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L’anarchia del destino

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Giulia è una ragazza semplice, che sorride alla vita nonostante abbia il cuore spezzato. Ha conosciuto l’amore e ne è stata delusa, e ora le sembra impossibile lasciarsi coinvolgere di nuovo. Ma, una mattina come tante, mentre si trova al bar, un ragazzo affascinante e misterioso di nome Edoardo le si avvicina e comincia a corteggiarla. Vinte le iniziali ritrosie, Giulia si abbandona a questo nuovo sentimento, provando sensazioni ed emozioni uniche, e scoprendo con Edoardo una chimica mai sperimentata.

Nei paesaggi incantati e senza tempo del Friuli, il destino, però, tesserà le sue trame: una telefonata improvvisa e tre lettere porteranno Giulia a scoprire se stessa e a capire quale sia il vero amore.

CAPITOLO UNO

Domenica, ore 22:59

I genitori educano i propri figli su come mangiare senza sporcarsi, salutare, capire cosa è giusto fare e cosa non lo è. Gli insegnanti, a scuola, formano i ragazzi tra nozioni di storia, letteratura, matematica, arte e lingue. Gli allenatori agevolano la cognizione del proprio corpo nello spazio e portano alla conoscenza dell’importanza del gioco di squadra.

Cadi dopo una corsa sui sassi dalla bicicletta e ti ritrovi con le ginocchia sbucciate. Ti dicono: “Non è niente, domani passa tutto”. Ti mettono dell’acqua ossigenata per pulire la ferita e poi la coprono con un cerotto, facendoti credere non esista più, mentre piagnucoli e ti brucia il ginocchio.

Un giorno cresci, non cadi più dalla bicicletta e capisci che quel “non è niente” non era veramente nulla in confronto agli ostacoli e alle prove che ti mette di fronte la vita adulta, giorno dopo giorno. Impari, crescendo, che una caduta dopo l’altra la pelle si rigenera, ma a un certo punto vorresti fosse così anche per il cuore.

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Non insegnano che le persone possono far male, mentire, sparire, questo lo impari con il tempo a tue spese. Non sai che l’amore nei film è qualcosa di raro e possibile anche per te, ma che c’è anche la probabilità possa finire all’improvviso, con la stessa velocità con cui Cenerentola è costretta a mezzanotte a lasciare il ballo perdendo anche la sua scarpetta.

Gli adulti si dimenticano delle cose importati. Di dirti cose importati. Non avvisano che il cuore possa spezzarsi nonostante continui a battere, che possa soffrire tanto da farti perdere il sonno, l’appetito, il respiro. Non ti preparano che può capitare, che: “Farà male, passerà”. Quando te lo dicono è già troppo tardi. Non ti spiegano che tutto si trasforma con il tempo giusto, e che, per quanto provi dolore, una ferita emotiva si rimarginerà. Quando vieni amato e poi ferito da quel qualcuno che tu hai amato, che avevi scelto essere la tua persona, tutto permane nella memoria del cuore come una cicatrice, bella o brutta che sia. Farà sempre parte di te, che tu lo voglia o meno. Si impara a convivere con nuove consapevolezze e certezze, con nuovi segni e assenze.

Ti innamori degli occhi, di un profumo, di un modo di sorridere, di dettagli che sai cogliere tu e nessun altro, di cui non vorresti mai fare a meno. Ti innamori, e quella persona diventa il tuo tutto, ti giri a cercarla anche quando sai che non c’è. Quando ti innamori, ogni volta che ascolti una canzone che danno alla radio pensi a lui, e se trasmettono quella che gli hai dedicato, ti trovi a cantarla in auto da sola a tutto volume con lo spirito di una cantante a un concerto.

Iniziò tutto un venerdì piovoso dopo un turno di lavoro stranamente tranquillo. Dopo mesi di messaggi finalmente davo a quei dieci numeri in fila salvati sul cellulare un volto. Tu e io, finalmente a un primo appuntamento per un aperitivo in un piccolo locale della bassa friulana; ci sembrava di conoscerci da una vita.

Quella sera abbiamo parlato tanto, di tutto, del lavoro, di casa, delle nostre strane ambizioni, delle persone che ci hanno visto andar via senza più tornare, di altre che ci hanno ferito alle spalle senza avvisare. Ci siamo trovati a raccontarci come se fosse la cosa più normale del mondo al primo incontro, a quello che da lì in poi avrebbe cambiato le nostre vite per sempre. Ci siamo subito mostrati per quello che eravamo senza timore, senza indossare maschere che sarebbero inevitabilmente diventate d’intralcio.

Io bassina, occhi verdi, bionda e spettinata con una semplicità e genuinità che ti è balzata subito all’occhio. Tu alto e snello, occhi marroni e capelli tendenti al rossiccio, sguardo sincero e gentile.

È stato così che mi sono innamorata di te, tra un sorriso e un silenzio pieno di sorpresa. Ho iniziato a volerti bene da subito, nella tua timidezza che si sposava bene con la mia.

Ho memorizzato le note del tuo profumo, abbraccio dopo abbraccio. Avevamo entrambi cuori scalfiti, lasciati in letargo per troppo tempo, ma anche i cuori più razionali se si incontrano sanno come accendersi e incendiare.

Un’uscita dopo l’altra le emozioni crescevano e si consolidavano di pari passo.

Avevamo il desiderio di scoprirci con i nostri tempi, un centimetro dopo l’altro, un brivido dopo l’altro, e più accadeva più ci volevamo. Più ti frequentavo, più trovavo una nuova me e sentivo che avresti lasciato un segno nella mia vita.

Non avevo più autostima né fiducia nel mondo maschile, ma poi sei arrivato tu e, con la tua calma, senza che io lo percepissi, sei riuscito a togliere un mattone dopo l’altro di quella difesa inaccessibile che mi ero creata attorno. Tra me e te c’era solo un fiume a dividerci: il Tagliamento, e, quando me lo lasciavo alle spalle, capivo di essere a metà strada da te.

Ricordo quando, nella nostra pizzeria preferita, tutte le volte che mi capitava il coltello peggiore per tagliare la pizza, quello piatto con i “dentini” inesistenti, e impacciata facevo gli spicchi, tu leggevi nei miei occhi “ancora questo coltello”, e nel vedere il mio imbarazzo mi sorridevi divertito. Una volta mi portarono la pizza e capii di aver ordinato distratta da te quella all’aglio, mai mangiata in vita mia.

Ho scoperto grazie a te il mio lato ironico, che tutt’oggi spesso mi contraddistingue.

Ho imparato a praticare l’ironia per salvarmi da momenti in cui la tristezza è pronta a prendere il sopravvento.

Ricordo della corsa in pista con la tua auto sportiva, tu con i guanti neri e il casco stretto, sguardo fisso davanti a te, e io accanto con l’adrenalina a mille, tua complice. Sorrido quando penso alle passeggiate tra Villa Manin, a Mortegliano, Udine, in cui ci riprendevamo in video con quella spensieratezza che a tante coppie mancava. Sorrido al ricordo dell’odore del tuo garage che saliva dalle scale e si mischiava perfettamente con quel profumo indimenticabile d’ambra, muschio e patchouli. Tante volte ho cercato sui siti online quel profumo ambientale di buon auspicio chiamato Amuletum e poi non l’ho acquistato mai, perché senza di te non sarebbe stato uguale.

Sorrido quando ripenso all’abbraccio in quel tardo pomeriggio di domenica sul tuo divano, io sopra di te, tu che mi coccolavi in silenzio mentre fuori pioveva.

Eri, sei, tre volte me, un gigante in confronto a me. Ti vedevo come un gigante non solo di statura ma anche per l’ammirazione che provavo nei tuoi confronti, per non essere come tutti gli altri. Sentivo di essere fortunata, protetta vicino a te, amata per davvero, non cose da poco; ci sono tante donne al mondo che vivono sotto il tetto del loro stesso aguzzino.

Tempo fa, quando ripensavo a noi, mi bruciava lo stomaco. Ci siamo lasciati la prima volta poco prima di Natale, ricordo di aver passato il peggior Natale dopo aver trovato il tuo messaggio di auguri, in cui mi ringraziavi del regalo che ti avevo lasciato l’ultima sera che ci eravamo visti. A mezzanotte di Capodanno sei stato il primo a scrivermi, e io mostravo serenità quando dentro soffrivo. Mi mancavi, tanto, troppo, ma per orgoglio non potevo venirtelo a dire. Le mie giornate passavano tra lavoro, serie TV, lo scrivere di te continuando a pensarti, ascoltando la canzone The night we met di Lord Huron e Questa nostra stupida canzone d’amore dei Thegiornalisti.

Ti pensavo ogni giorno e speravo in un tuo ritorno. Non mi sarebbe importato nulla del come potesse accadere, di quale scusa avresti inventato, io ti aspettavo, ti rivolevo, volevo poterti baciare con quella dolcezza nostra.

Il 15 febbraio, la festa dei cuori solitari, il giorno dopo San Valentino, ricevetti il tuo messaggio.

Ieri ti ho pensata tanto.

Era notte, e io sentivo il cuore esplodere, non potevo crederci, continuavo a ripetermi che non fosse reale, ma era proprio così, come lo scrosciare all’improvviso della pioggia su un terreno intriso di crepe dopo un lungo periodo di siccità.

Ci siamo amati tanto, io e te. Come due calamite, due satelliti, come il sole e la luna, indispensabili. Non potevamo fare a meno l’uno dell’altra. Ti ho portato al mare a metà marzo, sono riuscita a farti fare una lunghissima camminata a piedi perché distratta ho sbagliato sentiero, nonostante senza di te avrei scelto la strada corretta anche a occhi bendati.

Ci siamo fermati in un bar per uno Spritz prima di rientrare a casa, ci bastavamo noi per stare bene. In cuor mio sentivo saresti tornato, sapevo che quando mi avevi lasciata mi avevi messo di fronte a una decisione per il mio bene, che avrei dovuto prendere senza metterci quello stupido orgoglio che dimostrava i miei vent’anni a discapito dei tuoi quasi trenta. Ero consapevole anche che quella seconda possibilità, se non fosse andata a buon fine, avrebbe decretato la nostra vera fine.

Ti ho perso quando sarebbe bastato poco per tenerci stretti. Bastava prendere un respiro, calmare le acque, ma non hai voluto sentire ragioni, era come se avessi fretta di lasciarmi, mentre le parole facevano a pugni con quello sguardo triste nei tuoi occhi.

Mi faceva male vederti in quel modo e dover essere costretta a rinunciare a te. Sentivo che non avresti voluto lasciarmi andare, e sapevo che la colpa era in gran parte mia. Le mie insicurezze si facevano largo in me più passava il tempo; più crescevano i miei sentimenti per te, più avevo paura di perderti, più ti facevo involontariamente soffrire mettendoti in discussione. Ora eri tu che mi stavi ferendo, con l’attenuante di fare il meglio per noi. Mi stavi facendo del male tu, nel punto in cui ti avevo lasciato spazio, in cui ti avevo donato amore, il mio cuore.

Custodisco ogni nostro ricordo e sarà per sempre così perché, nonostante tutto, ci sarà ancora spazio per te, per ricordarti e volerti bene anche da lontano. Ricordo una volta, a una cena in comitiva, all’improvviso mi hai preso la mano sotto il tavolo, mi hai guardata negli occhi con quell’espressione tutta tua e io sentivo di essere perdutamente innamorata di te. Ricordo quando al cinema mangiavi i popcorn a manciate e facevi rumore, o quel tuo assolo in autostrada verso Tolmezzo per farmi ridere. Ricordo quando mi sostenevi e credevi in me, quando leggevi con attenzione le parole che ti dedicavo, o quando seduta sui gradini delle scale di casa tua prendevi le mie scarpe preferite e me le allacciavi tutte le volte, con lentezza, come a voler prenderti ancora del tempo per noi prima di dirci di nuovo quel “Ciao, amore”, dopo il quale sarei dovuta tornare “al di là del fiume”.

Quando te ne sei andato, mi pareva di avere un masso sui polmoni che mi comprimeva. Sentivo un peso enorme che portava il tuo nome, mentre il cuore batteva a ritmo, ma tutto sembrava non aver più alcun senso. Le prime due notti le ho passate indossando il pigiama che mi avevi riportato, quello che usavo per dormire da te, solo per sentire ancora il profumo nostro addosso. Non mi davo pace, non mi perdonavo per averti perso. Era come aver perso un pezzo di me, mi sentivo incompleta, battito dopo battito, e più il tempo passava più sembrava non passare.

Carla, come una terza nonna per me, vedendomi in lacrime mi disse: “Se è destino vedrai, magari non adesso, ma tornerà”. E io intanto cercavo nella mia mente di dare ogni colpa a te, per poter trovare il modo di smettere di volerti.

Litigavamo spesso, mai per cose serie e più per causa mia, per le mie paure. Mi mancavano anche i litigi, a volte mi mancano tutt’ora.

Sorrido a ricordare aneddoti di noi, come quando mi chiedevi di chiudere e aprire gli occhi lentamente per vedere la reazione delle mie pupille alla luce, perché eri affascinato dai miei occhi. Eravamo una coppia strana e bella.

Ci bastava una cena, una camminata, un film. Ci amavamo tanto nelle tregue, sapevamo come renderci felici, c’era una chimica inspiegabile tra di noi. Sembravamo due pezzi di puzzle che sapevano incastrarsi alla perfezione.

Il ricordo più bello, una sera all’uscita dal cinema, quando abbiamo trovato il parcheggio innevato. Arrivati nella mansarda a Udine, ci siamo scaldati cuore a cuore, pelle su pelle e ci siamo amati con una dolcezza disarmante tra quelle rosse coperte.

Era il dieci dicembre, mi sentivo non felice, di più, molto di più. Alzati dal letto a notte fonda ci siamo avvicinati alla vetrata, io avvolta da una coperta con le spalle nude, e tu dietro di me, che mi abbracciavi. Le tue braccia mi cingevano sicure mentre guardavamo la neve silenziosa posarsi sotto la luce gialla dei lampioni, su tetti e strade. Da quella visuale guardavamo fuori, sembrava di vivere in un mondo nostro in cui eravamo intoccabili, dove nulla poteva distruggere tutta quella meritata serenità.

Se chiudo gli occhi posso ancora percepire il manto candido e silenzioso della neve nei miei ricordi, quella sensazione di pace, di essere in quel momento nel posto giusto con la persona giusta.

Amavo tutto di te, sentire la tua voce la mattina, vedere come mi guardavi, e amavo anche i tuoi difetti, la tua presunzione, la testardaggine. Ho dimostrato i miei sentimenti perché non volevo avere riserve e rimpianti, amavo stuzzicarti e sorprenderti, ti davo tutte le attenzioni possibili e mai sentivo potessero bastare per quanto amore provavo.

Potevo essere me stessa, dolce, tenera, strana, insopportabile, che tu mi baciavi anche quando mi dicevi “così non va bene”. Sono riuscita a lasciarmi andare, a darti la fiducia che pensavo di non poter dare a nessun altro uomo, ferita, disillusa com’ero prima di incontrare te.

Ti ho regalato i miei migliori sorrisi, ti ho fatto conoscere il peggio e il meglio di me, le mie passioni, i miei punti di vista, le mie insicurezze. Ho scritto un sacco di te, dei nostri sentimenti e dei nostri progetti. Ti ho regalato la mia solitudine, il mio tempo e i momenti di straordinaria follia.

Ti ho donato il mio amore perché ti ho sentito da subito la metà di me.

A storia finita, a distanza di anni, tra momenti “belli ma anche brutti”, non rinnego nulla e ti dico che c’è quel posto nel cuore in cui tornare a incontrarti nei nostri ricordi.

Ci sono legami, emozioni, che non si possono spiegare come quelli tra te e me.

Succede che ti penso quando meno me l’aspetto e poi, ecco, trovo un tuo messaggio sul telefono. Sono convinta che ci sarà sempre tra noi un legame speciale, quel famoso “filo rosso” che tiene unite due persone, che va al di là, in cui il bene c’è a prescindere se lui sia con te o con un’altra persona. Prima o dopo, succederà, da una parte o dall’altra del fiume ci rincontreremo, me lo sento, e nel frattempo vivo la mia vita una giornata dopo l’altra, custodendo i nostri ricordi.

Spero tu sia felice, ti auguro il meglio, come anche tu dici di volere per me.

Giulia

2022-03-02

Aggiornamento

Oggi sono stata contattata dalla redazione! Mi hanno assegnato l'editor: Roberta.
2021-12-12

Aggiornamento

Duecento pre-ordini sembravano impossibili. Ad oggi l'obiettivo è più vicino. Mancano 49 copie per regalarmi il sogno di vedere L'anarchia del destino nelle librerie. Cosa aspetti a regalarti una lettura che ti emozionerà? Vuoi avere una spinta in più? Vieni nel profilo instagram elisatodesco_autrice e ascolta la lettura dell'anteprima del mio libro.
2021-11-11

Aggiornamento

Ciao, oggi siamo alla terza settimana di campagna crowdfunding! Mancano esattamente 79 giorni per poter portare la storia di Giulia nelle librerie e store online. Grazie se hai pre-ordinato la tua copia. Grazie se hai scritto qui nel sito editore un tuo commento dopo la lettura del pdf. Grazie anche semplicemente perché sei qui a leggere queste parole. Se ancora non hai pre-ordinato la tua copia, puoi farlo ora. Ti aspetto su IG. elisatodesco_autrice
2021-10-27

Aggiornamento

Oggi c'è da festeggiare e ringraziare💕. ➡️ 64 pre-ordini in soli 6 giorni! Grazie... Grazie a tutti coloro che hanno contribuito a questo primo traguardo.

Commenti

  1. Chiara Curto

    (proprietario verificato)

    Questo libro è come un confetto. Un confetto rosso come la passione che travolge i personaggi, dolce come l’amore, fresco come le montagne, e anche un po’ salato. Salato delle lacrime che verserete e dei paesaggi marittimi, amorevolmente descritti dall’autrice, in cui vi immergerete con assoluta naturalezza. Lo stile di Elisa Todesco è immediato, fluido, genuino e intuitivo. Capace di delineare un’atmosfera con poche pennellate descrittive e, senza che ve ne accorgiate, siete anche voi lì, ad assaporare una brioche o a farvi cullare dal dondolio di una barca a vela.

  2. (proprietario verificato)

    EMOZIONANTE! Ti trascina nella lettura in una maniera incredibile, ti fa provare emozioni e sentimenti forti! Stupendo

  3. (proprietario verificato)

    EMOZIONANTE! Ti trascina nella lettura in una maniera incredibil e ti fa provare emozionare e sentimenti forti! Stupendo

  4. Cristina Casucci

    (proprietario verificato)

    In una sola parola: sorprendente! Ricco di emozioni, è impossibile non essere trascinati nella lettura alla ricerca di saperne sempre di più! Inevitabilmente ci si ritrova a fare il tifo per questa ragazza dolce e sfortunata. Bello, bello bello!

  5. Silvia Fantinel

    (proprietario verificato)

    Bellissimo e davvero emozionante, i luoghi talmente ben descritti che sembra di toccarli con mano e i personaggi si guadagnano subito un posto nel cuore.

  6. Francesco Sturniolo

    Emozioni, sentimenti, esperienze ricche di dettagli e paesaggi ben descritti.. Naturale e spontaneo il volersi immedesimare nelle esperienze dei protagonisti. Storia che piacevolmente, capitolo dopo capitolo accresce la curiosità di voler scoprire il destino di una semplice ragazza, alla quale ti affezioni leggendo di lei sin dalle prime pagine.

  7. Vera D'Andrea

    (proprietario verificato)

    Voglio tanto bene alla scrittrice, ma:
    Dovevi proprio interpellare tanto il destino e il caso? E farmi piangere come una bambina?

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Elisa Todesco
È nata nel 1995. Vive in Friuli Venezia Giulia e lavora in un negozio, proprio come la protagonista del suo libro. La sua passione per la scrittura è nata durante il liceo, quando ha iniziato a pubblicare i suoi racconti su una pagina Facebook. Nel tempo libero si dedica alla lettura.
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