno del camino cominciarono a muoversi in maniera bizzarra, come se avessero preso vita e dalle braci si sollevò una lunga lingua di fuoco che cominciò a vibrare nell’aria curvandosi prima verso destra, poi verso sinistra, come se volesse affacciarsi per esaminare il posto, poi si fermò di fronte all’ignara Agatha, ancora immersa nel mondo dei sogni, e sputò letteralmente una scintilla sui capelli raccolti dell’anziana signora.

Fu così che in pochi secondi la testa della vecchina iniziò a prendere fuoco: il calore svegliò improvvisamente Agatha che scattò in piedi, scagliando la coperta per terra e cominciando a correre e urlare per la casa in preda al panico.

I bambini intenti nella loro battaglia di palle di neve videro la porta d’ingresso spalancarsi e la loro nonnina lanciarsi nella neve con la testa in fiamme. Indubbiamente lo spettacolo si concluse con una fragorosa risata da parte dei nipotini e stridule preghiere della sfortunata donna, che si rialzò scioccata e incredula.

Nel baccano generale apparve sulla porta aperta un omaccione, rosso di capelli e con una folta barba, che imbracciando un fucile, cominciò a sbraitare mentre si guardava intorno.

Che succede!? Ci sono di nuovo i briganti in città?! Bambini entrate in casa!

Solo dopo qualche secondo William notò la madre seduta a terra che guardava nel vuoto e si tastava la testa, in parte bruciacchiata e in parte calva, con espressione inebetita.

– Mamma! Stai bene?!

– I miei… i miei capelli… di nuovo.

– Ancora lui?! Giuro che stavolta lo acchiappo e lo faccio arrosto! Così vediamo se avrà ancora voglia di giocare con il fuoco!

I fratellini udirono il discorso del padre incuriositi.

– Ma papà, lui chi?

L’omaccione entrò di corsa dentro casa come se non avesse minimamente ascoltato la domanda dei figli ed una volta nel soggiorno cominciò a puntare il fucile verso la bocca del camino. Quando i due giovani lo raggiunsero William alzò un braccio e con due dita della mano indicò di fare silenzio.

– Dove sei?! Schifoso bastardo! Ti diverti eh?! Demonietto malefico! Te la prendi con una povera vecchia, eh?

Nel frattempo Agatha li aveva raggiunti.

– Ehi! Come osi parlare così di tua madre!? – dopotutto, lei si riteneva ancora una donna nel fiore degli anni.

– Non ora, mamma…allora vieni fuori Pixie schifoso!

Così la fiamma del camino riprese vita propria ed iniziò ad innalzarsi fino al soffitto cominciando poi ad assumere le sembianze di un vero e proprio serpente di fuoco che in uno scatto rapidissimo raggiunse la canna del fucile con le fauci spalancate, e nell’esatto momento in cui William stava premendo il grilletto, il serpente si attorcigliò lungo l’arma per poi dondolarsi beffardo davanti agli occhi spalancati del nervoso omaccione.

I bambini, intanto, si erano nascosti con la nonna dietro allo stipite della porta, mentre il padre rimaneva basito e terrorizzato a contemplare, aggrappato al fucile, l’enorme buco alla parete.

Calò il silenzio nel salotto, a disturbarlo soltanto il sibilo del rettile demonico,fastidioso quanto lo spiffero notturno di una finestra non chiusa a dovere.

Poi William deglutì.

– Salve! – esordì il rettile.

Il taglialegna chiuse gli occhi e cominciò a urlare, lanciò il fucile per aria e si coprì il volto con le braccia e quando l’arma cadde sul pavimento causando un tonfo assordante il serpente svanì nel nulla. Un’irritante vocina che proveniva dalla finestra cominciò a prendere in giro la famigliola.

– Ah ah ah! Siete così divertenti voi umani! E così stupidi!

– Brutto figlio di…

Prima che il contadino potesse finire la frase, la vecchia Agatha lanciò un urlo spaventando ancora di più i due bambini che scapparono al piano di sopra in fretta e furia.

– Una pantegana!!!

Effettivamente l’animale aveva la pelliccia e i baffi ma di certo non era un topo, era molto più grande, misurava ad occhio e croce un metro di lunghezza e districandosi fra le gambe dell’anziana impaurita e del burbero taglialegna saltò sulla sedia a dondolo e raggiunse la mensola della finestra dove finalmente apparve il responsabile di tutto quel baccano. Un omino, alto non più di trenta centimetri, vestito di tutto punto con tanto di cilindro, guardava divertito la scena con due occhioni neri, e la bocca spalancata, incorniciata da un folto pizzetto caprino di colore castano rossiccio, vomitava grosse risate.

– Ah ah ah! – l’omino ad un tratto divenne improvvisamente serio – ehi, non è una pantegana, vecchiaccia! Ingrid è una lontra!

La tenera bestiola emanò un versaccio rivolta verso il folletto.

– Sì beh, una lontra e un coltello, fa come vuoi…ora sei una lontra, e poi la vecchia ti ha perfino dato del topo di fogna!

Gli abitanti della casa osservavano la scena scioccati, mentre il folletto proseguiva come se niente fosse il suo dibattito con l’animale..

– No. Non ti sto sottovalutando, sei tu che sei permalosa! E capirai, coltello o lama incantata, che differenza c’è? È uguale dai! Non ho detto mica che… insomma non insistere. Ti rinfodero eh!

William scattò in avanti per cercare di catturare quella creatura ma in un lampo il folletto sparì letteralmente da davanti ai suoi occhi mentre la lontra gli saltò in testa e corse lungo la robusta schiena per saltare giù e correre verso la porta d’ingresso.

Fu così che il minaccioso padre di famiglia finì col muso contro la finestra e qualche taglio profondo sul naso, e proprio davanti ad esso riapparve il folletto che, sghignazzando, si inchinò col cilindro in mano per ringraziarlo.

– Grazie mille, ma potevo fare da solo! Comunque Bill, dovresti saperlo che noi leprecauni siamo intangibili! Quante volte te lo devo ripetere?! – subito dopo l’ometto accarezzò il naso del boscaiolo e si tuffò giù dalla mensola, atterrò sulla neve, si sistemò il cappello e raggiunse la lontra nel cortile, gli salì in groppa e insieme sparirono fra gli alberi circostanti.

Agatha era svenuta, William era frastornato dalla botta che aveva appena preso e sanguinava pesantemente dal naso. Nel frattempo i due bambini dopo aver sentito cessare ogni rumore tornarono preoccupati al piano di sotto e vedendo il padre in quelle condizioni corsero ad abbracciarlo e scoppiarono a piangere.

– Su ragazzi, va tutto bene, è solo un taglio…Ora pensiamo alla nonna.

Sollevarono con fatica la vecchina e la fecero sdraiare sulla sua sedia a dondolo, William raccolse da terra la coperta, coprì la madre che nonostante fosse stata appena vittima di un attentato da parte di un folletto russava beata, poi si affacciò attraverso quel che restava della finestra e osservò la foresta.

– Chi era papà? Il diavolo?

– No. Molto peggio.

– Cosa c’è peggio del diavolo papà?

Concluse, tirando su con il naso e sputando un grumo di sangue per terra– I folletti.

Nel frattempo la lontra trotterellava nel bosco con il folletto in groppa, che ovviamente non stava mai zitto.

– Ah, ah! Dai però… è stato divertente! E quei cretini del villaggio che passano le giornate a fare scarpe e a vendere bigiotteria! Sai che barba, Ingrid? Non li capisco proprio, con tutti questi poteri che Mamma ci ha donato noi perdiamo tempo in questo modo. Almeno i miei scherzi sono divertenti! E non ci annoiamo. Uffa, siamo già arrivati. Forza, si scende!

Ad un tratto l’animale si fermò davanti ad un albero, il folletto scese e accarezzò il suo destriero che girandogli attorno cominciò a rimpicciolirsi fino a raggiungere più o meno le dimensioni di un’ape, iniziò ad arrampicarsi lungo la gamba del suo padrone fino alla spalla, per poi saltare sul palmo aperto della mano del leprecauno.

– Brava Ingrid.

Così, conclusa quella magica e selvaggia danza rituale, la lontra iniziò a brillare di luce propria e in pochi secondi si trasformò in un coltello a misura di leprecauno. Era un coltello d’argento, l’elsa era a forma di quadrifoglio e alla base della lama vi era incisa una “I” in rilievo. Il folletto impugnò il coltello e lo conficcò con forza all’interno dell’imponente tronco davanti al quale si erano fermati, così dalla corteccia dell’albero emerse una porticina, che sembrava scolpita appositamente per i piccoli abitanti del bosco. Il folletto l’aprì e attraversò la porticina, che si richiuse alle sue spalle svanendo di nuovo nel tronco dell’albero come se non fosse mai esistita.

Dall’altra parte della porta che ci crediate o no, si ergeva un bosco praticamente identico a quello che Ingrid e il piccolo tipo irritante si erano appena lasciati alle spalle: era come se avessero attraversato uno specchio, con l’unica differenza che fra gli alberi si ergeva un vero e proprio villaggio di leprecauni. Su ogni albero vi erano edifici di tutti i tipi, fra le radici, lungo i tronchi fin sopra ai rami, si potevano scorgere casette di legno con i camini fumanti, botteghe, locande e perfino un municipio, e fra le foglie secche vi erano bancarelle, carovane, commercianti di collane, calzolai, fabbri e scultori, vecchi folletti seduti su barili di birra e grappa cantavano e ridevano allegramente, alcuni trattavano con gli gnomi mercanti ed altri ancora passeggiavano fumando la pipa e fischiettando.

Nessuno sembrò fare molto caso al suo rientro quindi il dispettoso folletto cominciò a camminare tra le bancarelle cercando di passare inosservato, ma proprio perché passeggiava in modo palesemente bizzarro gli altri leprecauni cominciarono a notarlo.

– Lasair! – qualcuno urlò con voce stridula il nome del folletto – Piccolo bastardo! Vieni subito qua!

– Oh cacchio – non capendo da dove proveniva quella voce Lasair cominciò a guardarsi intorno per capire da che parte potesse fuggire poi cominciò a correre senza sapere bene se fosse la direzione giusta per mettersi in salvo. Ad ogni modo qualsiasi direzione avesse preso sarebbe stata errata, poiché il pericolo arrivava dall’alto, infatti mentre il leprecauno tentava di tagliare la corda un falco piombò all’improvviso su di lui, catturandolo al volo con le possenti zampe, come un pesce in un fiume lo trasportò per qualche centinaio di metri, per poi farlo cadere sulla passerella di una bottega. Sull’insegna era intagliata la scritta “Tetraleaf” con accanto la sagoma di un paio di scarpe.

– Bravo, Torres – tuonò la stessa voce che urlando aveva minacciato il leprecauno poco prima.

– È sempre un piacere, padrone – rispose il falco con rispetto, rivolgendosi alla figura da cui Lasair aveva tentato di scappare, ovvero il vecchio Maistir, suo maestro e padre istruttore.

Davanti al naso di Lasair, ancora frastornato e sdraiato per terra si ergeva un vecchissimo folletto, in testa non aveva un solo capello ma in compenso possedeva una folta barba bianca, che partiva dal naso adunco e raggiungeva le caviglie, che lo fulminava con brillanti e severi occhi blu.

2025-01-09

Aggiornamento

Cari Bookabookers manca ormai un solo giorno per la fine della campagna, ad ogni modo il target minimo per la pubblicazione è stato raggiunto, insieme a tante piccole soddisfazioni con il supporto di tutti voi questo piccolo grande sogno diventerà realtà. Spero e vorrei che ognuno di voi una volta letto il libro, quando uscirà entro quest'estate, possa scrivermi e darmi dei feedback positivi e non. Nel frattempo c'è chi l'ha già fatto, quindi per invogliarvi vi lascio la microrecensione dei Bokononisti, esperti di edizione e appassionati del fantastico che ho avuto il piacere di conoscere in questo 2024. Continuate a seguirmi sui miei canali social, mi trovate ovunque come @thelarry89 e grazie ancora a tutti voi per il supporto! <3 https://www.bokononisti.com/la-banda-del-leprecauno-quando-il-fantasy-incontra-douglas-adams
2024-12-10

Aggiornamento

Cari bookabookers Domani 10 Dicembre alle ore 20.00 si terrà a Roma presso l'Adavedè Comedy Lab in via Piazza delle Giunchiglie 6 la presentazione del romanzo, assieme a un caro amico, anche lui autore e grazie al quale ho creato questo grande mondo in cui è ambientato "La banda del Leprecauno". A fare da relatore sarà Eugenio Miccoli, vi aspettiamo per una serata all'insegna della letteratura, del fantastico e delle risate! Un abbraccio a tutti e grazie per il vostro supporto!

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Lorenzo M. D'Amico
Nato a Roma nel 1989, Lorenzo trascorre serenamente la sua infanzia tra cartoni animati, fumetti e videogiochi e racconta a tutti i suoi amici quello che legge e quello che vede. Ben presto capisce ciò che vuole fare nella vita : raccontare storie. Inizia a farlo attraverso la regia e la recitazione, con non poche difficoltà in quanto andrà via di casa appena maggiorenne. Tra un lavoro e un altro prosegue la sua formazione esibendosi come cabarettista e studiando con registi importanti realizzando anche una web serie. Nonostante i problemi nel corso degli anni quello che da sempre aiuta Lorenzo è senza ombra di dubbio l’umorismo, in quanto medicina universale contro i momenti più bui della vita. Ad oggi docente di sceneggiatura comica, regista e produttore ha finalmente deciso di raccontare anni di disavventure attraverso una grande metafora fantasy della sua vita.
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