1.
Il cancello era aperto e ad accogliere i genitori c’erano Giulio e Marta, i commessi. Giulio, con ancora pochi anni di lavoro prima di andare in pensione, attendeva i genitori con i suoi radi capelli accuratamente pettinati per coprire la calvizie sempre più evidente. Marta, con una folta chioma bruna raccolta in uno chignon, era sempre inappuntabile nel trucco e nel vestiario, sotto al grembiule d’ordinanza color carta da zucchero. Nella grande piazza su cui si affacciava la scuola primaria Eràcude, erano parcheggiate solo poche auto delle maestre. Attorno alla piazza si affacciavano due bar, un ristorante e alcuni negozi che iniziavano a ricevere i primi clienti. Il marciapiedi che circondava la piazza era protetto da un’ordinata fila di tigli. Era il primo pomeriggio di una tiepida giornata di fine ottobre e i primi genitori convocati a scuola arrivarono in gran fretta. Paolo e Giovanna, i genitori di Mauro, percorsero con rapidi passi il marciapiede alberato che circondava la piazza.
«Mezz’ora. Mezz’ora ci hai messo a trovare le chiavi. Sei sempre la solita!» la voce di Paolo era come un sibilo pronto a colpire la moglie con ogni lettera pronunciata. Lei, lo guardò con fastidio e rispose immediatamente rintuzzando l’attacco: «Se tu fossi ordinato io non dovrei perdere tempo a cercare le cose». Vennero superati da Anna e Franco, i genitori di Simone, che in bicicletta, con poche pedalate, giunsero al cancello della scuola.
«Buongiorno Giulio e buongiorno Marta. Cos’è successo per averci fatto venire a quest’ora?» disse Franco porgendo le chiavi dei lucchetti ad Anna perché legasse le biciclette alla cancellata. «Mi spiace, sig. Mancherro, ma non lo sappiamo neppure noi, è tutto un mistero qui» disse Giulio guardando la collega per ottenere un sostegno. «Ma no, Giulio fa sempre tutto complicato. Non sappiamo di nulla di grave, quindi saranno notizie importanti che, o la preside o le insegnanti, devono comunicarvi. Tutto qui. State tranquilli. Vi stanno aspettando in palestra». Jacopo e Tania, i genitori di Virginia, parcheggiarono accanto ad Antonio e Sandra, loro amici sin dai tempi della scuola e genitori di Flavia: «Ciao. Sapete qualcosa? Una telefonata così, per una riunione. Ho dovuto chiedere un permesso al lavoro all’ultimo momento. Non sapevo se me l’avrebbero concesso. Spero non me la facciano pesare nei prossimi giorni. Tu che dici? Potrebbero prendersela?» disse Tania mentre si avvicinava per scambiare baci di saluto con l’amica. «Ma certo» intervenne Antonio mentre si risistemava la camicia uscita dai pantaloni «Tu sarai licenziata per assemblea scolastica e i nostri figli hanno solo dato fuoco alla scuola e stanno tenendo in ostaggio i docenti per un riscatto in liquirizie». Jacopo, aggiustando gli occhialini strinse la mano di Antonio e mentre si scambiavano un amichevole abbraccio disse con un filo di voce: «Eh, tu scherzi sempre Antonio… Scherzi, vero?».
Con calma e passo tranquillo, arrivarono anche Piero, con le mani in tasca e lo sguardo perso verso un orizzonte non ben definito, e la moglie Sara, che mentre camminava era intenta a controllare le ultime notifiche arrivate dai social e le mail. Teresa arrivò con il motorino rosso sgargiante. Parcheggiato sul marciapiedi della scuola e riposto il casco nel sotto-sella, chiese ai genitori e ai commessi se qualcuno avesse idea di cosa fosse accaduto.
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