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La fame
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Consegna prevista gennaio 2020
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Isole Svalbard nel circolo polare artico. Nei pressi della piccola città di Longyearbyen viene ritrovato il corpo mutilato e parzialmente divorato di Karl Nilsen, una guida escursionistica di comprovata esperienza, mentre una sua collega di lavoro uscita in missione assieme all’uomo, Valentina Sorrentino, risulta al momento dispersa. Le autorità del luogo pensano subito all’attacco da parte di un orso polare particolarmente affamato, cosa non rara in quelle zone, e approntano immediatamente le ricerche per ritrovare la donna.
I giorni passano e quando Frank Zennaro, ex marito di Valentina ancora innamorato di lei e preoccupato per la sua incolumità, giunge in città per aiutare nelle ricerche, le speranze di ritrovarla viva sono scese drasticamente e nessuno sembra volerlo aiutare. Così, assieme a Trevor, proprietario di una tavola calda, e a una misteriosa ragazza dagli oscuri poteri, deciderà di investigare personalmente e sfidare i cupi orrori che si nascondono sulle Isole Svalbard.

Perché ho scritto questo libro?

Ho deciso di iniziare a scrivere poco dopo aver terminato la mia prima avventura come master in un gioco di ruolo dove avevo coinvolto alcuni miei amici; ero io che avevo ideato la storia, ero io che dovevo avere le redini del gioco, eppure i personaggi al suo interno si ostinavano ad agire e comportarsi di loro iniziativa sconvolgendo ogni volta i miei piani. Fu un vero e proprio delirio. Decisi allora di scrivere una storia come volevo io, senza che altri potessero modificarne l’andamento.

ANTEPRIMA NON EDITATA

Capitolo 3: Lande Ghiacciate

Tra i ghiacci delle Isole Svalbard.
15 Marzo 2015, ore 15:20.

Era trascorsa più di un’ora da quando i tre avevano abbandonato i sicuri confini di Longyearbyen per avventurarsi tra le lande ghiacciate che circondavano la città e che ricoprivano per intero l’arcipelago delle Svalbard, un’ora estenuante passata a cavallo delle loro motoslitte senza mai fermarsi nemmeno per un secondo e, nonostante ciò, ancora molti chilometri li separavano da Barentsburg.
Frank, in sella alla sua potente motoslitta, si sistemò rapidamente la maschera da sci davanti agli occhi cercando allo stesso tempo di non perdere di vista i solchi nella neve lasciati dal veicolo di Knut che, duecento metri più avanti, stava facendo strada in mezzo alla desolazione bianca che si profilava tutt’attorno a loro; una labile scia che, qui tra i ghiacci perenni, poteva fare la differenza tra la vita e la morte. Inconsciamente, lo sguardo dell’italiano saettò per un attimo in direzione dello slittino trainato da Knut che sferragliava poco più avanti e su cui era stipato tutto l’equipaggiamento e l’attrezzatura utile alla loro sopravvivenza, compreso il fucile da caccia, e sperò fortemente di non doverne avere mai bisogno.

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Dietro di lui, seduto nel posto del passeggero, Trevor si era avvinghiato strettamente con le braccia al suo torace e sembrava non essere minimamente intenzionato ad allentare la presa. Durante tutta la durata del viaggio, come suo solito, non aveva mai smesso di parlare e, volgendo di continuo la testa prima a destra poi a sinistra, commentava a volte estasiato, a volte sorpreso e a volte impaurito il panorama che si profilava all’orizzonte, così alieno eppur magnifico nella sua desolata semplicità, e indicando col dito ogni renna che incrociavano proprio come un bambino che metteva piede per la prima volta in un parco giochi. Frank, d’altro canto, aveva ben altro a cui pensare concentrato com’era a governare quella bestia di ferro che era la sua motoslitta lanciata ai 70 Km/h in mezzo alla valle innevata che si era trovato ad attraversare, evitando al contempo di perdere terreno mentre cercava di rimanere sul percorso segnato da Knut, cosa non semplice considerando anche il peso aggiuntivo del passeggero. L’intero suo corpo era un fascio di nervi in tensione dove ogni fibra era chiamata a partecipare attivamente allo sforzo; le braccia e le mani cominciarono ben presto a dolergli considerata la forza eccessiva con cui teneva saldo il manubrio del veicolo mentre dalla sua bocca continuavano a uscire imprecazioni su imprecazioni ogni qualvolta colpiva un pezzo di ghiaccio o si impantanava nella neve alta.
La prima parte del percorso era stata piacevole, Knut andava lentamente per fare in modo che Frank facesse pratica con i pochi comandi della motoslitta e che imparasse a spostare il peso da un lato all’altro durante le curve proprio come su una moto; all’italiano questo aveva ricordato molto gli anni spensierati della sua gioventù quando sfrecciava sulla sua sgangherata due ruote per le vie di Bologna, ora però non era più così e a ogni curva temeva per la sua vita e a quella di Trevor dietro di lui. Poi Knut aveva cominciato ad aumentare notevolmente la velocità per recuperare il tempo perduto e ora l’uomo faticava a tenere il suo ritmo con il terrore costante di finire capottato in mezzo alla neve o peggio.
Il paesaggio che stavano attraversando era da lasciare col fiato sospeso, viaggiavano all’interno di piccole e strette valli circondate su ogni lato da alte montagne innevate e ognuna di queste gole pareva essere un mondo a parte, con le proprie leggi e la propria fisica a governarle. A Frank sembrava di essere su un pianeta alieno e sconosciuto, solo e lontano mille miglia da qualsiasi parvenza di civiltà. Solo loro e la natura incontaminata, una piccola macchia scura persa nel bianco candore che regnava tutt’attorno.
Il clima che incontrarono nelle valli, come aveva accennato il Governatore quella mattina stessa, era invece estremamente variabile e poteva cambiare repentinamente anche da un minuto all’altro; durante la prima parte del viaggio, un forte vento aveva spazzato via ogni nuvola dal cielo rendendolo limpido e terso e infastidendo i tre con il riverbero che la luce creava riflettendosi sulla neve, mentre, man mano che ci si avvicinava a Barentsburg, nella parte più a sud dell’isola, il cielo aveva cominciato a farsi sempre più coperto e nelle vallate più strette una fitta nebbia aveva iniziato ad aleggiare attorno a loro rendendo difficile vedere quello che li circondava, il candore etereo della nebbia si mischiava con quello della neve e tutto si confondeva ai loro occhi.
In queste condizioni, i tre uomini dovettero rallentare notevolmente la velocità e nonostante ciò era diventato quasi impossibile individuare in anticipo le rocce che affioravano a tratti dalla neve o le lastre di ghiaccio che si nascondevano insidiosamente sotto un leggero strato di neve fresca impedendo alla motoslitta di far presa sul terreno. Per questo motivo, quando Knut arrivò nei pressi di una piccola e decrepita casupola di legno semisommersa dalla neve, probabilmente una stazione di sosta utilizzata dagli escursionisti durante le spedizioni più lunghe e impegnative, decise di fermare il convoglio in attesa di un miglioramento climatico. “Ci fermiamo qua per un po’ sperando che la nebbia nel frattempo si alzi.” disse serio in volto. “Approfittatene per riposarvi e mangiate qualcosa.”
Frank e Trevor acconsentirono senza obiettare, ben felici della sosta, trascinandosi poi stancamente all’interno della casupola, uno stanzino di tre metri per tre con un piccolo letto e un tavolo posto sotto all’unica finestra del locale, peraltro talmente incrostata di sporcizia che si faceva fatica a vedere fuori. Una cappa opprimente calò all’improvviso sui due togliendo la parola persino al nero, che si mise mestamente a sedere sul letto con gli occhi fissi nel vuoto mentre rovistava nello zaino alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Il silenzio era assoluto, sembrava quasi che la nebbia che circondava la struttura avesse il potere di risucchiare ogni suono o rumore da loro prodotto.
“Scusa per la domanda di prima… sono stato poco delicato.” proruppe improvvisamente Frank cercando di rompere il silenzio.
“Non ti preoccupare.” sorrise debolmente Trevor facendo poi cadere subito dopo il discorso nel vuoto.
I due continuarono così a mangiare ognuno immerso nei propri pensieri per un tempo che parve interminabile, quando infine la porta della capanna si aprì e sulla soglia apparve Knut, gli indumenti ricoperti di neve e un volto cupo e preoccupato che tradiva una grande agitazione. “In piedi! Ho già acceso le motoslitte per scaldare il motore. La nebbia si è leggermente diradata ma ha iniziato a nevicare e questo non è un buon segno. Prima raggiungiamo Barentsburg meglio sarà per tutti noi.”
Uscendo dal casolare, Frank fu investito da una folata di neve che gli provocò un brivido lungo la schiena; il tempo non prometteva nulla di buono e una strana sensazione si impadronì di lui, come se qualcosa dovesse andare storto da un momento all’altro. L’uomo cercò di scacciare quell’idea malsana dalla testa e, salendo sulla motoslitta, cominciò subito ad accelerare per mantenere il passo di Knut davanti a lui mentre Trevor, seduto alle sue spalle, era ancora stranamente silenzioso.

“Dobbiamo girare attorno a quell’altura. Barentsburg è proprio là dietro…” disse laconicamente Knut rallentando e lasciando che la motoslitta dei due uomini si affiancasse alla sua per poi ripartire subito dopo a tutta velocità in direzione del picco innevato senza lasciar loro possibilità di replica.
Frank, però, non conosceva il percorso indicatogli dalla guida e faticava a tenere il suo ritmo. La motoslitta tremava sotto di lui sbandando pericolosamente ogni qual volta si trovava ad attraversare una lastra di ghiaccio nascosta o era costretto a curvare bruscamente per evitare un ostacolo, anche la neve che continuava a cadere copiosa posandosi sulla sua maschera da sci e appannandogli la vista per interminabili secondi non gli rendeva la vita facile, alle sue spalle Trevor aveva ricominciato a parlare o meglio ad urlare citando una serie infinita di improperi ed evidenziando quanto fosse pericoloso quello che stavano facendo e su quanto fosse stato stupido da parte sua seguirli in questa pazzia. Ormai però i giochi erano fatti, non si poteva più tornare indietro.
In breve tempo, risalendo il fianco della montagna, avevano raggiunto un’altezza considerevole quando all’improvviso Knut si buttò rapido in discesa seguendo il profilo del versante innevato. Frank provò a seguirlo gettandosi anche lui in picchiata ma i freni non rispondevano e la velocità di contro continuava ad aumentare sempre di più, la motoslitta cominciò a sbandare mentre il lato sinistro sprofondava sempre di più nella neve fresca. Furono secondi che parvero durare ore, Trevor nel sedile posteriore cominciò ad urlare abbracciando con forza il torace dell’italiano, mentre questo provò a mantenere il controllo del veicolo portando tutto il peso del corpo sulla destra per evitare che la motoslitta si rovesciasse. “Merda! Merda! Merda!” gridò. Il manubrio della motoslitta sembrava inchiodato e non dava segni di volersi piegare al volere di Frank né tantomeno alla forza delle sue braccia… Poi arrivò la curva, così all’improvviso che quando l’uomo se ne accorse era ormai troppo tardi, la velocità era così elevata da non lasciare scampo al pilota. Provò a sterzare di colpo e quello probabilmente fu l’errore più grosso che poté fare, la motoslitta sbandò paurosamente e si capovolse precipitando giù lungo il versante della montagna senza che niente e nessuno potesse fermare la caduta.
I corpi dei due uomini vennero sbalzati lontano dal veicolo e rotolarono verso valle per lunghi interminabili minuti sollevando una nuvola di neve che rese tutto confuso. Durante la caduta sbatterono più volte l’uno contro l’altro, braccia e gambe che si dimenavano in aria finendo per colpire inavvertitamente il compagno, i corpi che sprofondavano nella neve alta per poi ricomparire qualche metro più in basso finché non arrivarono sul bordo di un precipizio formato da una parete di roccia ghiacciata che scendeva verticalmente fino al fondo della valle. Fortunatamente il salto fu breve e la neve sottostante attutì il colpo che altrimenti avrebbe posto fine alla loro vita, la motoslitta precipitò poco dopo nel vuoto evitando per un soffio di colpire uno dei due e affondando con un sordo boato nel bianco sottostante a pochi centimetri da Trevor.
Una mano e poi un braccio uscirono lentamente dallo strato di neve alta che ricopriva completamente il fondo della valle, con movimenti lenti si creò un varco e poco dopo fece capolino la testa di Frank, il casco ancora miracolosamente addosso, il suo volto era stravolto da un misto di sorpresa e incredulità. “Oh cazzo!” esclamò alzandosi faticosamente in piedi con un dolore tremendo che lo attanagliava al ginocchio, e sperò di non essersi rotto niente. “Trevor! Riesci a sentirmi?” gridò forte pur avendo il respiro spezzato dalla caduta.
“Sono qui.” disse di rimando una voce che proveniva da dietro la motoslitta mezza sommersa dalla neve.
“Stai bene?”
“Non sto bene per un cazzo, sono precipitato da una fottuta montagna.” La voce di Trevor era pura isteria.
Frank si avviò lentamente nella direzione da cui proveniva la voce e vide l’amico gambe all’aria ancora sprofondato nella neve quasi per intero, così gli allungò una mano per aiutarlo ad alzarsi. “Vedi il lato positivo. Sei ancora vivo.” gli rispose cercando di controllarsi e riprendere la calma.
I due, in piedi uno di fronte all’altro, si fissarono in silenzio per alcuni minuti controllando di non aver riportato ferite gravi, l’adrenalina in circolo avrebbe potuto facilmente anestetizzare il corpo rendendolo momentaneamente insensibile al dolore. La tuta che indossavano si era lacerata in più punti, ma fortunatamente il casco da motoslitta aveva impedito loro di subire colpi alla testa potenzialmente fatali e, da quello che poterono vedere, non sembrava nemmeno avessero riportato grossi traumi se non qualche escoriazione sul volto.
Frank decise allora di volgere lo sguardo verso la valle in cui erano rimasti intrappolati; si trovavano in una stretta conca innevata, tutto in quel posto era bianco e immacolato compreso il cielo carico di neve sopra la loro testa, alle loro spalle si trovava invece la parete di ghiaccio da cui erano precipitati che in quel momento risplendeva di un blu acceso. La motoslitta, accanto a Trevor, era ancora conficcata a fondo nello spesso strato di neve mentre a terra giacevano diversi oggetti fuoriusciti da uno degli zaini ora irrimediabilmente rotto. A parte il lugubre fischiare del vento che giungeva alle loro orecchie, simile ad un lamento, in quel luogo regnava il silenzio e la pace più assoluta.
“Merda! Merda! Merda! Siamo nella merda più completa!” si agitò il nero nel panico più completo. “In che guaio ci siamo cacciati? Dove diavolo siamo?”
“Zitto e aiutami!” gli rinfacciò Frank cercando di pensare ad una soluzione. “Sono sicuro che Knut verrà a salvarci, ma noi nel frattempo vediamo di tirar fuori questa motoslitta dalla neve. Ok?”
Il compito si rivelò più lungo e difficile del previsto ma alla fine, grazie alla corda acquistata allo spaccio, i due uomini riuscirono con fatica a estrarre il mezzo della neve; non aveva subito grossi danni e sembrava ancora in grado di funzionare ma una macchia nera che andava sempre più allargandosi nella neve rivelò loro una piccola crepa nel serbatoio da cui stava uscendo tutto il carburante.
“Dannazione! Trevor, presto, portami lo zaino, dentro dovrebbe esserci una maglia di ricambio. Proverò ad usarla per chiudere il buco nel serbatoio.” gli disse l’italiano grondante di sudore appoggiandosi stancamente alla motoslitta.
“Non ce la faremo mai. Knut non è ancora venuto a salvarci. Ci ha abbandonato.” piagnucolò Trevor paralizzato dalla paura mentre l’amico terminava di riparare la falla con l’indumento appena recuperato. “Ci ha lasciato qui a morire, non c’è altra spiegazione, e ora sta cominciando anche a fare buio.”
Frank alzò lo sguardo verso il cielo e vide che il pomeriggio stava volgendo rapidamente al termine, era già passata più di un’ora da quando erano precipitati giù dal burrone e adesso non credeva più così tanto nel salvataggio da parte della loro guida. “Non ha senso rimanere ancora in questa valle. Abbiamo aspettato fin troppo e per di più siamo in una zona poco visibile. Ce ne dobbiamo andare.” Poi prese la testa di Trevor tra le sue mani per tranquillizzarlo. “Non moriremo qui. Te lo giuro. Ora preparati che partiamo.”
Il motore risultò danneggiato e ci vollero un paio di tentativi prima di farla partire ma, alla fine, la motoslitta si accese e i due uomini furono presi da un accesso di entusiasmo. Nonostante fossero dispersi in una landa ghiacciata senza aiuto e senza la minima idea di dove andare, con la sera che ormai era alle porte, questa piccola vittoria fece comparire per la prima volta dall’incidente un sorriso sui loro volti.
Percorsero alcuni chilometri in quella valle che li aveva ingabbiati come prigionieri senza che il paesaggio cambiasse di una virgola, quando alla fine videro i fianchi delle montagne circostanti aprirsi per rivelare una distesa ghiacciata che si allargava a vista d’occhio, erano arrivati sulla costa ovest dell’isola. Il mare era come un mosaico dove i frammenti di ghiaccio bianco si alternavano al blu scuro dell’acqua. Tutto era talmente immobile che Frank pensò per un attimo di essere all’interno di una cartolina.
L’italiano non ebbe però il tempo di godersi il panorama perché la spia sul cruscotto gli indicò che il carburante stava per esaurirsi, così decise di portarsi su un’altura lì vicina a picco sul mare da cui si poteva dominare il territorio circostante e si fermò.
“Il Mar Glaciale Artico… così bello e mortale allo stesso tempo…” bisbigliò Trevor di fronte all’immensità dell’oceano.
“Già…” annuì Frank lasciando che lo sguardo si perdesse nell’immensità del cielo ancora velato dalle nuvole prima di concentrarsi su questioni più urgenti. “Abbiamo quasi finito il carburante. Non ci resta che accamparci qui per la notte.”
“Siamo nel bel mezzo del niente, Frank! Nessuno verrà a cercarci…” provò ad esordire Trevor perdendo di colpo tutta la sicurezza accumulata precedente e ricadendo nel panico più totale. “Forse… forse… dovremmo metterci a camminare in una direzione. Non so… potremmo trovare qualche sentiero battuto e ritrovare la strada di casa.”
“Sarebbe un suicidio, sta già facendo sera e col buio andremmo solo incontro alla morte. E poi se anche ci fosse stato qualche sentiero nei dintorni, a quest’ora sarà sicuramente stato cancellato dalla nevicata. Per non parlare del fatto che il centro abitato più vicino potrebbe anche essere lontano mille miglia.” disse secco Frank colto all’improvviso dalla stanchezza accumulata in questi ultimi giorni. “No. Ci accampiamo qui e proviamo a lanciare un qualche segnale di aiuto. Forse qualcuno lo vedrà e verrà in nostro soccorso.”
“Vorrei ricordarti che tutti gli stramaledetti razzi di segnalazione ce li aveva Knut!” gridò Trevor a metà tra l’isterismo e il pianto. “E chissà dov’è adesso Knut, forse al caldo di casa sua…”
Frank rimase in silenzio.
“Eh allora? Non hai più idee? Cosa dovremmo fare? Scrivere S.O.S. sul ghiaccio?” continuò a gridare il nero. “Quello sì che ci salverebbe. Ce lo vedo già un aereo che sorvola la baia e ci vede.”
“Potremmo accendere un fuoco.” propose calmo Frank.
“Un fuoco? Ma ti sei ammattito? E con che legna dovremmo accenderlo? Vedi degli alberi qua attorno?”
“Useremo i nostri vestiti, la nostra tuta se è necessario. Sono indumenti sintetici e bruciando faranno un bel fumo nero, in netto contrasto con il bianco della neve che ci circonda. Se necessario useremo anche le ultime gocce di carburante per appiccare il fuoco e renderlo più visibile. Se c’è qualcuno nelle vicinanze non potrà non vederlo.” E dicendo questo Frank cominciò a togliersi la tuta da motoslitta dando l’esempio.
Trevor lo fissò per un attimo credendo stesse scherzando, poi vedendo che non era così pensò che avesse ormai perso il lume della ragione, ma lui che poteva fare, non aveva molte alternative, così cominciò anche lui a spogliarsi. Le due divise vennero inzuppate nella benzina e accatastate una sull’altra.
Frank estrasse poi da uno dei taschini interni al giaccone un accendino, era uno di quei vecchi zippo americani che andavano di moda parecchi decenni fa ma che ancora oggi si potevano vedere in mano a qualche collezionista o più semplicemente a qualche uomo vecchio stampo come lui, erano semplici ma oltremodo funzionali, andavano a benzina e producevano una fiamma costante a qualsiasi temperatura e anche in presenza di vento; ne aveva passate tante quell’accendino così malandato, glielo aveva comprato la sua amata Valentina quando erano ancora sposati, quando aveva ormai perso ogni speranza di vederlo smettere di fumare, lo aveva trovato in un mercatino e lo aveva comprato per pochi soldi, era risultato essere poi un modello molto raro degli anni 70’ su cui era inciso un classico elicottero americano Huey e sopra la scritta “VIETNAM” mentre sull’altro lato era stata scolpita la frase “When I die bury me face down so the whole world can kiss my ass”. Valentina pensava fosse abbastanza truce per un uomo come Frank. Pochi mesi dopo il divorzio, l’uomo decise di smettere di fumare ma non abbandonò mai quello zippo tutto ammaccato, era il suo portafortuna in fin dei conti.
Senza perdere tempo, Frank appiccò il fuoco che immediatamente aumentò d’intensità creando un denso fumo nero dall’odore acre che salì verso il cielo. “Ho smesso di fumare ma forse questo ci potrà salvare la vita.” disse l’italiano rimettendo l’accendino al suo posto e facendo un debole sorriso al compagno.

Il cielo si era fatto buio e dove la luce del falò non poteva arrivare l’oscurità regnava sovrana; in quella condizione, i due uomini sapevano perfettamente di essere esposti a qualsiasi minaccia o pericolo gli si fosse posto d’innanzi ma erano troppo stanchi e infreddoliti per preoccuparsene. La temperatura era scesa vertiginosamente negli ultimi minuti e ora segnava parecchi gradi sotto lo zero, per cui Frank e Trevor si strinsero istintivamente ancora di più uno all’altro per conservare ogni barlume di calore sprigionato dai loro corpi e dal fuoco fin troppo vicino a loro.
Il falò che avevano creato nel frattempo si era quasi spento, la fiamma era stata intensa ma di breve durata.
“Arrivati a questo punto non possiamo più fermarci.” disse Frank in uno stato di torpore dovuto all’assideramento, tutta la sicurezza che aveva ostentato precedentemente era sparita mentre il freddo cominciava a insinuarsi sempre più insistentemente tra le sue membra privandolo della forza e vitalità. “Bruciamo altri vestiti per tenere vivo il fuoco.”
Il nero, come in trance, non aveva più la forza per controbattere, così si tolse un ulteriore strato di indumenti gettandolo tra le fiamme. Entrambi erano rimasti ormai solo con i pantaloni e un leggero maglione e sapevano bene che senza la tuta termica a proteggerli non sarebbero resistiti a lungo.
Il tempo scorreva lentamente in quello stato dilatandosi all’inverosimile, minuti che parevano ore, le loro stesse percezioni erano annebbiate e alterate, si trovavano in uno stato a metà tra la stanchezza e lo svenimento e loro sapevano bene che una volta addormentati non si sarebbero mai più risvegliati, avrebbero ceduto al sonno eterno.
Frank, persa ogni speranza, aveva preso a navigare con la mente al confine tra sogno e realtà quando, dopo un tempo indefinito, vide una luce comparirgli davanti agli occhi, prima debole e lontana, come in fondo ad un tunnel, poi sempre più vicina, intensa e luminosa… Sicuramente un’allucinazione, pensò delirante l’uomo sfregandosi gli occhi, ma la luce non scomparve, anzi si avvicinava ancor di più a lui e proveniva dal mare.
“Trevor! Dai svegliati!” disse dando una debole spinta all’amico seduto al suo fianco. “Sono venuti a prenderci.”
Ma Trevor si mosse a malapena, borbottò qualcosa e tornò nel suo stato soporoso.
Frank allora radunò le ultime forze e, cercando di governare un corpo a lui quasi del tutto estraneo, si diresse arrancando nella neve verso lo zaino dove avevano radunato le ultime cose, la sera si era fatta più buia o lui non ci vedeva più tanto bene, o forse entrambe le cose, prese il fischietto comprato la mattina stessa allo spaccio e fischiò con quanto fiato aveva in gola… 1 volta… 2 volte… 3 volte… la luce era ormai vicinissima… Poi svenne.

16 giugno 2019

Aggiornamento

Presentazione dei Personaggi Principali (Parte 3)
Ana Petrovic:
Poco o nulla si sa di questa ragazza di circa 25 anni dalla carnagione chiara ed i corti capelli rossi ed arruffati. Sembra voler aiutare Frank e Trevor nella ricerca di Valentina ma la sua motivazione non è chiara; quello che è fin da subito evidente è la sua natura misteriosa ed i suoi strani comportamenti.
La sua agilità ed il fisico scattante abbinati ai poteri oscuri di cui sembra dotata saranno di grande aiuto per il gruppo.
31 maggio 2019

Aggiornamento

Presentazione dei personaggi principali (parte 2) Trevor Prince "Prince T" Williams: Trevor è un ragazzo spigliato, vivace, sempre allegro e dalla battuta facile. Ascolta rap e gli piace giocare a basket, vorrebbe sfondare nel mondo della musica con lo pseudonimo di Prince T, nomignolo purtroppo brutalmente bocciato da Frank. Alto, magro e dal corpo atletico, ciò che però contraddistingue maggiormente il ragazzo è la folta zazzera di capelli ricci che porta in testa, talmente intricata e disordinata da sembrare un cespuglio incolto. Nato negli Stati Uniti da genitori nigeriani, i quali si sono sempre sacrificati per permettere al figlio di studiare, Trevor stava finendo l’ultimo anno di Antropologia e Storia delle Religioni al college quando la famiglia decise improvvisamente di trasferirsi sulle Isole Svalbard. Perché abbiano deciso di abbandonare il loro Paese così rapidamente non è dato sapere, ma a quanto pare si sono portati dietro una montagna di soldi e con questi hanno aperto una tavola calda nel centro cittadino di Longyearbyen, dove lavora in pianta stabile Trevor, e preso in gestione una serie di appartamenti da affittare nel periodo estivo. trevor
18 maggio 2019

Aggiornamento

Presentazione dei Personaggi Principali (parte 1) Franco “Frank” Zennaro: Franco Zennaro non ha mai sopportato il suo nome, forse perché lo fa sembrare più vecchio di quanto non sia in realtà e, pur avendo superato già da tempo la soglia dei 40 anni, di energie ne ha ancora da vendere. Per tutti lui è Frank. Alto e di costituzione robusta, occhi scuri e capelli neri tenuti corti, carnagione olivastra e viso scottato dal sole, la sua fisionomia tradisce le sue origini del sud Italia anche se fin da ragazzo ha vissuto a Bologna. In questa città Frank ha iniziato la sua carriera nel corpo della Polizia di Stato, una fulgida carriera contraddistinta però da luci ed ombre, grandi successi personali maturati a scapito della criminalità locale ma anche voci ed indiscrezioni che lo hanno marchiato come burbero e violento, un uomo costantemente sul filo della legalità. Per questo motivo e per le conseguenti pressioni da parte dei suoi superiori, Frank decide di abbandonare l’Arma. Ma il peggio doveva ancora venire; solo qualche mese dopo, infatti, anche sua moglie Valentina lo lascia chiedendo il divorzio. I due erano ancora molto legati ma la donna, esasperata dal suo comportamento sempre burbero e dal carattere irascibile, voleva dare un taglio al presente e cambiare vita. Poco tempo dopo, Valentina diventa guida escursionistica e si trasferisce sulle lontane Svalbard, nel circolo polare artico. Frank si trova così, all’improvviso, senza lavoro e moglie. Solo. E sembra che neanche la sua nuova occupazione come investigatore privato stia portando cambiamenti significativi alla sua vita ormai piatta, stantia e priva di stimoli. Franco Frank Zennaro

Commenti

  1. beyonce.75

    (proprietario verificato)

    Mi sta prendendo tantissimo questo libro, ti invoglia a leggere sempre più pagine per scoprire quale sarà la fine!anche la scrittura è scorrevole e coinvolgente! Invito tutti gli amanti del genere a pre-ordinare il libro! Nadia

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Filippo Preti
Mi chiamo Filippo, ho 33 anni e sono nato nella piccola città medievale di Ferrara anche se attualmente vivo in provincia di Bologna, in piena campagna e avvolto costantemente dalla nebbia o dall’afa a seconda che ci si trovi in inverno o estate. Sono laureato in Biotecnologie ma il destino beffardo ha deciso che dovessi prendere anche la laurea in Fisioterapia che è attualmente la professione che esercito.
Sono nerd nell’anima e sento l’impulso di giocare a qualsiasi cosa mi capiti sotto mano che siano videogiochi o più classici giochi da tavolo o di ruolo. Questi ultimi sono stati la mia fonte di ispirazione nella stesura del romanzo, in particolar modo uno che non citerò nella speranza che qualcuno lo indovini. Altra mia passione sono i libri, in particolar modo vado ghiotto dei generi thriller soprannaturale e horror. Sarà per questo che adoro tutto ciò che è macabro dark e gotico?
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