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La pericolosa magia del sapere

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Odessa è in fuga dopo aver liberato Jorio dalla sua prigione d’ambra. Insieme ai suoi amici dovrà raggiungere la sua terra natia, dove gli ultimi elfi aspettano di morire. Un luogo sicuro in cui neanche il Bourkat, il mostro comandato da Ferzal e scatenato contro di loro per recuperare l’Ogahora, un oggetto arcano, li potrà raggiungere. Intanto la guerra infuria nel Regno, la battaglia di cui Eidar è l’indiscusso protagonista, il Vate, portatore di speranza per tutti i diseredati.

Un viaggio in una realtà dove la magia è un elemento, come il fuoco e l’acqua, che in pochi però sono capaci di manipolare, un mondo dove il confine fra la vita e la morte si assottiglia fino a perdersi.

Prologo

La piccola imbarcazione si allontanava, lenta e stabile, mentre le fiamme continuavano a consumarla, ignare del loro destino una volta che tutto fosse stato ridotto in cenere. Un uomo osservava dall’alto di una scogliera, seduto sul prato ancora umido di pioggia. Il sole era fuori luogo in un giorno come quello, pensava il figlio, vedendo la pira funebre dei genitori lasciare Zimidan.

Fronta era un “figlio degli elfi”, uno dei primi nati, frutto dell’amore di una donna umana e di un elfo. Aveva salutato i suoi, durante la cerimonia sulla spiaggia, circondato da amici e parenti. Come da tradizione, ognuno aveva raccontato ai presenti un episodio vissuto in passato insieme ai due “viaggiatori”, prima che il piccolo leuto lasciasse l’ormeggio per l’ignoto. Qualche narratore aveva fatto ridere i presenti e qualche altro li aveva ammantati di malinconia, ma in ogni storia appariva chiaro quanto fossero stati amati e quanto grande sarebbe stato il vuoto lasciato dalla loro partenza. Fronta non aveva raccontato niente, è troppo difficile parlare dei propri genitori il giorno del loro funerale. Tutti lo abbracciarono prima di andarsene, tutti lo rassicurarono, non era solo, eppure era proprio così che si sentiva, da figlio unico quale era, senza una propria famiglia e senza un amore capace di smorzare il dolore. Per questo aveva raggiunto l’alta scogliera, incapace di tornare a casa anche adesso che il sole si avviava verso l’orizzonte.

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Sua madre era morta di vecchiaia seppur lui fosse ancora così giovane, le vite di elfi e uomini erano scandite da tempi diversi, lui aveva preso tanto dagli uni quanto dagli altri. Suo padre semplicemente aveva deciso di seguirla.

Fronta ripensava alla sua infanzia, certi momenti li ricordava talmente felici da convincersi di non poter più provare simili emozioni.

Vagando qua e là nella sua memoria, giunse fino al saluto di suo padre, il giorno precedente alla cerimonia.

“Figlio mio, sei adulto e fortunatamente lo sei diventato prima che tua madre morisse. Devo andare con lei, non posso restare. Ero morto prima di incontrarla e sono rinato nel suo amore, non posso sopravviverle. Ma sono convinto che tu questo lo sappia già.” Un largo sorriso si fece pian piano strada nel volto dell’elfo, tirato per la tristezza. “Ti abbiamo seguito passo dopo passo, tu sei il compimento di ciò che siamo stati, la somma delle nostre convinzioni più profonde, l’unione delle nostre coscienze. Sono anni che ti vediamo allontanare, ogni giorno un po’ di più, com’è giusto che sia, e ne siamo orgogliosi. Per questo so che non mi porterai rancore, così come sono certo che ti mancheremo.” Allargò le braccia rivolto al figlio. Fronta vi si rifugiò, ricambiando il forte abbraccio, e non avrebbe mai interrotto la stretta per paura di lasciarlo andare.

La mattina seguente, l’elfo era sdraiato accanto alle spoglie mortali della sua amata, aveva rinunciato alla vita o, molto più concretamente, si era ucciso, perché la sua esistenza, in qualsiasi modo l’avesse ottenuta, gli apparteneva, e la sua scelta era stata ponderata alla luce di tutti gli anni, felici e non, vissuti fino ad allora.

Quando la luce della barca si spense e il buio della notte riconquistò anche quel piccolo punto nel mare, Fronta scoppiò a piangere come non aveva fatto mai, incapace di colmare in alcun modo quel vuoto dilaniante nel suo corpo vivo.

Non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato prima che un suono squarciasse il suo isolamento.

«Adesso vieni con me» udì, riconoscendo la persona cara a cui apparteneva quella voce. «Ti accompagno a casa.»

Il mezzelfo si alzò e venne preso sottobraccio dall’amico. «È buio, non vedo niente» gli disse.

«Non ti preoccupare, ti guiderò io» rispose l’altro. Lentamente e in silenzio, scesero lungo il sentiero che costeggiava la scogliera fino alla spiaggia e poi al paese.

Sul lieve dosso su cui sorgeva l’abitazione però, prima di entrare, Fronta si voltò verso il vecchio frassino sotto il quale amavano stare i suoi genitori, dove tanto tempo aveva trascorso anche lui, fin da piccolo, probabilmente senza rendersi mai conto, prima di quella sera, di quanto fosse evocativo quel luogo per loro. Un tenue bagliore, o forse una lucciola, attirò la sua attenzione e lo raggiunse, seguito dal vecchio con il bastone che lo aveva accompagnato fin lì.

Un piccolo scrigno finemente intarsiato, di legno con rinforzi in rame, era adagiato fra le radici dell’albero e Fronta lo riconobbe come quello da sempre appartenuto a sua madre.

Si chiese vagamente cosa ci facesse lì, senza il bisogno di darsi una risposta, e accettò in breve il fatto di doverlo trovare e basta. Gli era sempre piaciuto, fin da bambino, ma non era mai riuscito ad aprirlo. “Verrà il momento,” gli diceva sempre sua madre “vedrai che verrà, piccolo mio.” E lui poi lo aveva dimenticato, crescendo, anche se adesso il ricordo di sua mamma che sorridendo gli diceva quelle parole appariva così vivido.

Allungò la mano, toccando il coperchio del contenitore: questo si aprì mostrando il suo contenuto.

L’oggetto al suo interno esercitò subito un tale fascino su Fronta che per lui fu irresistibile toccarlo. La voce alle sue spalle però smorzò quell’interesse, quella forte pulsione.

«Tua madre ne è stata la custode per tutta la sua vita» disse l’uomo che lo aveva accompagnato fin lì. «Quella è l’Ogahora, mio giovane amico, e racchiude un potere troppo grande per qualunque mortale.» Poi, tristemente, appoggiando una mano sulla spalla di Fronta, proseguì: «Vivi pienamente ogni giorno della tua vita e soffermati sempre ad assaporare la felicità, quando la incontrerai».

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Commenti

  1. (proprietario verificato)

    Bellissima ambientazione, molto credibile, di solito, almeno per la mia esperienza, è uno dei talloni d’Achille dei romanzi fantasy. In questo libro ti immergi completamente in un mondo, con proprie regole e istituzioni che via via si svelano, senza spiegazioni noiose o inopportune che ostacolerebbero lo scorrere della vicenda. Questa è, per me, la vera forza del romanzo, che ci parla di guerre e battaglie epiche troppo in fretta dimenticate, ma che devono essere ricordate e comprese per capire come sconfiggere il male che incombe. Si aprono tante porte su questo misterioso mondo e sui personaggi che lo abitano: la paladina Odessa, i suoi compagni, soprattutto la giovane Mor (leggete e saprete!) descritti e costruiti in modo puntuale dal vero e proprio “demiurgo” creatore di mondi che è l’autore. Leggete e saprete, già, perché il sapere non solo è magico e pericoloso, ma anche necessario.

  2. (proprietario verificato)

    Un fantasy coinvolgente e trascinante.
    Descrizioni e ambientazioni che ti permettono di immedesimarti con i personaggi e i paesaggi che li circondano.
    L’attenzione dedicata alla ricerca di parole semplici ma piene di significato mi ha aiutato ad essere trasportata nel mondo di Odessa e ad emozionarmi insieme a lei.
    Consiglio di leggere il libro e di aiutare questo scrittore esordiente a raggiungere il suo obbiettivo, io l’ho fatto e sono rimasta soddisfatta!

  3. (proprietario verificato)

    Non avevo mai letto un libro fantasy….
    e credevo che fossero scritti per bambini e ragazzi.
    Ma non è così, sicuramente non per questo libro.
    I personaggi “surreali”, la trama avventurosa e l’ambientazione in un luogo “lontano e magico” non riescono a nascondere i veri temi di questo libro: i problemi e le opportunità di ogni individuo e di ogni società.
    Riuscirà Odessa a salvare “il mondo” e le nostre coscienze?
    …la mia si è risvegliata…

    Stefano

  4. (proprietario verificato)

    Mi piacciono molto i romanzi fantasy, percorrere insieme ai protagonisti la storia e viverla insieme a loro….In questo libro i personaggi sono raccontati con molta accuratezza ma allo stesso tempo senza perdersi in descrizioni inutili che appesantirebbero lo stile, fluido e scorrevole. Un romanzo molto piacevole che cerchi di leggere con calma per non finirlo subito, ma allo stesso tempo non vedi l’ora di riprendere in mano, per vivere le avventure con i protagonisti.

  5. (proprietario verificato)

    Ferzal , “il cattivo”, porta disprezzo e dolore in un mondo corrotto dalla paura, dall’ubbidienza e dall’ignoranza. Con la sua magia anima una creatura terrificante che nessun adulto avrebbe mai immaginato di poter incontrare sulla propria strada, il Burhkat.
    Ma l’onestà e la speranza non possone essere sopiti nei cuori dei “buoni”: contadini, curatori gente comune, stanca di subire ogni genere di ingiustizie…e gli Eroi! Odessa, guerriera condottiera, spada contro gli iniqui, insieme a Rhugar, Killian, Wiwila …
    Sullo sfondo dell’aventura la Conoscenza, la Magia e…l’Ogahora, un oggetto fuori dal tempo, una sfera di metallo lucente e semitrasparente…
    Insomma ve lo consiglio:
    la trama è avvincente, I personaggi ben caratterizzati e vividi.
    L’ho letto in un batter d’occhio e con grande piacere!

    Elena (appassionata di ogni genere di libro, giocatrice di D&D)

  6. (proprietario verificato)

    Un bel romanzo fantasy come non ne leggevo da tempo. Ha tutte le caratteristiche tipiche dei”classici” del genere: incantesimi, oggetti magici e creature fantastiche, ma ha comunque molti spunti e riflessioni del tutto atipiche. Personaggi affascinanti e pieni di mistero, ambientazione tratteggiata, sfumata, ma ricca di storia, molte idee nuove e migliaia di porte che si aprono sul misterioso mondo di Callisto.

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David Cianchi
Sono nato il 7 gennaio del 1976 e sono stato cresciuto da genitori giovani e nonni belli con attenzione e affetto, più importante per me di qualsiasi scuola.
Mi sono diplomato nel piccolo liceo scientifico del comune di Scandicci che all’epoca non aveva un nome, dove ho conosciuto il mio amore e professori da barricate.
C’era la leva militare, ma ho preferito l’obiezione di coscienza e ringrazio il destino di avermi fatto incontrare così una delle persone a me più care.
Amo De Andrè, Guccini, Fossati e molti altri cantautori, ma anche i Pearl Jam ed i Nirvana, i Rem e gli MCR, colonna sonora della mia giovinezza.
Adesso vivo in campagna, un posto speciale a casa lo occupano i libri di Saramago e ho due figlie tanto splendenti da rendermi cieco.
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