Cominciai a lottare con il cuscino schiacciandone con forza ambo i lati sulla mia testa. Niente da fare. Qualche rompicoglioni stava bussando alla mia porta. Mi alzai già con l’umore storto e barcollando mi avviai verso il rumore. Il sogno era già dimenticato. Guardai attraverso lo spioncino, occhio destro, occhio sinistro. Niente. Aprii la porta. Nessuno. Mi sporsi a destra, poi a sinistra, replicai il movimento un paio di volte. Niente. Nessuno. «Fanculo, pezzo di merda» pensai.
Chiusi la porta, dalla mia finestra guardai il sole sbattere contro la città. La giornata era luminosa e io l’avevo iniziata come peggio non si poteva. Aprii la finestra e mi accesi una sigaretta sul balcone. Drinnnnnnnnnng, cantò il citofono. «Chi cazzo è ancora?» risposi. Era Karl. Il custode “elfo” ben istruito nel rovinare le mattine di noi condomini. «Signor Stonati, c’è un pacco per lei.» «Ok» risposi evidentemente adirato. Tutto questo casino per un inutile pacco, pensai riportando il mio culo sul balcone. Passai da Karl. Ritirai la scatola. Era proprio un elfo divertente.«Siam sicuri non sia una bomba di qualche sua ex, signore?» disse con le sue orecchie a punta e la risata malefica-isterica.«Tutto può essere, Karl» risposi con la mia voce rauca, avevo lasciato le corde vocali sul letto.
Lo salutai e mi incamminai verso le scale insieme ai miei pensieri annebbiati. In effetti, chi avrebbe mai vietato a una mia ex di uccidermi? Mi venne in mente Emma, frequentata un paio di mesi, prima che la lasciassi per via del suo amore viscerale verso gli animali. Ricordo ancora quella volta in cui bloccò tutto il traffico della Sunset per aver visto uno scoiattolo sulle strisce pedonali. Era piena di animali in casa e si eccitava persino nel farlo davanti a tutti loro. Una sorta di zoo al contrario, noi in gabbia a farci guardare dagli animali che si godevano gratis lo show. La lasciai. Ripensai anche a Olivia, donna tutta d’un pezzo. I suoi soffici capelli castani lunghi e lisci, i suoi occhi verde smeraldo che ne facevano risaltare il viso. Pensavo fosse perfetta, se non fosse stato per quei repentini sbalzi d’umore ingiustificati. Forse era proprio lei la mittente di quel pacco. Mi autoconvinsi di aver già risolto il caso, pavoneggiandomi di essere un investigatore in erba. Feci gli ultimi gradini sentendomi tale.
All’ultimo gradino abbandonai tutte le mie speranze da talentuoso investigatore. Olivia non aveva mai palesato tratti di aggressività o psicopatia omicida. Non poteva essere stata lei. Entrai in casa, curioso di mettermi a disinnescare la bomba. Aprii la scatola e vidi un libro. Bianco e puro come la neve. Lo sfogliai con un alto livello di curiosità e sbigottimento. Al suo interno era vuoto, ma di un colore più neutro e naturale rispetto alla carta usomano a cui siamo abituati. Sembrava uno dei primi romanzi di Mark Twain, stampato nel diciannovesimo secolo.Guardai meglio. Cercai insistentemente una dedica, un pensiero, una minaccia di morte. Nulla. C’era solo il titolo scritto a mano: La prima sbronza della storia. Non riconobbi la calligrafia. Lo lanciai sul tavolo. Il mondo era là fuori. Mi aspettava, ma io non avevo voglia di incontrarlo.
Letizia Pugni (proprietario verificato)
Ho letto la bozza che da a disposizione l’autore con il pre-ordine del libro. L’ho trovato molto piacevole, scorrevole ed avviccente! Si legge molto volentieri e, per essere una bozza, è ben scritto! Vieni trasport sin da subito nel pieno dell’atmosfera anni ’70 e in quel pizzico di mistero in cui ti lasciano le prime pagine.
Consigliato a chi si vuole rimmergere in un mondo a metà tra Bukowski e Kerouac!