Evidentemente ho ripetuto alla signora questa risposta per tre mesi di fila, fino a che la gentile cliente non decise di vendicarsi per l’ingiustizia subita.
“Buongiorno, prego!”
“Buongiorno, potresti darmi la rivista per mia madre?”
“Certo, sono 1,99€”.
La gentile cliente si avvicina al bancone e, nel posa-monete rovescia 1€ e 96 centesimi, con aria di sfida mi guarda e dice: “Sono tre mesi che dici che mi devi 3 centesimi, allora oggi te lo pago 1,96€!”
Penso di essermi slogata la mascella, tanto avevo la bocca aperta per lo stupore. Incredula le ho risposto: “Signora, se lo dice lei, ci credo!”. L’ho guardata basita, mentre fuggiva dall’edicola per non guardarmi in faccia, tanto era la vergogna che il dire quella frase le aveva sicuramente procurato. L’ho seguita mentre si sedeva in macchina. Quella calda mattina d’estate è stata l’ultima volta che l’ho vista. Mentre rivedevo la scena, per esser sicura di aver capito bene cosa fosse successo, mi aggiravo per l’edicola, curva e ondeggiante, immaginando di avere una clava e di poterla usare per dar sfogo alla mia frustrazione.
Improvvisamente è apparsa lei: era in piedi nella mia mente, aveva un vestito logoro di pelli bianco sporco che le arrivava alle ginocchia. Le gambe e le braccia erano pelose e sporche. Lo sguardo, dentro agli occhi neri e profondi, era vivo e selvaggio. La bocca fine che nascondeva una dentatura sporca e mal curata, mi sorrideva ammiccante. Riuscivo perfettamente ad immaginare il fetore che emanava dal suo corpo trasandato. Il suo camminare era un ciondolare sgraziato di chi non ha cura di ciò che pensano gli altri. Trascinava, nel suo bighellonare tra i miei pensieri, una clava di legno pesante e ben costruita, frutto di pazienti mani che l’avevano modellata per quelle dita tozze e corte. Lei era puro spirito di ribellione, non aveva pregiudizi. Mi guardava con uno sguardo malizioso, perché sapeva quanto fossi infastidita dalla scena che avevo appena vissuto.
La maggior parte del tempo sta seduta in un angolino del mio cervello a dormire, a volte controlla chi entra ed esce dall’edicola per verificare che i clienti non siano troppo pedanti e indisponenti.
Se pensa che stia subendo un’ingiustizia, oppure se varca la soglia qualche personaggio che mette in crisi la mia invidiabile pazienza, si risveglia per sistemare la faccenda a suon di clava.
Come quando viene un cliente a cui ho ordinato un prodotto dicendogli: “Guardi, risulta prenotato al deposito, non ho la data in cui mi riforniranno, facciamo che ci vediamo la settimana prossima, ok?”
Il cliente ansioso solitamente mi risponde: “Ok, va bene, quindi se passo domani mattina lo trovo?”
Le urla che sento in testa sono sgraziate e mal articolate, lei si sgola sputacchiando pezzi di cibo rimasti dall’ultimo pasto, sbraita prendendo a parolacce il distratto cliente.
“Presumo di no, se vuole passi, ma è più probabile che arrivi la settimana prossima!”
“Ok, allora a domani!” è solitamente quello che mi sento rispondere. Sorrido gentilmente, mentre ho lei in testa che, con un coltello di ossidiana, tenta di sgozzare il malcapitato avventore.
Una cosa che la fa veramente uscire dai gangheri è quando vede chi si accovaccia fuori dal chiosco per leggere il giornale nell’espositore esterno.
Ci sono, nel mio paese, due lettori a sbaffo che sono particolarmente accaniti.
Quando, dalle vetrate dell’edicola, li vede arrivare, incomincia ad agitarsi.
Probabilmente i due anziani non sanno che sono osservati speciali, loro arrivano di buon mattino, qualsiasi tempo faccia, a distanza di mezz’ora l’uno dall’altro. Con calma e disinvoltura camminano fino all’edicola e, come se si accorgessero in quel momento che sono davanti ad un giornalaio, fanno finta di controllare distrattamente le notizie in prima pagina. Se nessuno è all’orizzonte (spesso la mattina presto non ci sono neanche i gatti che passeggiano al parco) cercano gli occhiali in tasca, si rannicchiano e leggono tutta la prima pagina del quotidiano esposto.
Io li guardo incuriosita, mentre tra i miei pensieri lei cammina inviperita disegnando un cerchio curva su sé stessa. Pronuncia frasi irripetibili che sanno di antiche macumbe e anatemi mortali. Se per caso il lettore abusivo trova una notizia interessante, si azzarda ad affacciarsi dentro l’edicola e chiede: “Ma itta è succediu?” Ovviamente la mia risposta è: “Buongiorno, mi spiace, ma stavo sbrigando dei documenti e non sono ancora riuscita a leggere l’articolo!”.
Se la curiosità è leggera, desiste, chiude la porta e se ne va, sempre senza salutare. Se, invece, la notizia è troppo interessante insiste: “E non fa a guardare?”. Con quella risposta solitamente ipoteca la sua vita. La selvaggia inizia a sgolarsi urlando le torture che vorrebbe infliggergli in pubblica piazza, i suoi occhi sono stretti e pieni d’odio, le tremano le mani dall’indignazione per quella assurda richiesta. Tutto il suo corpo è rigido e pronto a scattare per poterlo afferrare al collo, così da fargli capire che non ci siamo alzate alle 5 del mattino perché lui avesse le notizie fresche, senza comprare nulla.
Riesco, solitamente, a rispondere: “Se vuole può comprare il quotidiano, così controlla meglio!”
“No, non ne ho soldi per comprarlo!” e se ne va decisamente contrariato.
Per fortuna nella testa ho una cavernicola, perché se fosse stata una strega, avremmo dovuto celebrare tanti funerali in paese.
Raramente la donna di Neanderthal è di buon umore, solitamente si intenerisce con i bambini, anche se non con tutti.
Si diverte soprattutto quando vengono i papà con le figlie.
È biologicamente acclarato, infatti, che le figlie femmine rincretiniscano i padri.
Una sera un gentile papà è venuto con i due figli in edicola.
Il maschio aveva sei anni e la piccola all’incirca tre. Il più grande trovò subito ciò che voleva: un animale di gomma. La bimba, invece, girava per l’edicola prendendo i giochi più grandi e costosi.
La cavernicola, nel frattempo, si era seduta fra i miei pensieri e si godeva la scena mentre, con le unghie, si toglieva resti di cibo fra i denti marci.
“Hai scelto piccolina?” le ha chiesto il gentile papà.
Lei, con lo sguardo più tenero del mondo, ha afferrato i giochi più brillanti e costosi, poi ha annuito con tutta la sua grazia da bambina intelligente e furba.
La selvaggia si sbellicava dalle risate nella mia testa.
“Scelto? Allora sono 29,50€!”
Al gentile papà gli si è fermato il cuore. Mi ha guardato con sguardo perso e mi ha chiesto: “Sono le cose che ha scelto lei, vero?” con voce strozzata dall’imbarazzo.
“Si, in effetti ha scelto bene, ma se vuoi togliamo qualcosa. Dimmi tu!” gli ho risposto divertita.
Il gentile papà era incerto e ha fatto un errore da principiante: l’ha guardata negli occhi e le ha chiesto: “Sei sicura che vuoi tutto questo?”.
Lei non ha proferito parola, ha alzato le spalle e con gli occhioni dolci ha ricambiato lo sguardo di speranza del padre con uno pieno d’amore e di riconoscenza.
La buzzurra nella testa rideva e schiamazzava commossa da tanta sagacia racchiusa in un corpo così piccino.
“Va bene, non ti compro mai niente d’altronde… Ma non dire niente a tua mamma, altrimenti…”.
Poi tutti e tre sono usciti dall’edicola. Il papà confuso, il bimbo felice, e la furba piccolina decisamente soddisfatta.
Non so se sia una coincidenza ma, poche ore dopo, ho sentito i rintocchi delle campane della Parrocchia che suonavano a morto.
La donna di Neanderthal è fondamentalmente un po’ stronza, spero si possa dire.
Quando viene un cliente e chiede: “Mi dai un Gratta e Vinci? Vincente, però!”, spesso e volentieri fatico a trattenerla.
Tra i miei pensieri si solleva una nube nera e densa che annebbia i miei ragionamenti. È lei che prepara un rogo, dove al centro ha sistemato un palo per legare il malcapitato giocatore spiritoso. Si aggira intorno al fuoco ululando parole incomprensibili mentre sputa in direzione del cliente. Dal momento che ho imparato a capire quando sta per degenerare, ho creato una risposta di rito che spiazza il giocatore e non dà la possibilità alla selvaggia di impossessarsi del mio corpo per mettere in atto le sue malignità. Quindi rispondo: “Mi spiace, ma i vincenti li ho già grattati!”.
Con il giocatore ci guardiamo in faccia, sorridiamo entrambi e la storia finisce lì. Alla selvaggia non resta altro da fare che spegnere il fuoco e ritornare alle sue faccende.
Ma (c’è sempre il ma) non sempre i clienti sono simpatici. C’è chi risponde, guardandomi con sguardo indagatore e un po’ indispettito: “Adessi fabasa! Tanto lo so che quelli molto vincenti li grattate voi!”. In testa ho il delirio, la cavernicola ha gli occhi sgranati e iniettanti di sangue tanto è lo sforzo e la volontà di massacrarlo. La danza e la macumba si fanno più intense, il suo muoversi con quei passi lenti e ripetitivi, frutto di millenni di riti magici, mi disorientano e innervosiscono. Così, anziché sorridere alla frase del complottista dei Gratta e Vinci, rispondo: “Bè certo, siccome vinco migliaia di euro ad ogni ordine di biglietti, quello di alzarmi prima dell’alba e stare qui dalle dieci alle dodici ore al giorno, è proprio un divertimento!”.
Solo allora si quieta la mia testa, mentre lo stolto acquirente va via con il biglietto in tasca.
C’è invece una dolce vecchina che di quando in quando, viene a trovarmi.
Quando entra Tzia Carolina in edicola, la mia amica la guarda con curiosità, perché non riesce ad apprezzare la sua sottile ironia.
“Buongiorno Tzia Carolina, come va?” le chiedo ogni volta che passa dalle mie parti.
“Ciao Monica! Eh, sto invecchiando bella mia! Sono venuta a comprare le zucchine!”.
La cavernicola si guarda attorno, cerca disperatamente gli ortaggi tra l’enigmistica e i fumetti, ma ovviamente, non c’è traccia né di verdure né di altri prodotti della terra. Perciò si infastidisce e guarda in cagnesco l’arzilla vecchietta.
“Zia Carolina, le ho finite! Ho solo cetrioli, vanno bene ugualmente?” le rispondo sorridendo.
La vispa cliente si fa una risata compiaciuta e continua la sua strada, lasciando la donna di Neanderthal disorientata per il discorso assurdo che non ha compreso.
Un giorno un’amica mi aveva portato una cassetta di carciofi spinosi. Quando passò lei, la conversazione si svolse come tutte le altre volte.
“Buongiorno Tzia Carolina, come stai?”
“Ciao Monichedda, tutto bene, invecchiando! Ne hai portato melanzane?”
“No, mi spiace, melanzane non ne ho, ma ho carciofi spinosi!! Quanti ne vuoi?” e le ho mostrato i gambi rigogliosi dell’ortaggio appuntito. L’incredula cliente mi ha guardata con stupore, mentre la cavernicola era finalmente soddisfatta che il discorso avesse senso. Orgogliosa mostrava il prodotto, come una presentatrice delle televendite.
“Mmmmh, ma li vendi davvero?” ha chiesto incredula.
Non sono riuscita a trattenere una sonora risata, così mi ha risposto: “Tu per fare soldi anche verdura venderesti qui, lazzarona!”.
La selvaggia è rimasta bloccata. Continuava a non capire il nostro dialogo. Così con uno sbuffo è tornata nel suo angolino lanciando per aria i verdi gambi.
I personaggi che sono entrati in edicola sono tanti, ma alcuni di loro hanno lasciato un ricordo indelebile.
Quelli che più mi hanno affascinato hanno avuto, come premio, un capitolo del mio diario.
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