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La nipote del Duca

La nipote del Duca
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Consegna prevista Giugno 2024
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È il 1870, Susan, dalla morte dei genitori, ha sempre vissuto nel mondo ovattato del collegio. Ora il suo mondo è crollato: il generale, il duca, suo nonno, l’uomo che ha scacciato sua madre e che lei detesta con tutta l’anima, la vuole a Londra. E lei non può opporsi, né a lui, né al destino, che la riporta in una famiglia fatta di ricordi e volti, per lei, estranei, tra cui cercare nuovi punti di riferimento per ricostruire la sua vita. il nonno, con i suoi modi autoritari e burberi, la sorella di sua madre, con la testa tra le nuvole, ma gentile, e una cugina che è il suo esatto opposto nel fisico e nel carattere. Gli incontri mondani, i balli, gli sguardi, il conte, coi suoi modi gentili e un passato ingombrante, ed il marchese, uomo misterioso e affascinante. I pericoli di una società poco incline ai sentimentalismi, non adatta alle giovani sognatrici. Riuscirà Susan, a capire cosa vuole dalla vita? Capirà a chi dare il suo cuore o si perderà nelle trame della Londra vittoriana?

Perché ho scritto questo libro?

Oggi il modello guida non è più L’Inghilterra e nell’epoca dei social, le dinamiche sociali vittoriane, sembrano ormai lontane dal nostro vivere quotidiano. Ma è poi così? Se scoprissimo che sono identiche? Ho scritto questo libro, pur rimanendo fedele alla realtà storica e sociale, come spunto di riflessione per capire quanto siamo avanti o quanto indietro dovremmo guardarci per comprendere e forse migliorare il futuro, soprattutto sul lato umano e sociale.

ANTEPRIMA NON EDITATA

 

Il sole che stava entrando nella stanza a poco a poco, quasi a chiedere permesso, turbò il sonno di Susan, fino a svegliarla del tutto, quando le tende vennero scostate definitivamente. Si mise a sedere sul letto. L'efficiente cameriera che il duca le aveva assegnato, aveva già disposto il vassoio della colazione, sul tavolino di fianco al letto. Facevano bella mostra di sé, sul vassoio d'argento, uova, pancetta, burro, pane, marmellate, dolcetti e l'immancabile tazza di te. Tutto quanto occorreva per cominciare una buona giornata, pensò Susan, anche se non sapeva quando buona sarebbe stata la sua di giornata. Mentre consumava il suo pasto, le sovvennero alla mente gli interrogativi della sera prima, ai quali se ne aggiunsero di nuovi. Chissà come sarebbe stato incontrare nuovamente sua grazia, e di cosa avrebbero conversato, sempre che fosse prevista una conversazione. Ma soprattutto si chiese come avrebbe impiegato il suo tempo, le sembrava tutto così irreale… come se vivesse in un sogno. Finito di mangiare sospinse via il vassoio, mentre la sua solerte cameriera personale le si affaccendava intorno. Susan rimase imbambolata ad osservare la ragazza che apriva i bauli e la cabina armadio per cercarne l'abito adatto alla toletta di quella mattina. Alla fine estrasse un abito da passeggio di colore chiaro, coll'immancabile cappellino, in tinta, guarnito da nastri di colore leggermente più scuro.

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La cameriera aiutò Susan a rinfrescarsi il volto, ed infine a vestirsi. Mentre Susan si lasciava detergere il volto, sperando che i segni della stanchezza e del sonno agitato sparissero dal suo viso, si chiese altresì se il nonno non avesse già pianificato la sua giornata, vista la tipologia d'abito che aveva scelto la sua cameriera…scosse piano la testa e scrollò le spalle, con grande disappunto di Janet, che stava cercando di allacciarle il corsetto, tuttavia la ragazza non fece nulla per mostrarlo se non serrare le labbra con forza. Ancora una volta Susan si chiese dove fosse capitata, intorno a se vedeva aggirarsi solo facce scure e volti che sembravano scolpiti nel marmo, primo fra tutti quello di sua grazia, il Duca di Wrexham. Tutto in quella casa era freddo e ostile. E i pochi sorrisi che aveva scorto erano solo freddi, e privi d'animo, solo maschere di cortesia da sfoggiare quando era il caso, e questo la faceva sentire terribilmente sola, più ancora di quando rimaneva al collegio, quel luogo col tempo era divenuto un rifugio, ma la dimora del duca per quanto elegante e sfarzosa fosse non aveva alcunché di accogliente, semmai il contrario, a dispetto del buon gusto di alcuni arredamenti, era alquanto scostante. Dopo che aveva indossato l'abito scelto, la sua cameriera personale le acconciò i capelli, in morbidi boccoli, alcuni dei quali le ricaddero sulle spalle in un effetto naturale ed etereo. Quando finalmente fu pronta, venne il momento di scendere.

Le era stato detto di raggiungere il salottino blu, a pian terreno, e mentre scendeva le scale, il petto le si alzava e abbassava in un respiro affannoso e mal controllato, e nel contempo sentiva di essere spaventata dal dover affrontare nuovamente il duca, ma quando il maggiordomo la scortò nella stanza, non si ritrovò innanzi a sua grazia, bensì due occhietti vispi incastonati in un viso non più giovanissimo, di donna. Ella aveva le labbra atteggiate in un sorriso caldo, il primo che vedeva da quando era giunta il giorno prima in quella casa. Portava i capelli raccolti in un'elaborata acconciatura, dalla quale non sfuggiva un solo capello, ed era vestita in modo semplice e raffinato, i gesti mentre la invitava a sedersi accanto a se, erano ben studiati e ricchi di grazia, forse un po' troppo affettati, pensò Susan, nel sedersi accanto alla donna, che aveva un qualcosa di famigliare, benché non sapesse cosa.

«Avete dormito bene cara? Mi auguro di sì» Le chiese la donna. Per quanto confusa Susan riuscì ad annuire.

«Non vi ricordate di me, vero? Sono vostra zia Agnes, la sorella di vostra madre» Quindi il duca, aveva un'altra figlia, pensò Susan. Non sapendo bene come rispondere restò in silenzio, sperando che la sua interlocutrice continuasse.

«Eravate davvero molto piccola, l'ultima volta che vi vidi, ma già si vedeva che sareste divenuta una giovane alquanto graziosa» Susan mormorò un grazie a fior di labbra, anche se avrebbe voluto urlare, ma le parole faticavano a uscirle dalle labbra e il fiato sembrava venirle meno, proprio nei momenti in cui ne avrebbe avuto più bisogno. Si sentiva in gabbia. Era terribile pensare che quella donna, sua zia, non avesse mai cercato d'incontrarla in quegli anni, che si fosse piegata al volere del duca senza batter ciglio. E mentre il seno le si alzava e abbassava, ormai senza controllo, in un sussurro le usci di dire: « Dove eravate ieri sera?» si pentì di quella frase, avrebbe voluto non averla mai proferita, ed era in ansia suo malgrado mentre aspettava la risposta.

«Mi spiace che non mi abbiate trovata al vostro arrivo, vi assicuro che avrei voluto essere qui ad accogliervi, ma alcuni impegni mi hanno trattenuta più del necessario…l'importante è che sia qui ora» concluse con un sorriso. Susan aveva visto ad un certo punto gli occhi di sua zia velarsi e non volle indagare oltre, non voleva altre spiegazioni, da quella che per lei era poco più di un'estranea, ma nel contempo non poteva evitare di chiedersi perché non l'avesse mai cercata. Dal momento che la ragazza continuava a tacere, lady Agnes Log, le toccò un braccio per farla alzare,«Venite, abbiamo molte cose da sbrigare e soprattutto una buona passeggiata vi farà bene» Susan ne dubitava, ma si limitò a sorridere, mentre chiedeva: «Molte cose da fare?» Cosa in fondo potevano mai dover fare quella mattina? Ancora qualcuno stava decidendo per lei, e ancora questo la infastidiva, benché non riuscisse a trovare la forza di ribellarsi.

«Certo, mia cara dobbiamo anche recarci dalla modista, sapete per il vostro guardaroba, presto comincerà la stagione mondana!» Guardaroba? Stagione mondana? Non ci aveva pensato neppure una volta, ma in fondo come avrebbe potuto? Gli anni passati al collegio li aveva trascorsi cercando di ignorare i tragici cambiamenti della sua vita, e gli ultimi giorni, erano passati nella speranza di sopravvivere alla sorpresa di dover abitare col nonno. E ora, ancora una volta gli avvenimenti le ricadevano addosso rischiando di schiacciarla sotto il loro peso. Un giramento di testa la bloccò sulla soglia della porta, ma cercò di ignorarlo e seguì sua zia. Ancora non riusciva bene a rendersi conto di quanto l'attendeva, sentiva nella testa una forte confusione. Ella e la zia salirono sulla carrozza dirette dalla sarta.

Durante il tragitto Susan si richiuse in se stessa. Tutto le sembrava così irreale, perfino le strade che percorrevano o le persone che incrociavano. Ad un certo punto la carrozza si fermò e le due donne proseguirono a piedi.

I loro interessi per quella mattina prediligevano Regent street. Mentre camminavano, sua zia cercava di spiegarle per sommi capi cosa stavano cercando nei vari negozi che visitavano, ma soprattutto cercava di indicarle le varie persone che incrociavano per la strada, cercando di indicarle le persone, di cui tener conto e quelle delle quali diffidare o ignorare. Mentre proseguivano nelle loro compere, ogni tanto sua zia si fermava a salutare qualche conoscente, seguendo sempre lo stesso rituale, o salutava ella per prima o veniva salutata, a seconda del rango o dell'anzianità, come le ripeteva di volta in volta sua zia, lady Agnes Log e le sue amiche facevano una piccola riverenza l'un l'altra, e poi scambiavano poche informazioni di argomento comune, palesemente sua zia non mancava mai di presentarla dicendo: «Mia nipote, miss Hetton» dopo i congedi di rito esse proseguivano per i loro interessi, ma dopo un po' Susan faticava a ricollegare volti e nomi e ranghi e tutto le sembrava sempre più superfluo come l'enorme quantità di abiti e accessori che sua zia andava ordinando in ogni negozio, e ne aveva ordinati davvero una gran quantità, senza poi contare i cappellini abbinati e ancora, scarpe, accessori, e biancheria. Susan trovava tutto ciò inaccettabile, in ogni negozio che avevano visitato, non le era riuscito di proferire una sola parola, ma si era sentita piena di rabbia, di sdegno per la situazione in cui si ritrovava, anche le amiche della zia che l'avevano osservata coi loro sguardi acidi, dietro i loro sorrisi melensi e ipocriti, tutto le toglieva il respiro ma più ancora il dover sottostare al volere del duca, ed essergliene grata. Si sentiva come trascinata in un turbinio di avvenimenti ed emozioni contrastanti al quale non riusciva a porre limiti. E si sentiva schiacciata da tutto ciò.  Si sentiva schiacciata da un mondo che non le apparteneva, e che l'era caduto sulle spalle, senza alcun preavviso.

Finalmente venne il momento di ritornare, salirono in carrozza diretti a casa, come era strano definire a tal maniera la dimora del duca, ma ancor più strano era pensare che quella austera residenza una volta era stata la casa della madre, non riusciva ad immaginare la dolcezza di sua madre, vivere in un ambiente così freddo ed ostile, eppure era stato così.

«Mia cara, oggi è stata davvero una giornata proficua, non trovate anche voi?» Susan, guardò sua zia, non era quella la parola, che ella avrebbe usato, quanto piuttosto estenuante, dover districarsi tra nastri e tessuti, per non parlare poi di tutti quegli accessori. Ma si limitò a sorridere.

«Certo, molto proficua» ripeté senza molta convinzione, ma in fondo cosa poteva risponderle? Forse che di tutto quello non le importava nulla? In effetti era così, ma tutto era meglio che restare chiusa in quella casa opprimente. Quello era l'unico aggettivo che le riusciva di accostare alla casa del nonno, forse fatta eccezione per la sua stanza, lì era diverso e tutto era impresso di un profumo dolce, che le era familiare e che associava in un qualche modo ad un episodio della sua infanzia, ma non ricordava altro. Con uno sforzo cercò di abbandonare i suoi pensieri e le sue considerazioni, o quantomeno accantonarle per concentrarsi su quanto stava dicendo la zia. Lady Agnes Log, continuava il suo discorso sui vestiti, parlando già di quanto avrebbero fatto la mattina seguente. Ad un certo punto chiese:

«Non è che preferite Bond Street?» Susan sussultò, poiché non era riuscita a ricostruire il filo del discorso, e ora non sapeva cosa rispondere, anche perché non capiva la necessità di visitare altri negozi.

«No, no…» si affrettò a rispondere anche se la voce le morì in gola visto che non ricordava affatto l'alternativa.

«Allora vi va bene se domani ci rechiamo in Piccadilly? Bond Street potremmo rimandarla al giorno seguente.»  la zia aveva parlato in tono neutro, ma un lampo le passò negli occhi poco prima di aggiungere: «A Cosa stavate pensando di così…importante?» Susan la guardò.

«Importante?» vi era un tono sorpreso nella sua voce.

«Sì, avevate un espressione crucciata» la voce della zia suonava comprensiva, e un poco preoccupata.

«Nulla di preciso, stavo pensando che tutto quanto accaduto è stato molto celere.» la zia parve risollevata da quanto riferitele dalla nipote e sorrise.

«La stanza è di vostro gusto?» Susan annuì, convinta, ma non disse nulla per timore che la verità le sfuggisse pur non volendo. Quella era l'unica stanza che non la opprimeva.

«Ne sono contenta, in fondo però c'era da aspettarselo, dopotutto era la stanza di vostra madre.» Di sua madre? Susan rimase alquanto sorpresa e sgranò i suoi grandi occhi azzurri.

«Non vi era stato detto? Oh, io pensavo lo sapeste!» Susan rimpianse di non riuscire a contenere le proprie emozioni, ma altresì si chiese come mai non le era stato detto. Forse dava troppa importanza ad un piccolo evento e non era il caso di fare una scenata, ma la cosa l'aveva molto rattristata.

«Suvvia mia cara, ora non pensateci, sarà stata una piccola svista!» replicò sua zia con un sorriso, ma a Susan sembrò di cogliere nella sua voce una sfumatura di poca convinzione.

Lady Agnes Log, sapeva bene come il padre ancora evitasse di parlare di Emily e quanto ancora si sentisse rattristato dal suo ricordo, ma preferì tacere questa sua considerazione con la nipote, per evitare di rattristarla ulteriormente. Leggeva fin troppo bene sul viso della nipote, quanto la notizia l'avesse stravolta. Gli occhi della ragazza si erano velati e la bocca aveva preso una piega amara, curvandosi all'ingiù. Avrebbe voluto consolarla e rassicurarla, ma come poteva? Non avrebbe saputo dirle assolutamente nulla, e poi non poteva farsi carico di tutte le parole non dette, di tutte le faccende irrisolte, preferì tacere. E il viaggio di ritorno venne avvolto dal silenzio.

Susan sentiva la testa scoppiarle, tutto, era così confuso, così ingarbugliato, eppure appariva semplice, così semplice che era quasi facile dirlo: era andata a stare dal nonno perché non aveva più una famiglia, ma mentre formulava quel pensiero si sentì tremare. Chiuse gli occhi, era piena di rabbia, ma era un sentimento che le toglieva le forze e il respiro. Tutti i silenzi, le parole non dette le sentiva, le percepiva come se avessero preso corpo, come se fossero vive e reali, ma nel contempo le sfuggivano, non riusciva ad afferrarne il senso. Perché non le avevano detto che quella era la stanza della madre? Che forse ella valeva così poco agli occhi del nonno? O peggio sua madre fosse stata del tutto dimenticata? Perché la sua vita era stata stravolta a quel modo? Perché non poteva condurre una vita tranquilla, come quella delle altre ragazze? Perché…quel perché diveniva sempre più  pressante…soffocante e le toglieva ogni lucidità. Quasi, non si accorse che la carrozza si era fermata, che sua zia era scesa e ora la stava aspettando, quasi non si accorse che erano arrivate a casa, casa pensò amaramente. Scese dalla carrozza, ed entrò. Non si soffermò neanche un istante nell'ingresso, ma salì la scala sino a raggiungere la sua stanza, la stanza della madre.

 

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Marirosa Tomaselli
Marirosa Tomaselli nasce a San Severo, con la penna in mano, o quasi, a 10 anni scrive la prima poesia, alla quale seguiranno svariati componimenti e i primi racconti, fino al primo romanzo pubblicato nel 2012. In questi anni non ha mai smesso di scrivere, partecipando anche a diversi concorsi letterari, con buoni risultati. Nel 2018, partecipò ad un concorso di scrittura teatrale vincendolo. Per lei scrivere è una necessità e ama spaziare tra diversi generi, pur prediligendo il romance e il romanzo storico. Altra sua grande passione è il disegno, sempre presente. Ama la musica, la lettura, è un’avida lettrice sin da bambina, studiare le lingue e creare oggetti disparati con varie tecniche e materiali.
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